9
Dopo aver esplicitato le fondamenta epistemologiche, si è entrati nello specifico,
definendo l‟oggetto preso in considerazione da tale tesi:: la „tossicodipendenza‟ ed il
„consumo di sostanze psicotrope illegali‟. Ciò attraverso un‟analisi linguistica
epistemologica, nella teoria e nella ricerca, sui termini utilizzati per definire il
fenomeno stesso per volgere lo sguardo, al contempo, al panorama nazionale
legislativo che regola ed amministra tale fenomeno. In questo senso, si è dato più
spazio al cosiddetto consumo „illegale‟ perché storicamente rappresenta sia a livello
culturale che normativo una questione dirimente tanto che i servizi in questione, i
Sert, nascono con l‟intento di „prevenire, curare e riabilitare i tossicodipendenti di
sostanze illecite‟.
Dal terzo capitolo in poi, l‟attenzione si focalizza sul tema cardine di questo lavoro:
la valutazione dell‟efficacia nell‟ambito dei servizi „alla persona‟, nello specifico dei
SerT e cioè su come si attesta scientificamente il proprio operato o intervento.
La domanda posta ed oggetto del terzo capitolo è stata: „Esiste una cultura condivisa
della valutazione dell‟efficacia in Italia?‟.
Da uno studio della letteratura in merito, sembra si possa dire che sia estremamente
eterogenea nella prassi e disarticolata nella teoria e che, ad oggi, non esiste una
letteratura organica e condivisa. La sensazione provata di chi si avvicina per la prima
volta a tale tematica è quella di leggere tante sfaccettature del discorso che seguono
l‟autoreferenzialità dell‟autore specifico di quel testo. Manca ad oggi una
grammatica comune che possa di fatto fondare una prassi condivisa e consolidata
della valutazione dell‟efficacia.
Al contempo, ci si è resi conto che, in Italia, il tema della valutazione dell‟efficacia
non poteva e non può prescindere dallo sviluppo dei servizi sociali dagli anni „90 ad
oggi. Cioè, non è possibile prescindere dall‟assetto organizzativo dei servizi sociali
che è passato da „Centralizzato‟ (Stato centrale regola tutto), a „regionale‟. Tale
passaggio ,di fatto, ha sconvolto l‟operato dei servizi stessi in termini di gestione
delle risorse umane–materiali e non solo.
Si diffonde infatti, a seguito di questo processo, la concezione della qualità come
motore di regolazione tra servizi pubblici/privati messi sullo stesso piano che si
trovano a dovere concorrere in una logica nella quale lo Stato garantisce „chi meglio
riesce a soddisfare le domande del territorio‟.
10
All‟interno del terzo capitolo ci si sofferma sulla questione „qualità‟ connessa con lo
sviluppo normativo e la questione culturale della valutazione dell‟efficacia. Si
osserva su quali fondamenti oggi si regge la valutazione dell‟efficacia nei servizi
sociali e come tali criteri (es: criteri ISO) siano aziendali e non scientifici. Si osserva
come ci sia una commistione tra mondo sociale ed aziendale tale da non permettere
più una distinzione teorica e pratica. Le logiche di mercato e di marketing hanno
investito i servizi sociali, come i SerT, i quali hanno abbandonato il dibattito
scientifico sul proprio operato così come il dialogo con altri attori sociali che non
ragionino in termini prettamente „aziendali‟.
Il sistema della „governance‟ nato con l‟intento di offrire un sistema dei servizi
sociali a più ampio raggio, più competitivo e di maggiore qualità per i cittadini, di
fatto allontana il mondo dei servizi sociali dalla questione dirimente „valutare
l‟efficacia sul proprio operato‟ per abbracciare logiche di certificazione di qualità
trasmigrate dal mondo aziendale al mondo sociale e per abbracciare logiche
economiche e non scientifiche. In uno stato dell‟arte ove esiste un vuoto scientifico
sulla questione della valutazione dell‟efficacia, si presenta nel quarto capitolo una
proposta operativa di metodologia della valutazione dell‟efficacia (Turchi, 2005,
Convegno ad Abano Terme) attraverso la declinazione di criteri fondati
epistemologicamente entro il realismo concettuale appartenente al Paradigma
Narrativistico; paradigma sul quale si fonda il lavoro di ricerca.
