1
INTRODUZIONE
Un vero e proprio dibattito sul diritto penale non si può dire presente nei discorsi di
filosofi e giuristi prima del XVIII secolo
1
. Solo a partire da allora il diritto penale
assume piena coscienza di sé, se non come scienza, almeno come «complesso
organico di problemi da sottoporre a critica revisione filosofica
2
». Non era mancata
in precedenza una riflessione filosofica sulla pena, ma questa era sempre stata
indagata dando per scontata la necessità e il carattere di strumento nelle mani dello
Stato, senza affrontare la radice della questione, senza domandarsi, cioè, se
veramente questo istituto fosse necessario, ed eventualmente per quali ragioni
3
: la
pena era concepita come un «fenomeno quasi biologico
4
» e non come una categoria
giuridica.
Il “problema penale
5
” in questo contesto storico, si presenta in una serie di
interrogativi a cui i filosofi cercano di dare risposta per elaborare una coerente teoria
della pena; interrogativi che costituiscono in buona misura il nucleo del diritto penale
anche successivo.
Le problematiche affrontate possono essere così sintetizzate: esiste in capo a qualche
soggetto un diritto di punire, cioè di infliggere un male ad un altro soggetto sulla
base di un’azione o di un modo di essere di quest’ultimo? Se esiste, a chi appartiene?
Accertato a chi appartenga, nei confronti di chi si esercita? Quali punizioni sono
1
Cfr. M.A. CATTANEO, La filosofia della pena nei secoli XVII e XVIII, Ferrara 1974. Pagg. II-III.
2
G. BETTIOL, Il problema penale, Palermo 1948, pag. 20.
3
Cfr. M.A. CATTANEO, op. cit., pag. II.
4
D. MELOSSI- M. PAVARINI, Carcere e fabbrica. Le origini del sistema penitenziario, Bologna
1977, pag. 22.
5
G. TARELLO, Il problema penale nel secolo XVIII in Idee e atteggiamenti sulla repressione penale.
Materiali per una storia della cultura giuridica a cura di G. TARELLO, Bologna 1975.
2
lecite? Quali azioni o modi di essere possono essere assunti come presupposti di un
diritto di punire? Esiste un rapporto naturale tra diritto di punire e modo di essere
puniti? Se sì, quale tipo di rapporto? Come si eseguono le punizioni?
6
Le ragioni per cui solo in questa fase storica si pone l’attenzione sulle problematiche
indicate, e i nuovi termini in cui questo avviene dipendono in primo luogo, dal
carattere pragmatico della filosofia illuminista, interessata non tanto a conoscere e
interpretare il mondo, quanto a realizzare una riforma delle istituzioni sociali,
politiche e giuridiche
7
. Accanto a queste deve essere poi sottolineata la cosidetta
«secolarizzazione della legislazione penale
8
».
Fino a tutto il XVII secolo, gran parte dei comportamenti ritenuti meritevoli di
repressione penale trovavano un fondamento in regole religiose, ciò in special modo
nei paesi cattolici, dove l’elaborazione delle figure criminose era avvenuta per lo più
nell’ambito del diritto canonico e si era largamente esplicata l’attività dei tribunali
della Santa Inquisizione
9
. La pena veniva quindi ad identificarsi con l’ espiatio di un
castigo divino
10
.
I sistemi di repressione avevano trovato giustificazione e consenso popolare proprio
in ragione di tale identificazione; la situazione muta però nel XVIII secolo
11
. Le
ragioni di questo fenomeno possono rintracciarsi
12
nel sorgere di nuove regole
sanzionate penalmente, formulate da un nuovo centro di potere, ovvero il potere
politico accentrato, rappresentato dal monarca.
6
G. TARELLO, ivi., pag. 15 .
7
Cfr. M.A. CATTANEO, op cit., pag. III.
8
Ivi, pag. V.
9
G. TARELLO, op. cit., pag. 16.
10
D. MELOSSI- M. PAVARINI, op. cit.,pag. 22.
11
G. TARELLO, op. cit., pag. 16.
12
Ivi, pag. 16-17.
