Diviene necessario esaltarne l‘individualità e liberarla dai
vincoli che il diritto tradizionale le imponeva.
Si è così pervenuto a quell’intenso processo di codificazione
dello statuto personale, della famiglia e delle successioni che ha
rappresentato sicuramente, alla luce della recente novella
marocchina, lo strumento principe di un processo di
modernizzazione della regolamentazione dei rapporti personali e
patrimoniali fra i coniugi. Quest’ultima, fra luci ed ombre,
avrebbe dovuto rappresentare la cartina tornasole dell’evoluzione
delle società islamiche verso modelli giuridici, politici e
sociali tendenzialmente prossimi alla ricezione degli
indefettibili principi internazionali in tema di diritti umani e
libertà fondamentali. In questo quadro, la presente trattazione si
propone così di approntare risposte il più possibile dettagliate
ad ineludibili quesiti: la riforma del diritto di famiglia
(Mudawwana) rappresenta una “rivoluzione” del sistema giuridico e
sociale del paese? Quali sono gli elementi di continuità - e quali
quelli di discontinuità- rispetto alla tradizione sciariaitica
della recentissima esperienza di novellata codificazione nella
medesima materia da parte del Regno del Marocco? il paese ha
recepito le dottrine moderniste (di stampo occidentale) ed ha
intrapreso così la via della secolarizzazione, varando una tra le
legislazioni più avanzate del mondo arabo nell’ambito del diritto
di famiglia
1
.
1
Solo in Tunisia è stato emanato uno statuto simile, che risale al 1956.
5
Il Re, inoltre, si è sempre preoccupato di presentare le riforme
in un quadro religioso, nel tentativo di non provocare una rottura
netta del diritto positivo con il diritto musulmano, conciliando
così entrambe le esigenze. Redigendo un codice d’ispirazione
religiosa ma, al tempo stesso moderno, integrandolo con alcuni
principi fondamentali attraverso una rilettura in chiave
modernista della Shari’a. Si tratta, dunque di un progetto
innovatore che indurrà cambiamenti fondamentali nella struttura
della famiglia marocchina e nello status sociale delle donna.
6
NOTA DI TRASCRIZIONE
La corrispondenza tra le lettere dell’alfabeto arabo e le lettere
dell’alfabeto latino è regolata dai criteri di traslitterazione
scientifica riportati di seguito nella tabella di trascrizione.
Per i nomi di persone e di luoghi geografici citati nel testo e
nelle note non ci siamo attenuti alla traslitterazione
scientifica, preferendo l’utilizzo della trascrizione comunemente
usata.
TABELLA DI TRASCRIZIONE
ا A
ب B
ت T
ث Th
ج J
ح H
خ Kh
د D
ذ Dh
ر R
ز Z
س S
ش Sh
ص S
ض D
ط T
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ل L
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ن N
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H
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W
7
CAP 1)
LE FONTI DEL DIRITTO IN MAROCCO
1.1 L’Islam: e il concetto di Shari’a
Il Marocco
2
è l’unica monarchia del continente africano ed è
l’unico paese maghrebino a non aver mai fatto parte dell’Impero
Ottomano
3
. Occupato dal popolo berbero
4
nella metà del XI secolo,
l’islamizzazione e l’arabizzazione del paese giunge solo nel XVII
secolo con la conquista degli arabi e con la conseguente
instaurazione nel regno di un diritto musulmano malichita
5
. Le
fonti del diritto scritto si basavano sull’interpretazione della
shari’a
6
, la cui conoscenza e applicazione era affidata al
2
Il nome ufficiale del Marocco e’ Al Mamlaka al-Maghribiya ossia Regno del Marocco. Nel corso della prima metà
del settimo secolo (primi decenni della rivelazione dell’islam) si chiamava “Mauritania tengitana” romana; caduta
nell’oblio dall’alba del 4 secolo era una terra dove regnava la confusione e disordini, tribu’ e regioni erano contese da
diversi poteri a causa della sopravvivenza di influenze romane e bizantine, e soprattutto a causa dell’esistenza di una
confusione religiosa indescrivibile: culti naturalisti, tradizioni animiste, divinita’ romane, cartaginesi, confessioni
diversi. Nessun potere centrale che garantisce la stabilita’, la coesione sociale e la sicurezza, poteva emergere da una
tale situazione di confusione delle menti e delle credenze. La disgregazione sembrava essere la via fatale e l’unita’, un
bisogno cosi’ imperioso, sembrava impossibile poiche’ le condizioni preliminari indispensabili erano inaccessibili vale
a dire una solo e unica dottrina religiosa riunendo le menti e codificando i comportamenti degli individui e dei gruppi.
