Risk Management in ambiente sanitario: il ruolo dell’ingegnere biomedico
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la prima volta in Italia viene attribuito “peso sanitario” da parte delle istituzioni
alle unità di gestione del rischio clinico e dei servizi di ingegneria clinica per
un’uso sicuro ed appropriato dei dispositivi medici. Per promuovere il
cambiamento culturale utile all’avvio di un sistema di gestione del rischio, è
fondamentale una leadership forte che individui come prioritario l’obiettivo di
garantire la sicurezza delle prestazioni sanitarie per il paziente, attraverso
sistemi di risk management che prevedano, se necessario, anche la profonda
revisione e modifica dei processi. La maggior parte degli incidenti in
organizzazioni complesse, come quelle sanitarie, è quindi generato
dall’interazione fra le diverse componenti del sistema: tecnologica, umana ed
organizzativa. La tecnologia ha sicuramente un peso di rilievo, ma non è
risolutiva. La tecnologia senza organizzazione fallisce. La tecnologia migliora
enormemente le condizioni di lavoro solo se è inserita in un processo più
ampio. Le molteplici sfaccettature ed esigenze culturali ed operative derivanti
dalle differenti figure interessate dal risk management (il cittadino
insoddisfatto, il personale sanitario e l’azienda ospedaliera), richiedono che la
gestione del rischio clinico non sia affidato ad una sola figura professionale
bensì ad un gruppo di lavoro in cui si integrino diversi background
professionali ed umani.
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Di fronte a tali problematiche è richiesta la presenza all’interno
dell’organigramma ospedaliero di una figura professionale con un background
tecnico-scientifico capace di integrarsi appieno con le varie realtà professionali
del mondo ospedaliero, compreso le nuove figure delle nascenti Unità
Operative di Risk Management. Tale figura già esiste: è l’ingegnere biomedico.
Dall’analisi dei vari rischi presenti a livello ospedaliero la presenza in pianta
stabile di una figura “attuale” quale l’ingegnere biomedico nell’organigramma
ospedaliero potrà contribuire in maniera notevole ad elevare i livelli di
efficienza della struttura sanitaria.
Capitolo 1
________________________________evoluzione del risk management nelle Aziende Sanitarie
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1.L’evoluzione del Risk Management nelle Aziende Sanitarie
Introduzione
Parlare di qualità delle cure oggi significa non solo parlare di efficienza e di efficacia ma
anche e soprattutto di sicurezza del servizio offerto. Il termine sicurezza in tutto il mondo
imprenditoriale, e non meno nelle aziende sanitarie, evoca immediatamente il rispetto di
norme, regolamenti e disposizioni legislative come il decreto 626, spostando l’attenzione
del problema sugli aspetti prettamente strutturali e tecnologici o sulla sorveglianza
sanitaria degli operatori coinvolti piuttosto che sulla sicurezza del paziente. Se il paziente
che si rivolge alla struttura sanitaria con una domanda di assistenza che migliori la sua
condizione di salute, riceve al contrario un danno dall’atto sanitario, si assiste al
fallimento non solo della singola prestazione, ma dell’intero sistema che viene meno allo
scopo per il quale è stato concepito. In effetti è ormai tempo di pensare alla sicurezza
come ad un requisito del sistema e all’evento avverso come al frutto di una interazione
tra fattori tecnici, organizzativi e di processo piuttosto che alla conseguenza di un singolo
errore umano. Si tratta quindi di promuovere quel cambiamento culturale già iniziato nel
mondo anglosassone e che comincia a muovere i primi passi anche in Italia, che consente
di superare l’approccio punitivo dell’errore. E’ molto facile, di fronte a qualcosa che non
ha funzionato, limitarsi alla colpevolizzazione dell’operatore direttamente coinvolto, che
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in realtà è solamente l’ultimo e più debole anello della catena degli eventi che hanno
innescato l’errore e conseguentemente il danno. Al contrario ciò che serve è un sistema
che renda possibile la rilevazione di tutti gli errori, anche quelli che non hanno generato
un evento avverso, consentendone l’analisi approfondita e la ricerca delle cause, al fine
di prevenire il ripetersi delle stesse condizioni di rischio o di limitare il danno quando
questo si è ormai verificato. Progettare sistemi di cura finalizzati alla prevenzione degli
errori non è facile. La scarsa visibilità degli errori che nella maggior parte dei casi non
vengono segnalati dal professionista frenato dal timore di essere giudicato negativamente
dai colleghi e dal timore delle ripercussioni medico legali è solo uno degli ostacoli al
cambiamento. Per promuovere il cambiamento culturale utile all’avvio di un sistema di
gestione del rischio, è fondamentale una leadership forte che individui come prioritario
l’obiettivo di garantire la sicurezza delle prestazioni sanitarie per il paziente, attraverso
sistemi di risk management che prevedano, se necessario, anche la profonda revisione e
modifica dei processi.