Dal quinto capitolo in poi, si introduce tutto l‟apparato metodologico sul quale si
basa la ricerca:
dallo strumento (software Spad) che si utilizza per l‟analisi dei dati della ricerca alla
metodologia della stessa. Questa metodologia definita M.A.D.I.T propria del
Paradigma Narrativistico si basa sull‟analisi del testo e, nello specifico, sulle
modalità con cui si generano i discorsi nonché sulle categorie di conoscenza
utilizzate dagli intervistati. A fronte del fatto che gli intervistati sono degli operatori,
l‟obiettivo è osservare come configurano i discorsi a livello scientifico. Si è distinto,
dunque, senso scientifico e senso comune e per il senso scientifico i discorsi che si
generano a partire da un paradigma piuttosto che da un altro.
A conferma di ciò si è preso come riferimento la distinzione tra scienze „ica‟
(Chimica etc..) e scienze logos (psicologia) (Turchi, Della Torre, 2007, „Psicologia
11
della salute‟, Armando, Roma). Questa distinzione è stata ragionata in termini
trasversali durante tutta la tesi e trova applicazione all‟interno della metodologia
della ricerca e dell‟analisi dei dati testuali nonché dei commenti legati a questi.
12
CAPITOLO 1
CENNI STORICI DELL‟EVOLUZIONE EPISTEMOLOGICA
OCCIDENTALE ALL‟INTERNO DELLA FILOSOFIA DELLA
SCIENZA
“…un fatto non è un dato grezzo ma è storia della teoria che ne parla. Un fatto è
tale dunque, all‟interno di un contesto, di convenzioni che si stabiliscono in seno ad
una data comunità in un preciso momento storico…. Il fatto diventa artefatto ovvero
concetti che sono di continuo ripensati e quindi “ri-fatti”, attraverso demolizioni e
ricostruzioni concettuali”1.
È intenzione di questo capitolo, partendo da quest‟affermazione, riuscire a sostenerla
mediante una narrazione storica generale dell‟epistemologia occidentale.
Se è possibile affermare che un “fatto” non è mai un “dato grezzo”, nemmeno nelle
cosiddette “scienze esatte” in virtù del fatto che il ricercatore che osserva è anche
colui che stabilisce le categorie di conoscenza mediante le quali studiare il “fatto”,
ciò non è proprio possibile in tutti quei fenomeni che coinvolgono l‟uomo, la cui
condizione imprescindibile e necessaria è la contestualizzazione socio – culturale.
Prima di tracciare una panoramica dell‟evoluzione epistemologica occidentale viene
presa in considerazione un‟affermazione di Boniolo: “la filosofia della scienza si
propone da un lato di riflettere sullo sviluppo scientifico, con la sua varietà di
discipline, la sua diversità di approcci, i suoi lenti sviluppi, i suoi bruschi
mutamenti. Dall‟altro, si misura con gli strumenti del filosofo e, nel nostro caso, del
filosofo novecentesco, attento al linguaggio, agli effetti sociali, alla giustificazione
razionale, alla varietà di ragione”2. La scienza oggi, non è più il dominio della
verità definitiva, del metodo unitario e della sicurezza conoscitiva. Alla fine di un
secolo convulso e veloce, come lo è stato il XX secolo, scrive Boniolo, “possiamo e
dobbiamo offrirne un‟immagine in apparenza più umile e dimessa: la scienza è uno
spazio umano d‟indagine del mondo, in cui le ragioni del dissenso -quando
emergono- si fanno più chiare”3.
1
G.P:Turchi, A. Perno 2002, “Modello medico e psicopatologia come interrogativo”, Upsel, Padova
2
G. Boniolo, P.Vidali, 1999, “Filosofia della scienza”, Mondadori, Milano
3
ibidem
13
Quanto afferma Boniolo è oggetto di discussione di questo primo capitolo: un
concetto di scienza contemporaneo svincolato da logiche positiviste o neopositiviste.
Prima occorre, però, dichiarare cosa si intende per epistemologia.
Etimologicamente, il termine epistemologia deriva dal greco “episteme”,
fondamento e “logos”, discorso; quindi discorso sul fondamento delle scienze. È
l‟episteme, dunque, che permette di differenziare tra loro le scienze: quelle che
hanno trovato il loro fondamento, come la chimica e la fisica e scienze alla ricerca
del loro fondamento come la psicologia, che in virtù della mancanza del fondamento,
necessita di un modello, cioè di un riferimento concettuale che consenta, in virtù di
assunzioni teoriche, di andare ad individuare dei risvolti operativi, ovvero delle
prassi. Nel corso della storia epistemologica il termine „epistemologia‟ ha assunto
accezioni diverse: dalla conoscenza della scienza alla conoscenza certa ed ultima di
ogni cosa. In questa argomentazione il termine assume l‟accezione di „discorso sulle
fondamenta delle scienze‟, cioè su quali assunti paradigmatici poggia e si sviluppa la
conoscenza scientifica.