(M.I. LAPIDUS, A.Histoy of islamic Societies, Cambridge University Press, Cambridge, 1988 , trad. it. Storia delle
societa’ islamiche .II. La diffusione dell’islam, ed. Einaudi, Torino, 2000; B. LEWIS, Studies in Classical and Ottoman
Islam, ed. Variorum Reprints, London, 1970).
3
A differenza degli altri paesi del Maghreb che dal XIV secolo che divennero parte integrante della potenza musulmana
dell’Impero Ottomano, un regno in grado di sottomettere i territori mediterranei compresi tra il Marocco e i Balcani,
oltre ai paesi del Caucaso e parte del sud est asiatico, fino a giungere all’ultimo assedio di Vienna del 1683. Seppero
trovare nella religione islamica una fonte di legittimazione determinante del proprio potere: la conquista e l’espansione
rispondevano al dovere di diffondere l’islam. (LAPIDUS, A. History of Islamic Societies, cit., p. 28 della trad. it).
4
Ovvero “uomini della terra” restarono impassibili di fronte alla colonizzazione dei fenici e anche dopo il saccheggio di
Cartilagine da parte degli antichi romani nel 146 a.C. non modificarono molto il loro stile di vita.
5
Nell’Islam e’ insita una stretta connessione fra pensiero teologico e pensiero giuridico; ciò portò alla nascita nel
mondo sunnita di quattro grandi scuole di elaborazione giuridico-dottrinale. La Scuola Hanafita - è quella più seguita e si
contraddistingue per del ricorso al ragionamento analogico; Shafi’ita è la scuola più rigida decadenza ma trova ancora
applicazione ad esempio in Arabia saudita, Hanbalita respinge l’uso del qiyas, è la scuola più rigida appare in
decadenza ma trova ancora applicazione ad esempio in Arabia saudita e Malikita quest’ultima da Malik ibn Anas (795
d.c), originario di Medina. La scuola Malikita si basa prevalentemente sulla sunna e sul rilievo dato alle intenzioni su
cui poggia ogni singola azione, sul consenso dei sapienti (ijma) ed in particolare concede molta importanza ai costumi
(urf) e alle pratiche locali (es. culto dei marabutti) essa fu un fattore unificante.
6
Il vocabolo arabo shari’a significa metaforicamente “via (diretta) rivelata da Dio”. In questo senso ha una triplice
eccezione ed indica in senso lato la via, vale a dire la legge religiosa, comprendente dogmi, riti, precetti morali e
giuridici, rivelata ad ebrei, cristiani e musulmani. In questo senso nel Corano (sura XIII, 15 e V, 48) ricorrono sia il
8
‘quadi’
7
, giudice monocratico che era tenuto a chiedere il parere
dei ‘fouquahà (religiosi); costui partecipa attivamente all’opera
di elaborazione-creazione del diritto, contribuendo a mitigare la
rigidità della legge rivelata e a dare risposta a quelle esigenze
concrete della società. Il quadi non “produce giurisprudenza”
8
, a
differenza del giudice moderno, che svolge funzione di indirizzo
all’interno dell’ordinamento giuridico
9
. La prima tra le fonti del
faqih (sing. ‘fouquahà) è il Corano (qur’an)
10
, considerato la
fonte suprema della legge e la Sunnah
11
, ossia, la condotta del
Profeta.
