1
I. INTRODUZIONE.
Questo elaborato si propone di analizzare due testi contemporanei che
ospitano il personaggio di Don Giovanni, il Dissoluto Assolto di Saramago e
Don Giovanni raccontato da se stesso di Peter Handke, in rapporto alle
opere precedenti che delineano il profilo del protagonista. L'indagine è volta
all'individuazione delle modalità mediante cui il mito dongiovannesco viene
ripreso e attualizzato, e cerca di mettere in luce, da un lato, le trasformazioni
che caratterizzano le due recenti riscritture rispetto alla serie di motivi
tradizionali, e, dall'altro, evidenziare invece come alcuni elementi propri
della mitologia dongiovannesca tendano a permanere indipendentemente dal
differente contesto culturale e storico.
La prima parte dello studio é dedicata all'inquadramento della vicenda
dongiovannesca nel complesso ambito della mitologia letteraria; i due poli
archetipici entro cui si dibatte Don Giovanni sono riconducibili, da un lato,
all’idea di conflitto con la dimensione ultraterrena e, dall’altro, al libero
dispiegarsi dell’esistenza erotica del protagonista. Amore e Morte risultano
infatti i due elementi principali del tessuto mitico in ogni riscrittura della
trama, e in base a questi sono state articolate le analisi specifiche dei due
testi presi in considerazione.
Oltre a questo aspetto comparatistico, ho cercato di verificare in che modo
la nozione di intertestualità influisca sulle rielaborazioni, pur molto
originali, di Saramago e di Handke, e dunque di mettere in evidenza anche
da un punto di vista diacronico come i due autori recuperino i differenti
nuclei narrativi che si intrecciano nello sviluppo letterario delle avventure di
Don Giovanni.
Sebbene i testi dedicati al più grande dei seduttori costituiscano una mole
sterminata, occorre tentare preliminarmente di ricostruire, a grandi linee, e
2
con un excursus che non pretende minimante di essere esaustivo, le tre tappe
iniziali che strutturano la genealogia del protagonista.
Don Giovanni appare per la prima volta nel El burlador de Sevilla y
convidado de piedra
1
, ultimato da Tirso de Molina nel 1630.
Il seduttore tirsano non ha ancora dispiegato interamente il suo arsenale di
mezzi e ambiguità, ma presenta già i tratti distintivi minimi che consentono
di riconoscerlo. E’ «un uomo senza nome»
2
, che tutta Siviglia conosce come
«l’ingannatore», in quanto, come spiega lo stesso protagonista, il suo «più
grande piacere […] è burlare una donna lasciandola senza onore»
3
. Il Don
Juan di Tirso è una creatura ancora poco raffinata, con modi quasi rozzi che
si basano su improvvisazioni limitate e ripetute. La burla è la più costante
tra le sue performances, e raggiunge un apice di terribile gravità con l’invito
a cena rivolto al Morto. Alla fine, il burlador dei viventi e dei morti sarà
beffato a sua volta dall’emissario divino che gli rifiuta la redenzione e lo
trascina con sé nel sepolcro.
In Tirso è presente anche una dimensione sociale della vicenda, vale a dire il
rapporto col potere regio e con la giustizia laica, che progressivamente
perderà di centralità; al contrario, il binomio tra erotismo ed empietà, e di
conseguenza la problematica della sproporzione tra colpa e pena, vengono
codificati nel Burlador per la prima volta in modo irreversibile, e
rimarranno uno dei cardini principali di tutte le riscritture dongiovannesche.
Se la Spagna barocca è il luogo di nascita del libertino, il personaggio di
Don Giovanni si arricchisce e si costituisce come tale mediante un lungo
itinerario che da Siviglia si snoda attraverso i secoli e le diverse nazioni
d’Europa, passando anche per la Francia di Molière.
