13
si muove per motivi di studio, per motivi di lavoro o per
semplice divertimento; i nostri spostamenti servono a
perfezionare il nostro presente e a migliorare il nostro futuro.
Accanto a noi, tuttavia, milioni di persone si muovono
apparentemente per le stesse ragioni – trovare altrove ciò che
non si è trovato nel proprio paese d’origine: un lavoro migliore,
o più semplicemente un lavoro; una vita migliore, o più
semplicemente la vita; un futuro migliore, o più semplicemente
la speranza di poterlo vivere.
Questi due grandi movimenti che solcano il mondo,
però, sono molto diversi l’uno dall’altro, e non solo per le
motivazioni che li sospingono: innanzitutto, cambiano le
rispettive condizioni di partenza – più che buone le nostre,
nemmeno sufficienti le loro; inoltre, sono diverse le rispettive
modalità di viaggio – nella comoda poltroncina di un aereo noi,
su “carrette del mare”, gommoni stracarichi di gente e pullman
sgangherati loro
2
; infine, cambiano le condizioni di arrivo,
innanzitutto per quanto riguarda la durata della permanenza nel
nuovo posto – prestabilita e, il più delle volte, breve la nostra,
indeterminata e spesso lunga la loro; ma, soprattutto, per quel
che riguarda l’accoglienza che viene riservata agli uni e agli
altri dalla popolazione del luogo, sulla quale sembra inutile
2
Per una strana ironia della sorte, “mezzi-di-fortuna” vengono chiamati
questi rottami sui quali, spesso, queste persone trovano invece la morte.
14
spendere anche solo poche parole, che risulterebbero
ugualmente superflue, data l’evidenza dei fatti.
Queste due categorie di persone in movimento, però,
non sono le uniche ad animare l’immenso formicaio che è
divenuto il mondo in cui viviamo. Infatti, purtroppo, ne esiste
una terza, che è quella di coloro i quali non si muovono verso
qualcosa, ma fuggono da qualcosa: sono i 15 milioni di
rifugiati che abbandonano il proprio paese per sfuggire alle
persecuzioni, alle torture e alla morte che sarebbero loro
riservate se non decidessero di partire. In questo caso, più
ancora che in quello delle altre categorie di migranti, la scelta
non è determinata dalla libera volontà di chi la prende, ma è
una decisione obbligata: in gioco, qui, non è la propria
posizione lavorativa o il proprio arricchimento culturale, ma la
vita.
Tuttavia, la costrizione di una scelta non esclude
l’esistenza, nelle coscienze di questi individui, della più grande
delle aspirazioni dell’uomo: la Libertà.
Anzi, come afferma Ernst Junger nel suo “Trattato del
ribelle”:
15
[…] la libertà è imperitura, pur essendo di volta in volta costretta a
rivestire i panni del tempo. Inoltre essa dev’essere continuamente
riconquistata. [….] Dobbiamo ammettere che oggi è particolarmente
difficile affermare la libertà. La resistenza richiede grandi sacrifici:
il che spiega anche perché la maggior parte delle persone scelga la
costrizione. Ma la storia autentica può essere fatta solo da uomini
liberi. La storia è l’impronta che l’uomo libero dà al destino. In
questo senso possiamo dire che l’uomo libero agisce in nome di tutti:
il suo sacrificio vale anche per gli altri.[…] Inavvertitamente il
fenomeno del diseredato, del proletario, ha assunto tratti inediti; il
mondo è gremito di nuove incarnazioni del dolore. Sono gli esiliati, i
proscritti, i violentati, i milioni di esseri umani strappati alla loro
patria e alla loro terra, o brutalmente respinti al fondo dell’abisso
3
.
3
Junger E., Trattato del ribelle, Milano, Adelphi, 2001.
16
Introduzione
Il problema dell’esodo forzato è uno dei più impellenti
che le Nazioni Unite abbiano dovuto affrontare nel corso di
tutta la loro storia. Fra le categorie di persone più vulnerabili,
in tutto il mondo, vi sono quelle costrette ad abbandonare le
loro case in conseguenza di conflitti, persecuzioni o altre
violazioni dei diritti umani. La fuga è la scelta che i rifugiati
hanno preso per sfuggire a situazioni di estremo rischio per la
loro sicurezza. Fase, questa, fortemente traumatica: si
abbandona il proprio paese, la propria casa, amici e familiari,
rischiando grandi sofferenze o la morte, per andare incontro
all’incertezza.