3
Procedendo su questo sentiero ricostruttivo, la reazione nei confronti della nuova
strutturazione del potere in ambito penale viene guidata in modo particolare dalle
organizzazioni chiesastiche, feudali e corporative
13
; vale a dire proprio i vecchi centri
di potere esautorati, i quali faranno leva sul consenso dei governati «quale indizio di
validità delle norme penali»
14
, nella convinzione che «il consenso delle masse
contadine superstiziose e feudalizzate si sarebbe rivolto al vecchio diritto penale
canonico»
15
.
Accanto a questa tendenza conservatrice si assiste però all’affermarsi di correnti
filosofiche che postulano un accentramento del potere, e la separazione tra diritto
divino e umano
16
. Quest’ultimo costituirà un principio cardine di tutta l’elaborazione
seicentesca e settecentesca, portando all’affermazione di un nuovo bene tutelato dalla
repressione penale: non più la fede religiosa o la salvezza delle anime, ma il potere
sovrano e il buon funzionamento dell’amministrazione statale
17
.
Si compie la fondamentale distinzione tra peccato e delitto, e l’affermazione di un
principio per cui sono «azioni meritevoli di punizione giuridica, da parte dello Stato,
soltanto le azioni esterne, che producono un danno alla società e ai suoi membri…I
delitti vengono puniti non a causa della loro intrinseca immoralità ma perché
mettono in pericolo la convivenza civile e violano i diritti altrui
18
».
Questo, è a grandi linee, il contesto culturale a cui deve farsi riferimento
nell’analizzare la teoria penalistica del filosofo inglese Jeremy Bentham, il quale
approfondirà, con i propri studi, la natura della pena e la sua giustificazione,
13
Ivi, pag. 17.
14
Ibidem.
15
ibidem.
16
Ivi, pag. 18.
17
Ivi, pag.19.
18
M.A. CATTANEO, op. cit., pag.VI.
4
indagandone le varie tipologie alla ricerca di quella più coerente con la funzione che
questa dovrebbe ricoprire. Bentham proporrà una risposta a interrogativi quali:
perché punire? sulla base di quali presupposti? con quali strumenti? secondo quali
principi? in scritti e momenti diversi della propria vita. La cospicua produzione e la
distanza temporale che separa alcune opere possono sollevare vari interrogativi sulla
coerenza del suo progetto di riforma penale, sui quali interrogativi è possibile far
luce solo partendo dall’analisi delle ragioni che spingono Bentham ad interessarsi al
diritto penale e inserendo la sua teoria penale all’interno della sua più generale teoria
filosofica.
5
CAPITOLO I
PRIME CONSIDERAZIONI DI BENTHAM INTORNO AL
PROBLEMA PENALE
1- Le origini dell‟interesse di Bentham per il diritto penale. La questione
sociale
È l’osservazione della società inglese del suo tempo a spingere Bentham ad
interessarsi in primo luogo a questioni sociali e criminologiche e solo in un secondo
momento ad elaborare una solida base teorico-filosofica che dia spiegazioni di
determinate scelte.
Il filosofo nasce a Londra nel 1748
19
; nella sua lunga vita (muore nel 1832)
attraversa uno dei periodi più intensa vitalità culturale e di modernizzazione della
storia inglese. La sua opera si inserisce a pieno nello spirito dei tempi presentandosi
come una vera e propria filosofia operativa della riforma
20
che prende le mosse dalla
situazione politica e culturale della sua epoca.
Non che Bentham possa essere etichettato in modo riduttivo come un sociologo, e la
sua opera come una semplice proposta di riforma sociale; il suo è un progetto di più
ampio respiro e spessore.
Se da un lato Bentham può essere considerato un riformatore attento a problematiche
politico-sociali, attivamente inserito nel contesto culturale dei riformatori del suo
19
Una biografia dettagliata di Bentham si trova nell’introduzione di E. Lecaldano in Introduzione ai
principi della morale e della legislazione, a cura di E. Lecaldano, Torino 1998.
20
M. RIPOLI, Il cambiamento possibile. Politica e società in Inghilterra tra Sette e Ottocento,
Genova 1995, pag. 9.