Nel Festin de Pierre
4
viene ripreso il libertino di Tirso, ma il personaggio
giocoso, sprezzante della morte e del pericolo, per mano di Molière diviene
più freddo e calcolatore: Dom Juan affina la sua arte dialettica giungendo
alla celebrazione dell’ipocrisia come carattere necessario per vivere nella
1
T. De Molina, L'ingannatore di Siviglia e il convitato di Pietra, Einaudi, Torino, 1998.
2
Ibidem, p. 6.
3
Ibidem, p. 70.
4
G. Molière, Don Giovanni o il Convito di pietra, Garzanti, Milano, 2004.
3
società del tempo, e presenta una finezza intellettuale addirittura
machiavellica nell'elucubrazione delle sue teorie destinate al piacere
personale e ai danni degli altri.
Quando arriva a Da Ponte e Mozart, Don Giovanni ha già calcato mille
volte la scena dei Comici dell’Arte, ed è entrato a far parte della letteratura
dei libertini
5
, in cui «sembrava aver esaurito il suo ciclo»
6
, sostiene
Macchia. E’ invece tramite questa terza tappa fondamentale che il mito
raggiunge il suo splendore.
Il Don Giovanni ossia il dissoluto punito di Mozart su libretto di Da Ponte,
rappresentato per la prima volta a Praga il 29 ottobre del 1787, costituisce
l’immagine madre di tutti gli altri Don Giovanni, compresi quelli che pure
lo precedono cronologicamente, a riprova del fatto che, come spiega
Benjamin, l’origine non ha nulla in comune con la genesi, ma «sta nel fiume
del divenire come un gorgo e trascina dentro la propria ritmica il materiale
della nascita»
7
. Sciolto dalle rigidezze della parola scenica, e immerso nella
viva corrente della musica, Don Giovanni accede per merito di Mozart alla
forma in cui sarà consegnato ai secoli successivi. La stessa ambiguità insita
nel sottotitolo «dramma giocoso»
8
, dato dal compositore al libretto
praghese, fa intuire come l’opera superi le forme consuete di farsa e
tragedia, realizzando una paradossale unità tra momenti tragici e comici.
È attraverso Mozart che la leggenda di Don Giovanni arriva alla
contemporaneità, penetrando nel profondo delle radici culturali occidentali.
A questo proposito, Massimo Mila sostiene che
5
Quest’ultima tappa, come spiega Giovanni Macchia, determina un dirottamento nella personalità del
giovane seduttore: «il libertino Don Giovanni, dunque, spense del tutto il fuoco e la giovanile baldanza
del suo antenato spagnolo: si raggelò, si intellettualizzò». G. Macchia, Vita avventure e morte di Don
Giovanni, Einaudi, Torino, 1978, p. 35.
6
Ibidem, p. 39.
7
W. Benjamin, Il dramma barocco tedesco, Einaudi, Torino, 1971, p. 24.
8
L’evoluzione all’interno delle forme rappresentative del personaggio e della vicenda che lo vedeva
protagonista risulta estremamente complessa: se parte delle avventure di Don Giovanni sono frutto di una
derivazione diretta dalla tradizione della Commedia dell’Arte, l’inserimento di alcuni elementi tragici
come l’indiscutibile presenza della morte, snaturano nell’essenza l’Opera buffa e non possono essere
ricondotti in maniera lineare al genere comico. Nino Pirrotta sottolinea tuttavia la parzialità interpretativa
nel connettere la designazione “dramma giocoso” unicamente alla tragedia, anche perché la stessa
definizione si riferiva al genere comico secondo «un uso divenuto corrente nei libretti comici già da un
decennio». N. Pirrotta, Il Don Giovanni in musica, Marsilio, Venezia, 1999, p. 151.
4
anche quando ci troviamo in presenza delle più spinte o arbitrarie
metamorfosi, non si deve mai dimenticare che in sostanza, queste idee
sono state pensate sulla base del Don Giovanni di Mozart.
Incompatibili con esso, eppure in certo senso latenti. Per quanto
lontano possano essere andate le immagini ottocentesche e moderne di
Don Giovanni, il punto di partenza è stato l’opera di Mozart, e non
altro
9
.
