Quella che Golding ci fornisce attraverso i suoi personaggi è sempre, in
sostanza, una visione imperfetta, che necessita, per essere completata e quindi
compresa appieno ( quando ciò è possibile ), di una sorta di aggiustamento, di
una messa a fuoco, di un ripensamento, insomma, da parte del lettore.
Tutti i libri andrebbero riletti almeno una seconda volta, ma questa è
un'esigenza che si avverte con maggior forza nel caso di un libro di Golding.
Attraverso la sua scrittura egli suscita nel lettore il desiderio di non
limitarsi ad una singola lettura del testo, e gli affida pertanto il compito di
compierne una rilettura, una lettura diversa, riveduta e corretta, da condursi con
occhi nuovi, forse confusi e frastornati, inizialmente, ma, via via, sempre più
consapevoli.
Sembra quasi che Golding non ami svolgere tutto il lavoro da solo e per
questo si rivolga al lettore, coinvolgendolo nella ricostruzione della storia che
sta raccontando, o meglio, dandogliene l'impressione, dal momento che i suoi
romanzi sono costruiti a maglie fittissime, che poco spazio lasciano ad un
intervento esterno.
Ma, in ogni caso, il lettore non è certo passivo. Al contrario: è come se il
lettore fosse chiamato a vestire i panni di un detective per mettersi alla ricerca
di una soluzione che non è facile ottenere, una soluzione che più crede di essere
sul punto di raggiungere, più sembra sfuggirgli.
Egli deve seguire attivamente e con la massima attenzione lo svolgersi
dell'azione se vuole ricostruire, collegando tra loro i vari indizi sparsi qua e là a
bella posta, una visione che, se non è mai univoca ne defInitiva, è sicuramente
diversa da quella iniziale, perche si basa su una maggiore completezza del
quadro d'insieme e sulla conseguente possibilità, per il lettore stesso, di
comprendere con maggiore chiarezza quanto è realmente accaduto, grazie ad
un laborioso processo di chiarificazione e di approfondimento che, oltre ai
personaggi, coinvolge per primo proprio lui, il lettore.
Questi è dunque chiamato ad esercitare tutta la sua attenzione ed
intuizione, a non lasciarsi sfuggire indizi preziosi dall'apparenza volutamente
banale ed insignificante, a rielaborare le opinioni che si era formato
inizialmente in una prima fase di lettura, arricchendole alla luce delle nuove
informazioni via via raccolte in fase di rilettura, o è chiamato, addirittura, a
ribaltare completamente tali opinioni; ma, in ogni caso, è invitato a non dare
nulla per scontato.
In altre parole, i romanzi di Golding difficilmente costituiscono la
lettura ideale per gli eterni sicuri di se e delle proprie intoccabili convinzioni,
per coloro che in nessun caso sono disposti a mettere in discussione se stessi e
la propria visione del mondo.
Del resto, emblematico, in tal senso, è lo stesso percorso formativo e
personale di Golding, quel suo dividersi per tutta la vita tra due interessi
apparentemente così diversi ed inconciliabili come l'amore per la letteratura e
l'attrazione verso la scienza e quel suo sforzarsi assiduamente allo scopo di
conciliarli in qualche modo, di trovare un ponte, un collegamento -salvo dover
ammettere, come fa nel suo romanzo Free Fall
5
attraverso il protagonista ed io
narrante Sammy Mountjoy, che tale ponte non esiste, ma senza per questo
abbandonarne mai la ricerca, senza darsi mai per vinto.
Attraverso le sue opere letterarie Golding è riuscito ad esplorare e a fare
esplorare ai suoi lettori mondi immaginari ma nello stesso tempo realissimi
perche plausibili, credibili e vividamente rappresentati; la scienza, dal canto
suo, lo ha sempre attratto irresistibilmente perche sembrava in grado di
garantirgli la sicurezza psicologica che solo risposte certe, eterne ed
immutabili, quali questa disciplina sembra in grado di fornire, possono
trasmettere.
Il giovane Golding ha dovuto prendere una difficile decisione: ha dovuto
scegliere se soddisfare le aspettative paterne e privilegiare dunque lo studio
delle discipline scientifiche oppure seguire ed assecondare le proprie naturali
inclinazioni letterarie. Ma, in ogni caso, Golding non ha mai smesso di subire il
fascino della scienza per l'intero corso della sua vita, per quanto ciò potesse
apparirgli irrazionale.
5
William Golding, Free Fall, London, Faber & Faber, 1959.
