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I report informativi sono progettati per comunicare al management cosa sta
accadendo. Chi li legge cerca di capire se è avvenuto qualcosa che meriti
attenzione. Se non viene notato nulla di significativo il report può essere messo da
parte. Se, al contrario, qualcosa colpisce l’attenzione, allora si avvia un’indagine più
approfondita o si interviene direttamente.
1.1 I REPORT SULLE PRESTAZIONI
Esistono due tipi di rendiconti sulla prestazione di un centro di responsabilità. Il
primo tipo considera il CdR alla stregua di una vera e propria entità economica, di
un investimento del quale si attende un ritorno adeguato. Il tradizionale conto
economico preparato per un centro di profitto è un tipico rendiconto sulla
prestazione economica e il valore del reddito in esso contenuto è una misura di
sintesi della prestazione economica.
Il secondo tipo di report focalizza la prestazione conseguita dal manager del centro
di responsabilità. Questo rendiconto sulla prestazione manageriale è di solito
denominato report di controllo. I rendiconti di controllo sono preparati in base ai
dati della contabilità per CdR e, in sintesi, confrontano la prestazione del manager
con qualche standard di risultato atteso. Nel disegnare e utilizzare tali rendiconti
sono importanti le considerazioni sul comportamento, cioè capire come le
informazioni contenute nei report condizioneranno le decisioni e le azioni del
manager.
La differenza principale tra i report sulla prestazione economica di un CdR e i report
sulla prestazione del manager responsabile di quel CdR è che questo secondo
rendiconto, se progettato correttamente, esclude dalle rilevazioni che costituiscono
la base di valutazione della prestazione gli elementi di costo non controllabili dal
manager.
I report di controllo si concentrano sullo scostamento tra gli impieghi assunti dal
manager in sede di budget e i corrispondenti risultati conseguiti.
I report sulla prestazione economica considerano invece il CdR alla stregua di un
investimento che deve pertanto essere in grado di giustificare economicamente la
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propria esistenza. Tutte le risorse del CdR devono pertanto essere prese in
considerazione.
1.2 I REPORT DI CONTROLLO
Il periodo di controllo adeguato di un rendiconto, cioè il periodo di tempo al quale il
rendiconto si riferisce, deve essere definito in modo tale che si possa intervenire sui
fenomeni rilevati e che al suo interno si siano verificati o si verifichino normalmente
cambiamenti significativi di prestazione. Il periodo di controllo varia quindi con
l’oggetto di controllo.
Per quanto riguarda la prestazione di sintesi di un’unità organizzativa, il periodo di
controllo più frequente è il mese, anche se in alcuni settori particolarmente stabili
questi documenti sono anche trimestrali.
Il periodo di controllo dei report varia anche in funzione del livello organizzativo.
Eventi circoscritti e di portata “locale” sono comunicati più frequentemente ai livelli
gerarchici bassi piuttosto che alti; ci si aspetta infatti che i manager operativi
affrontino i problemi segnalati dai report senza attendere istruzioni dai loro
superiori.
L’intervallo temporale che intercorre tra la fine del periodo esaminato dal report e la
pubblicazione dello stesso è un altro importante aspetto. Per i report mensili questo
intervallo dovrebbe essere inferiore ad una settimana. Per rispettare una tale
scadenza potrebbe però rendersi necessario calcolare con approssimazione alcuni
dei valori contenuti nel report non essendo tutte “esatte”, entro una settimana dalla
chiusura del periodo esaminato, le informazioni disponibili. Vale comunque la pena
effettuare approssimazioni di questo tipo perché un report contenete alcune
imprecisioni, ma fornito tempestivamente, è preferibile ad un report “preciso”, ma
ricevuto talmente in ritardo da rendere ormai inefficace qualunque azione
correttiva. È dunque necessario, soprattutto in presenza di incentivi legati alle
prestazioni, che la distribuzione di questi documenti sia tempestiva.
