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Introduzione
Questa tesi si propone di analizzare il riformismo in epoca coloniale durante gli ultimi anni
della dinastia Qing in Cina, il movimento dei Cento Giorni del 1898 e le riforme dell’ultimo decennio,
le riforme Xinzheng, nel periodo dal 1898 al 1911. Il periodo analizzato è di particolare interesse dal
punto di vista non solo istituzionale ma anche culturale, poiché in quegli anni ebbero luogo enormi
cambiamenti in Cina. La civiltà cinese è una delle più antiche esistenti al mondo e i cambiamenti che
ebbero luogo in un periodo così breve furono senza precedenti nella lunga storia dell’impero cinese.
La quantità di studi storiografici disponibili in lingua italiana sul tema è minima, perciò
abbiamo dovuto orientare la ricerca su materiale in inglese e in cinese semplificato. Di estrema
importanza è stato il lavoro di Meribeth E. Cameron, specialmente per la cronaca storica dei primi
due capitoli, mentre per il terzo capitolo abbiamo utilizzato principalmente l’opera di Peter Zarrow
relativa alle ideologie dei principali riformisti dei due movimenti della tarda epoca Qing. Il testo di
Santangelo L’Impero del mandato Celeste ci ha fornito un’ottima base di partenza per un’analisi più
approfondita di dove i cambiamenti istituzionali hanno inciso di più. Una lettura stimolante è stata
inoltre quella di Hsü, Zhongguo jindaishi – 1600-2000: Zhongguo de fendou. Altre problematiche
più specifiche che hanno fornito importanti spunti di riflessione sono state reperite in articoli di riviste
specializzate in storia della Cina.
Nel primo capitolo descriviamo brevemente la situazione della Cina dei Qing alla fine del XIX
secolo, introducendo il quadro storico che fece da cornice al movimento dei Cento Giorni, così
chiamato perché durò effettivamente 104 giorni. In quel periodo al trono vi era l’imperatore Guangxu,
strettamente sorvegliato però dalla zia, l’Imperatrice Vedova Cixi. Questa divisione informale del
potere fu una delle cause principali del fallimento delle riforme dei Cento Giorni, assieme
all’ostruzionismo esercitato dal movimento conservatore a corte e dai funzionari provinciali. Kang
Youwei e i giovani riformisti, così come l’altrettanto giovane imperatore, non disponevano inoltre
dell’esperienza politica necessaria per la gestione della corte cinese. Fra le altre cause che hanno
portato al fallimento dei Cento Giorni vi è anche la volontà del giovane imperatore di eliminare
sinecure e privilegi esclusivamente mancesi: fu questo il passo falso dell’imperatore che portò al
colpo di stato dell’Imperatrice Vedova.
Il fallimento delle riforme, interrotte improvvisamente da Cixi nel settembre del 1898, ebbe un
ruolo cruciale nella nascita di una nuova sfera sociale, la nuova intelligencija cinese. Il colpo di stato
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attuato da Cixi con il supporto della fazione conservatrice a corte e il “martirio” dei liu junzi
1
furono
alla base di proteste popolari che diedero voce al sentimento anti-mancese, nazionalista e xenofobo
che dilagava in Cina. La rivolta dei Boxer del 1900 segnò una rottura con il passato e portò
l’Imperatrice Vedova ad iniziare un nuovo movimento di riforme. Abbiamo infine tracciato i contorni
dello stato imperiale Qing all’indomani delle riforme del 1898.
