INTRODUZIONE
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Intendiamo presentare in questo lavoro alcuni dei più recenti contributi della
Happiness Economics, una branca recente dell'economia che si occupa di indagare
sui livelli di felicità delle persone e delle società, sulle condizioni che la favoriscono
e su quelle che la ostacolano.
La felicità1 delle persone, dopo esser stata al centro dell'interesse degli economisti
italiani della Scuola della Pubblica Felicità, il cui esponente principale fu Antonio
Genovesi, e degli economisti utilitaristi a partire da Jeremy Bentham, è stata
estromessa dall'agenda degli economisti quando Pigou (1920)2 pur distinguendo tra
benessere in senso generale, o benessere sociale, e benessere economico, misurato
dal prodotto nazionale, sostenne che i cambiamenti nel benessere sociale si
associano ai cambiamenti nel benessere economico nella stessa misura, o,
quantomeno, sono dello stesso segno: il concetto di felicità lascia il posto a quello di
benessere e questo, identificato con il “ben-avere” (Latouche, 2007)3 ossia con la
ricchezza materiale, diventa l'unica via possibile per accedere alla felicità.
Nonostante gli elevati tassi di crescita economica che hanno caratterizzato molti
paesi negli ultimi cinquant'anni, diverse fonti indicano che le persone non sono
diventate più felici; esse evidenziano inoltre che la fiducia tra le persone e loro
fiducia nei confronti dei governi e delle altre istituzioni sono oggi a livelli più bassi
che nel passato e che l'aumento del reddito si è avuto a spese di una maggior
insicurezza, di una maggior complessità nella conduzione delle nostre vite e, in
alcuni casi, di un maggior numero di ore di lavoro; infine, nei paesi a economia
avanzata le condizioni di salute sono migliorate e le persone vivono più a lungo, ma
sempre più i problemi ambientali (per esempio il cambiamento climatico, gli elevati
tassi di inquinamento delle città, il depauperamento delle risorse naturali) rendono
incerto il futuro delle persone e quello del nostro pianeta.
Come punto di partenza della nostro lavoro abbiamo scelto il saggio dell'economista
e demografo statunitense Richard Easterlin Does Economic Growth Improve the
1 Utilizzeremo i termini felicità, benessere soggettivo, soddisfazione, utilità in modo intercambiabile, in
quanto si tratta di concetti di tipo metafisico, salvo specificarne contenuti differenti ove ciò si renda
necessario.
2 Pigou, A.C., 1968, L'Economia del Benessere, Utet, Torino (tit. orig., 1920, The Economics of Welfare,
Macmillan and Co., London).
3 Latouche, S., 2007, La Scommessa della Decrescita, Feltrinelli, Milano (tit. orig., 2006, Le Pari de la
Croissance, Fayard, Paris).
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Human Lot? Some Empirical Evidence del 19744, che ha inaugurato il rinnovato
interesse dell'economia per la felicità dei singoli e della società nel suo insieme.
Il lavoro di Easterlin ha evidenziato il così detto “paradosso della felicità” in
riferimento ai paesi sviluppati: si tratta dell'inatteso andamento di un indice di
benessere soggettivo medio ottenuto con interviste, il quale anziché aumentare
insieme al reddito pro capite, come la teoria predice, rimane costante, o cresce in
modo incerto, o addirittura diminuisce, e ciò sembra confutare alcune delle
premesse e delle conclusioni più basilari della teoria economica tradizionale, tra cui
l'ipotesi che “più è meglio” o ipotesi di non sazietà, ancora centrale nella teoria
microeconomica.
Ci addentreremo quindi nell'analisi dei risultati conseguiti dal recente campo di
ricerca dell'economia della felicità. Essi evidenziano che il benessere economico e
la felicità non coincidono: il reddito è una componente della felicità degli individui,
ma è ben lungi dall'esserne l'unica componente. Ng, economista della Monash
University australiana, così si esprime: “Vogliamo il denaro solo come mezzo per
aumentare la nostra felicità. Se avere più denaro non aumenta sostanzialmente la
nostra felicità, allora esso non è molto importante. Ma la felicità lo è” (Ng, 1997)5.
Fattori riferiti alla personalità (tipicamente al centro dell'interesse della scienza
psicologica), fattori socio-demografici (l'età, il genere, le condizioni di salute, lo
stato civile, il grado di istruzione, le convinzioni religiose, etc.), altri fattori con
risvolti economici (lo stato di disoccupazione, l'inflazione, le ineguaglianze nella
distribuzione della ricchezza e del reddito, etc.), le relazioni interpersonali e il
capitale sociale (Putnam, 2000)6, il contesto politico-istituzionale influiscono sulla
felicità delle persone (Frey, 2008)7: il benessere è un concetto multidimensionale di
cui il reddito, il consumo e il benessere materiale sono solo alcune delle
componenti. Inoltre, non solo i risultati delle azioni e dei processi sono importanti
4 Easterlin, R.A., 1974, Does Economic Growth Improve the Human Lot? Some Empirical Evidence, In:
David, P.A., Reder, M.W. (Eds.), Nations and Households in Economic Growth: Essays in Honor of
Moses Abramovitz, Academic Press, New York and London, 89-125.