6
tempo, dall’altro egli è un teorico, che elabora una propria teoria filosofica con la
quale investe tanto il campo morale quanto quello giuridico.
In che misura questi due aspetti dell’opera di Bentham siano sempre in perfetta
sintonia è questione molto dibattuta; soprattutto è oggetto di accesa discussione la
coerenza del pensiero benthamiano in campo penale. Problematica è sempre risultata
la corrispondenza tra le affermazioni di principio circa natura e funzione della pena
e la proposta di riforma del sistema penitenziario letto come forma di attuazione
pratica di tali principi. Spesso il progetto per un nuovo sistema penitenziario è stato
interpretato come negazione di questi principi piuttosto che come loro coerente
applicazione pratica.
21
A qualunque soluzione si giunga, comunque, non è possibile non riconoscere questa
doppia natura dell’opera del filosofo inglese.
Questo lavoro si prefigge come scopo quello di mostrare come lo studio del Bentham
filosofo non possa essere condotto senza quello del Bentham sociologo in quanto due
facce della stessa medaglia, e come l’oscillazione tra i due piani sia costante e non
facilmente riconducibile entro cornici temporali precise. La trattazione dell’opera del
filosofo non può quindi svolgersi secondo un’unica linea temporale ma su due piani
che procedono insieme, anche se non necessariamente in parallelo, a volte
avvicinandosi altre discostandosi e facendo di Bentham una figura complessa non
schematicamente riducibile in termini di aut aut
22
. Il settore in cui questo fenomeno è
21
Così: G. HIMMELFARB, The Haunted House of Jeremy Bentham, in Victorian Minds, London
1968, M. FOUCAULT, Sorvegliare e punire, Torino 1976, M. IGNATIEFF, Le origini del
penitenziario, Milano 1982.
22
La necessità di interpretare Bentham secondo uno schema che non sia quello rigido proposto dalla
scuola sia tradizionale che revisionista è proposto dalla Ripoli nel saggio Jeremy Bentham e
l‟invenzione del penitenziario, in Materiali per una storia della cultura giuridica, 1989, vol. 2, pag.
260 «Mi interessa vedere se è possibile liberarsi dall’influenza esercitata[…] da uno schema
interpretativo dell’ideologia Benthamiana (comune alla scuola tradizionale e al revisionismo) troppo
rigidi perché strutturato in termini di aut aut: sicché Bentham è, a seconda dei casi, autoritario o
7
più evidente è quello inerente il diritto penale, dove l’analisi teorica del sistema
penale e la sua riformulazione in termini nuovi si affiancano a un’azione pratica e
sociale, volta alla concreta riforma dell’azione punitiva statale.
Bentham affronta la questione penale a partire dalle problematiche più dibattute
nell’Inghilterra degli ultimi decenni del Settecento; in particolar modo il problema
della crescente criminalità urbana, e le modalità di esecuzione delle pene.
Dal primo Settecento aveva cominciato a porsi all’attenzione pubblica la questione
della condotta criminosa della plebe urbana: le città avevano visto aumentare il
numero dei propri abitanti, a seguito specialmente degli interventi di enclosure
23
, e
con l’aumento della popolazione anche la criminalità aveva subito un’impennata;
Londra in primis si trova a dover fronteggiare una situazione di elevatissima e
diffusa illegalità. Il sistema penale inglese d’altra parte non possedeva strumenti
adeguati per contrastare il fenomeno, determinando così una situazione di costante
insicurezza personale.
24
La questione comincia così a venir affrontata tanto sul piano politico quanto su
quello della riflessione teorica. Nel 1750 viene nominata alla Camera dei Comuni,
una Commissione per indagare sullo stato della legislazione criminale e sui possibili
rimedi: l’attenzione viene posta principalmente sulla Poor Law
25
, una legge del 1601
libertario, filantropo o sfruttatore, riformatore o retrogrado, tipico esponente della borghesia liberista o
nobile precursore delle democrazie moderne, e cosi via.»
