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Capitolo 1 - I trattamenti di depurazione delle acque reflue civili ed
industriali
1.1 - Introduzione
1.1.1 - I trattamenti delle acque reflue civili
Le attività sociali, civili e industriali e l'incremento della qualità della vita, hanno dato
luogo ad un utilizzo e ad una richiesta sempre crescente di risorse idriche.
Il conseguente utilizzo di grandi quantità di acqua porta ad una corrispondente
produzione di reflui che, prima di essere smaltiti secondo i riferimenti normativi
vigenti, devono essere sottoposti a trattamenti depurativi mediante una serie di
operazioni unitarie industriali volte all'abbattimento del carico inquinante.
A tal fine, risulta necessaria la definizione della composizione quali-quantitava dei
volumi e della composizione dei liquami al fine di individuare i trattamenti depurativi
più idonei alla rimozione e il riciclo degli inquinanti presenti nei reflui. Si consideri
che in seguito a trattamenti mirati, in funzione della destinazione d’uso finale la
stessa acqua reflua trattata può essere integralmente riciclata ai cicli produttivi o,
addirittura, per usi più nobili quale quello potabile.
I principali macroinquinanti chimici che si rilevano nelle acque reflue civili sono: i
solidi totali, il BOD (domanda biochimica di ossigeno), COD (domanda chimica di
ossigeno), questi ultimi associati alla presenza di composti organici a base di carbonio
più o meno biodegradabili, i composti azotati e i composti a base di Fosforo.
In particolare, i solidi totali, a seconda della forma chimica e dimensione delle
particelle in sospensione, si suddividono in solidi sospesi e solidi disciolti, entrambi
ulteriormente suddivisi in volatili, ovvero caratterizzati da una natura prettamente
organica, che è possibile distruggere per combustione/pirolisi se riscaldati ad una
temperatura di 600°, e non volatili, ossia materiali di natura minerale, i quali
resistono al citato riscaldamento.
I parametri microbiologici inquinanti che si rintracciano nei reflui civili sono: i
Coliformi, gli Streptococchi, gli Streptococchi fecali, la Salmonella, gli Pseudomonas, i
Clostridi ed gli Elminti o vermi.
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E' dunque importante acquisire sia le informazioni quantitative sulle portate di refluo,
e qualitative, volte a definire il tipo e la natura degli inquinanti. In ogni caso si
dovranno avere informazioni precise sulla variabilità temporale (stagionale e
giornaliera) della composizione quali-quantitativa del refluo in arrivo dall’impianto
fognario.
A seconda del tipo di inquinante e del suo stato chimico-fisico, i processi depurativi si
differenziano tra loro, non solo dal punto di vista della tecnologia realizzativa della
sezione (operazione unitaria) che presiede l'allontanamento dell’inquinate, ma anche
dal punto di vista della organizzazione (schema logico, sequenza) delle stesse nello
schema di flusso operativo dell'impianto di depurazione. In genere, in un impianto di
depurazione il refluo include una serie di operazioni che possono condurre a livelli
più o meno spinti di trattamento stabiliti in base ai limiti massimi di accettabilità allo
scarico/riuso consentito dalla normativa vigente.
In modo semplificativo si possono distinguere i seguenti tipi di trattamenti:
trattamenti primari, basati su principi fisico-meccanici, volti
all'allontanamento delle particelle solide grossolane che potrebbero intasare e
comportare una rapida usura delle parti meccaniche in movimento (ad
esempio le turbine degli impianti di sollevamento, le giranti delle
pompe,ecc.,), e degli oli, i quali modificando la tensione superficiale del refluo
stesso, creano un impedimento alla ossigenazione successiva in fase di
ossidazione biologica (vedi seguito). I processi primari possono essere
preceduti da trattamenti preliminari quali la grigliatura, la desabbiatura e
disoleazione volti alla rimozione dei solidi ingombranti (stracci), pesanti
(sabbie) e leggeri (oli e grassi) rispettivamente. In definitiva i trattamenti
primari si limitano alla rimozione dei solidi sospesi sedimentabili secondo la
legge di Stokes (vedi seguito)
trattamenti secondari, basati su principi di natura biochimica, che avvengono
all'interno di opportuni reattori biologici a biomassa adesa o sospesa, volti
all'allontanamento dei composti organici disciolti e di natura colloidale (non
sedimentali secondo Stokes). In questa fase la sostanza organica
biodegradabile (costituita prevalentemente da composti del Carbonio, Azoto e
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Fosforo) viene idrolizzata/ossidata ad anidride carbonica, che si allontana
dalla vasca di ossidazione, a ione ammonio o ione nitrato e a ione ortofosfato,
rispettivamente. La biomassa si riproduce ed aumenta la sua quantità
ponderale sino al suo allontanamento sottoforma di fango di esubero;
trattamenti terziari, basati su processi di natura chimica e chimico-fisica, sono
volti alla rimozione specifica dei composti di mineralizzazione (ossidazione)
della sostanza organica (quali ioni ammonio/nitrato e orto fosfato, oltre
l’abbattimento di specie chimiche quali e composti organico biopersistenti
(che passano indenni i trattamenti biologici) e i metalli pesanti in traccia
potenzialmente presenti nel refluo. I trattamenti terziari si completano con i
processi di disinfezione finale del refluo trattato, in modo che la sua carica
batterica risulti compatibile con i limiti massimi di accettabilità allo scarico
secondo i riferimenti normativi.