Eppure, nonostante l’identificazione pressoché spontanea con il
protagonista forgiato da Mozart, Don Giovanni continua a godere di
un suo spazio indipendente nella dimensione artistica, al punto da
divenire immagine del maschile e stereotipo dell’amore libertino.
9
M. Mila, Lettura del don Giovanni di Mozart, Einaudi, Torino, 2000, p. 7.
5
II. DON GIOVANNI COME MITO.
«Cicerone dice, non so in che punto, credo nel suo trattato Della
natura degli dei, che vi sono molti Giovi, un Giove a Creta, un altro a
Olimpia, altrove un altro ancora [...]. Di tutti se n’è fatto uno solo,
attribuendogli le vicende di ognuno dei suoi omonimi. Questo spiega
il numero prodigioso di avventure galanti attribuite a quel dio. La
medesima confusione è avvenuta ai riguardi di Don Giovanni; svariate
città citano il proprio. Una volta ognuna aveva una leggenda separata.
Col tempo, poi, si fuse in una sola»
10
.
E’ con queste parole che Prosper Mérimée, ne Le anime del purgatorio,
pone la questione della rete mitica da cui prende forma la figura di Don
Giovanni, alludendo per altro ad un’interessante analogia con il Dio
seduttore per eccellenza
11
.
Ma chi è davvero Don Giovanni? Il mondo letterario occidentale impiega
quattro secoli nel (tentativo di) rispondere: più di tremila opere letterarie,
musicali e cinematografiche trasportano il libertino dal XV secolo fino a
oggi. Già Carlo Goldoni, due secoli e mezzo fa, aveva dovuto constatare suo
malgrado che «non si era mai veduto sulle scene una continuazione di
applauso popolare e per tanti anni ad una scenica rappresentazione» come
accadeva per il Don Giovanni, nonostante la commedia «fosse piena zeppa
di improprietà e inconvenienze»
12
.
Le interpretazioni che hanno dato i vari artisti in tempi differenti, presentano
un personaggio sfaccettato, poliedrico e persino contradditorio nella sua
essenza, tanto da divenire con il tempo altro da sé. Per quanto, talvolta, sia
addirittura la sua caratteristica più riconoscibile, la dissolutezza, ad essere
messa in questione
13
, anche oggi la storia di questo personaggio mitico,
10
P. Mérimée, Le anime del purgatorio, in Carmen e altri racconti, Einaudi, Torino, 1986, p. 115.
11
Lo studioso de Simone-Brouwer sottolinea con efficacia la curiosa analogia tra il re dell’Olimpo e il re
dei seduttori , entrambi maestri della metamorfosi. Lo stesso Giove viene definito come un vero «don
Juan olympyque dont la science était si redoutable et qui connassait si parfaitemet les coeurs des femmes,
qu’il savoit prendre tour à tour la forme, la qualité, le défaut qui devait plaire à chacune d’elles». F. de
Simone-Brouwer, Ancora Don Giovanni, Osservazioni e appunti, Stabilimento tipografico Pierro e
Veraldi, Napoli, 1897, p. 7.
12
C. Goldoni, Prefazione a Don Giovanni Tenorio, o sia il Dissoluto, in Id., Tutte le opere, a cura di G.
Ortolani, vol. IX, Milano, 1950, p. 214.
13
Un esempio eclatante da questo punto di vista è senz’altro la tragicommedia di Max Frisch, Don
Giovanni o l’amore per la geometria, in cui il libertino ama meno le donne della geometria, e cerca di
sfuggir loro addirittura inscenando la propria discesa agli inferi. Cfr. M. Frisch, Don Juan oder die Liebe
6
continua a ruotare intorno al suo nome, configurandosi essenzialmente a
partire da esso: nonostante il contesto in cui si inserisce sia di volta in volta
caratterizzato da infinite varianti, il nome Don Giovanni permane come
elemento riaggregante. La sua tendenza alla metamorfosi non è
semplicemente legata ad un adattamento ai gusti degli spettatori, ma
dipende dalle stesse potenzialità costitutive del personaggio, grazie alle
quali si propone immediatamente come eccezionale trasformista. Il
seduttore per eccellenza è sfuggente, inafferrabile, e forse proprio da questo
deriva il suo potere di seduzione, che travalica il singolo testo e spinge
anche i suoi lettori a seguirlo e riscriverlo.