1.1 Cos’è il Risk Management
Risk Management significa letteralmente “Gestione del Rischio” dove per rischio si
intende la probabilità di accadimento di tutti quegli eventi che possono comportare
perdite o danni per l’azienda e le persone coinvolte (es. danni alle strutture, danni alle
persone fisiche, danni economici o di immagine).
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Il Risk Management si articola in una serie di azioni ed attività quali:
o la conoscenza e l’analisi dell’errore (sistemi di report, revisione delle cartelle,
utilizzo);
o l’individuazione a la correzione delle cause di errore (root causes analisys – RCA,
analisi di processo, failure mode and effect analisys – FMEA);
o il monitoraggio delle misure messe in atto per la prevenzione dell’errore;
o l’implementazione ed il sostegno attivo delle azioni proposte.
Tali attività possono essere raggruppate in sei macro fasi:
-identificazione dei rischi
- valutazione dei rischi
- scelta delle tecniche di gestione
- realizzazione tecniche di gestione
- monitoraggio
- aggiornamento
In sintesi il Risk Management (RM) può essere definito come il sistema, fondato su una
metodologia logica e sistematica che consente, attraverso step successivi, di identificare,
analizzare, valutare, comunicare, eliminare e monitorare i rischi associati a qualsiasi
attività, o processo in modo da rendere l’organizzazione capace di minimizzare le perdite
e massimizzare le opportunità.
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Il primo passo fondamentale per il risk management è conoscere in modo preventivo i
rischi (quali sono gli eventi potenzialmente dannosi, con quale frequenza si possono
manifestare e quale impatto possono avere). Senza la conoscenza del rischio non c’è
possibilità di preparare o di adottare azioni correttive e preventive migliorative. Questa
fase di valutazione del rischio deve essere necessariamente un processo continuo
finalizzato al miglioramento dato che, nel tempo, i fattori esterni o interni di rischio
possono cambiare e deve comprendere una previsione dei costi di gestione del rischio, in
termini di risorse economiche, , di capacità e di mezzi. I costi di gestione del rischio non
devono chiaramente superare i costi di eventuali danni causati dal concretizzarsi del
rischio stesso.
All’inizio del 2003 l’UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) ha effettuato
un’indagine tra le imprese italiane per valutare il grado di interesse, conoscenza e
applicazione del risk management. Dall’indagine è emerso che in generale la conoscenza
teorica e pratica del RM è ancora abbastanza limitata e troppo spesso assimilata al
concetto di “sicurezza sul lavoro”. Inoltre solo un terzo circa delle aziende intervistate
svolge effettivamente attività di RM (consistente perlopiù in una gestione del programma
assicurativo).
Di conseguenza i rischi riconosciuti sono quasi esclusivamente quelli assicurabili e
l’obiettivo primario è quello di risparmiare il più possibile sulle polizze, il cui costo è
concepito come un’uscita infruttifera dalle casse dell’azienda senza essere minimamente
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confrontata con le perdite potenziali che potrebbe generare il manifestarsi dell’evento
negativo.
1.2 Risk Management in Sanità
Il tema della gestione dei rischi di responsabilità civile nelle Aziende Sanitarie è emerso
con forza negli ultimi anni a motivo della crescente difficoltà delle aziende nel trovare
assicuratori disposti a finanziare i rischi attraverso la stipula di appropriate polizze. I
premi per dette polizze sono cresciuti enormemente e le garanzie si sono sempre più
ridotte.
Le Aziende Sanitarie non possono più limitarsi a trasferire all'esterno la gestione dei
propri rischi, ma devono intraprendere un percorso, culturale ed organizzativo, che
consenta loro di gestire direttamente i propri rischi, attivando una funzione di Risk
Management.