Egli si rendeva conto, infatti, che la capacità della scienza di fornire una
spiegazione esauriente alle innumerevoli ed estremamente variegate
sfaccettature del reale è solo apparente.
La realtà sfugge e non può che sfuggire a qualsiasi tentativo di
semplicistica e riduttiva categorizzazione che tenti di imprigionarla ed
imbalsamarla in una innaturale immobilità, in una inverosimile fissità: di
questo Golding era perfettamente consapevole. Senza dubbio egli avrebbe
accolto più che volentieri le rassicuranti certezze scientifiche, ma nello stesso
tempo si rendeva conto della loro insufficienza, di quel loro fermarsi alla
superficie delle cose, della loro incapacità di penetrare nelle verità più profonde
dell'animo umano e dell'esistenza.
Già in tenera età Golding avvertì l'esistenza di forze difficilmente
spiegabili in termini logici e scientifici, eppure più che reali. Questa sua
intuizione fu in seguito rafforzata dalla tragica esperienza della Seconda Guerra
Mondiale con le spaventose atrocità che 1'hanno contrassegnata, esperienza
dalla quale Golding usci - e non avrebbe potuto che uscire - tragicamente
mutato e profondamente segnato.
Anche il metodo compositivo che Golding utilizza per realizzare i suoi
romanzi testimonia del suo desiderio - ancora di più, della necessità da lui
sentita - di non accettare acriticamente tesi precostituite, punti di vista
preconfezionati.
E' risaputo che nel dar vita ai suoi romanzi Golding ha più di una volta
utilizzato come punto di partenza testi già conosciuti, più o meno famosi e di
successo, ma rivisitandoli e ricreandoli ogni volta in maniera nuova ed
originale, spesso ribaltando completamente le tesi sostenute in tali testi.
E questo non per partito preso o per il piacere gratuito di capovolgere
quanto era stato detto da altri, bensì perche le idee contenute in quei libri
urtavano e si scontravano fortemente con il suo amore per le verità profonde
dell'esistenza umana, dell'essenza stessa dell'uomo.
Probabilmente egli riteneva che quei testi fornissero rappresentazioni
troppo semplicistiche della realtà, la cui complessità e polivalenza risultava
schiacciata e compressa dal facile e compiacente ottimismo evoluzionistico da
,una parte, dalla radicata convinzione dell'incapacità dell'infanzia (e dell'uomo
in generale) di fare il male dall'altra.
1.1. Definizione dell'oggetto d'indagine
Il sistema di analisi narratologica proposto da Gerard Genette in Figure
III
6
fornisce strumenti molto utili a chi voglia esplorare, in generale, la struttura
narrativa del romanzo.
Ciò che si intende fare in questa sede è analizzare il romanzo Rites of
Passage
7
di William Golding alla luce di tale metodo di approccio testuale.
L'intento è quello di individuare alcuni aspetti strutturali che rivestono
un'importanza notevole all'interno del romanzo, un'importanza tale da costituire
punti chiave fondamentali ai fIni della corretta comprensione del testo e
dell'individuazione del messaggio che esso si propone di trasmettere al lettore.
Nell' analizzare il testo in questione si terrà presente, in particolare, la
categoria del tempo, una delle tre categorie narrative principali individuate da
Genette.
6
Gerard Genette, Figure III (Editions du Seuil, 1972), trad. ital. di Lina Zecchi, Einaudi, 1976.
7
William Golding, Rites of Passage, London, Faber and Faber, 1980. E' il primo della serie dei tre
romanzi di ambientazione nautica che costituiscono la 'sea-trilogy': il già citato Rites of Passage, Close
Quarters (1987) e Fire Down Below (1989). Essi sono tutti incentrati sul viaggio intrapreso dal
narratore principale del primo romanzo a bordo di un'antica nave militare britannica che dal Sud
dell'Inghilterra lo porterà in Australia -viaggio che egli compie verso la fine delle guerre napoleoniche
e che registra, nel corso della traversata, nei suoi diari, che vengono a comporre, appunto, i tre romanzi
sopra menzionati.
Rites of Passage offre un 'terreno' particolannente ricco e vario per
questo tipo di indagine, che fornisce un valido aiuto alla comprensione del testo
stesso, di ciò che in esso accade da un punto di vista strutturale, funzionale e in
termini di significato.
