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Infatti oggi è aumentato, su grande scala, il numero di tutto ciò
che concerne il mondo dell’occulto: chiromanti, indovini, maghi,
guaritori.
Ma che cos’è realmente la magia?
Chi volesse consultare un qualsiasi dizionario troverebbe:
<<Pratica rituale che tende ad agire, mediante arti occulte, sulla
natura o sull’uomo; si dice magia nera se esercitata con intenti
malefici, bianca se esercitata a scopi benefici (Garzanti)
1
>>.
La magia rituale si divide in:
ξ magia bianca: volta al bene;
ξ magia rossa: volta all' amore;
ξ magia verde: volta al bene ed utilizza i poteri della natura;
ξ magia nera: è la magia malefica, volta a fare del male; essa
però farà ricadere il male anche su chi la pratica.
L’immaginario collettivo dei piccoli paesi come Pontecorvo è
popolato da fate, streghe, riti magici, eroi, miti e leggende; non
sempre però le persone ne parlano facilmente infatti, il più delle
volte ci si ritrova di fronte ad un muro di diffidenza e di ostilità,
di << non ricordo >>, oppure << queste cose sono contrarie alla
religione >>.
1
Garzanti, Dizionario di lingua italiana,ed. De Agostini, Milano, Garzanti 2003,
Vedi voce magia.
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Il lavoro inizia con una descrizione del territorio pontecorvese,
questo per cercare di far conoscere la vita passata e quotidiana di
questa cittadina della Ciociaria.
Pontecorvo: una cittadina ormai cresciuta in popolazione, ma che
conserva ancora aspetti antichi, soprattutto per quanto riguarda la
storia e le tradizioni.
Dopo aver esposto, nella prima parte i rituali magici praticati nel
territorio pontecorvese legati alla magia cosiddetta bianca, la
seconda parte sarà dedicata alla magia nera, ma soprattutto alla
possessione diabolica e al rituale dell’esorcismo.
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Capitolo 1
Il territorio pontecorvese tra realtà e tradizioni
Pontecorvo è una città antica, sorta nell' 862, su iniziativa di un
Gastaldo di Aquino di nome Rodoaldo; di vecchio però non ha
che una torre, la Porta Romana, le mura Sant’Andrea.
All'arrivo del nobile aquinate, già esisteva un villaggio chiamato
Ponte Curvo, nome legato all'andamento curvo del ponte romano
che congiunge le due sponde del fiume Liri.
Rodoaldo, di origine longobarda, fece costruire un castello sulla
roccia che domina il ponte, fortificando la parte alta della città.
Nel 1102, la città acquistata dall'Abate di Montecassino, cambiò
il nome in Ponte Corvo e la sua vita sociale venne regolarizzata
con tre Statuti.
Ci furono dominazioni varie, dai francesi agli spagnoli, fino a
quando la città venne donata allo Stato Pontificio che l’ha gestita
finché nel 1860, la grande maggioranza dei pontecorvesi aventi
diritto al voto, approva l’ adesione al Regno d'Italia.
La situazione di enclave pontificia nel territorio di un altro Stato,
ha dato alla città di Pontecorvo una storia a sé, diversa da quella
degli altri paesi limitrofi.
Una storia molto legata alle tradizioni, soprattutto religiose, viste
come punto di riferimento di una vita cittadina che quasi non
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accetta i nuovi riferimenti laici sopraggiunti con l'Unità d'Italia.
2
Nel 1796, sotto Pio VI, Pontecorvo fu occupata dalle truppe di
Ferdinando IV per contrastare la discesa dei francesi che la
presero due anni dopo. Ripresa e ripersa, quando l’anno
successivo il Papa fu fatto prigioniero da Napoleone Bonaparte,
la città fu aggregata in seguito, alla Francia.
Nel 1806 l’imperatore dei francesi fece di Pontecorvo e di
Benevento due principati, assegnando la città a Giovanni Battista
Bernadotte, il quale governò la città tramite un cittadino, fino al
1810, quando fu designato al trono di Svezia, divenendo poi re.
Da Bernadotte, il principato di Pontecorvo passò a Murat, re di
Napoli, che lo tenne fino alla sua caduta e, nel 1815, col
Congresso di Vienna ritornò alla Chiesa.
Le condizioni economiche erano miserevoli: la grande
maggioranza della popolazione era impegnata nei campi ma
abitava, per motivi di sicurezza, all'interno delle mura cittadine in
abitazioni malsane e sovraffollate e soprattutto lavorava la terra
per conto dei nobili e del clero.
L'istruzione era scarsa ed era stata affidata per molto tempo, al
clero.
2
L. Prignani, F. Di Maggio, Saggezza Popolare: una raccolta di proverbi e detti
nella città di Pontecorvo. Pontecorvo, editrice Tipografia Arte Stampa-Roccasecca,
2007, pp.19 – 20.
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La prima scuola, a Pontecorvo, è sorta presso la cattedrale, nel XI
secolo, ma sicuramente riservata solo ai figli dei nobili allo scopo
di formare giudici e funzionari. La lingua scritta era il latino ed il
longobardo, quella parlata era il dialetto.
Con l'Unità d'Italia, nel 1860, viene aperta la prima scuola
pubblica statale, con maestri laici, sempre presso l'edificio dei
Padri Dottrinari di San Marco.
Dopo l'Unità d'Italia per il ceto popolare le condizioni
economiche migliorarono leggermente in quanto i contadini
iniziarono ad abitare sulla terra che coltivavano e molti ebbero la
possibilità di accedere almeno all'istruzione primaria.