L'introduzione del Risk Management nelle Aziende Sanitarie rappresenta la strada per
consentire sia di prevenire e gestire gli eventi oggi non più assicurabili sia di definire i
più efficaci ed economici strumenti e livelli di finanziamento dei rischi.
Nel nostro paese il risk management a livello ospedaliero è ancora considerato
un'innovazione. Diversamente da quanto avviene negli USA, o nel Regno Unito, dove il
Department of Health ha sviluppato un programma nazionale per la gestione dei rischi, il
Sistema Sanitario Nazionale (SSN) registra ad oggi solo un numero limitato di iniziative,
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condotte autonomamente dalle aziende più sensibili o innovatrici a questo tema; in alcuni
casi, in seguito all'aggravarsi particolarmente critico del proprio profilo di rischio. Come
emerge da un'indagine esplorativa del CERGAS, si tratta, comunque, di sperimentazioni
parziali di analisi e valutazione dei rischi, che non vanno pertanto considerate come
l'implementazione di un vero programma di risk management.
A questi studi ne sono seguiti molti altri, che evidenziano come quello dell’errore in
medicina sia un tema di scottante attualità con molteplici ripercussioni sulla qualità delle
cure, sulla tutela dei professionisti e sulla spesa sanitaria oltre che naturalmente di etica.
In Italia queste tematiche sono ancora considerate innovative e i dati disponibili sono più
incerti trattandosi più che altro di estrapolazioni dai risultati di analisi condotte in USA e
Gran Bretagna. Considerando come attendibile una percentuale di errore intorno al 4%,
come negli studi americani, nel nostro paese dove vengono ricoverate ogni anno circa 8
milioni di persone, almeno 320.000 andrebbero incontro ad una malattia o a un danno
ascrivibile ad un errore medico e il numero dei morti oscillerebbe tra 14.000 e 50.000.
Il Tribunale per i diritti del malato, ha reso pubblici, attraverso la pubblicazione del
rapporto “Pit Salute”, che vanta ormai diverse edizioni annuali, alcuni dati sui danni
causati ai pazienti durante l’erogazione di prestazioni sanitarie, anche se bisogna tenere
conto che si tratta di stime formulate sulla base delle segnalazioni fatte dai pazienti e
sulle quali non sono stati condotti approfondimenti per verificare ove sia avvenuto
effettivamente un errore nelle cure.
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Tuttavia queste informazioni, sebbene non forniscano dati certi e scientificamente
provati, hanno però contribuito ad accrescere anche in Italia l’interesse per l’errore in
medicina e a dare avvio ad alcune iniziative pratiche a livello nazionale ed
internazionale. Anche gli enti di normazione hanno avviato iniziative sull’argomento. Il
CEN (Europea Committee for Standardization), l’ente di normazione europeo, ha
promosso l’elaborazione di progetti per la creazione di standard di sicurezza per il
paziente. L’ISO (International Organization for Standardization) ha emesso la norma
ISO/IEC Guide 73:2002, “Risk Management - Vocubolary – Guidelines for use in
standards”, mentre l’AS (corporazione australiana che tra le varie attività sviluppa
standard tecnici) ha emesso nel 1999 la norma AS/NSZ 4360 che fornisce una generica
guida per la costruzione e implementazione di un sistema di risk management.
In passato quasi tutte le aziende ospedaliere hanno adottato un approccio
prevalentemente amministrativo al problema del rischio, limitandosi all’acquisto della
polizza assicurativa, mentre appare oramai chiaro che il punto chiave oggi deve essere lo
sviluppo di una “cultura del rischio” centrata su una logica orientata alla prevenzione e
fondata sulla convinzione che gli errori rappresentano, se adeguatamente analizzati,
preziose opportunità di apprendimento.
Secondo Lucian Leape ( L. L. Leape; “Reporting of adverse events”; 2002; New Engl J
Med), uno dei massimi esperti sull’argomento, i meccanismi punitivi in realtà non fanno
altro che incentivare l’occultamento degli errori. Viceversa l’adozione di meccanismi di
prevenzione, la revisione critica dei processi, la messa a punto di protocolli per la
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riduzione del rischio, l’addestramento degli operatori ad adottare comportamenti corretti
e validati riduce il rischio di errore, consentendo di agire in anticipo, prima che il danno
si verifichi. Questo tipo di logica si sposa perfettamente con i principi dei sistemi di
gestione per la qualità secondo le norme Vision 2000, che sono fondate sull’analisi dei
processi e sono orientate al miglioramento continuo del servizio erogato. Non a caso
questo progetto si inserisce nel contesto più generale del progetto di adeguamento del
Sistema di Gestione per la Qualità alla nuova norma ISO 9001:2000.
