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collocazione professionale. E’ uno strumento privato, pagato dal datore di lavoro,
che non incide sul bilancio pubblico e che non è regolamentato per evitare una
forzatura del mercato, sebbene l’outplacement è fortemente impiegato nei Paesi
con maggiore tasso di flessibilità del lavoro.
Nel primo capitolo vengono analizzate la disciplina e la normativa del diritto del
lavoro inerenti al licenziamento e agli ammortizzatori sociali pubblici in Italia e
nei principali Paesi dell’Unione Europea.
Nel secondo capitolo si affronta il tema dell’outplacement quale ammortizzatore
sociale privato.
Nel terzo capitolo e nel quarto capitolo si pone l’attenzione rispettivamente
sull’outplacement individuale e collettivo.
Si ringrazia il Dott. Filippo Fedele, Human Resorces Manager della Barilla
S.p.A., per i preziosi consigli e insegnamenti.
3
CAPITOLO 1
LA SELEZIONE IN USCITA NEI PROCESSI DI GESTIONE
DELLE RISORSE UMANE.
La carriera lavorativa di ogni soggetto è caratterizzata da tre grandi momenti: un
primo dedicato all’apprendimento, alla formazione professionale e all’inserimento
nel mercato del lavoro; un secondo momento dedicato al lavoro e alla carriera; un
terzo dedicato alla conclusione della vita lavorativa e all’uscita dal mercato del
lavoro.
Questi tre momenti si riscontrano anche nell’attività di gestione del personale. Per
essa s’intende il processo articolato e complesso di acquisizione e di
amministrazione delle risorse umane all’interno di un sistema organizzativo.
Questa funzione aziendale, infatti, si occupa di acquisire la risorsa umana
attraverso il reclutamento e la selezione, di formarla attraverso l’addestramento, di
indirizzarla alla carriera più opportuna attraverso la valutazione del potenziale e
sviluppo e di amministrarla.
In un sistema di mercato statico la risorsa umana esce dall’azienda alla fine della
sua carriera lavorativa con il pensionamento. Tuttavia un sistema di mercato
statico oggi non può esistere e, di fatto, non esiste (o una sua riproduzione parziale
si può ravvisare solo nel sistema pubblico).
Negli ultimi anni l’attività economica del Paese ha subito profonde trasformazioni
nei modelli organizzativi di impresa e nel mercato del lavoro. Il sistema di
mercato è divenuto sempre più dinamico e le aziende che vogliono sopravvivere,
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competere e guadagnare posizioni di mercato possono raggiungere tali obiettivi
solo con la flessibilità.
La flessibilità ha coinvolto tutte le funzioni aziendali: la produzione, la logistica, il
marketing, ecc…; anche l’occupazione è stata coinvolta sotto diversi aspetti. E’
aumentata la disoccupazione e tutti gli attori sociali del mercato del lavoro hanno
dovuto affrontare il problema delle eccedenze e degli esuberi. Per favorire
l’occupazione i Governi hanno creato forme di flessibilità contrattuale (vedi
lavoro interinale, lavoro part – time, contratti a tempo determinato); sono nate
numerose aziende di servizio alle imprese per il reclutamento e la selezione del
personale, per la formazione e lo sviluppo. Non tutte le aziende, invece, si sono
organizzate per una gestione programmata della mobilità dei lavoratori (sia
all’interno che all’esterno), benché l’esigenza di garantirne una corretta gestione
sia diventata un elemento indispensabile nell’utilizzazione delle risorse umane.
Si ricorda che il mercato del lavoro italiano presenta un elevato grado di
regolamentazione e ciò vale soprattutto per i licenziamenti; considerando i
principali Paesi dell’Unione Europea, l’Italia è tra quelli che garantisce una
maggiore protezione agli occupati. Importante a questo scopo è stata anche
l’azione dei sindacati. Il Governo ha emesso leggi a tutela dei lavoratori
coerentemente con l’impegno assunto nella Costituzione italiana che, solo per
citare un articolo sancisce “ (…) la pari dignità sociale dei cittadini, (…) e affida
alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale
che, limitando, di fatto, la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i
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lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3
Cost.).