Nel secondo capitolo analizziamo nel dettaglio le riforme portate avanti da Cixi e dai “nuovi”
riformisti, specialmente quelle in ambito educativo, militare e istituzionale. Nello stesso periodo fu
portata avanti una campagna contro l’oppio, ma questo aspetto non incise particolarmente sul governo
e lo abbiamo quindi escluso da questa analisi. In campo educativo le due maggiori novità furono
l’abolizione del sistema di esami imperiali e l’istituzione di un sistema scolastico nazionale. Il sistema
di esami, vecchio di più di mille anni, svolgeva la funzione di selezione del personale della burocrazia
imperiale. Tradizionalmente gli esami imperiali si basavano sulla conoscenza dei canoni confuciani,
i Sishu wujing
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, e permettevano l’ingresso nell’apparato burocratico imperiale. Conoscenza e
prestigio erano stati quindi associati per secoli e la massima aspirazione di una famiglia benestante
era quella di poter pagare l’educazione privata per il proprio figlio, in modo che accedesse al sistema
istituzionale. Nonostante non fosse una misura originariamente prevista, l’abolizione degli esami
statali fu anch’essa figlia dell’entusiasmo che pervase la Cina quando il Giappone Meiji, all’epoca
una monarchia costituzionale, vinse la guerra contro la Russia zarista nel 1904-5. La creazione di un
sistema scolastico nazionale, seppur non obbligatorio, rese la scolarizzazione più disponibile per
molte famiglie che non potevano permettersi di pagare un tutore privato. Il sistema incorporò una
forte componente tradizionale, data la preminenza degli studi confuciani nel curriculum,
affiancandola a nuove discipline di carattere più tecnico e scientifico importate dall’Occidente. La
mancanza di fondi portò la dinastia regnante ad affidare il compito di costruire nuove scuole ai
governatori generali, provinciali e locali, facendo sì che la buona riuscita di questo progetto venisse
pregiudicata anche dall’ostruzionismo esercitato da parte di questi ultimi.
1
Come vedremo più avanti, i “Sei Nobili” riformisti che vennero giustiziati sommariamente dall’Imperatrice
Vedova all’indomani del suo coup d’état.
2
I Cinque Classici (Libro dei mutamenti, Classico dei versi, Classico dei documenti, Libro dei riti e Annali delle
primavere e degli autunni) e i Quattro Libri (Grande studio, Giusto mezzo, Dialoghi e Mencio) sono opere
fondamentali della letteratura cinese classica. I Quattro Libri illustrano i valori principali del Confucianesimo e
furono selezionati come testi principali per la preparazione agli esami imperiali dalle dinastie Ming e Qing. I Cinque
Classici, parte anch’essi del canone confuciano, furono istituiti come testi base per gli esami già durante la dinastia
Han Occidentale.
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A livello militare furono fatti numerosi sforzi volti alla modernizzazione e riorganizzazione sia
dell’esercito che della marina militare, e per la prima volta l’appartenenza all’esercito acquistò un
nuovo prestigio a livello sociale. Non esisteva tuttavia un vero e proprio esercito nazionale e
nuovamente l’incarico di formarne uno fu lasciato ai governatori generali. In questo ambito si distinse
Yuan Shikai, comandante dell’esercito Beiyang, il più moderno e potente che l’impero potesse
vantare all’epoca. La mancanza di fondi pregiudicò la buona riuscita del piano estremamente
ambizioso disegnato dalla corte imperiale. Infine la politica di nepotismo attuata dal principe Chun
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contribuì ad abbassare ulteriormente il morale delle armate.
Le riforme istituzionali costituirono senza dubbio l’opera più imponente dell’ormai anziana
Cixi. Oltre alla riorganizzazione dei tradizionali Sei Consigli in più Ministeri dai doveri più
circoscritti, vennero introdotti cambiamenti epocali quali l’eliminazione del divieto di matrimonio fra
mancesi e cinesi, l’abolizione del sistema di eunuchi e di alcune sinecure (quest’ultima misura ebbe
tuttavia gli scarsi risultati prodotti dai tentativi dei Cento Giorni). Anche in questo ambito la vittoria
del Giappone sulla Russia ebbe importantissime ripercussioni, dato che nel 1905 la dinastia annunciò
l’adesione dell’impero ai principi del costituzionalismo. I preparativi per una costituzione e per il
parlamento vennero saggiamente rimandati nel tempo poiché la popolazione cinese non era in grado
di praticare l’autogoverno. Nel mentre vennero ordinati il riordino fiscale e l’ottimizzazione degli
uffici amministrativi, ma queste misure non ottennero i risultati sperati dato l’ostruzionismo praticato
dalla burocrazia provinciale e locale: la mancanza di centralizzazione e di controllo da parte del
governo centrale, che così a lungo aveva permesso la sopravvivenza di fenomeni di corruzione e
parassitismo, costituirono fattori determinanti nel fallimento delle riforme Xinzheng, assieme allo
stato di mancanza di fondi permanente nel quale la Cina versava sin dalla seconda metà del XIX
secolo
4
.