23
Fenomeno di recinzione delle terre, avviato in Inghilterra nel XVI secolo per favorire l’allevamento
di pecore e la produzione di lana, permise l’uso privato di terre eliminando il sistema dei campi aperti
che riconosceva ai contadini un diritto di pascolo anche su terre private. Cfr. R. VILLARI, Mille anni
di storia. Dalla città medievale all‟unità dell‟Europa, pag. 294, Bari 2000.
La Ripoli ricollega questo fenomeno alla formazione di un proletariato urbano, perché i contadini
privati di una fonte primaria di sostentamento si trovano a dover reperire sul mercato i generi di prima
necessità e a questo segue l’abbandono delle campagne in favore della vita urbana. Cfr. M. RIPOLI,
op. cit., pagg. 23-24.
24
M. RIPOLI,op. cit. pagg. 28 e ss.
25
La Old Poor Law era stata emanata nel 1601 ed ha rappresentato la base per la regolamentazione
dei poveri fino agli anni Trenta dell’Ottocento; l’ideologia di base di questo provvedimento era
insieme assistenziale e correzionale; si distingueva tra soggetti abili e inabili al lavoro cercando per i
8
nella quale si individuava l’esistenza di una certa connessione tra povertà e
criminalità. Questa impostazione viene seguita l’anno successivo da Henry Fielding,
che nell’opera Enquiry into the Cause of the Increase of Robbers individua nel fatto
che la povertà non sia sufficientemente controllata e controbilanciata una delle
principali cause del diffondersi del crimine; di qui la necessità di rivedere la
legislazione pauperistica
26
.
I rapporti tra condizioni disagiate e attività criminose diventano poi nel corso
dell’Ottocento una prospettiva politica precisa del movimento riformatore,
nell’ambito del quale saranno accomunati i problemi dell’istruzione, dell’avviamento
al lavoro dei ceti più poveri con quello della razionalizzazione del problema penale
27
.
Jeremy Bentham si inserisce nel dibattito sulla giurisdizione penale insistendo sulla
necessità di una razionalizzazione sulla base di principi nuovi, affrontando il
problema della criminalità e la questione della legislazione pauperistica e
dell’educazione e dei loro rapporti in particolare nell’opera: Outline of a Work
Entituled Pauper Management Improved
28
.
Il problema dell’istruzione posto in relazione con quello della povertà porta
Bentham a ipotizzare la creazione di un sistema scolastico che consenta di tenere i
figli del proletariato urbano lontano dal crimine, alfabetizzandoli e sviluppando in
essi abitudini industriose, riprendendo in questo il sistema del monitorial system
29
primi un’occupazione fruttuosa per la società. Vennero istituite delle House of Correction, un sistema
di riformatori per accogliere gli oziosi e i vagabondi imponendo un regime di vita strettamente
regolamentato incentrato sull’attività lavorativa. Cfr. M. RIPOLI, op.cit., pag. 33.
26
G. TARELLO, Le poco luminose origini dell‟illuminismo penale dell‟area inglese, pagg. 191 e ss.,
in Idee e atteggiamenti sulla repressione penale. Materiali per una storia della cultura giuridica, a
cura di G. Tarello, Bologna, 1975.
27
M. RIPOLI, op. cit., pag. 30.
28
Cfr. M. RIPOLI, op. cit. pag. 99 e ss.
29
Il monitorial system prevedeva di assegnare agli scolari con una buona preparazione superiore il
compito di occuparsi dei compagni di livello inferiore; in questo modo si riduceva il numero degli
9
proposto da Andrew Bell che lo sperimenta con successo nell’orfanotrofio di
Madras. L’attenzione per l’aspetto educativo non si limita a questo; Bentham
sottolinea anche l’importante ruolo dell’istruzione superiore rivolta al ceto medio e di
quella universitaria, della cui diffusione egli fu personalmente promotore attraverso
la partecipazione all’istituzione dell’University College of London
30
.
