3
nei Quaderni dal carcere un apprezzamento positivo per la
monografia engelsiana.
Scopo del presente lavoro è appunto quello di fornire un
contributo esegetico alla comprensione del capolavoro
marxista di Mondolfo, analizzandone dall’interno lo
sviluppo concettuale e argomentativo. Preliminarmente, si
presenterà nelle pagine che seguono una sommaria
rassegna delle principali tendenze interpretative emerse
dalla letteratura critica su Mondolfo, peraltro meno vasta
di quanto sarebbe lecito aspettarsi, considerata la statura
del filosofo di Sinigallia.
Il merito di avere risvegliato l’interesse sul marxismo di
Mondolfo va attribuito ad Enzo Santarelli, autore nel 1964
di uno studio su La revisione del marxismo in Italia,
2
nel
quale al contributo di Mondolfo è riconosciuto un ruolo
importante nel quadro del dibattito sul marxismo
sviluppatosi tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del
Novecento.
2
Cfr. E. Santarelli, La revisione del marxismo in Italia. Studi di critica
storica, Milano, Feltrinelli 1964.
4
Santarelli colloca il libro di Mondolfo su Engels nel
contesto politico-culturale segnato, per un verso, dalla lotta
politica interna al Partito socialista – proprio nel 1912, con
il congresso di Reggio Emilia, i massimalisti assumono la
guida del partito -, per l’altro dal luogo comune della “crisi
del marxismo”, conseguente sia alla Bernstein-Debatte sia
al diffondersi, nel primo decennio del secolo,
dell’idealismo e di ideologie pragmatiste e volontaristiche.
In tale contesto, osserva Santarelli, Mondolfo prende ad
oggetto della propria ricerca Engels, e non Marx, proprio
perché relativi a Engels, soprattutto, erano stati i conflitti
teorici culminati nella Bernstein-Debatte:
A Engels bisognava dunque risalire, per veder chiaro in
quel che da allora era avvenuto, nelle file e nel campo del
socialismo marxista, e per tentare di districare la matassa,
che esprimeva indubbiamente la crisi della
socialdemocrazia europea, e che aveva condotto di recente,
anche in Italia, politici e teorici a dichiarare il fallimento, la
morte civile del marxismo.
3
3
Cfr. Santarelli, p. 178.
5
L’obiettivo perseguito da Mondolfo è allora quello,
secondo Santarelli, di confutare la concezione
deterministica e “catastrofica” del marxismo, cioè il suo
irrigidimento nella teorizzazione della necessità oggettiva e
quasi meccanica - perché immanente alle contraddizioni
caratteristiche del modo di produzione capitalistico - del
passaggio al socialismo, rivalutando per contro il suo
significato di “filosofia della prassi” intesa a valorizzare
la soggettività e la creatività politica del proletariato, e
quindi animata da un forte slancio umanistico e libertario.
L’impianto del libro, sottolinea Santarelli, è funzionale a
questo scopo, non solo nelle parti che rivendicano
l’originalità dell’apporto fornito da Engels, negli anni
giovanili, all’elaborazione di una nuova teoria della storia,
ma anche in quelle che mettono in risalto le differenze di
vedute tra Marx e Engels e soprattutto in quelle che
ravvisano l’esistenza di un conflitto, o quantomeno di uno
scarto, tra il nucleo più intimo del pensiero engelsiano e
certe sue formulazioni riassuntive, contenute specialmente
negli scritti dell’ultimo periodo, le quali effettivamente
6
hanno aperto l’adito, secondo Mondolfo, ad una
rappresentazione volgarmente deterministica del
marxismo.
Santarelli nota che, nonostante le frequenti prese di
distanza, nella monografia engelsiana di Mondolfo è
riconoscibile “una venatura di bersteinismo”
4
, in
particolare laddove Mondolfo tende ad accreditare il
marxismo come una “dottrina della prudenza” -
possibilistica e quindi compatibile con una prospettiva
riformista - che suggerisce di modellare la “Praxis nuova”
sulle condizioni esistenti.
Secondo Santarelli, dietro questa proposta teorica si rivela
in trasparenza la scelta di campo compiuta da Mondolfo
nel vivo della lotta politica che in quegli anni
caratterizzava la vicenda del socialismo italiano: Mondolfo
sta dalla parte di Turati, sebbene sia consapevole dei rischi
d’involuzione presenti nel riformismo “empirico e
quotidiano” del leader socialista, e si preoccupa perciò di
4
Cfr. Santarelli, p. 180.