Nel 1909 vennero inaugurate le assemblee deliberative provinciali e l’anno successivo si tenne
la prima sessione dell’Assemblea Nazionale. Questi organi, seppur fortemente limitati dai
regolamenti imperiali, non si limitarono all’agenda proposta loro dal principe Chun, bensì
presentarono petizioni e fecero pressione a corte affinché fossero istituiti un parlamento e una
costituzione nel futuro più immediato, altrimenti programmati per il 1917. Guidate principalmente da
studenti tornati in patria dopo un periodo all’estero ed esposti alle idee radicali e rivoluzionarie, le
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Il principe Chun salì al trono come reggente dopo la morte dell’imperatore Guangxu e dell’Imperatrice Vedova
Cixi.
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La Prima e la Seconda guerra dell’oppio, assieme ai conflitti e alle ribellioni interne, condannarono la dinastia
imperiale a indebitarsi al fine di pagare pesanti indennità di guerra alle potenze occidentali per buona parte del XIX
secolo e anche durante l’inizio del XX.
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assemblee provinciali e quella Nazionale furono importanti agenti nel processo di agitazione
dell’opinione pubblica. In questo ambito fu altrettanto importante il giornale Shibao, fondato e gestito
dal costituzionalista Liang Qichao.
Viene naturale domandarsi che passaggio avvenne dal movimento di auto rafforzamento,
parzialmente di successo e parzialmente fallito, ai Cento Giorni e infine alle riforme Xinzheng. Un
fattore di cambiamento fu sicuramente l’accettazione consapevole e senza riserve della superiorità
tecnica e militare dell’Occidente: mentre durante tutto il XIX secolo il movimento di “auto
rafforzamento” aveva proposto una soluzione “mutilata”, il XX secolo è palcoscenico della
penetrazione delle forme istituzionali, economiche e militari occidentali anche in Cina. La visione
sinocentrica del mondo adottata tradizionalmente dalle dinastie regnanti in Cina aveva sempre
osteggiato una maggiore apertura al mondo esterno. Per la prima volta in molti anni la dinastia
morente dovette fare i conti non solo con un mondo sconvolto e accelerato dall’industrializzazione e
dalla militarizzazione ma anche con una concezione totalmente nuova di stato. La “nazione-stato”
comportava anche una differente concezione di popolo e nazionalità: per la prima volta in Cina si
iniziò a parlare di “cittadino” invece che di “suddito”.
Questa analisi ci ha portato ad individuare alcuni elementi costanti nel periodo preso in
considerazione. L’ampiezza stessa dell’apparato burocratico, data l’estensione geografica della Cina,
rappresentava un ostacolo all’applicazione degli ordini e delle riforme provenienti dal governo
centrale. La mancanza di centralizzazione creava indirettamente un ampio margine di manovra per le
autorità provinciali, incoraggiate anche dal fatto che molti ambiti amministrativi non erano
chiaramente regolamentati, come nel caso delle finanze pubbliche. L’attuazione di pratiche di
nepotismo e favoritismo nei confronti dei membri della famiglia reale, unita al trattamento di favore
di cui già godevano i sudditi mancesi, aggravò la situazione di malcontento popolare.
La mancanza di fondi pregiudicò la riuscita delle riforme Xinzheng, causata sia dalle indennità
di guerra dovute alle potenze occidentali sia alla corruzione dilagante nella burocrazia cinese. Come
in una sorta di circolo vizioso, più il governo tentava di controllare le province e più queste ultime le
sfuggivano, perpetrando fenomeni e abitudini che avevano condotto la Cina del XX secolo a una
situazione di necessità impellente di riforme. Un aumento delle tasse avrebbe portato a un accresciuto
malcontento nei confronti della dinastia mancese e sarebbe stata molto probabilmente una mossa
inutile data la mancanza di controllo sul gettito fiscale e le frequenti pratiche di estorsione da parte
delle autorità provinciali e locali. La retorica nazionalista in primis e poi quella rivoluzionaria fecero
particolarmente leva sul processo di alienazione dalla dinastia “esterna” mancese. In questo senso i
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rivoluzionari consideravano il rovesciamento della dinastia come la nemesi storica dei mancesi,
sempre più considerati dei parassiti che vivevano nel lusso grazie al lavoro dei cinesi
5
.