In definitiva, un tipico trattamento depurativo deve raggiungere i seguenti obiettivi
minimi:
la rimozione delle sostanze, sospese e/o disciolte, presenti nei liquami;
la stabilizzazione dei composti organici biodegradabili suscettibili di
fermentazione anaerobica con i conseguenti impatti sanitari e olfattivi;
la inattivazione dei microrganismi patogeni e non patogeni presenti nei
liquami;
la rimozione di sostanze tossiche e nocive che possono indurre fenomeni di
inquinamento indotto (vedi seguito, es., eutrofizzazione).
Laddove un impianto di depurazione è adibito al riutilizzo delle acque trattate,
dovrebbe essere, nella norma, essere sottoposto a trattamenti specifici di affinamento
delle acque denominati trattamenti quaternari o avanzati, mirato alla rimozione di
sostanze disciolte e sospese che sfuggono ai normali trattamenti biologici, costituite
soprattutto da microinquinanti organici ed inorganici e sostanze pericolose che
potrebbero essere nocive qualora l'acqua trattata venisse destinata per diverse altre
destinazioni d’uso incluso quello potabile.
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1.1.2 - Trattamento acque reflue industriali
I reflui di origine industriale, costituiscono un problema specifico che assume sempre
maggiore importanza. E' evidente che gli stessi non possono essere immessi in uno
scarico di fogna civile (a meno di casi particolari di fogne industriali) o, peggio, essere
sversati in un corso d'acqua o sul suolo, devono subire opportuni trattamenti secondo
quanto riportato nella normativa di settore.
La soluzione ottimale prevede che essi vengano riportati allo stesso standard
qualitativo di origine prima dell'impiego industriale, tuttavia una soluzione del
genere non sarebbe né economicamente né tecnicamente conveniente; occorre
dunque che le sostanze pericolose o i metalli pesanti vengano eliminati o ricondotti a
valori di concentrazione compatibili con la minimizzazione del loro impatto
ambientale o comunque tali da non pregiudicare l'utilizzo successivo delle acque dei
corpi idrici recipienti finali del liquame trattato. Per questi scarichi non è possibile
prevedere schemi di trattamento standard, come per gli scarichi civili, data la
estrema variabilità quali-quantitativa in funzione della attività produttiva di origine.
Ogni industria scarica degli inquinanti "specifici" riconducibili ai cicli produttivi. Una
industria tessile scaricherà coloranti e tensioattivi (detergenti), oltre a carbonio
organico non biodegradabile (COD) ed ammoniaca; una industria conciaria scaricherà
composti del Cromo, solidi totali, ammoniaca, sali e COD, una raffineria scaricherà
essenzialmente composti organici non biodegradabili (oli minerali) e presenteranno,
nella media, un relativamente alto valore del COD.
Il riferimento normativo italiano è il Decreto Legislativo n. 152/2006, Testo Unico
Ambientale, Parte III, il quale fornisce le indicazioni di massima (trattasi di legge
quadro) circa i limiti da raggiungere prima dell'immissione del refluo trattato nel
recapito finale (fiume, lago, acque marine costiere).
Date le caratteristiche ecologico-ambientali caratterizzanti ciascuna area geografica
nazionale, ogni Regione indica dei propri limiti di accettabilità allo scarico, in
funzione della “resilienza” (capacità di attenuare gli impatti ambientali e sanitari),
della natura dei reflui, della potenzialità dell'impianto in termini di di Abitanti
Equivalenti (A.E.) e la natura ecologico-ambientale del recapito finale, del suolo e
delle acque superficiali e sotterranee.
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1.2 - I processi di depurazione convenzionali delle acque reflue civili
1.2.1 - Introduzione
Un impianto di depurazione convenzionale è costituito da una serie di sezioni,
all'interno delle quali vengono svolte operazioni unitarie, le quali sono disposte lungo
dei percorsi che prendono il nome dalla funzione operativa principale della stessa
verso il refluo da trattare.