3
Ma il dominio dei nobili e dei proprietari terrieri rimane, nel
periodo liberale e in quello fascista, fino al conflitto mondiale.
La popolazione, che nel 1860 era di diecimila abitanti, andò
incrementandosi fino a diventare diciottomila negli anni Venti.
Durante gli anni in cui in Italia vigeva la dittatura fascista, 1922-
1944, nacquero l'istituto magistrale e l'O.N.M.I. (Opera
Nazionale Maternità e Infanzia), gli edifici delle scuole allora
dette rurali, la colonia montana di Monte Leuci.
L'istituto magistrale e l'incremento delle scuole nelle campagne,
aveva permesso ad una vasta categoria di istruirsi e di migliorare
le proprie condizioni economiche e culturali.
4
3
ibidem
4
B. Pulcini, Pontecorvesità. Pontecorvo, editrice Graficart Formia, anno 1999,
pp.16- 22.
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Nel novembre del 1943, la mattina dell'Ognissanti, Pontecorvo fu
bombardata.
La cittadina, <<gemma rosa e bianca in mezzo al verde della
Valle del Liri>>, diventò un cumulo di rovine ed era raccolta nei
due rioni principali di Civita, la parte alta, e del Pastine, sulla
destra del fiume Liri. Li univa il ponte curvo che era allora, un
punto di primaria importanza militare, infatti i Tedeschi si
apprestavano a fare di Pontecorvo il punto centrale della linea
Hitler per sbarrare la via verso Roma alle truppe alleate se avesse
ceduto il fronte di Cassino.
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Accadde tutto inaspettatamente. Era una mattinata tranquilla, si
svolgevano le normali attività quotidiane. I bambini giocavano in
piazza Belvedere, le donne si recavano in chiesa per la messa
solenne di quel giorno, gli anziani discutevano sulla guerra.
Rombi di motori, come tuoni ruppero quel silenzio cittadino. Il
cielo era sorvolato da aerei tedeschi, le bombe cadevano, c’erano
addirittura persone che pensavano fossero caramelle.
La prima ad essere colpita fu la cattedrale, stracolma di gente,
con la sua torre longobarda.
Morì tanta gente e crollò tutto. I morti di quel primo novembre
furono almeno seicento e così tanti furono anche i feriti.
Dopo questi anni, i cittadini furono abbandonati dalle autorità
amministrative e politiche e furono costretti dalle circostanze a
risanare la loro vita sociale, autonomamente. In quel periodo, ci
5
ibidem
10
si sposava e si moriva senza nessuna annotazione nei registri
dell'anagrafe e dello stato civile.
Il più critico risultava essere il settore alimentare. Non c’era
quasi più niente di commestibile per i Pontecorvesi; dopo la
guerra furono introdotte le cosiddette "carte annonarie", tessere
che assegnavano pochi grammi a persona degli alimenti base.
La gente era stremata, non aveva più nulla. Se non ci fosse stato
l’ ingresso dei Liberatori, le persone che affollavano le campagne
sarebbero andate via, verso Roma, con la speranza di trovare una
vita migliore.
Finita la guerra, arrivò la malaria, la quale portò molte vittime.
Intorno al territorio colpito, vi erano controlli di chi entrava e di
chi usciva. La nutrizione era ancora scarsa, molto lontana da
quella che serviva per sopravvivere all'epidemia.
Per Pontecorvo la strada è stata quasi tutta in salita. Ha dovuto
affrontare problemi enormi: dalla ricostruzione al ripristino del
commercio, dalla disoccupazione alla ricostituzione del
patrimonio agricolo; una piccola svolta si ebbe con l’arrivo della
Fiat. C’è chi afferma che lo stabilimento dovesse sorgere a
Pontecorvo.
L'industria ha portato un po’ di benessere, anche se ancora
esistono sacche di disoccupazione e di povertà. La paura più
grande era che le campagne si spopolassero. Ma ciò non è
accaduto. Anche chi ha deciso di andare a lavorare in fabbrica,
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non ha mai abbandonato la coltivazione dei campi e quella vita,
che solo in campagna si vive.
Nel bene e nel male, Pontecorvo oggi, è il frutto di quello che la
popolazione e la modernità ha voluto. Con gli anni tante cose
sono cambiate, ed altre ormai sono state perdute per sempre, ma
le tradizioni, il folklore, continuano a costituire in gran parte
l'anima del paese.
La cultura popolare non è un oggetto statico, ma è un obiettivo
mobile; non è qualcosa che sta al di fuori degli uomini, ma è
insita nell'anima dell'uomo
6
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Pontecorvo è ricco di tradizioni, anche se molte sono cambiate,
altre invece scomparse.
La tradizione più importante per i cittadini pontecorvesi è il
pellegrinaggio che prende luogo la seconda domenica di maggio,
in onore di San Giovanni Battista.
Nel XII secolo, San Giovanni divenne patrono di Pontecorvo.
Questo racconto è stata tramandata oralmente; vi è un misto di
elementi leggendari, storici, pagani, religiosi, folkloristici.
Secondo questa tradizione, il beato Giovanni Battista è apparso
nel territorio di Pontecorvo ad un certo contadino Giovanni,
addetto al lavoro della terra sulla sponda del fiume Liri.
Il contadino aveva cercato di attraversare a nuoto il fiume
chiamato da Satana, apparso sotto la mentita forma di un uomo
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G. De Vita, Appunti lezioni di Storia delle tradizioni popolari, anno accademico
2003-2004, Cassino.