Introduzione
Il presente lavoro ha come scopo quello di cercare di delineare, senza pretese,
un profilo programmatico del pensiero nietzschiano nei primissimi lavori svolti
dall'autore in un arco temporale che va circa dal 1868 al 1872. Si tratta in particolare,
dell'analisi della sua prima opera, La nascita della tragedia e del saggio Lo Stato
greco, nonché di altre opere di cui poi accenneremo; attraverso esse si inizia a
comprendere la rilevanza politica della filosofia di Nietzsche, la quale è stata ed è
ancora oggetto di dibattito in campo internazionale. L'analisi del profilo politico
dell'autore verrà poi incentrato sul concetto di Stato, il quale è analizzato in modo
critico e sistematico affinché sia possibile ricavare le linee direttrici che hanno messo
in moto la critica della modernità fortemente presente in Nietzsche.
I motivi che hanno spinto la realizzazione di questo testo sono molti ma
hanno come comune denominatore l'origine del pensiero politico nietzschiano.
Innanzitutto si cercava di capire come una parte della dottrina politica facente capo
all'estrema destra abbia preso come punto di riferimento tra i suoi autori un
personaggio come Nietzsche. Indubbiamente molte idee e considerazioni
nietzschiane rispondono a quelle istanze che provengono dall'estrema destra, come il
mito della superiorità nazionale, addirittura il tema della “eugenetica” che, secondo
Losurdo nel suo Nietzsche, il ribelle aristocratico, è da accreditarsi ad una
concezione nietzschiana dell'uomo, o il tema di una guida del popolo, che molti
riconducono alla figura del Führer tedesco.
L'ombra mortifera nazista ha, certamente, un peso non irrilevante sulla figura
di Nietzsche, ma ancora di più sulla sua opera: ed una prima risposta sul motivo di
questo scritto è appunto la ricerca delle radici del pensiero nietzschiano in modo da
contrastare il luogo comune che vuole un Nietzsche precursore delle ideologie
dell'estrema destra, radici le quali, lo si vedrà, non corrispondono di certo al
travisamento dell'ideologia nazista. Bisogna però avvertire, che il presente lavoro
non mira alla confutazione del matrimonio tra il nazismo e la filosofia nietzschiana,
quanto piuttosto a capire i motivi che introducono il pensiero “politico” in Nietzsche,
un pensiero molte volte dibattuto in quanto, come tra poco accenneremo, c'è chi
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discute sulla politicità o meno della filosofia di Nietzsche.
In secondo luogo, i primi anni di attività di Nietzsche sono caratterizzati da
un ambiente molto movimentato in quel periodo: si parla infatti degli anni che vanno
dal 1868 al 1872, anni che sia lo scenario politico europeo, sia quello sociale
subiscono forti agitazioni sia positive che negative. Nietzsche in quegli anni infatti, è
professore di lingua e letteratura greca presso l'università di Basilea, in Svizzera
(carica ottenuta nel 1869 e conclusasi,dopo molte intermittenze nel 1878): nasce
dunque come filologo e finisce per essere un filosofo. Di mezzo c'è lo studio
dell'antica Grecia e il suo primo libro La nascita della tragedia; capire l'evoluzione
del pensiero nietzschiano che ha portato il mondo greco ad assunto quasi assoluto e
parametro di confronto con la modernità e con la politica europea, e in particolar
modo con la politica e la cultura tedesca, è un altro motivo della realizzazione di
queste considerazioni.
Al primo capitolo di questa trattazione è assegnata una perlustrazione
sommaria del dibattito critico tra chi considera Nietzsche un autore scevro dalla
politica e chi invece sostiene il contrario.
Analizzando le varie interpretazioni di carattere filosofico e politico che
hanno contraddistinto tutta la letteratura nietzschiana, spaziando dall'ottica
prettamente politica radicata sull'antitesi destra-sinistra, ad una visione
esistenzialista, si può affermare come il caleidoscopico lavoro di Nietzsche si presti
alle più svariate interpretazioni, travisate quanto siano, e proprio per questo motivo
esse possono diventare molto pericolose e deviare l'attenzione di un omogeneo
discorso portato avanti dall'autore; come si è detto in precedenza, l'ideologia nazista
ne è un'inappuntabile esempio. Inoltre, se è certamente vero che l'argomento politico
non copre molto spazio nella vastissima opera nietzschiana è anche vero però che la
politica fa parte sia dell'opera (indirettamente ma anche direttamente per alcune
circostanze), sia della vita dell'autore. E per affermare questa tesi, il secondo capitolo
cerca di analizzare in chiave politica e sociale gli avvenimenti storici coevi all'autore
durante i primi anni della sua carriera: la guerra franco prussiana e la Comune di
Parigi.