L’importanza di questo tema è ormai riconosciuta a
livello mondiale, tant’è che i governi così come le maggiori
agenzie di protezione internazionale, negli ultimi anni ne hanno
fatto uno dei loro principali oggetti di discussione, con
l’obiettivo di trovare una soluzione ad un problema che
continua a mietere vittime e, nel “migliore” dei casi, a sradicare
milioni di uomini, donne e bambini dal loro paese natale.
Nonostante l’impegno di questi ultimi decenni, però, il
problema dei rifugiati politici rimane ancora sconosciuto ai più,
tranne per i casi in cui l’attenzione viene attirata da uno dei
17
tragici avvenimenti di cronaca che li vede spesso coinvolti,
oppure per i casi in cui la loro realtà viene a confrontarsi con la
quotidianità delle nostre città italiane o delle piccole comunità
di provincia dove essi decidono di (o vengono invitati a)
stabilirsi. Ed è stata proprio la scarsa importanza riservata
finora a questo argomento ad indirizzare, invece, la mia
attenzione verso questo tema, facendolo diventare l’oggetto
privilegiato di questo lavoro.
Prima di trattare direttamente la questione dei rifugiati
politici, però, si è ritenuto opportuno doversi soffermare sul
tema più generale dell’immigrazione, che gli si affianca
proponendo problematiche non del tutto dissimili. Così, dopo
aver passato in rassegna il pensiero dei classici della
sociologia, da Simmel ad Elias, da Schutz a Park e da Sombart
a Merton, sulla figura dello straniero, ci si è addentrati nella
tematica dell’immigrazione, esaminandone le possibili cause,
la sua evoluzione e le sue tendenze a livello mondiale ed
europeo prima, e più specificamente italiano poi, concludendo
con un riesame della normativa attuata dal 1989 ad oggi nel
nostro paese. L’analisi di questi argomenti, inoltre, ha mostrato
la necessità di un approfondimento su alcuni dei concetti che
più spesso sono chiamati in causa quando si trattano le
tematiche legate ai movimenti migratori, data la superficialità e
la vaghezza con cui essi il più delle volte vengono usati: si
18
tratta di concetti come nazione, etnia, razza o identità, dai
quali, è evidente, non può prescindere nessun discorso legato ai
problemi di chi, per un motivo o per l’altro, è costretto a vivere
lontano dal proprio paese. Così, passando per la trattazione
delle più comuni reazioni di fronte al diverso, si è approdati
all’argomento centrale di questa tesi, quello che vede i rifugiati
politici al centro di una storia che pone la sua nascita all’alba
dell’apparizione dell’uomo sulla Terra e che ancora non è
riuscita a trovare una fine. Data la scarsità del materiale
esistente, non è stato facile ricostruire questa storia.
Ripercorrerne le tappe più importanti, però, soffermandosi
sulle motivazioni che da secoli alimentano la fuga di milioni di
persone dalla loro patria, sulla loro situazione a livello
internazionale e nazionale, sulla normativa italiana ed europea
che “dovrebbe” salvaguardarne i diritti, e sulla straordinaria
azione delle varie associazioni umanitarie che in giro per il
mondo offrono il loro aiuto ai disperati che ne hanno bisogno,
ha portato ad una riflessione personale che di per sé ha
rappresentato un arricchimento di valore inestimabile.
Tra l’altro, l’esperienza vissuta nel 1998 in un paesino
della costa ionica calabrese, Badolato, ha dato l’opportunità di
avviare una ricerca empirica che ha consentito di conoscere da
vicino la realtà sia di chi arriva in un paese diverso dal proprio,
portando con sé un passato di violenza, di guerra e di
19
negazione dei diritti, sia di chi si ritrova a dover accogliere
queste persone, con tutte le conseguenze, positive e negative,
che una scelta del genere può comportare, soprattutto per una
comunità di quasi 3400 abitanti (secondo i dati ufficiali)
4
quale
è quella badolatese. Gli ultimi capitoli di questo lavoro sono,
dunque, dedicati all’analisi degli avvenimenti che hanno visto
Badolato al centro dell’interesse di politici, giornalisti e
associazioni per l’alto valore umano di un progetto che a lungo
è stato indicato come il più originale in materia di accoglienza
ai rifugiati e che per questo è stato indicato da numerose
autorità, istituzionali e non, come un esempio da seguire e da
cui imparare che la convivenza è sempre possibile: basta solo
volerlo. Infine, non ci si poteva esimere dall’ascoltare la storia
dell’esilio proprio da chi questa storia l’ha vissuta direttamente;
così, l’ultima parola è stata data ai rifugiati. Quest’ esperienza
ha dato un valore aggiunto a questa tesi, facendola diventare un
momento di riflessione interiore che ha portato ad una crescita
personale e ad un arricchimento che non si limita alle semplici
competenze.