Quanto più ci si addentra nel personaggio, tanto più ci si deve arrendere
all’evidenza di uno statuto particolare, un presupposto di indecidibilità
annidato nella sua stessa consistenza: Don Giovanni può essere considerato
sia parte di una specifica opera, e dunque il personaggio particolare di un
unico ed irripetibile oggetto artistico, sia, al contrario, una figura autonoma
e per certi versi indipendente dal contesto in cui appare, che visita le
differenti opere ma sempre mantenendo un quid irriducibile.
Le posizioni assunte dalla critica in merito all’essenza ontologica del nostro
libertino sono molteplici. Se per Baricco, autore a sua volta di una riscrittura
della piéce tirsana
14
, «Don Giovanni non esiste […], nè ha un profilo
psicologico comprensibile»
15
, Mila sostiene invece che il grande seduttore
rappresenta «una di quelle figure che […] sono uscite dalla letteratura ed
entrate nella vita»
16
. Larga parte della letteratura critica, del resto, considera
questo personaggio come «un simbolo»
17
, e spiega la complessa identità del
zur Geometrie, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main, 1956; trad. it. Don Giovanni o l’amore per la
geometria, Feltrinelli, Milano, 2004.
14
A. Baricco, La storia di Don Giovanni, L’Espresso, Roma, 2010. Nato per la collana Save the story, il
breve racconto di Baricco non è propriamente una riscrittura del mito, ma pittosto una sua
reinterpretazione in chiave linguistica, con un taglio ed un linguaggio più moderno, in grado di
coinvolgere anche il pubblico più giovane. Lo scopo del progetto è salvaguardare la trasmissione di
questa storia e di altri grandi classici. Il testo si chiude infatti con un auspicio: «il don Giovanni che avete
in mano spera di non essere l’ultimo».
15
A. Baricco, Dracula, sosia di Don Giovanni, in F. Moretti, Temi, luoghi, eroi, Einaudi, Torino, 2003,
p. 836.
16
M. Mila, cit., p.3.
17
J. Ortega Y Gasset, Don Juan, in «Obliques», n. 4-,5, p. 5. L’autore sostiene che Don Giovanni è
l’emblema «di quel fermento tragico che, più o meno larvato, si trova in tutti gli uomini, il sospetto che
7
seduttore identificandolo con un «personaggio archetipico» che, in quanto
tale, «vuole andare ovunque e divenire chiunque. Più che una persona è un
potenziale, la cui migrazione attraverso tempo, luogo e metaforici
cambiamenti di identità ne dichiara l’ambizione di sperimentare possibilità
all’infinito»
18
. A questa interpretazione si riallaccia anche la lettura di
Angelica Forti-Lewis che mette in luce la grandezza mitica del personaggio
di Don Giovanni, che, come «Antigone, Faust, Saul», rispecchia la
«polivalenza umana e […] simboleggia la forma ideale del destino»
19
.
tutti i nostri ideali siano mutilati, incompiuti, frenesia di un’ora d’ebrezza che finisce in disperazione,
imbarco giocoso su una nave imbandierata che finirà per affondare». Ibidem.
18
P. Conrad, Il libertino e la sua carriera, in J. Miller, The Don Giovanni Book, Faber and Faber,
London, 1990; trad. it. in Id., Il libro di Don Giovanni, Nuova Pratiche Editrice, Parma, 1995, p. 59.
19
A. Forti-Lewis, Maschere, libretti e libertini: il mito di Don Giovanni nel teatro europeo, Bulzoni
Editore, Roma, 1992, p. 13.