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INTRODUZIONE
La riduzione della biodisponibilità degli inquinanti in matrici ambientali quali i suoli e le
acque, sia superficiali che sotterranee, rappresenta uno dei principali obiettivi del risanamento
ambientale.
Tra gli inquinanti che determinano grande preoccupazione metalli pesanti quali piombo (Pb),
cadmio (Cd), zinco (Zn), rame (Cu), mercurio (Hg), cromo (Cr) e nichel (Ni) sono i principali
contaminanti inorganici delle acque superficiali, delle acque sotterranee e dei suoli.
L’inquinamento da metalli pesanti è ritenuto un problema di grande interesse a causa delle
proprietà cancerogene dei metalli, del bioaccumulo negli organismi e per il fatto che essi non
sono biodegradabili. Elevate concentrazioni di metalli pesanti nelle acque sono direttamente
responsabili dell’alterazione dei cicli vitali di animali, piante ed esseri umani.
Tra i metalli il nichel riveste un ruolo primario nell’attività industriale, essendo utilizzato in
vari settori, tra i quali la produzione di acciai inossidabili, batterie ricaricabili, concimi e nella
realizzazione delle placcature. I processi industriali impiegati nella lavorazione (come
estrazione, manipolazione e fusione) e anche l’utilizzo di combustibili fossili, sono
responsabili dell’immissione nell’ambiente di questo elemento, principalmente nell’atmosfera
e nelle acque.
Gli effetti del nichel sulla salute umana sono disparati, si va dalle più diffuse dermatiti
allergiche ai danni renali, per arrivare agli effetti cancerogeni.
Il rilascio di questo elemento nell’ambiente rappresenta quindi un serio problema sia per
l’uomo, che per gli organismi che ne entrano in contatto.
Quindi lo studio di tecniche di cattura del nichel dalle acque rappresenta un’importante area di
ricerca che ha come obiettivo quello di definire una metodologia efficace nella rimozione
dell’elemento e che sia possibilmente anche economica.
In questo lavoro è stata studiata la capacità di adsorbimento del nichel da soluzioni acquose da
parte di idrossiapatite Ca
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(PO
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)
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OH, sintetizzata a partire da gusci d’uovo come pure
l'efficienza della rimozione del metallo da parte dei gusci stessi senza nessun trattamento.
Questa metodologia, prevedendo l’utilizzo come materia prima per la sintesi
dell’idrossiapatite di scarti alimentari quali i gusci d’uovo, potrebbe rappresentare una valida
alternativa all’utilizzo di idrossiapatite sintetica, sia dal punto di vista economico che della
compatibilità ambientale.
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Sono stati effettuati esperimenti di adsorbimento facendo interagire sia l’idrossiapatite che i
gusci d’uovo con soluzioni di nichel alla concentrazione di 1000 mg/L per tempi di contatto
di 24 e 48 ore, 1, 2 e 3 settimane.
La caratterizzazione mineralogica e chimica della rimozione del Ni è stata eseguita mediante
analisi diffrattometriche ai raggi X (XRD) e di microscopia elettronica a scansione con
microanalisi (SEM-EDAX) dei materiali solidi estratti dagli esperimenti. Le soluzioni residue
al termine degli esperimenti di rimozione sono state analizzate mediante spettrofotometria di
emissione (ICP-AES).
I risultati ottenuti indicano che la capacità di immobilizzazione del nichel da parte degli
ammendanti utilizzati aumenta in funzione del tempo di interazione e raggiunge valori
massimi di circa il 50% per il guscio d’uovo e circa il 60% per l’idrossiapatite.
In quest’ottica, i risultati di questo studio contribuiscono ulteriormente a dimostrare che la
metodologia di immobilizzazione dei metalli pesanti in acque inquinate attraverso l’utilizzo
dei fosfati, ha il potenziale di essere una delle tecnologie di maggiore applicabilità e successo
nel campo del risanamento ambientale.
1. ADSORBIMENTO E BIOADSORBIMENTO
Esistono numerosi metodi fisico-chimici per la rimozione dei metalli pesanti da soluzioni
acquose quali l’adsorbimento, la precipitazione chimica, l’estrazione da solvente, l’osmosi
inversa, lo scambio ionico, l’ossidazione e la riduzione chimica, la filtrazione e i trattamenti
elettrochimici (Chen, 2004; Fu et al., 2011; Jusoh et al., 2007; Kandah & Meunier, 2007;
Kang et al., 2004 & 2008; Ku & Jung, 2001; Marthy & Chaudhari, 2008; Matlock et al.,
2002; Shahalam et al., 2002).
Tra tutte queste metodologie, l’adsorbimento è generalmente preferito per l’alta efficienza
nella rimozione dei metalli, la ridotta necessità di manipolazione, il possibile impiego di
diversi adsorbenti e i costi di applicazione generalmente inferiori rispetto a quelli di altre
tecniche. Inoltre questo processo è in molti casi reversibile e i materiali adsorbenti possono
essere riutilizzati tramite opportune operazioni di desorbimento (Fu et al., 2011).
Una particolare tipo di adsorbimento è il bioadsorbimento che ha la caratteristica principale di
utilizzare materiale di origine biologico come adsorbente. Il bioadsorbimento dei metalli
pesanti dalle acque contaminate è una tecnica relativamente recente e si presta molto bene per
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il trattamento di acque contenenti metalli pesanti. I principali vantaggi sono l’elevata
efficienza nella rimozione e il basso costo dei bioadsorbenti impiegati.