Se la guerra franco-prussiana (1870-1871) è per Nietzsche una vittoria della
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Kultur tedesca contro la Zivilisation francese, è anche una situazione che cambia lo
scenario politico e sociale europeo. Infatti con la vittoria della Prussia, e la
conseguente unificazione dei Länder tedeschi sotto l'egida del II Reich, il focolaio
politico, sociale e culturale europeo si spostò in direzione di Berlino, lasciando Parigi
nel caos. Questa situazione particolare infatti, produsse in Nietzsche sia un terrore
verso l'ideologia socialista che in quel momento stava aumentando i suoi seguaci, sia
un insieme di considerazioni sulla cultura e l'arte europea (quella francese in
particolare), che in quel momento era in pericolo a causa delle rivolte cittadine e
dell'incendio delle Tuileries.
Questi avvenimenti storici e politici infatti, portano Nietzsche ad una
considerazione del tutto politica: il nuovo Reich è stato fondato, bisogna ora farlo
diventare un grande Stato, produttore di arte e cultura, carente, nella sua moderna
Europa; farlo diventare appunto come lo Stato greco. La palingenesi tedesca che
Nietzsche propugna infatti, ha come paradigma il mondo greco, e gli strumenti con
cui arrivare a simile perfezione culturale, artistica e politica quale fu il mondo greco,
sono, a detta dell'autore, la musica del suo amico Wagner e la filosofia di
Schopenhauer.
All'interno del secondo capitolo si descrivono i rapporti tra Nietzsche e questi
due artisti, uno della musica e l'altro della filosofia, a cui Nietzsche si ispira e che
saranno per molto tempo, assieme al mondo tragico greco, i pilastri su cui si fonda la
struttura della filosofia nietzschiana in ambito politico.
Se La nascita della tragedia è considerato il primo lavoro importante di
Nietzsche, è anche vero che esso sarà molto criticato nei salotti filologici dell'epoca
per le teorie troppo stravaganti portate avanti dal suo autore. Ciò è dovuto al fatto che
La nascita della tragedia analizza da un'ottica diversa sia la tragedia greca che il
mondo greco; un'ottica pessimistica che stride con la prospettiva ottimistica che i
filologi hanno del mondo greco, sinonimo di pace e tranquillità, di armonia e di
classicità; ma anche una visione pessimistica, quella di Nietzsche, che non collima
con il positivismo ottocentesco che in quegli anni è al massimo della sua
affermazione.
Questa prima opera nietzschiana è analizzata qui secondo una prospettiva
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politica. Per fa re ciò, si è dovuto analizzare i cardini centrali dell'opera: lo spirito
apollineo e lo spirito dionisiaco.
Queste due costruzioni per così dire “metafisiche”, antitetiche tra loro, anche
se di origine comune, ma così bene armonizzate tra loro all'interno del contesto della
tragedia ellenica, ci permettono di ipostatizzare il concetto apollineo con quello di
Stato e il concetto dionisiaco come l'anti-Stato, entrambe forze antitetiche che
sviluppano la tensione presente in tutta l'opera dell'autore, ma che confluiscono
armonicamente nell'antica tragedia greca e, permettono di produrre implicazioni
capaci di chiarire il pensiero politico nietzschiano sia in riferimento al mondo greco
antico, sia per quanto concerne la sua modernità: il secondo Reich.
La palingenesi tedesca, o per meglio determinarla, la grecizzazione della
Germania, ha come punto di partenza proprio la cultura e l'arte. Sull'impronta
dell'analisi della Nascita della tragedia, l'arte e la cultura greca si sviluppano sulle
già accennate dinamiche apollinee e dionisiache che, mai vicine nel trovare
un'armonia al di fuori dell'opera tragica, regalano due prospettive così diverse, così
inconciliabili che prese singolarmente non sono accettabili. La funzione dell'arte, si
mette in evidenza nel quarto capitolo di questa trattazione, è appunto quella di
convergere l'energia di questi due spiriti all'interno della creazione artistica che libera
dalle catene oppressive della vita l'uomo, il quale trova la sua unica consolazione
nell'arte.