L’obiettivo del presente lavoro è di fare un quadro completo sulle modalità di
uscita dei lavoratori dalle imprese. In che modo si esce dal mercato del lavoro?
Date le soluzioni possibili è utile una classificazione.
Da una parte ci sono le soluzioni “hard”: licenziamenti individuali, collettivi e i
prepensionamenti. Dall’altra parte le soluzioni “soft”: outplacement individuale e
collettivo. Tra le due soluzioni citate si riscontrano i c.d. “ammortizzatori sociali”:
cassa integrazione guadagni (ordinaria e straordinaria) e la mobilità.
La retta rappresenta il continuum di responsabilità sociale che l’azienda assume
quando recede dal rapporto di lavoro, vale a dire l’interesse che manifesta, dal
punto di vista sociale, psicologico ed economico, per il futuro del dipendente da
cui si separa.
L’azienda che sceglie il licenziamento individuale (per giusta causa o giustificato
motivo) o il prepensionamento tende semplicemente ad allontanare un dipendente
“scomodo” o “indesiderato”.
“hard” “ammortizzatori
sociali pubblici”
“soft”
ammortizzatori
sociali privati
Bassa
responsabilità sociale
Alta
responsabilità sociale
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L’azienda che per i licenziamenti collettivi, richiede l’intervento degli
ammortizzatori sociali pubblici (CIG e mobilità) si interessa (parzialmente) del
futuro dei dipendenti dai quali si separa, poiché in entrambi i casi va a valutare le
conseguenze, sul piano sociale, della conclusione del rapporto di lavoro.
L’azienda, infine, che sceglie l’outplacement individuale o collettivo si assume
delle responsabilità sociali non dovute, o meglio, non previste dalla legge,
interessandosi totalmente del futuro del dipendente dal quale intende separarsi
attraverso la fornitura di un servizio, completamente pagato dall’azienda (e non
anche dallo Stato), che permette al lavoratore di reinserirsi in breve tempo e in
modo stabile nel mercato del lavoro.
La responsabilità sociale ha una forte connessione anche con l’immagine
aziendale interna ed esterna. Ad una bassa responsabilità sociale corrisponde un
peggioramento dell’immagine interna (i dipendenti “superstiti” si aspettano, per il
loro futuro, lo stesso trattamento e lo stesso scarso interesse riservato ai lavoratori
licenziati) e dell’immagine esterna (non condivisione dei mass media sullo stile di
gestione da parte dell’azienda). Viceversa ad un elevato livello di responsabilità
sociale corrisponde un miglioramento dell’immagine.
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1.1 I LICENZIAMENTI INDIVIDUALI.
Il licenziamento è un atto unilaterale attraverso il quale il datore di lavoro
manifesta la propria volontà di recedere dal rapporto di lavoro subordinato.
La legge italiana che disciplina i licenziamenti individuali è la n° 604 del 1966
che, in estrema sintesi, prevede di:
™ non poter licenziare per discriminazione politica, sindacale, religiosa,
razziale, di lingua o di sesso.
™ licenziare per giusta causa o giustificato motivo.
I licenziamenti individuali, quindi, sono legittimati dalle seguenti motivazioni:
™ giusta causa;
™ giustificato motivo soggettivo;
™ giustificato motivo oggettivo.
1.1.1 IL LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA.
Al licenziamento per giusta causa si applica l’art. 2119 c.c. e la legge 604/66.
Il licenziamento per giusta causa consente il recesso in tronco da parte del datore
di lavoro, con esclusione dell’obbligo di preavviso e della relativa indennità, in
conseguenza della gravità della causa che non consente la prosecuzione, nemmeno
provvisoria, del rapporto di lavoro (art. 2119 c.c.).
La giusta causa consiste in un fatto che rompe irreparabilmente l’elemento
fiduciario, che è il presupposto fondamentale per la collaborazione tra il datore di
lavoro e il lavoratore; si tratta di casi gravissimi d’inadempimento agli obblighi
contrattuali, ma anche di quei comportamenti extra – aziendali idonei a far venir
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meno la fiducia nella correttezza di successivi adempimenti e, quindi, la
possibilità di proseguire il rapporto.
Ogni contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL), di norma, codifica tale
tipologia di licenziamento.