Esempi di materiali impiegati per il bioadsorbimento sono quelli derivati dalle piante
superiori (Apiratikul & Pavasant, 2008) come la corteccia o la lignina o da biomassa algale e
biomassa microbica (batteri, funghi e lieviti). Per questo scopo è stata studiata l’efficienza
anche di altri tipi di scarti prodotti dall’industria alimentare come le bucce di patate (Aman et
al., 2008), la segatura (Kaczala et al., 2009), la buccia del legume Vigna mungo (Saeed et al.,
2005), i rivestimenti esterni di semi (Amudaa et al., 2009), la buccia dei semi del caffè
(Oliveira et al., 2008), il gel pectinico derivante dalla barbabietola da zucchero (Mata et al.,
2009), le bucce di limone (Schiewil & Patil, 2008) e anche i gusci d’uovo (Jai et al., 2007).
Recentemente anche i gusci d’uovo hanno trovato varie applicazioni industriali per il fatto che
si tratta di un materiale di scarto molto diffuso e perché risultano essere costituiti in gran
parte da calcite (CaCO
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). Possono essere utilizzati come catalizzatori per la produzione di
biodiesel (Wei et al., 2009), di ceramiche (Freire & Holande, 2006), di fertilizzanti e come
fonti di calcio nei mangimi per animali.
Molti autori hanno studiato l’adsorbimento di actinidi, arsenico, fosfati, metalli pesanti,
tinture, composti organici clorurati da parte di gusci d’uovo in polvere, gusci calcinati,
membrane di gusci, gusci arricchiti con idrossido di ferro e carbonato-idrossiapatite preparata
a partire dai gusci (Ahmad et al., 2012; Chojnacka et al., 2005; Ishikawa et al., 1999 & 2002;
Kose et al., 2011; Koumanova et al., 2002; Mezenner et al., 2009; Oke et al., 2008; Otun et
al., 2006; Park et al., 2007; Tsai et al., 2006 & 2008; Zheng et al., 2007).
Infatti, uno dei materiali adsorbenti largamente impiegato per la rimozione dei metalli pesanti
è l’idrossiapatite Ca
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(PO
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OH. L’impiego di tale fase minerale presenta notevoli vantaggi
nell’immobilizzazione a lungo termine dei contaminanti per la sua elevata capacità di
adsorbimento dei metalli pesanti, la bassa solubilità in acqua, l’elevata stabilità in condizioni
ossidanti o riducenti e la facile reperibilità (Krestou et al., 2004).
L’idrossiapatite è stata impiegata nell’immobilizzazione di una grande varietà di metalli (ad
esempio Cr, Cd, Co, Cu, Zn, Ni, Pu, Pb, As, Sb, U e V) in molte ricerche (Czernycziniec et
al., 2003; Vega et al., 1999; Reichert & Binner, 1996; Leyva et al., 2001; Fuller et al., 2002;
McGrellys et al., 2001; Corami et al., 2007 & 2008; Mignardi et al., 2012 & 2013).
La Fig. 1 riporta la capacità di rimozione di nichel da parte di nano-idrossiapatite in confronto
a quella di altri adsorbenti.
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Fig. 1 . Efficienza nell’adsorbimento del nichel da parte di adsorbenti vari (da Mobasherpour et al., 2010).
Nonostante venga usata abbondantemente soprattutto in campo biomedico, l’idrossiapatite
sintetica è piuttosto costosa a causa dell’utilizzo di reagenti puri per la sua preparazione
(Dupoirieux et al., 1999; Sevgi Ozyegin et al., 2004). Gli elevati costi di produzione della fase
minerale sintetica hanno stimolato la continua ricerca di materiali a basso costo come possibili
alternativi reagenti per la produzione di grandi quantitativi di idrossiapatite sintetica.
È noto, infatti, che l’idrossiapatite può essere preparata a partire da diversi materiali di origine
biologica; i più usati sono le ossa animali, i coralli, ecc.
I gusci d’uovo di gallina rappresentano uno dei più diffusi scarti dell’industria alimentare.
Pertanto il loro impiego può essere preso in considerazione sia per la preparazione di materiali
adsorbenti a basso costo che per il loro utilizzo diretto per la rimozione dei metalli pesanti da
acque contaminate con il vantaggio che si tratta di materiali di scarto che altrimenti
dovrebbero trovare opportune forme di smaltimento (Meski et al., 2010).
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2. STRUTTURA E CRISTALLOCHIMICA DELL’APATITE
Il gruppo dei fosfati comprende all’incirca 400 specie minerali ed è caratterizzato dal gruppo
anionico tetraedrico (PO
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)
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che costituisce l’unità strutturale fondamentale. Le forze di
legame entro il complesso anionico risultano sempre più forti rispetto a quelle fra i complessi
anionici e gli altri ioni della struttura e questo fa sì che i minerali appartenenti a questo gruppo
siano definiti anisodesmici.
Tra i fosfati la specie più abbondante è il fosfato di calcio, l’apatite. Il termine apatite
rappresenta un gruppo di minerali con formula generale M
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(ZO
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)
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X
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.
Le varietà più comuni di apatite sono rappresentate da serie aventi i seguenti termini estremi:
Fluoroapatite Ca
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(PO
4
)
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F;
Cloroapatite Ca
5
(PO
4
)
3
Cl;
Idrossiapatite Ca
5
(PO
4
)
3
OH;
Nelle serie F, Cl, OH possono sostituirsi tra loro fino a raggiungere termini quasi puri.
I minerali appartenenti al gruppo dell’apatite sono circa 30 (Fig. 2) ma Hughes & Rakovan
(2002) definiscono apatite in sensu stricto una serie i cui termini hanno formula
Ca
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(PO
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)
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(F,Cl,OH) e numero di unità di formula per cella elementare (Z) pari a 2.