7
“non allargare a destra l’area della polemica”
5
, insistendo
piuttosto sui limiti della concezione dogmatica ed
economicistica del marxismo addebitabile agli esponenti
del sindacalismo rivoluzionario e all’ala massimalista. E’
questo, a giudizio di Santarelli, il tratto caratteristico e al
tempo stesso il limite del marxismo mondolfiano, quale si
rivelerà compiutamente nella posizione da lui assunta nel
dopoguerra rispetto alla rivoluzione russa e al bolscevismo,
ma già implicito nell’opera su Engels: vale a dire, il suo
radicarsi nella cultura politica della Seconda
Internazionale, e quindi il suo intento di mettere
l’ideologia marxista al servizio di una strategia riformista.
6
Nel 1966, due anni dopo lo studio di Santarelli, Luciano
Vernetti dedica a Mondolfo un’ampia monografia,
7
intesa
a ricostruire il percorso teorico del filosofo di Sinigallia
dagli esordi alla metà degli anni Venti, allorché, com’è
noto, anche in seguito alla situazione politica determinatasi
5
Ibid.
6
Cfr. Santarelli, p. 188.
7
Cfr. L. Vernetti, Rodolfo Mondolfo e la filosofia della prassi. 1899-1926,
Napoli, Morano, 1966.
8
in Italia, il suo impegno si spostò dalla riflessione
“militante” sul marxismo allo studio del pensiero antico.
Anche per Vernetti il libro su Engels nasce dal proposito di
reagire alla crisi del marxismo determinata dal
fraintendimento in senso meccanicistico e “catastrofico”
della teoria marxiana. Perciò Vernetti mette in evidenza,
del libro, soprattutto la polemica che vi viene condotta non
soltanto nei confronti di Bernstein ma anche in quelli di
Antonio Labriola, che pure rappresenta senz’altro, per
Mondolfo, un essenziale punto di riferimento e
un’autorevole fonte d’ispirazione. Contro Bernstein,
sottolinea Vernetti, Mondolfo rivendica che la legge
marxiana dell’immiserimento crescente “ha valore di
indicazione tendenziale e che l’azione dei lavoratori può
anticipare il momento della trasformazione”
8
. Se dunque è
vero che il marxismo proclama la necessità storica
dell’avvento del socialismo, questa però non dev’essere
intesa, secondo Mondolfo, come una fatalità che
renderebbe superfluo il momento della soggettività, cioè
8
Cfr. Vernetti, p. 86.
9
della coscienza e dell’azione del proletariato, ma piuttosto
come richiamo all’esigenza di fondare l’iniziativa politica
su un’analisi realistica delle condizioni e delle tendenze del
presente storico. Di Labriola, osserva Vernetti, Mondolfo
sottopone invece a critica il concetto di autocritica delle
cose, nel quale a suo avviso sarebbe implicito il
presupposto che all’interno della realtà storica operi una
forza oggettiva di negazione e superamento, e che pertanto
giustificherebbe, di nuovo, una concezione attendista e
passiva della transizione al socialismo
9
.
A differenza di Santarelli, che sottolinea la consonanza
della teoria marxista di Mondolfo con il riformismo
turatiano, Vernetti ritiene invece che Mondolfo elabori la
sua proposta teorica di soluzione della crisi del marxismo
in contrapposizione al pragmatismo turatiano, che con il
suo navigare a vista nella quotidianità della lotta politica
priverebbe la prospettiva della trasformazione socialista di
una solida base teorica e perciò contribuirebbe anch’esso,
per la sua parte, alla svalutazione dei fattori attivi, coscienti
9
Cfr. Vernetti, p. 87.
10
e volontari, che condizionano il corso degli eventi e sono
parte integrante, essi stessi, delle condizioni oggettive su
cui far leva per promuovere il rinnovamento socialista
della società.