La discussione epistemologica, infatti, risale ai tempi di Cartesio4 quando, nelle
“Meditazioni metafisiche”, (1647), solleva dubbi rispetto ad una conoscenza senza
inganno, cioè una conoscenza autentica. Per Cartesio5 l‟epistemologia è deputata a
superare tale “impasse” e a dimostrare qual è la conoscenza autentica.
La domanda, pertanto, che costruirà il filone argomentativo nell‟alveo delle varie
posizioni epistemologiche succedute nel secolo scorso è: “le proposizioni
scientifiche costituiscono certezze definitive o solo affermazioni probabili,
provvisorie?”.
Partendo dalla corrente filosofica che si sviluppa nella seconda metà del XIX secolo,
caratterizzata da un'esaltazione della scienza e considerata l'unica fonte legittima
della conoscenza, si dà avvio ad un grande dibattito epistemologico che percorrerà il
XX secolo. Tale corrente, il positivismo, che nasce in Francia con A. Comte,
successivamente si diffonde in Inghilterra, soprattutto per merito di John Stuart Mill
e, in Italia, trova esponenti in Carlo Cattaneo e Roberto Ardigò, trae il suo nome
dalla esaltazione della positività della scienza, dalla concretezza e dall‟oggettività dei
4
W.Bechtel,“Filosofia della scienza e scienza cognitiva” , Traduzione di Massimo Marraffa, Editori
Laterza in “Scienze della mente” 2001, Bari
5
ibidem
14
fatti da essa studiati, in contrapposizione alle astrattezze e alle fantasticherie delle
religioni e delle concezioni metafisiche in genere. Nell‟alveo del positivismo si
concepisce la scienza come la sola forma di conoscenza possibile il cui metodo è il
ricorso a cause o principi e, pertanto, va esteso a tutti i campi d'indagine, dalla
chimica a quelli riguardandanti l'uomo e i fenomeni sociali.
Nei positivisti, quindi, il richiamo alla scienza tende ad una riedificazione di certezze
assolute ed ad un‟idealizzazione della scienza che si traduce in una esaltazione del
sapere positivo, assunto ad unica verità ed unica guida della vita umana, in tutti i
campi.
Alcune scoperte, però, mettono in dubbio il paradigma positivista dell‟osservabilità
diretta dei fatti positivi. Basta ricordare la teoria della relatività ristretta (1905) di
Einstein e il principio di indeterminazione (Heisenberg, 1924).
Quindi, dal positivismo in poi, si susseguono filoni di pensiero epistemologici che
tentano di svincolarsi da esso rimanendo ancorati al concetto di scienza “positivo” ed
alla concezione di scienza come verità ultima. Chi riesce a sganciarsi è Popper; da
lui si sviluppa l‟epistemologia contemporanea che sancisce l‟imprescindibile
binomio osservato/osservatore il cui focus non è più l‟esperienza ma la teoria che “fa
da mappa al territorio”.
Uno dei filoni di pensiero epistemologico è il Pragmatismo, ove uno dei principali
promotori Peirce6 (1839-1914) parte dal fatto che ciò che muove una ricerca è lo
stato di lotta dovuto all‟irritazione del dubbio e lo scopo è ottenere uno stato di
credenza, cioè l‟eliminazione del dubbio stesso. Questo garantisce la verità e
conduce all‟asserzione garantita. Ciò che conduce alla certezza, quindi, è la
validazione dell‟ipotesi, la quale diviene Legge ovvero Verità.
Per il Convenzionalismo7, che nasce dalle geometrie non-euclidee, si evidenzia come
il focus sia il carattere convenzionale della teoria ossia la sua utilità. La domanda:
“Questa teoria, questa osservazione, questa ricerca è vera?” per il convenzionalismo
sembra non essere prioritario. Secondo il Convenzionalismo, le leggi e le teorie
scientifiche sono delle convenzioni universali scelte dagli scienziati tra le varie
alternative come in quel momento più convenienti. Le teorie, quindi, possono essere
6
D. Antiseri, G. Gava, A. Petroni, V. Somenzi, M. Stanzione, 1996, “Un‟Introduzione
all‟epistemologia Contemporanea” , Cleup, Padova .