La giurisprudenza si attiene generalmente a parametri costanti di valutazione nella
definizione della gravità degli inadempimenti; tali parametri sono comunque tutti
facilmente riconducibili al concetto di “fiducia”, e sono:
™ la natura e la qualità del singolo rapporto;
™ la posizione delle parti;
™ il grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente;
™ la circostanza del verificarsi del fatto e i singoli motivi;
™ l’intenzionalità del fatto stesso.
Il licenziamento per giusta causa opera per tutte le aziende che occupano
complessivamente più di 15 dipendenti (tra operai ed impiegati). In tutti gli altri
casi opera il c.d. “licenziamento ad nutum” cioè libero. Il datore di lavoro può
indicare nell’atto unilaterale le motivazioni del recesso, ma non può prescindere
dall’obbligo di preavviso e dall’indennità sostitutiva.
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1.1.2 IL LICENZIAMENTO INDIVIDUALE PER GIUSTIFICATO MOTIVO
SOGGETTIVO.
Il licenziamento trova la sua causa in un grave inadempimento degli obblighi
contrattuali da parte del lavoratore.
1
I criteri di valutazione sono simili a quelli utilizzati nel caso di giusta causa, anche
se in questa situazione sono sufficienti un comportamento potenzialmente
pregiudizievole o pericoloso a danno dell’azienda, e la violazione dei doveri di
diligenza ed obbedienza. Comunque, si tratta di inadempimenti o di
comportamenti quantitativamente meno gravi rispetto a quelli relativi alla giusta
causa. Il datore di lavoro è tenuto al preavviso o all’indennità sostitutiva.
1.1.3 IL LICENZIAMENTO INDIVIDUALE PER GIUSTIFICATO MOTIVO
OGGETTIVO.
Il licenziamento consegue a fatti che prescindono dalla condotta tenuta dal
lavoratore, ma sono relativi all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e
al suo regolare svolgimento.
Esso è conseguenza della necessità di procedere alla soppressione del posto o del
reparto cui è addetto il singolo lavoratore per le ragioni indicate dalla legge. Tali
ragioni devono essere dimostrate dal datore di lavoro insieme all’impossibilità di
adibire il lavoratore a identiche o equivalenti mansioni nell’ambito aziendale.
2
Si distingue dal licenziamento collettivo, determinato invece da un generico
ridimensionamento dell’attività imprenditoriale per motivi economici ed
organizzativi.
1
Legge n° 604/66.
2
Art.5 legge n°604/66.
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Il datore di lavoro è tenuto al preavviso o all’indennità sostitutiva.
Alcuni esempi di giusta causa o giustificato motivo sono:
™ offesa alla dignità e all’onore dell’azienda o dei superiori;
™ abbandono ingiustificato del posto di lavoro da cui possa derivare
pregiudizio per l’incolumità delle persone e la sicurezza degli impianti;
™ danneggiamento volontario (se provato dall’azienda);
™ trafugamento di brevetti, di disegni e di procedure;
™ violazione dei segreti d’ufficio;
™ assenza arbitraria e prolungata;
™ rissa;
™ inadempienza ripetuta che comporti provvedimenti disciplinari;
™ lavori in azienda per conto proprio o terzi, senza permesso.
1.1.4 IL LICENZIAMENTO INDIVIDUALE PER SUPERAMENTO DEL
PERIODO DI COMPORTO.
In caso di infortunio, di malattia, di gravidanza, la legge stabilisce forme di
assistenza e di previdenza a favore del lavoratore che è impossibilitato
temporaneamente a continuare lo svolgimento della sua mansione. In particolare il
prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo di degenza durante il quale egli
conserva il posto di lavoro e riceve la retribuzione.
L’ultima ipotesi di licenziamento individuale legittimo
3
è rappresentata dal
superamento del periodo di conservazione del posto di lavoro, giustificata dal
perdurare dell’impossibilità temporanea.
3
Art. 2110 c.c.
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1.2 LE PROCEDURE DI LICENZIAMENTO
Il datore di lavoro deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di
lavoro.