5 Ng, Y., 1997, A Case for Happiness, Cardinalism, and Interpersonal Comparability, Economic Journal,
107, 1848-1858.
6 Putnam, R., 2004, Capitale Sociale e Individualismo. Crisi e Rinascita della Cultura Civica in America, Il
Mulino, Bologna (tit. orig., 2000, Bowling Alone: The Collapse and Revival of American Community,
Simon & Schuster, New York).
7 Frey, B., 2008, Happiness: A Revolution in Economics, MIT Press, Cambridge, MA.
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per il benessere, ma anche i processi di per se stessi, in quanto nello svolgersi delle
loro vite gli individui sono naturalmente portati a soddisfare i bisogni innati di
autodeterminazione, di competenza, di appartenenza a più ampi gruppi (famiglia,
circuiti amicali, ambito lavorativo, etc.) (Frey, 2008)8.
È il 1974 quando Easterlin, per la prima volta in economia dopo un settantennio di
influenza comportamentista, compie un'analisi della felicità degli individui in
relazione al reddito individuale e nazionale, rimettendo in discussione un assioma
della teoria economica secondo il quale il benessere economico coincide con il
benessere in senso lato, altrimenti detto felicità o soddisfazione di vita. Da allora un
numero sempre crescente di economisti si è occupato di benessere individuale. Si è
iniziato a misurare la felicità delle persone tramite indagini condotte in vari paesi
del mondo e a confrontarla con i tipici indicatori economici, quali il reddito, la
ricchezza, il tasso di disoccupazione, e oggi il tema della felicità sta cambiando il
modo di intendere l'economia del benessere e la sua metodologia: chiedere alle
persone se stanno davvero meglio con più reddito comporta una seria
considerazione della dimensione soggettiva e ciò sembra essere “un passo
avanti significativo nell'umanizzazione della scienza economica” (Bruni, 2008)9.
L'interesse degli studiosi è esploso col simposio di Londra del 1993 sulle
determinanti e sulla misurazione della felicità e alla fine di quel decennio gli
economisti hanno iniziato a pubblicare su larga scala analisi empiriche sulla felicità
in diversi paesi e diversi periodi10. Tali analisi cercano di indagare la natura della
felicità, spiegare quali fattori vi contribuiscono, comprendere il comportamento
umano e suggerirne spiegazioni alternative, studiare i cambiamenti nelle preferenze
e nelle interazioni sociali, analizzare le conseguenze della felicità sul
comportamento, indagare se la felicità è l'effetto o la causa di determinati fenomeni
(per esempio della disoccupazione), spiegare le osservazioni empiriche in
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Ibidem.
9 Bruni, L., 2008, La scienza del ben vivere sociale? L’economia e i paradossi della felicità, Servitium, 175,
61-69.
10 Clark, A., Frjiters P., Shields, M., in Relative Income, Happiness and Utility: An Explanation for the
Easterlin Paradox and Other Puzzles, IZA Discussion Paper No. 2840 del 2007, segnalano: “A search of
ECONLIT for journal articles with either ‘Happiness’, ‘Life Satisfaction’ or ‘Well-being’ in the title,
identifies 465 published articles between 1960 and 2006. Of these 363 (78%) have been published since
1995, 285 (61%) have been published since 2000, and one-third of the literature (37%, or 173 articles)
has appeared in print in just the last three years”.
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disaccordo con la teoria economica tradizionale (per esempio perché l'aumento del
reddito pro capite non necessariamente provoca un aumento della felicità),
conoscere l'impatto sulle determinanti della felicità delle diverse misure di politica
economica.
La Happiness Economics è un campo di ricerca che si caratterizza per un
orientamento interdisciplinare: gli economisti della felicità sembrano voler
uscire dall'isolamento di una disciplina che per decenni ha utilizzato i metodi
delle scienze naturali e mostrano di voler accogliere i contributi delle altre
scienze sociali, in particolare della sociologia, della psicologia e della scienza
politica. La psicologia alla base delle considerazioni degli economisti di questa
recente branca dell'economia è quella di stampo cognitivista che, differentemente
dal comportamentismo, che ha costituito il riferimento teorico degli economisti
neoclassici, non limita il suo oggetto di studio al solo comportamento esteriore
dell'essere umano, ma assegna invece grande importanza al suo vissuto, alle sue
emozioni, ai suoi sentimenti, ai suoi processi cognitivi, ritenendolo capace non solo
di mere reazioni a stimoli provenienti dall'esterno, ma di incidere a sua volta
sull'ambiente in cui vive, agendo tramite le sue propensioni e la sua creatività.
L'essere umano per come egli stesso riconosce e dichiara di sentirsi, per come
effettivamente egli “è al mondo”, è al centro dell'interesse di questa branca
dell'economia e il modello dell'uomo perfettamente razionale e egoista,
dell'homo oeconomicus che si muove sul mercato unicamente in funzione del
proprio tornaconto, viene accantonato.
Una nuova epoca sembra essere stata inaugurata nella scienza economica.
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