7
Fine Ottocento
15
accolte non perché più vere di altre ma perché più utili salvo però sottoporre le stesse
a verifica attraverso i fatti. Diventa ancora una volta prioritario l‟approdo alla
certezza scientifica mediante il metodo sperimentale; non viene, pertanto, messa in
discussione la credenza nell‟oggettività della scienza.
Alla domanda iniziale “le proposizioni scientifiche costituiscono certezze definitive
o solo affermazioni probabili, provvisorie?”sia il Pragmatismo sia il
Convenzionalismo rispondono: “sì, le proposizioni scientifiche costituiscono
certezze definitive”. Infatti, nonostante criteri quali “utilità” o “convenzione” della
teoria, il Convenzionalismo non mette in luce la provvisorietà delle conclusioni
stesse data una ricerca “X”, rimanendo ancorato così al positivismo.
Nel caso del Pragmatismo, invece, si assiste ad un dubbio iniziale che muove la
ricerca e la verifica sperimentale come risoluzione pratica del dubbio; fino a prova
contraria si possiede una Verità.
Un altro esponente del Convenzionalismo, nonché il suo fondatore, Poincarè (1909)
scrive: “ I princìpi sono delle convenzioni o delle definizioni camuffate. Tuttavia,
sono derivati da leggi sperimentali, queste leggi sono, per così dire, assurte a
princìpi cui la nostra mente attribuisce un valore assoluto”8
Anche Poincaré9 sottolinea, quindi, come i princìpi siano convenzioni cui però la
“mente” attribuisce un valore assoluto, a fronte della legittimazione della verifica
sperimentale. Affermando ciò, però, se ne deduce che l‟attribuzione di valore
assoluto sia un‟operazione puramente arbitraria che non ha alcun valore di
scientificità, se questa si assume essere qualcosa di “oggettivo”, inteso come
procedimento induttivo dall‟esperienza. Lo scienziato interviene “induttivamente”
scegliendo i fatti che meritano di essere osservati. Operando tale selezione, egli
compie un intervento che non può seguire criteri di verità o di certezza ma solo la
teoria di uno scienziato che studia quell‟oggetto in quell‟ambito specifico
d‟indagine, con l‟obiettivo ultimo di ampliare la conoscenza.
8
Boniolo, M.L.Dalla Chiara, G. Girello, C. Sinigaglia, S. Tagliagambe, 2002, “Filosofia della
scienza”, Raffaello Cortina Editore, Milano, pg.111
9
D. Antiseri, G. Gava, A. Petroni, V. Somenzi, M. Stanzione, 1996, “Un‟Introduzione
all‟epistemologia Contemporanea” , Cleup, Padova
16
A proposito della provvisorietà o certezza della ricerca scientifica qualche tempo
dopo A. Einstein10 dirà in “Considerations Concernine the Fundamentals of
Theoretical Physics” in Science, 91 (1940)pp.487-492: “…Le esperienze sensoriali
sono il dato di partenza, ma la teoria che le interpreta è opera dell‟uomo. È il
risultato di un processo di adattamento straordinariamente laborioso: ipotetico, mai
definitivo, sempre soggetto a discussioni e a dubbi”.
Andando ancora avanti, proprio rispetto alla concezione di una scienza come “verità
ultima”, l‟essenzialismo11 si esprime esplicitamente come ancorato al positivismo, in
quanto ritiene che l‟obiettivo della scienza sia determinare l‟essenza di ogni cosa e
che le cose, gli eventi e le istituzioni sono „quel che sono‟ perchè hanno appunto
un‟essenza che la teoria migliore coglie e descrive al di là delle apparenze. Tale
prospettiva viene criticata molto da Popper12 il quale sostiene che una teoria non è
mai certa per definizione poichè le prove non sono mai certe ed i controlli non sono
mai definitivi. In altre parole, una teoria non è mai ultima perché si può sempre dare
un‟ulteriore spiegazione di essa. Dunque, secondo Popper13, il credere nell‟esistenza
delle essenze non aiuta lo scienziato ma può addirittura ostacolarlo nella propria
ricerca in virtù della credenza di possedere la spiegazione ultima. Invece, lo
scienziato deve occuparsi di opinioni e congetture secondo il principio della
falsificabilità14 e deve basare la sua critica su argomentazioni di carattere
epistemologico. A tal proposito Popper scrive: “non può esistere spiegazione che
non abbia bisogno di una spiegazione ulteriore, perché nessuna spiegazione può
essere la descrizione autoesplicativa di un‟essenza” e ancora: “Questa concezione
moderna della scienza, la concezione, cioè, secondo cui le teorie scientifiche sono
essenzialmente ipotetiche, e secondo cui non possiamo mai essere sicuri che anche
la teoria meglio fondata non possa essere scalzata e sostituita da
un‟approssimazione migliore è, io credo, il risultato della rivoluzione
10
Boniolo, M.L.Dalla Chiara, G. Girello, C. Sinigaglia, S. Tagliagambe, 2002, “Filosofia della
scienza”, Raffaello Cortina Editore, Milano, pg.152
11
Novecento
12
D. Antiseri, G. Gava, A. Petroni, V. Somenzi, M. Stanzione, 1996, “Un‟Introduzione
all‟epistemologia Contemporanea” , Cleup, Padova
13
ibidem
14
G. Gava, 1998, “Lessico epistemologico”, Cleup, Padova, pg. 68: principio di falsificazione,
secondo cui “un‟ipotesi, una teoria o un asserto, è scientifico, solo se può venir esposto in linea di
principio a confutazione o, se si vuole, soltanto quando è falsificabile dai fatti dell‟esperienza, dagli
asserti osservativi o protocolli. La conoscenza scientifica, essendo sempre smentibile, non può che
avere carattere ipotetico e provvisorio”.