Lo scopo principale di un report di controllo è quello di porre a confronto i risultati
consuntivi di un CdR con i risultati attesi, in modo da individuare (e se possibile
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quantificare) le ragioni della differenza tra la prestazione effettiva e quella prevista.
I report di controllo di conseguenza contengono tre tipi di informazioni:
ξ informazioni sui risultati effettivamente conseguiti;
ξ informazioni su quelli che sarebbero dovuti essere i risultati;
ξ le ragioni degli scostamenti tra i due risultati.
Le caratteristiche essenziali di un buon report di controllo devono quindi essere:
ξ deve avere a riferimento specifiche responsabilità manageriali;
ξ deve porre a confronto i risultati effettivi con i risultati attesi o comunque
con il migliore benchmark possibile;
ξ deve porre in evidenza le informazioni rilevanti.
Gli standard presenti nei report di controllo sono di tre tipi:
A. standard programmati;
B. standard storici;
C. standard esterni.
Se accuratamente preparati, gli standard programmati sono il miglior riferimento
formale per il calcolo degli scostamenti. La loro validità dipende però da quanta
attenzione è stata prestata alla loro definizione. Valori di budget ricavati in modo
affrettato e impreciso non costituiscono, evidentemente, una base di confronto
affidabile.
Gli standard storici sono i valori di risultati passati. Questo tipo di standard ha due
debolezze concettuali: (1) le condizioni potrebbero essere cambiate nell’intervallo di
tempo trascorso tra i due periodi e questo potrebbe invalidare il confronto e (2)
quando si valutano i manager in base alla loro prestazione passata potrebbe non
esservi alcun modo per sapere se la prestazione passata sia stata o no
soddisfacente. Alcune aziende ricorrono comunque all’uso di standard di tipo storico
principalmente per evitare i costi o le complicazioni politiche di rinegoziare gli
standard come parte del processo di budget.
Gli standard esterni sono i risultati conseguiti da altri CdR. Se le condizioni
operative di due CdR fossero simili, allora il confronto potrebbe fornire un’utile base
di valutazione delle prestazioni relative. Negli ultimi anni alcune imprese hanno
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assunto come standard i risultati eccellenti di CdR di altre imprese. Questo
approccio è denominato benchmarking.
L’ultima considerazione è dedicata al carico di informazioni che un buon report deve
contenere. Il problema relativo alla progettazione di un buon sistema di report di
controllo è mutato radicalmente con l’avvento della tecnologia informatica. Quando
i dati dovevano essere elaborati manualmente bisognava limitare la quantità
d’informazione contenuta nei report perché il costo dell’elaborazione era
relativamente alto. Al contrario, un computer può elaborare in pochi secondi più
dati di quanti ne possa assimilare un manager in un mese. Con l’avvento della
tecnologia informatica, dunque, il problema è diventato quello di selezionare
l’informazione rilevante, decidere cioè quali informazioni fornire al management in
modo da evitare un sovraccarico di informazioni.
1.3 GLI INDICATORI DI PRESTAZIONE
Gli indicatori che dovranno essere presi in considerazione per il caso specifico sono i
cosiddetti indicatori non finanziari che fanno riferimento a misure di carattere
quantitativo ma non monetario. Di particolare interesse ed utilità è la categoria
degli indicatori delle prestazioni attuali dell’impresa che rilevano la “qualità” dei
progetti/processi in corso nell’impresa.
Facendo riferimento alla classificazione di questi indicatori su due dimensioni
principali, relative rispettivamente al fattore competitivo oggetto della misura e al
tipo di vantaggio competitivo misurato è nettamente più utile usare, per il progetto
in esame, l’orientamento interno dei vari fattori competitivi in modo da ottenere
indicazioni sulle modalità di gestione delle risorse all’interno dell’impresa.
Un esempio di fattore competitivo oggetto di misura è la produttività, che viene
tipicamente espressa come rapporto tra output e input: un miglioramento di questo
indice evidenzia la capacità dell’impresa di realizzare un dato livello di output con
una minore quantità di risorse. La produttività costituisce quindi un driver di
efficienza.
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Capitolo 2
Presentazione dell’azienda:
GRANMILANO s.p.a.