In riferimento al diritto penale il quadro che il filosofo ha di fronte e da cui prende le
mosse la sua riflessione è caratterizzato da problemi concernenti l’impossibilità di un
accertamento e di una persecuzione dei comportamenti criminosi per la mancanza di
un corpo organizzato di polizia, e di una definizione chiara della figura dei magistrati
inquirenti. Situazione, questa, aggravata dalla mancanza della moderna figura astratta
di reato al cui posto si hanno una serie disorganica di statutes anche molto risalenti
nel tempo, che si caratterizzano per un notevole divario tra reale rilevanza del reato e
severità della pena corrispondente. In ragione di questi fattori, all’atto pratico il tutto
si traduce in un’applicazione incerta e discontinua da parte di magistrati e giurati,
con conseguenze disastrose in termini di deterrenza
31
.
La prima opera in cui Bentham affronta la materia è A View of the Hard Labour
Bill
32
(1778), un commento ad un progetto di legge di Blackstone
33
e Eden che
proponeva per determinate categorie di rei la condanna ai lavori forzati e proponeva
una serie di regole sulla base delle quali costruire gli edifici per l’esecuzione della
pena. Da questo momento il filosofo inglese comincia ad approfondire i temi penali
insegnanti permettendo la diminuzione dei costi, che rappresentava uno dei maggiori problemi alla
creazione di un sistema scolastico aperto ai meno abbienti. Cfr. M. RIPOLI, op. cit., pag. 103.
30
M. RIPOLI, op. cit., pagg. 101 e ss.
31
M. RIPOLI, op. cit., pagg. 35-36.
32
J. BENTHAM, A view of the hard-labour bill, in The works of Jeremy Bentham, Tait, Edinburgh,
1838-1843, vol IV.
33
Di Blackostone Bentham ebbe anche modo di seguire le lezioni universitarie al Queen’s College di
Oxford, dove svolse gli studi universitari tra il 1760 e il 1766. Per la biografia di Bentham: E.
LECALDANO in Introduzione ai principi della morale e della legislazione, Torino 1998 .
10
che troveranno compiuta sistemazione più di dieci anni dopo in An Introduction to
the Principles of Moral and Legislation (1789).
2- “A View of the Hard Labour Bill”
Il primo scritto di Bentham in materia penale nasce, come si è detto, in occasione del
progetto di legge sugli Hard Labour proposto da Blackstone e Eden, e approvato poi
come Penitentiary Act nel 1779, del qual Bentham pubblica un commento che
costituisce appunto A view of the Hard Labour Bill.
L’importanza di questa opera giovanile di Bentham sta nel fatto di rappresentare un
contributo allo sviluppo del dibattito sulla natura dello Stato moderno e
un’applicazione dei principi benthamiani in una situazione e in un contesto
particolare, come quello dei lavori forzati e della reclusione in case adibite a tale
scopo.
34
L’opera consiste in una dettagliata analisi delle questioni affrontate nella proposta di
legge sulla costruzione delle Case di Lavoro e sul loro funzionamento, sia dal punto
di vista della gestione amministrativa sia per quanto riguarda il regime da adottare
all’interno di questi luoghi, lo svolgimento delle attività lavorative e della vita
quotidiana in genere
35
. Le considerazioni di carattere più generale si trovano nella
Prima Sezione o Preambolo e in alcune osservazioni conclusive, volte a sottolineare i
vantaggio di questo sistema, soprattutto se messe a confronto con quello della
34
J. SEMPLE, Bentham‟s Prison: a study of Panopticon Penitentiary, Oxford 1993.
35
Bentham commenta il testo della legge dividendo il testo in sessantotto sezioni, di cui le prime
cinquantadue dedicate alla costruzione delle nuove Case di Lavoro, le successive sette
all’ampliamento e sistemazione di quelli esistenti; le nove restanti contengono tradizionali regole di
procedura e altre regole applicabili ad entrambe (ad esempio norme per chi tenti la fuga. Sez. LXI )
Cfr J. BENTHAM, A view of Hard Labour Bill, in The Works of Jeremy Bentham, Preface, Tait,
Edinburgh, 1838-1843, vol IV.
11
transportation, costituente all’epoca una delle pratiche più diffuse di risposta
penale
36
.
L’idea dei lavori forzati non nasce in questi anni; nella stessa Inghilterra esistevano
già dalla metà del Cinquecento delle case di correzione, le bridewells ( dal nome del
Castello di Bridwell, dove venne costruita la prima) con lo scopo di fornire lavoro ai
disoccupati e costringere al lavoro chi lo rifiutava.