17
einsteniana”.15 Quando, infatti, avviene la rottura epistemologica e la scienza
contemporanea si attesta come provvisoria e mai definitiva, al di là dei propri oggetti
e ambiti di studio delle diverse scienze, le prospettive epistemologiche non si
occupano più di “se e come raggiungere la verità”.
Dopo l‟essenzialismo, anche l‟empiriocriticismo16, sostiene con forza una
concezione della scienza come esperienza “pura”, libera da ogni vincolo metafisico,
quindi da ogni vincolo soggettivistico in linea con una concezione della scienza
“oggettiva”. Secondo questa impostazione epistemologica il compito della ricerca
filosofica e scientifica consiste nello sviluppare un “concetto naturale del mondo”,
fondato sul concetto di esperienza pura, cioè sgombra da ogni variazione soggettiva
e individuale, priva di ogni elemento metafisico. Uno dei fondatori Mach17 (1838-
1916), padre anche del “neopositivismo” e del “Circolo di Vienna”, afferma che
l‟obiettivo è liberare la scienza da ogni tipo di metafisica e che a fondamento di tutta
la conoscenza vi è l‟esperienza sensibile, il cui compito è rapportare la grande varietà
di dati sensoriali a leggi convenzionali dal numero il più limitato possibile (il
cosiddetto modello della riduzione teorica). Pertanto, poiché la conoscenza è fondata
sui dati sensibili, la metodologia scientifica deve consistere nella verifica a partire da
questi, secondo il principio di verificazione18. Ogni discorso scientifico, quindi, si
origina da asserzioni semplici sulle sensazioni verificate empiricamente (Leggi) per
arrivare a descrizioni sempre più articolate e al contempo economiche, il massimo
dei risultati con il minimo sforzo, rispondendo al principio di economia.
Un‟altra prospettiva che discende direttamente dal positivismo ottocentesco e
dall‟empiriocriticismo di Mach è il „neopositivismo logico‟ o „concezione standard‟
nella filosofia della scienza. Questa prospettiva si afferma storicamente negli Anni
Venti in Austria con il “Circolo di Vienna”, in Germania con la Scuola di Berlino ed
in Polonia come la più autorevole concezione filosofica della scienza nel corso della
prima metà del secolo. Un posto di primaria importanza viene occupato dal
15Boniolo, M.L.Dalla Chiara, G. Girello, C. Sinigaglia, S. Tagliagambe, 2002, “Filosofia della
scienza”, Raffaello Cortina Editore, Milano.
16
Corrente filosofica tedesca – seconda metà dell‟Ottocento
17
D. Antiseri, G. Gava, A. Petroni, V. Somenzi, M. Stanzione, 1996, “Un‟Introduzione
all‟epistemologia Contemporanea” , Cleup, Padova
18
G. Gava, 1998, “Lessico epistemologico”, Cleup, Padova, pg. 167: principio di verificazione
secondo cui “un asserto era fattuale se completamente verificabile attraverso le esperienze dirette ed
incorreggibili del soggetto”.
18
„principio di verificazione‟ (così come nel positivismo e nell‟empiriocriticismo)
secondo il quale un asserto è fattuale „se completamente verificabile attraverso le
esperienze dirette ed incorreggibili del soggetto‟19.