2.1 INFORMAZIONI GENERALI
La storia dell’azienda Le Tre Marie ha origine nel 1895, quando Luigi Ricci decide di
fondare una piccola impresa dolciaria per la produzione di prodotti da forno,
ereditata poi, nei primi anni Venti, dai suoi due figli.
Alla fine del XIX secolo, tale impresa si è associata ad altre grandi pasticcerie di
Milano creando un unico laboratorio di produzione in grado di soddisfare le nuove,
molteplici esigenze del mercato: l’Unione Laboratori Pasticceri, risultato della
fusione tra le pasticcerie Ricci, Cova, Ambrosiana, Barenghi e più tardi pasticceria
Moderno di Monza.
L’Unione Laboratori propone una gamma di prodotti definiti da ricorrenza, quali
panettone, colomba, veneziane, oltre che una varietà di torte artigianali. Poiché i
prodotti risultano di alta qualità, anche le altre pasticcerie milanesi cominciano a
rifornirsi dall’Unione Laboratori: si incrementano così le quantità vendute.
Alla fine degli anni Quaranta l’Unione Laboratori si costituisce come società,
assumendo il nome di Laboratori Riuniti ed iniziando a distribuire il “panettone
milanese tradizionale” sull’intero territorio nazionale.
Vengono contattati i negozi più rappresentativi d’Italia, garantendo loro
l’esclusiva di zona, in un’operazione di marketing che si rivela molto vantaggiosa
per rispondere ai requisiti di prestigio e notorietà richiesti.
La società decide allora di identificare la propria produzione attraverso il marchio
“Le Tre Marie”.
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L’origine del nome è antica e nobile. Nell’anno 1150 infatti, nella Milano medievale,
alcuni cavalieri di ritorno dalla Terra Santa, fondarono una pia confraternita, con il
compito di distribuire elemosine ai poveri della città, a cui fece seguito, nel 1300,
l’apertura della scuola detta delle “Quattro Marie”, perché legata al culto della
Madonna e delle tre pie donne citate dai Vangeli. I cavalieri giravano per le vie della
città offrendo ai più bisognosi tessere di rame con l’effigie delle Quattro Marie e
che, una volta consegnate al forno della scuola, consentivano di ottenere pane,
farina, ceci e vino.
Quell’antico forno, denominato in seguito delle “Tre Marie”, era ubicato in Contrada
dei Pattari, poi via del Compito, ribattezzata nel Seicento Corsia dei Servi, e
nell’Ottocento Corso Vittorio Emanuele. Il cambiamento del nome sembra attribuirsi
ad una questione di rispetto per un’immagine della Madonna affrescata sopra
l’ingresso della bottega del forno, che si ritiene abbia determinato la decisione di far
restare nell’insegna del forno solo le Tre Marie minori.
Nel Seicento l’antico forno si qualificò nell’arte dell’alta pasticceria con i primi
panettoni, diventando il simbolo della tradizione dolciaria milanese, poi nel corso
del Settecento attraversò un periodo di prosperità e fama finché, tra il 1896 ed il
1898, fu trasformato, sotto la direzione del Cavalier Crosti, nella pasticceria Le Tre
Marie di Corso Vittorio Emanuele che, con le sue specialità dolciarie - prima fra
tutte il Panettone Milanese - divenne in breve uno dei luoghi più prestigiosi della
città.
Fu frequentato dalla Milano della Belle Epoque, quando la mondanità del Teatro La
Scala, soprattutto a Natale, amava assaporare quel dolce fragrante e ricco di uvette
e canditi. La pasticceria si era trasformata in un tempio dell’arte bianca meneghina.
Negli anni 60 questa prestigiosa pasticceria ed altri laboratori operanti nell’area di
Milano costituiscono la società Laboratori Riuniti S.r.l. che produceva e
commercializzava, con il marchio TRE MARIE, prodotti di ricorrenza (panettoni e
colombe) e prodotti di pasticceria.