10
Secondo Vernetti, dunque, Il libro su Engels nasce dalla
persuasione che il revisionismo teorico, traducendosi nella
prassi del riformismo italiano, sia rimasto vittima proprio
di quel determinismo, contro il quale, fraintendendo in
particolare la versione engelsiana del marxismo, aveva
inteso reagire. Onde il proposito mondolfiano di restaurare
l’autentico spirito “attivistico e libertario” del marxismo,
mostrando attraverso una puntuale e serrata analisi testuale
com’esso sia presente anche negli scritti di Engels,
nonostante lo scolasticismo che talvolta li caratterizza.
In questa prospettiva assume particolare rilievo, secondo
Vernetti, il richiamo di Mondolfo all’idealismo hegeliano
come momento essenziale del marxismo.
11
Un’interpretazione del marxismo che ne sottolinei
l’impianto dialettico, mutuato appunto da Hegel, è per
10
Cfr. Vernetti, p. 82.
11
Ibid.
11
Mondolfo quella che meglio è in grado di coglierne lo
spirito libertario, giacché è stato proprio grazie
all’insegnamento hegeliano che il marxismo ha saputo
affermare “la positività del negativo” e riconoscere “nel
principio di libertà il valore morale e la forza suscitatrice di
ogni movimento socialista”.
12
Nella densa e penetrante introduzione alla raccolta di
scritti mondolfiani pubblicata nel 1968 col titolo
Umanesimo di Marx, Norberto Bobbio distingue tre
principali articolazioni interne della riscoperta mondolfiana
del marxismo.
13
In primo luogo, nel saggio su Feuerbach
del 1909, Mondolfo intende dimostrare, prendendo le
distanze dalla critica di Marx, che “la filosofia di
Feuerbach non è materialismo ma storicismo”, sicché il
passaggio da Feuerbach a Marx stesso è da intendersi
come passaggio da uno “storicismo naturalistico”,
imperniato sul rapporto uomo-natura, ad uno “storicismo
12
Cfr. Vernetti, p. 84.
13
Cfr. N. Bobbio, Introduzione a R. Mondolfo, Umanesimo di Marx,
Torino, Einaudi 1968, pp. VII- XLII.
12
umanistico”, che si allarga alla considerazione dei rapporti
sociali.
14
Il secondo momento consiste nell’interpretazione in senso
non materialistico della filosofia di Marx, concepita come
“filosofia della prassi” in una prospettiva che ne esalta la
vocazione umanistica e storicistica. Nella costruzione di
questo secondo momento svolge un ruolo decisivo il
concetto della “prassi che si rovescia”, che per Bobbio
costituisce il nucleo più intimo ed originale del marxismo
mondolfiano. La “prassi che si rovescia” (umwälzende
Praxis) è intesa da Mondolfo, in primo luogo, come azione
reciproca tra uomo e ambiente: “l’uomo trasforma
l’ambiente il quale a sua volta agisce sull’uomo
trasformandolo, in un processo senza fine in cui consiste la
storia”.
15
In secondo luogo, sulla scorta delle Tesi
marxiane, come rapporto dialettico tra il momento
14
Cfr. Bobbio, pp. XV-XVI.
15
Cfr. Bobbio, p. XVII. Poco oltre Bobbio precisa inoltre che il concetto di
“prassi che si rovescia” include in sé, oltre che una concezione del rapporto
uomo-ambiente, anche una concezione generale dell’uomo, anch’essa fondata
su un nesso dialettico, quello che lega la teoria all’azione, l’interpretazione
critica della realtà alla sua trasformazione pratica (cfr. p. XXI).
13
teoretico e quello pratico, tra l’interpretazione critica e la
trasformazione pratica della realtà. Fondandosi sul
concetto della “prassi che si rovescia”, il marxismo viene
così ad includere, nella prospettiva di Mondolfo, “una
concezione generale della storia (rapporto uomo-ambiente)
e una concezione generale dell’uomo (rapporto teoria-
pratica)”
16
. Secondo Bobbio, Mondolfo affida proprio al
concetto di “prassi che si rovescia” il compito di
qualificare il marxismo come la teoria che fonda il divenire
storico sull’”unità dialetticamente articolata” di soggetto e
oggetto, e rappresenta perciò il superamento dell’idealismo
senza tuttavia scivolare in un materialismo unidirezionale
e, in ultima istanza, metafisico.
17
o
’
p
,
d
16
Cfr. Bobbio, p. XXI.
17
Cfr. Bobbio, p. XX.