Vi sono locuzioni alternative di tale prospettiva come “positivismo logico”,
“empirismo logico” ed “empirismo scientifico”, tutte elaborate in sede al “Circolo di
Vienna” e “Società di Berlino”, seguite e sviluppate da pensatori americani e inglesi.
Nello specifico, come già citato, il sostantivo “positivismo”, affonda le sue radici in
Comte20 (XIX secolo), il quale professò lo scetticismo nei confronti dei sistemi
filosofici e della Metafisica in generale, dando risalto alla conoscenza basata
sull‟esperienza. In accordo con Comte21 e con gli empiristi (Hume ed altri) più
influenti di Comte, i neopositivisti affermano la necessità di fondare tutta la
conoscenza sull‟esperienza.
L‟aggettivo “logico”, rispecchia il ruolo che la logica simbolica moderna ha svolto
all‟interno di questa impostazione. Infatti, i neopositivisti si avvalgono dei mezzi
della logica nel tentativo di fornire una rappresentazione formale della struttura della
scienza. Essi distinguono il contesto della „scoperta‟ nel quale le ipotesi scientifiche
vengono elaborate ed il contesto della „giustificazione‟ nel quale tali ipotesi sono
vagliate razionalmente. A sostegno del concetto di “giustificazione”, si delineano tre
aspetti cruciali:
a. la teoria verificazionista del significato
b. il modello nomologico – deduttivo della spiegazione e ipotetico – deduttivo della
giustificazione o sviluppo delle teorie
c. la concezione assiomatica della teoria
La teoria verificazionista (punto a) del significato afferma che esistono due categorie
di enunciati: enunciati osservativi ed enunciati teorici.
Gli enunciati osservativi sono verificabili direttamente dall‟esperienza e questo basta
per informarci del loro valore di Verità. Gli enunciati teorici, invece, tramite la
logica simbolica vengono trasformati in enunciati osservativi e sono veri, se e solo
se, l‟altro asserto (asserto osservativo) è vero. Così gli asserti osservativi esplicitano
19
ibidem
20
W.Bechtel,“Filosofia della scienza e scienza cognitiva” , Traduzione di Massimo Marraffa, Editori
Laterza in “Scienze della mente” 2001, Bari
21
ibidem
19
il significato dell‟asserto non direttamente osservabile, quello teorico, e che non
dipende in alcun modo dall‟esperienza.
Questo tentativo di esplicitare il significato di tutto il discorso scientifico, è comune
all‟operazionismo (Bridgman1927)22 che tenta, quando introduce un termine teorico,
di specificare le operazioni in base alle quali confermare o infirmare asserti
contenenti quel termine.
Oltre al criterio della significanza per gli asserti scientifici, il neopositivismo affronta
il concetto di spiegazione e la previsione dei fenomeni naturali (modello
nomologico-deduttivo/ipotetico-deduttivo - punto b).
Secondo i neopositivisti, esiste la stessa struttura logica tra spiegazione e previsione;
solo che, la previsione è prima in ordine temporale, in virtù del fatto che deve
prevedere l‟evento propter hoc e non post hoc.
La spiegazione di un evento consiste nella derivazione di un asserto che descrive
quell‟evento da asserti di Leggi scientifiche e da fatti empirici antecedenti noti
(condizioni iniziali). Questo processo è il modello nomologico – deduttivo dove,
dato un asserto universale e fatti empirici antecedenti noti, si prevede l‟evento, a
conferma del quale, mediante il modello ipotetico – deduttivo, si raccoglieranno
prove empiriche dell‟ipotesi o asserto universale precedentemente definiti. Se
l‟ipotesi verrà confermata diventa prova di verità, Legge. Quindi il modello
nomologico-deduttivo serve per descrivere come le Leggi possano spiegare eventi
particolari e il modello ipotetico-deduttivo serve come conferma del primo, cioè
descrivere come eventi particolari (dati sensibili) potessero fornire prove in favore
delle Leggi che venivano via via elaborate.