La produzione di croissants freschi che venivano prodotti e consegnati in giornata
iniziò negli anni 70.
All’inizio degli anni 80 la Società compì un passo fondamentale per la sua
evoluzione che le consentì di abbandonare la dimensione locale e affrontare il
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mercato nazionale: iniziò, per prima in Italia, la produzione di CROISSANTS
CONGELATI DA LIEVITARE ed abbandonò la produzione di croissants freschi.
L’elevato interesse del mercato per questa nuova tipologia di prodotto consentì
all’azienda - prima in Italia a sviluppare questa tecnologia di produzione fortemente
innovativa - di crescere rapidamente, installando nuove linee produttive, e di
ampliare ulteriormente la gamma di prodotti offerti.
Alla fine degli anni 80 il pacchetto di controllo della società è stato acquisito da
Barilla G. & R. F.lli che decise di mantenere invariato ogni aspetto della gestione in
considerazione delle differenze di tecnologia, di canali di vendita, di reti logistiche e
di posizionamento commerciale tra le due società.
All’inizio degli anni 90 venne acquisita ed incorporata la società IRPAD S.r.l.,
proprietaria dello stabilimento di Pomezia (RM), in cui venivano prodotti croissants
congelati. A seguito dell’operazione la Società assunse la denominazione Unione
Laboratori S.r.l.
La società comprende 2 unità produttive “Le Tre Marie”: una, a Milano, produce
prodotti da forno, da ricorrenza e prodotti monodose crudi e congelati (la cosiddetta
croissanterie) e l’altra, a Pomezia, produce esclusivamente prodotti monodose crudi
e congelati.
Nel 1998 la Società fu ceduta da Barilla G. & R. F.lli a FIN.BA S.r.l., finanziaria
controllata dalla famiglia Barilla. Contestualmente venne cambiata la ragione
sociale nell’attuale GranMilano s.p.a.
Nel luglio dello stesso anno venne acquisito da Panem S.r.l. (società appartenente
al gruppo Barilla G. & R. F.lli) il ramo di azienda di produzione e
commercializzazione del PANE FRESCO DI GIORNATA presente sul mercato con il
marchio PANEM. Questa operazione aggiunse 3 stabilimenti (Torino, Muggiò e
Altopascio) a quelli già presenti.
Nello stesso anno Barilla G. & R. F.lli cedette anche una società denominata Barilla
Diversificazione S.r.l. la cui missione era aprire una catena di rivendite di prodotti
della panificazione freschi. La società, che nel corso degli anni ha cambiato ragione
sociale in GranMilano Distribuzione s.r.l., attualmente gestisce la filiale di Milano per
la vendita in concessione di prodotti congelati.
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L’anno 2000 è stato caratterizzato dall’introduzione, prima azienda sul mercato
italiano, della produzione di CROISSANTS CONGELATI CON DIFFERENTI TIPOLOGIE
DI PASTA ACCOPPIATE.
Altri eventi significativi sono stati:
l’inizio della commercializzazione (sulla base di ricette sviluppate
internamente) di “Primi Piatti” congelati in formato monoporzione;
la vendita del ramo di azienda costituito dalla produzione e
commercializzazione del pane fresco di giornata nel centro Italia
(comprensivo dello stabilimento di Altopascio).
Da agosto 2001 GranMilano incorpora la società Sanson con stabilimento di
produzione a Colognola ai Colli (Verona), allargando la gamma dei prodotti anche al
mondo del gelato.
Nel 2002 GranMilano ha acquisito a gennaio la società S.IN.PA Saronno S.p.A., con
stabilimento a Caronno Pertusella, che produce prodotti da forno salati (pane
surgelato) e a maggio la società Mongelo S.r.l. con stabilimento di produzione a
Cornaredo (MI), dove vengono prodotti croissants surgelati e salatini surgelati.
Da ottobre 2003 l’azienda GranMilano ha ceduto il ramo di azienda relativo al pane
fresco di giornata commercializzato con il marchio PANEM.
Nel 2004 GranMilano ha acquisito la società Debora Surgelati S.r.l.