Il romanzo costituisce una sorta di- giallo che il lettore è chiamato a
risolvere insieme al primo narratore. Ma per far ciò è necessario, innanzitutto,
operare una distinzione tra l'ordine degli avvenimenti così come sono presentati
e disposti nel testo (che Genette indica come recit) e il reale ed effettivo ordine
con cui tali avvenimenti si sono svolti nel prosieguo della storia.
Prendendo in considerazione la categoria dell'ordine, quindi, sarà
necessario, innanzitutto, indagare sulla relazione che intercorre tra la storia e il
recit (o discorso narrativo) per comprendere in che modo la struttura di tale
relazione agisca in Rites of Passage, romanzo che fa ampio uso di analessi,
prolessi, diversi tipi di lacune, esche sia vere sia false, al fme di manipolare il
lettore, guidarlo nella giusta direzione (quella desiderata dall'autore) e
permettergli di raggiungere e comprendere, in tal modo, gli intenti tematici e
didattici che l' autore si è proposto.
Procederemo quindi ad analizzare gli avvenimenti e gli episodi salienti
della storia, rispettando l'ordine del recit.
Gioverà alla nostra discussione avere ben chiaro, innanzitutto, quale sia
la struttura del romanzo in questione dal punto di vista macrostrutturale, che si
potrebbe delineare nel seguente modo
8
:
1. Il romanzo si apre con un discorso in forma epistolare a
focalizzazione interna. Chi ci riferisce tale discorso è il narratore
extradiegetico-omodiegetico Edmund Talbot, giovane di nobili origini, che
rivolge il suo, giornale di bordo' al proprio padrino e protettore che risiede in
Inghilterra ( e che ne è quindi il narratario ), con il proposito di fornirgli un
"fair and just account" di quanto gli accade e con l'intento di dilettarlo,
facendogli rivivere, attraverso il proprio racconto, le esperienze e le avventure
da lui vissute in prima persona
9
. Nel giornale Talbot registra, in ordine
sequenziale, la storia del suo viaggio e le esperienze che compie a bordo della
nave, in qualità di protagonista della propria narrazione autodiegetica (pp. 3-
185).
2. A questo primo discorso fa seguito un secondo discorso, anch' esso a
focalizzazione interna (pp. 186-247), sempre in forma epistolare, riferito,
questa volta, dal secondo narratore intradiegetico-omodiegetico, il reverendo
Robert James Colley, giovane parroco imbarcato, tra gli altri passeggeri, sulla
nave.
8
Così come suggerisce Meredyth Savage nel suo articolo "Passages in narrative and focal structuring
in Golding's Rites of Passage", in Tomaso Kemeny e Lia Guerra (a cura di), Scritti in ricordo di
Silvano Gerevini, Firenze, La Nuova Italia Editrice, 1994, pp. 219-243.
9
E' il padrino stesso, del resto, ad esortarlo in tal senso, dicendogli, prima della partenza: "Tell all, my
boy! Hold nothing back! Let me live again through you!" (p. 11 ).
La forma utilizzata dal secondo narratore è quella del manoscritto, che
costituisce, inizialmente - almeno secondo le intenzioni dello stesso Colley -
una lettera indirizzata alla sorella (che ne è il narratario).
Nel corso della narrazione, però, la lettera attraverserà un cambiamento
sia di genere, sia di destinatario. Essa diverrà, in un primo momento, una
comunicazione sempre più interiorizzata (rivolta, quindi, più a se stesso che ad
altri), quasi una sorta di confessione, e, successivamente, una comunicazione di
carattere trascendentale.
In effetti Colley smetterà, ad un certo punto, di indirizzare le sue parole
(scritte, naturalmente) alla sorella e comincerà ad indirizzarle a Dio, o, forse,
più probabilmente, a Cristo
10
, al quale, al colmo della disperazione, rivolgerà
un accorato appello d'aiuto e di sostegno contro il vuoto che sente essersi creato
intorno a se e la sensazione di grande angoscia e confusione che avverte dentro
di se. In ogni caso, anche il secondo narratore annota a sua volta nel proprio
discorso, in ordine sequenziale, le impressioni suscitate dal viaggio e le
esperienze vissute a bordo della nave quale protagonista della propria
narrazione autodiegetica.
10
Sarà lo stesso Colley a segnalare, nel manoscritto, tale mutamento di destinatario con le seguenti
parole: "If not to my sister then to whom? To nIEE? Can it be that like THY saints of old (particularly
Saint Augustine) I am addressing THEE, OH MOST MERCIFUL SAVIOUR?" (p. 208).