Ad ogni modo non fu solo questa la causa del crollo dell’impero e della progressiva erosione
del sistema confuciano tradizionale. Il contatto con l’Occidente comportò anche la penetrazione di
nuove dottrine e ideologie. La guerra sino-giapponese prima e la vittoria del Giappone nella guerra
russo-giapponese dopo ebbero un ruolo fondamentale nell’inizio e nel cambiamento del processo di
riforme che avvenne nelle ultime due decadi della dinastia Qing. Possiamo dunque considerare come
momenti essenziali di cambiamento il 1898 (con le riforme dei Cento Giorni), il 1900 (con la Rivolta
dei Boxer e la guerra che ne scaturì), il 1905 (con la vittoria del Giappone nella guerra con la Russia)
e infine il 1909 (dopo la morte di Cixi e di Guangxu, l’ascesa al trono del principe Chun e
l’inaugurazione delle assemblee provinciali).
5
Ai cittadini mancesi era proibito svolgere attività legate alla coltivazione della terra, all’artigianato e al commercio;
essi godevano inoltre di benefici fiscali e giudiziari.
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Capitolo I: la Cina del XIX secolo, le riforme dei Cento Giorni e la
rivolta dei Boxer
1.1 Dalle guerre dell’oppio al trattato di Shimonoseki
Alla fine del XIX secolo l’Impero di Mezzo, la grande potenza asiatica dalla storia e cultura
millenarie, aveva dovuto confrontarsi con l’Occidente e con la sconfitta, nel 1894-5, per mano del
vicino Giappone, sino ad allora considerato un piccolo stato tributario dalla scarsa importanza
6
. Al
volgere del secolo, le potenze occidentali, il Giappone e la Russia zarista si erano già conquistate
terreni e benefici commerciali all’interno del territorio cinese.
La gigantesca macchina governativa guidata dalla dinastia mancese Qing era ormai in declino,
sempre più corrotta ed estranea a un popolo composto maggiormente da cinesi di etnia han. I
sentimenti anti-mancesi andavano diffondendosi sempre più, specialmente dopo la ribellione dei
Taiping e a seguito della dimostrazione ripetuta dell’incapacità della dinastia nel gestire le relazioni
estere con le potenze europee. La rivolta dei Taiping scoppiò nel 1850 fra i cinesi Hakka
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nelle regioni
del Guangdong e del Guangxi, durò 14 anni e provocò la morte di 20 milioni di persone. Il leader
della rivolta, Hong Xiuquan, si proclamò il figlio di Dio e accusò la dinastia Qing e il confucianesimo
di essere la causa di tutti i mali che affliggevano la Cina
8
. Il popolo cinese, che tradizionalmente si
considerava il centro dello spazio politico globale, aveva subito sempre più offese e umiliazioni dagli
occidentali: insieme al sentimento anti-manciù si allargava come una macchia d’olio anche l’odio per
i “diavoli stranieri”.
Prima del breve movimento riformista del 1898 vi furono altri tentativi di modernizzare la
Cina come, ad esempio, il “movimento di auto rafforzamento”.
1.1.1 La guerra sino-giapponese e il “movimento di auto rafforzamento”
Il “movimento di auto rafforzamento” (in cinese ziqiang yundong, “movimento [per]
rafforzare se stessi”) iniziò nel 1861, subito dopo la Seconda guerra dell’oppio. Questo movimento
nacque come movimento riformista di stampo conservatore in risposta all’umiliazione nella sconfitta
6
Meribeth E. Cameron, The Reform Movement in China: 1898-1912, New York, Ams Press, 1974, p. 9.
7
Gruppo migrante la cui presenza si concentra principalmente nel Sud della Cina.
8
Jonathan Fenby, The Penguin History of Modern China: The Fall and Rise of a Great Power, 1850-2008, Londra,
Penguin Group, 2008, pp. 19-20.