4
Secondo i dati dell’ISTAT la popolazione residente al 31 dicembre 2002
era di 3389; in base alle dichiarazioni ufficiose di gran parte delle persone
intervistate, però, questa cifra si attesterebbe molto al di sotto, superando
appena la quota dei 1000 abitanti residenti. Sulla veridicità di queste
dichiarazioni, però, non è stato possibile reperire alcuna prova, dunque si
considererà valido il dato ufficiale.
20
Le tecniche di rilevazione
L’attività di ricerca empirica è stata condotta
attraverso l’utilizzo di diverse tecniche di rilevazione dei dati.
Infatti, proponendo una forma d’accoglienza senza precedenti
per affrontare il problema dei disperati che erano arrivati a
cercare rifugio nel paese, inevitabilmente il caso di Badolato ha
visto coinvolte in questa scelta numerose parti in causa. Così, si
è preferito utilizzare una tecnica diversa per ogni categoria di
soggetti che si è ritenuto opportuno dover ascoltare:
l’amministrazione comunale che si è trovata a dover
decidere sul da farsi nel dicembre del ’97 e, nella fattispecie,
l’ex sindaco di Badolato e la sua controparte politica
5
;
la responsabile del CIR di Badolato;
gli abitanti del paese;
infine, i rifugiati che, essendo inseriti nel PNA, vivono
attualmente lì.
5
In realtà si tratta di un’opposizione politica “morale”, se così può essere
definita, dato che Pasquale Andreacchio non è riuscito a farsi eleggere come
rappresentante della minoranza nell’Amministrazione di Badolato.
21
Per quanto riguarda l’ex sindaco
6
, Gerardo Mannello,
Pasquale Andreacchio, suo oppositore, e la responsabile del
CIR di Badolato, Daniela Trapasso, sono state realizzate tre
distinte interviste focalizzate
7
. Le prime due hanno avuto lo
scopo di indagare la storia per la quale Badolato è diventato un
caso, ossia il progetto di accoglienza ai kurdi partito nel 1998,
e pertanto riguardano, in un certo senso, il passato; la terza,
invece, si concentra sulla situazione attuale, con riferimento sia
all’andamento del progetto sia ai rifugiati, non più di etnia
kurda, che vivono nel paese, pertanto riguarda il presente. Per
ciò che concerne l’ex sindaco, si è cercato di indagare
soprattutto le motivazioni che lo hanno spinto a prendere una
decisione così importante e così rischiosa come quella di
offrire le abitazioni del proprio paese a delle persone verso le
quali il più delle volte si hanno reazioni di sospetto e di
biasimo; inoltre, la sua percezione rispetto alle reazioni avute
da parte dell’opposizione politica e da parte dei cittadini,
coinvolti direttamente da quella sua scelta considerato che le
case da mettere a disposizione dei rifugiati erano proprio le
loro. Con riferimento a Daniela Trapasso, si è cercato di
6
Allo stato attuale, Badolato è sotto il mandato di un Commissario esterno,
il dott. Sebastiano Cento, della Prefettura di Catanzaro. È stato comunque
sempre Gerardo Mannello a promuovere, nel 1997, il progetto
d’accoglienza che ha fatto sì che Badolato diventasse l’oggetto d’interesse
di questa tesi.
7
Le sbobinature di tali interviste vengono riportate per intero in appendice.