1.2.1 Risk management come strumento per la promozione della qualità
I programmi per il miglioramento della qualità dei servizi sanitari e sociosanitari
rappresentano un investimento necessario: oggi, per il miglioramento dell’appropriatezza
dell’assistenza prestata ai cittadini, e domani, per garantire la sostenibilità del sistema. In
questo momento il fabbisogno prioritario a livello politico, istituzionale e aziendale, è
dimostrare concretamente ai portatori di interesse, interni ed esterni, il livello di efficacia
e appropriatezza raggiunto e le prospettive di miglioramento delle performance attuali.
In quest’ottica si colloca la sempre maggiore attenzione dei decisori (e degli studiosi) nei
confronti dei concetti e degli strumenti di “corporate governance”, “internal audit”,
“risk management” e, in relazione alla sfera dell’attività clinica,“clinical governance”,
“clinical audit”, “clinical risk management”. La loro valenza è duplice. In primo luogo,
interna: aziende sanitarie e regioni hanno investito in programmi per la qualità
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dell’assistenza per ottenere risultati immediati. Le realtà che hanno avviato iniziative
quali, ad esempio, il clinical audit, hanno spesso prodotto significativi cambiamenti nei
processi e nelle attività, ottenendo soddisfacenti “ritorni sull’investimento”.
Bisogna inoltre considerare la valenza esterna. Nella logica del performance
measurement, l’attivazione dei programmi per la qualità è un’occasione concreta per
misurare l’efficacia del sistema sanitario e trasferire questa informazione all’esterno.
La qualità, così processata, non rappresenta più un obiettivo strategico virtualmente
declinato nei piani, ma una dimensione operativa dell’assistenza. Essa è una caratteristica
misurabile, osservabile nel tempo, riferita ad un numero di aree selezionate e prioritarie
(ad esempio, la gestione della cartella clinica, la presa in carico del paziente con diabete
non complicato, e così via), quindi, non più “generica”.
L’operazionalizzazione della dimensione della qualità dei servizi impatta sul sistema
sanitario nel suo complesso e non solo nel contesto aziendale che avvia queste iniziative.
Mutuando dal linguaggio economico potremmo parlare a questo proposito di “esternalità
positive”. I vantaggi indiretti per il sistema derivano, quindi, non solo dagli esiti delle
azioni implementate (il risultato intermedio), ma anche dall’assunzione della decisione in
sé di investire nella qualità. L’impegno dimostrato stimola, infatti, la fiducia degli utenti
e, di conseguenza, il loro livello di soddisfazione. La stessa considerazione vale nei
confronti degli operatori e dei professionisti, così come dei referenti politici e
istituzionali dell’azienda. In sintesi, l’investimento per il miglioramento della qualità, se
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opportunamente comunicato ai portatori di interesse, è già un primo passo per produrre
in concreto il cambiamento auspicato.
1.2.2 Dal Governo clinico al Risk Management
A livello di SSN, si è ancora lontani da una strategia unitaria per la gestione dei rischi
dell’assistenza sanitaria. In questa direzione un valido contributo può venire dalla visione
d’insieme dei fattori ambientali che portano ad emergere il fabbisogno di maggiore
sicurezza e appropriatezza della pratica clinica. Esso si snoda attraverso un percorso in
due fasi logiche, correlate ma distinte.
Nella prima fase entrano in gioco una serie di fattori che stimolano la ricerca di pratiche
cliniche sempre più improntate a criteri di evidenza scientifica, efficacia e
appropriatezza.Queste pressioni portano allo sviluppo di azioni e strumenti che rientrano
nella sfera della evidence based medicine, tra cui formazione continua, revisione tra pari,
attivazione dei circoli di valutazione della qualità dei servizi, clinical audit. Nel
complesso, essi delineano un modello (più o meno esplicito) di clinical governance, in
quanto sottintendono una visione di responsabilizzazione esplicita dei professionisti e di
valutazione delle performance dell’assistenza come base per innestare le azioni di
miglioramento dell’efficacia e della sicurezza.