4
L’atto unilaterale di licenziamento ha valore recettizio, vale a dire ha effetto dal
momento in cui la dichiarazione di volontà del datore di lavoro giunge a
conoscenza del lavoratore. Egli può chiedere, entro 15 giorni dalla
comunicazione, i motivi che hanno determinato il recesso; in tal caso il datore di
lavoro deve, nei 7 giorni successivi alla richiesta, comunicarli per iscritto.
Il licenziamento intimato senza l’osservanza di queste disposizioni è inefficace.
Il licenziamento può essere impugnato dal lavoratore entro 60 giorni dal
ricevimento o dalla comunicazione dei motivi se questa non sia contestuale al
licenziamento.
L’impugnazione deve avvenire in forma scritta, può essere proposta dal
lavoratore, dall’associazione sindacale cui questi aderisca, o da un rappresentante
del lavoratore o da un terzo (un legale), muniti di procura. Nel caso in cui non
siano stati rispettati i tempi previsti per l’impugnazione, il lavoratore non può
richiedere la reintegrazione sul posto di lavoro né il risarcimento previsto dalla
legge.
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La revoca del licenziamento non richiede particolari requisiti formali. Essa non
esclude l’obbligo, da parte del datore di lavoro, di risarcire il danno nella misura
minima delle cinque mensilità laddove sia accertata l’illegittimità e l’inefficacia
del licenziamento.
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Art. 2 legge n° 604/66.
5
Art. 6 legge n° 604/66.
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1.3 I LICENZIAMENTI ILLEGITTIMI
Il recesso del rapporto di lavoro può essere inficiato da vizi di forma o di
procedura tra loro diversi; questi portano al c.d. licenziamento illegittimo, che può
avere forma e natura diversa:
™ licenziamento annullabile: si ha nel caso in cui non sia sostenuto da giusta
causa o giustificato motivo;
™ licenziamento nullo: si ha nel caso in cui sia motivato da ragioni
discriminatorie o sostenuto da motivi illeciti;
™ licenziamento inefficace: si ha nel caso in cui vi sia un vizio di forma nella
comunicazione.
Relativamente al licenziamento annullabile, si deve far riferimento all’art.18 della
legge n° 300/70, meglio conosciuta come “Statuto dei lavoratori”. Tale articolo
prevede la reintegrazione del posto di lavoro: “(…) il giudice, con la sentenza con
cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell’art.2 della legge 15 luglio
1966, n°604 o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato
motivo ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore
di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro”.
Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno subito per il licenziamento di cui
sia stata accertata l’inefficacia o l’invalidità. Con la legge n° 300/70, quindi, è
prevista non solo la facoltà di riassunzione ma il reintegro per chi lavora nelle
aziende che occupano più di 15 dipendenti. Ciò non significa che ci sia
l’impossibilità di licenziare, ma che c’è una garanzia per il lavoratore
ingiustamente licenziato nel caso decida di ricorrere al giudice.
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1.4 IL PENSIONAMENTO ANTICIPATO.
L’istituto del pensionamento anticipato (o prepensionamento) è uno degli
strumenti utilizzati dal datore di lavoro allo scopo di procedere a riduzioni di
personale in situazioni di eccedenza; venne regolamentato in maniera definitiva
dalla legge n° 223/91 che stabilisce la possibilità per il lavoratore di essere
collocato in pensione pur non avendo ancora maturato i requisiti richiesti dalla
legge e per un periodo di tempo imprecisato.
L’art. 19 del testo di legge e l’art. 5 della successiva legge n°236/93 indicano che
si possa procedere al prepensionamento nel caso in cui l’impresa:
™ stia beneficiando da almeno 12 mesi dell’intervento straordinario di
integrazione salariale;
™ abbia stipulato con i sindacati dei lavoratori aderenti alle Confederazioni
più rappresentative sul piano nazionale un CCNL che preveda il ricorso al
lavoro part - time;
™ la riduzione dal tempo pieno al part - time, non inferiore alle 18 ore, sia
stata concordata con i lavoratori.
Considerando questi presupposti, può essere fatta richiesta di prepensionamento
per quei soggetti che abbiano un’età inferiore a non più di 60 mesi rispetto a
quella prevista per la pensione di vecchiaia, nonché un’anzianità contributiva
minima per il ricorso alla stessa.