Andando avanti con la concezione assiomatica delle teorie (terzo punto dello
schema), i neopositivisti proposero tale concezione quando intendevano distinguere
la Legge dalle generalizzazioni accidentali specificando che questa è fondata a sua
volta dalla teoria. Questa per i neopositivisti è un imponente sistema di riferimento,
come il sistema tolemaico o copernicano. Pertanto scrive Bechtel23 “una teoria è
dunque una rete strutturata di asserti da cui possono derivare leggi specifiche” e
22
W.Bechtel,“Filosofia della scienza e scienza cognitiva” , Traduzione di Massimo Marraffa, Editori
Laterza in “Scienze della mente” 2001, Bari
23
W.Bechtel,“Filosofia della scienza e scienza cognitiva” , Traduzione di Massimo Marraffa, Editori
Laterza in “Scienze della mente” 2001, Bari, pg 39.
20
scrive ancora “i neopositivisti erano convinti che fosse possibile rappresentare le
teorie scientifiche come delle strutture deduttive in cui è identificabile un insieme di
termini primitivi e postulati, da cui derivare vari assiomi ossia leggi particolari”.
L‟assiomatizzazione, secondo i neopositivisti, avrebbe introdotto rigore nel discorso
scientifico, proprio nella definizione precisa e rigorosa di nozioni teoriche. Ciò
avrebbe permesso agli scienziati di fare previsioni ulteriori per controllare la relativa
teoria e stimare il potere esplicativo della stessa. Pensavano, ancora, che
l‟assiomatizzazione permettesse di unificare la scienza, cioè dimostrare che i
postulati fondamentali di una teoria specifica, a loro volta, sono assiomi di una teoria
più generale. Ad esempio, Newton dimostrò che i postulati fondamentali della teoria
astronomica erano a loro volta assiomi derivati da una teoria fisica più basilare. Così
l‟astronomia fu sussunta sotto la fisica. Per i neopositivisti, questo poteva accadere
per tutte le scienze e tale processo fu definito “riduzione teorica”. Se ciò non era
ancora avvenuto, era dovuto all‟incompletezza dell‟indagine conoscitiva sino a quel
momento attuata. Questo supponeva che la scienza fosse una e che le varie branche
specifiche fossero diramazioni di essa. Ad esempio, che la psicologia potesse essere
spiegata da leggi chimiche ed essere per questo sussunta sotto la biologia.
Dopo il neopositivismo, i filosofi della scienza, però, si sono messi alla ricerca di
alternative epistemologiche, sancendo di fatto il fallimento del neopositivismo. In
altre parole, si sancisce l‟idea che esistono solo conoscenze provvisorie e che questo
è il concetto profondo di „cosa si intende per scientifico‟. In questo senso una delle
grandi sfide viene lanciata da Popper intesa come rottura epistemologica dal
neopositivismo logico che tanto aveva segnato il modo di fare scienza.
Le critiche si incentrano sul modello ipotetico – deduttivo dello sviluppo e del
controllo di un‟ipotesi. Secondo Popper, è impossibile provare la verità di un
enunciato generale (asserto universale o Legge), cioè non si potrà mai dimostrare che
un‟ipotesi generale è universalmente vera. Consiglia dunque di abbandonare il
tentativo di giungere a teorie ben confermate e propone di preoccuparsi delle
“falsità” delle ipotesi. Tale impostazione delinea che una teoria è scientifica solo se,
in linea di principio, è esposta a tentativi di confutazione attraverso controlli
sperimentali o se è falsificabile dai fatti dell‟esperienza o da asserti osservativi. La
conoscenza scientifica, pertanto, essendo sempre smentibile, ha un carattere
21
provvisorio per definizione. Popper dice: “Tutta la conoscenza scientifica è ipotetica
o congetturale”24. Per Popper25, uno scienziato deve cominciare con il fare
congetture sul mondo e poi cercare di confutarle, se l‟ipotesi viene confutata va
scartata, nel caso contrario, l‟ipotesi si definisce “corroborata”. Questo termine non
vuol dire confermata ma “non confutata”. Il cambiamento terminologico, da ipotesi
“confermata” del modello ipotetico-deduttivo del neopositivismo logico a ipotesi
“corroborata”, non è solo un cambiamento linguistico ma epistemologico. Si rifiuta il
tentativo dei neopositivisti di distinguere il discorso dotato di significato da quello
non dotato di significato sulla base del principio di verificazione. A favore del
principio di falsificazione si afferma con forza che qualunque osservazione empirica
confermante non può mai giustificare logicamente o verificare in termini conclusivi
una asserzione universale, se quindi, le teorie o le Leggi scientifiche sono universali
non possono essere verificabili in quanto il principio di verificazione potrebbe
procedere all‟infinito. Invece, il principio di falsificazione, almeno logicamente, è
perseguibile. Il metodo scientifico di Popper fu definito ipotetico-deduttivo
sganciato, però, dal modello ipotetico-deduttivo neopositivista che conosce tramite
l‟induzione nonché dal principio di verificazione. Il processo è così schematizzabile:
-inciampiamo in qualche problema (individuazione problema)
-tentiamo di risolverlo (teoria)
-impariamo dai nostri sbagli, specialmente da quelli che ci sono resi presenti dalla
discussione critica dei nostri tentativi di risoluzione (critiche)
Quindi, una teoria sottoposta al principio di falsificazione, se regge ai controlli è ben
corroborata, per quanto comunque rimanga provvisoria e ipotetica.