La popolazione di questi luoghi era molto eterogenea: figli di poveri, disoccupati in
cerca di lavoro, petty offenders, vagabondi, prostitute
37
. Non si trattava, in realtà,
propriamente di luoghi di espiazione di una pena ma essi possono comunque essere
considerati «il primo e altamente significativo esempio di detenzione laica non ai fini
di mera custodia che possa essere osservata nella storia del carcere e [..] i tratti che la
caratterizzano, per quanto riguarda le categorie destinatarie dell’istituzione, la sua
funzione sociale e l’organizzazione interna sono già grosso modo quelli del classico
modello carcerario ottocentesco
38
».
Il rapporto tra House of Correction e deportazioni dei detenuti è sempre stato molto
stretto e lo stesso Bentham lo sottolinea nella Prefazione al commento. Le ragioni
che portano alla proposta di incentivare il modo di punire “correttivo”, nonché a
corroborare l’idea di considerarlo un vero e proprio modo di punire, sono da
ricondurre, in primo luogo, alle difficoltà incontrate nella deportazione dei detenuti a
partire dal 1775.
36
La transportation consisteva nella condanna all’esilio verso le colonie americane; rappresentava
una forma intermedia di pena tra la morte e le forme di pena meno gravi come la marchiatura o le
frustate, nel corso del Settecento divenne la forma ordinaria di risposta penale per un numero
consistente di crimini. I detenuti venivano impiegati per lo più dai piantatori di tabacco attraverso
forme di lavori forzati in condizioni non dissimili da quelle di uno schiavo; raramente l’esilio in
America rappresentò una nuova opportunità per i condannati. Cfr. EKRICH A.R., Bound for America.
The trasportation of British Convicts to the Colonies,1718-1775, Oxford, 1987.
37
D. MELOSSI-M. PAVARINI, op. cit., pag. 35.
38
Ivi, pag. 36-37
12
Il 1775 rappresenta un anno di svolta da questo punto di vista per la paralisi
nell’amministrazione della giustizia a seguito dello scoppio della guerra americana e
della conseguente sospensione delle deportazioni nelle tredici colonie d’oltreoceano;
tale situazione comporta la diffusione di forme alternative per l’esecuzione delle
condanne, tra le quali comincia ad imporsi la carcerazione. Accanto a questo
fenomeno si assiste anche ad un decremento delle pena fisiche: nel 1779 lo stesso
atto che autorizza la costruzione delle case per i lavori forzati abolisce la
marchiatura. Negli stessi anni si assiste, inoltre, alla diminuzione della frequenza
delle impiccagioni e all’aumento del numero delle grazie concesse.
39
In questo senso fu fondamentale il generale cambiamento intervenuto nell’opinione
pubblica; venne a mancare la fiducia nell’equità e nell’efficacia del rituale punitivo
in vigore. Il sistema detentivo aveva a suo vantaggio il fatto di negare «ai delinquenti
l’opportunità di sfidare pubblicamente il potere e alla folla l’occasione di utilizzare la
cerimonia a fini suoi propri fini» inoltre «l’aumento del numero delle detenzioni
indicava un maggiore scrupolo nei confronti di pene che abusavano del corpo dei
condannati».
40
La guerra americana e la forzata interruzione delle deportazioni costringe a
escogitare forme alternative di pena; come espediente temporaneo si ricorre alle
hulks, vecchie navi da guerra in disarmo convertite in prigioni galleggianti ancorate
nel Tamigi; qui i detenuti vengono impiegati a sollevare sabbia come zavorra per le
navi o nei cantieri
41
; per tutto il diciannovesimo secolo, queste “carcasse” continuano
a rappresentare il luogo in cui maggiormente vengono detenuti i condannati che non
possono più essere allontanati dall’Inghilterra, ma gli elevati costi e l’ambiente
39
M. IGNATIEFF, Le origini del penitenziario, Milano 1982, pag. 100.
40
Ivi, pagg. 100-101.
41
Ivi, pag. 89.