verbo sia un sostantivo analogo. In senso meno ampio è la via rivelata ai soli musulmani e quindi riguardante sia il foro
interno che esterno. Con questo significato piu’ ristretto ricorre unicamente nel Corano (sura XLV,18). In senso stretto
e’ la via o la “legge religiosa” rivelata ai soli musulmani per regolare i suoi obblighi giuridici. La shari’a come diritto
della comunita’ musulmana viene spesso paragonata al diritto canonico, ma a differenza di quest’ultimo essa appare
interamente rivelata e quindi immutabile. In via di principio la shari’a si considera autosufficiente per cui non giustifica
(anche se entro certi limiti lo tollera) un secondo diritto, laico, che completi l’organizzazione della società. (Cfr. R.
SACCO, Diritti stranieri e sistemi di diritto contemporaneo, in Enc. Giur.Treccani, XI, Roma, 2001; ed ivi dottrina
citata. Si veda inoltre la traduzione del Corano di A. BAUSANI, Il Corano, Milano, 1994).
7
L’amministrazione della giustizia, in quanto competenza del sovrano delegata al qadi, mantiene quel carattere
religioso che legittima lo stesso potere politico:questo da un lato comporta difficolta’ di svolgere autonomamente dal
potere politico stesso funzioni giudiziarie, dall’altro permette al giudice di rivestire un ruolo di assoluta preminenza in
seno alla societa’. (YADH BEN ACHOUR, Giudici, giustizia e diritto nella tradizione arabo-musulmana, ed.
Giappichelli, 2005, pg. 103)
8
Come affermato anche dal giurista Jahel: « Il est vrai qu’il y a eu des fuqaha ‘ juges fuqaha comme Abou-Youssouf qui
a ete Kadi al Kudat a’ Baghdad, mais les decisions rendues par les kadis, fuqaha’ ou nonm n’ont jamais eu valeur de
jurisprudence ». ( S. JAHEL, Les cours judiciares supremes dans le monde arabe, ed. Bruyalant, Bruxelle, 2001, pp. 17-
36).
9
Il giudice moderno si trova in presenza di un sistema giuridico che contiene elementi differenziati, risalenti sia al
diritto musulmano classico, sia al diritto moderno, il giudice di vede costretto a mediare tra i due repertori giuridici: uno
tradizionale e uno moderno. Ad esempio, in materia di diritto del lavoro,di relazioni commerciali e professionali, il
giudice ricorre alla legge positiva, alle convenzioni internazionali, al diritto comparato. Ma in materia di statuto
personale il giudice si allontana dalle disposizioni della legge dello stato, ignora le convenzioni internazionali in materia
di diritti umani e si rifa’ quasi esclusivamente alla legge religiosa musulmana, anche nel caso in cui questa contraddica
quanto stabilito dalla legge positiva statale. (YADH BEN ACHOUR, op. cit., pg. 111) .
10
Formato da 144 capitoli o suwar suddivisi in versetti, e disposti in un ordine che non e’ quello della cronologia. Dei
6200 versetti del Corano 500 contengono regole giuridiche., esso non e’ un codice di leggi, ma una raccolta assai
disordinata di precetti morali, di esortazioni, di racconti biblici in mezzo alle quali troviamo varie disposizioni di ordine
giuridico.(R. SACCO, A. GAMBARO, Sistemi giuridici comparati , ed. Utet, 2002, pg. 474).
11
Per integrare il corano il principale punto di riferimento e’ la tradizione, intesa come tutto quello che riguarda la vita
del profeta e dei suoi primi compagni. Il suo comportamento, i suoi assensi taciti, le sue azioni, i suoi silenzi, le sue
parole compongono la sunna e diventano norma, giacche’ la sua vita pur essendo la vita di un uomo, e’ considerata
ispirata alla divinità. Tutto ciò e’ ricostruito attraverso i racconti contenuti nei cosiddetti hadit, scritti tra l’870 e il 915.
9