Scrive Popper: “ora secondo me, non esiste nulla di simile all‟induzione. È pertanto
logicamente inammissibile l‟inferenza da asserzioni singolari “verificate
nell‟esperienza” (qualunque cosa ciò possa significare) a teorie. Dunque le teorie
non sono mai verificabili empiricamente. Se vogliamo evitare l‟errore positivistico
[…] dobbiamo scegliere un criterio che ci consenta di ammettere, nel dominio della
scienza empirica, anche asserzioni che non possono essere verificate […] Queste
24Boniolo, M.L.Dalla Chiara, G. Girello, C. Sinigaglia, S. Tagliagambe, 2002, “Filosofia della
scienza”, Raffaello Cortina Editore, Milano, tratto da K.P.Popper “Problemi, scopi e responsabilità
della scienza”, in Scienza e filosofia, Einaudi, Torino 1969, p.136
25
ibidem
22
considerazioni suggeriscono che, come criterio di demarcazione, non si deve
prendere la verificabilità, ma la falsificabilità di un sistema.
[…] Dunque io mi differenzio dal convenzionalista in quanto sostengo che le
asserzioni che si decidono mediante un accordo non sono universali ma singolari. E
mi differenzio dal positivista perché sostengo che le asserzioni base non sono
giustificabili sulla base delle nostre esperienze immediate ma, dal punto di vista
logico, vengono accettate mediante un atto di libera decisione. La base empirica
delle scienze oggettive non ha dunque in sé nulla di assoluto. La scienza non posa su
un solido strato di roccia. […] semplicemente ci fermiamo quando siamo soddisfatti
e riteniamo che almeno per il momento i sostegni siano abbastanza stabili da
sorreggere la struttura. 26
Questo stralcio di testo asserisce la rottura epistemologica da “prima a dopo” Popper
promuovendo l‟assunto epistemologico che lo scienziato si muove da ipotesi
costruite “ad hoc” che non hanno la pretesa di verità o conclusioni definitive. Si
sgancia, quindi, dal contesto della scoperta attraverso il quale i neopositivisti,
osservando un fatto, lo spiegavano in attesa di giustificare quanto si era affermato.
Egli ritiene che la conoscenza debba partire dall‟ipotesi o congettura che viene
falsificata dall‟esperienza; il riferimento all‟esperienza rimane se pur su basi diverse.
All‟inizio degli anni ‟50, un altro attacco rispetto al concetto dell‟ “enunciato
teorico” del neopositivismo, arriva da W. O. Quine27, il quale mostra quanto questo
concetto fosse un dogma dell‟Empirismo. Infatti l‟enunciato teorico può essere
spiegato mediante il concetto di “significato” e quest‟ultimo, mediante l‟ “enunciato
osservativo”. Questo ragionamento, secondo Quine, non soddisfa il criterio
neopositivista di “significanza, secondo il quale solo termini per cui siano
disponibili chiari criteri di verificabilità sono dotati di significato”28. Dunque,
l‟enunciato teorico è un dogma del Neopositivismo logico considerando che basava
tutto sulla mera osservazione “pura” e “verificabilità”.
26
Boniolo, M.L.Dalla Chiara, G. Girello, C. Sinigaglia, S. Tagliagambe, 2002, “Filosofia della
scienza”, pg. 252, Raffaello Cortina Editore, Milano, tratto da “The logic of scientific discover”,
Hutchinson, London 1959, tr.it. di M.Trichero, “la logica della scoperta scientifica”, Einaudi, Torino
1970
27D. Antiseri, G. Gava, A. Petroni, V. Somenzi, M. Stanzione, 1996, “Un‟Introduzione
all‟epistemologia Contemporanea” , Cleup, Padova
28
Boniolo, M.L.Dalla Chiara, G. Girello, C. Sinigaglia, S. Tagliagambe, 2002, “Filosofia della
scienza”, Raffaello Cortina Editore, Milano,