In particolare, si possono distinguere i seguenti percorsi:
una linea Acque, costituita generalmente da trattamenti preliminari, primari,
secondari e terziari, il cui scopo è quello di separare le sostanze inquinanti
dall'acqua, concentrarle e trasformarle sottoforma di fango o altro;
una linea Fanghi, avente la funzione di raccogliere i fanghi dalle sezioni di
sedimentazione primaria e secondaria (fango di supero) della linea acque, e
trattarlo in maniera opportuna a seconda della destinazione finale;
una linea olfattiva (odori) (eventualmente presente), avente la funzione di
isolare e minimizzare le emissioni odorigenea seconda delle scelte progettuali,
del trattamento fanghi e della organizzazione dei trattamenti preliminari ove
si svolgono la gran parte degli interventi diretti sul liquame bruto.
Fig.2.1: schema di flusso relativo alla linea acque e linea fanghi. Fonte: Masotti L. (2011), Depurazione
delle acque: Tecniche ed impianti per il trattamento delle acque di rifiuto.
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1.2.2 - Trattamenti preliminari
In tutti i processi di depurazione dei reflui civili è necessario prevedere, a livello
impiantistico, la realizzazione di sezioni all'interno delle quali vengono eseguiti i
primi trattamenti (preliminari) sul refluo bruto con l’obiettivo di eliminare i solidi
sospesi grossolani (stracci, residui legnosi e plastici).
Si ribadisce che lo scopo principale di tali trattamenti è eliminare i solidi grossolani,
che potrebbe dar luogo a problemi di abrasione delle giranti di un eventuale impianto
di sollevamento posto a valle del collettore di adduzione del refluo, e di allontanare
oli e grassi, i quali sono responsabili di una variazione della tensione superficiale
all'interfaccia refluo-aria con problemi legati alle difficoltà di aereazione del refluo.
I trattamenti preliminari principali sono:
• grigliatura;
• stacciatura;
• dissabbiatura e disoleatura.
Le macchine impiegate, si basano su principi fisici molto semplici.
Data la continuità di esercizio che un impianto di depurazione deve garantire, i
trattamenti preliminari non devono generare oneri né sulla gestione ordinaria, né
sulla manutenzione straordinaria; ecco dunque la necessità di uno studio attento in
fase di progettazione da cui la scelta oculata delle macchine e dei dettagli progettuali.
E' importante considerare la circostanza che i pretrattamenti possono essere causa di
un impatto ambientale negativo legato agli accumuli temporanei a piazzale dei residui
rimossi dalle griglie prima dello smaltimento, o presenza di insetti o odori molesti
legati alla fermentazione naturale del materiale organico putrescibile.
Pertanto è opportuno che tali aspetti vengano valutati in fase di progettazione,
ricorrendo alla realizzazione di linee di protezione olfattiva volte al confinamento ed
all'allontanamento degli stessi.
1.2.3 - La grigliatura
La grigliatura ha la funzione di separare meccanicamente i solidi grossolani presenti
nel refluo. Tale operazione avviene facendo passare il refluo attraverso una sezione
verticale costituita da una fila di barre parallele in acciaio opportunamente
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distanziate, che possono essere inclinate rispetto alla verticale in modo da ampliare la
superficie di captazione.
A seconda della spaziatura tra le barre, la grigliatura si distingue in:
grigliatura grossolana (interdistanza fra le barre di 3÷7 cm), avente la funzione
di intercettare i corpi più voluminosi evitando che gli stessi possano intasare
la grigliatura stessa o la stacciatura successiva;
grigliatura fine (interdistanza di 1,5÷2,5 cm);
grigliatura finissima (interdistanza di 0,3÷0,6 cm).
Il materiale accumulato sulle barre viene rimosso o tramite un sistema di pulizia
automatizzato collegato a nastri trasportatori che scaricano il grigliato in opportuni
cassoni, o tramite pulizia manuale. A seconda dell'inclinazione delle barre, si può
scegliere un determinato sistema di pulizia; in particolare per inclinazioni dell'ordine
di 80° si richiede una pulizia automatizzata, per inclinazioni dell'ordine di 45° si può
ricorrere alla pulizia manuale.
Lo schema impiantistico può essere caratterizzato dalla presenza di un by-pass
avente la funzione di evitare che, in corrispondenza di eventi pluviometrici
particolarmente intesi, la grigliatura possa andare fuori uso, evitando dunque un
accumulo di materiale eccessivo sulle barre .La velocità dell'acqua in corrispondenza
della sezione di grigliatura deve essere non superiore a 0,8 m/s al fine di evitare
eccessive perdite di carico idraulico. E' molto importante, inoltre, che la perdita di
carico non sia superiore ai 20 cm, come dislivello fra il pelo libero del liquido entrante
e quello uscente, in quanto la risalita del battente idraulico è sintomatica di un
eccessivo intasamento della apparecchiatura da richiedere che vengano effettuate le
operazioni di pulizia.