22
analizzare l’operato del CIR a Badolato; la sua visione
dell’andamento delle cose per i rifugiati in generale e per quelli
che vivono nel piccolo centro calabrese in particolare; inoltre,
il grado d’integrazione da essa percepito tra gli ospiti del PNA
e gli abitanti del paese. Tali interviste hanno avuto luogo, la
prima nel mese di settembre 2003, mentre la seconda a luglio
dello stesso anno. Infine, l’incontro fortuito con Vincenzo
Gallelli
8
, durante la somministrazione dei questionari ai
cittadini, ha fatto apparire in tutta la sua evidenza la necessità
di sentire anche l’opinione di Pasquale Andreacchio sulla
questione dei rifugiati a Badolato, il che avrebbe consentito di
avere una visione d’insieme, e quindi più chiara, di tutta la
storia. L’intervista, svoltasi nel dicembre 2003, ha portato a
risultati particolarmente interessanti, che in qualche modo
offrono una versione del tutto inattesa della storia, a tratti
stravolgendo completamente il contesto in cui si è svolto il
progetto di accoglienza ai kurdi a Badolato.
Con riferimento ai cittadini di Badolato, per registrare
le loro opinioni in riferimento alla particolare situazione che
caratterizza il loro paese, è stato utilizzato un questionario
strutturato
9
. Esso prevedeva domande sulla valutazione e
approvazione della scelta effettuata dall’ex sindaco; domande
8
Dirigente della DS di Badolato, ma con nessun ruolo all’interno
dell’Amministrazione comunale.
9
Anche questo è inserito nell’appendice alla fine del testo.
23
relative alla loro conoscenza della situazione dei rifugiati che
vivono a Badolato, sia dal punto di vista della presenza
numerica, che da quello della religione da loro praticata, della
loro provenienza geografica, della loro condizione abitativa,
legale, occupazionale, ecc.; inoltre, tutta una serie di domande
mirate a registrare l’effettiva accettazione dei rifugiati da parte
dei badolatesi. Nella parte finale del questionario, poi, sono
state inserite le domande relative ai dati personali degli
intervistati e, infine, quella che serve a controllare la principale
ipotesi di questo lavoro, ossia che l’ospitalità manifestata nei
confronti degli stranieri immigrati presenti a Badolato sia stata
determinata da un’immedesimazione dei cittadini stessi nella
loro situazione, dovuta all’aver vissuto in prima persona o,
comunque, dall’aver avuto qualcuno nella propria famiglia, con
un’esperienza di emigrazione alle spalle. Il questionario così
costruito è stato somministrato ad un campione di 150 abitanti,
84 maschi e 66 femmine, tra i 13 e gli 86 anni, per la maggior
parte nati e vissuti a Badolato. La somministrazione è stata
condotta “a valanga” nel periodo settembre-novembre 2003.
Infine, per quanto concerne i rifugiati, si è scelto di
dare la parola alle esperienze. Per farlo, si è stabilito un
incontro unico con 6 dei 16 rifugiati facenti capo al Programma
24
Nazionale Asilo attivo a Badolato
10
: con loro, tutti ragazzi tra i
28 ed i 35 anni provenienti dalla Repubblica Democratica del
Congo e dal Togo, si è svolto un interessante colloquio col
quale si è cercato di risalire alla storia personale di ognuno.
Seguendo una scaletta che guidasse la conversazione, sullo
schema della tecnica del focus group, si è cercato di toccare il
maggior numero possibile dei tratti salienti della loro
esperienza, tentando di ricostruire in un contesto sereno e
amichevole le vicende e le motivazioni che li hanno spinti ad
abbandonare il proprio paese, nonché la loro condizione attuale
all’interno del contesto badolatese. Questo tipo di approccio è
sembrato il più idoneo per cercare di ottenere delle
informazioni di importanza e valore inestimabile, senza però
correre il rischio di risultare invadenti. Inoltre, la
contemporanea presenza di altre persone con la stessa
esperienza alle spalle, nonché di persone con le quali si
continua a condividere la stessa condizione, ha consentito di
condurre la conversazione in un clima amichevole che ha reso
più facile parlare anche di argomenti delicati. L’incontro è
avvenuto nel dicembre del 2003.
10
Svariate complicazioni hanno reso impossibile parlare con gli altri ragazzi
attualmente residenti a Badolato.
25
Tutte queste tecniche sono servite a studiare il “caso
Badolato” sotto tutti i punti di vista che lo caratterizzano,
portando a dei risultati che, senza nessuna pretesa di
completezza o di generalizzazione, possono però costituire un
punto di partenza per chi, come me, fosse interessato ad
approfondire le dinamiche di un fenomeno che coinvolge
sempre più persone, che siano esse quelle che arrivano o quelle
che accolgono.