Nietzsche chiarifica questo concetto e lancia una critica contro la cultura e
l'arte occidentale, la quale è, a detta del filosofo, messa oggi al servizio dello Stato e
dei suoi interessi. La figura del genio è così pronta per essere svelata: esso è il
produttore dell'arte, l'unico e il solo capace di produrre arte, poiché è egli stesso
opera d'arte. Allo stesso tempo, alla figura del genio è affiancata quella dello schiavo,
ovvero il lavoratore che mette la propria vita e il proprio lavoro, per mezzo dello
Stato, al servizio del genio, affinché esso non abbia il dovere di compiere lavori che
lo disturberebbero dalla sua produzione artistica.
La cultura e l'arte, all'interno dello Stato, anch'esso strumento al servizio del
genio attraverso la sua istituzione, si manifestano nell'800 attraverso il lavoro e
l'istruzione pubblica: entrambe queste istituzioni sono criticate fortemente da
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Nietzsche, il quale vede nel loro appiattimento democratico la fine del “progetto”
palingenetico. Assieme ad una dura critica su Bismack, il cancelliere tedesco,
l'istruzione pubblica e il lavoro sono visti dall'autore come ostacoli per la produzione
di geni artistici e addirittura come ostacoli per l'arte in quanto tale, proprio perché
non permettono allo spirito dionisiaco di divincolarsi dalla morsa dello Stato
apollineo.
È quindi fondamentale, ancor prima di modificare lo stato attuale della
cultura e dell'arte modificare lo Stato in quanto istituzione e struttura portante della
società: se oggi lo Stato è visto come unico fine della società, secondo Nietzsche,
esso dovrebbe essere solo uno strumento capace di ridare lustro all'arte e alla cultura
della civiltà europea, e più in particolare al popolo tedesco.
Andando a ritroso nel tempo, l'autore si accorge come le teorie
contrattualistiche di Hobbes, Lock o Rousseau, non abbiano un fondamento valido:
piuttosto è la violenza, la prevaricazione del più forte sul più debole che permette
allo Stato di nascere e di giustificare se stesso; e in questo contesto si giustifica anche
la schiavitù.
Da queste premesse allora, lo Stato preferibile che Nietzsche vede in funzione
della Germania grecizzata è uno Stato aristocratico, una forma di governo a struttura
piramidale che ha come punta più alta la figura del genio, la struttura mediana quello
dell'impianto statale e come base la schiavitù. Tutto questo, nonostante l'inattualità di
simili pensieri, è indispensabile per l'autore per mettere in evidenza ancora una volta
come la cultura e la civiltà greca sia stata capace di simile bellezza e perfezione solo
attraverso il crudele uso della forza e una rigida struttura sociale e politica, proprio
attraverso l'aristocrazia,la casta e la schiavitù.
Se il quinto capitolo tratta appunto il rapporto tra cultura e Stato, il sesto
mette in evidenza il confronto tra Lo Stato greco e il nuovo Reich tedesco nei punti
messi già in discussione, nonché una dura critica del modello democratico che in
quegli anni sta coinvolgendo tutto l'occidente, e Bismarck non ne è immune.
La destoricizzazione di questo confronto forzato mette a punto una
superficiale “teoria politica” (ed è bene sottolineare questa superficialità) di
Nietzsche, il quale però si vedrà succube della storia che egli vive, la quale non potrà
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risparmiargli l'abbandono, almeno parziale fino a questo momento, del progetto che
aveva in mente. È l'argomento che il settimo ed ultimo capitolo tratta: la disfunzione
del modello politico nietzschiano, che questo scritto ha cercato di creare – perché di
creazione si tratta - , porta con sé i germi della rivalutazione di quei pilastri fino ad
allora assunti come modello: si parla di Schopenhauer, Wagner e lo Stato greco.
Questi tre pilastri, queste tre fedi per Nietzsche non concorrono insieme per la
realizzazione di questo tipo di Stato, questo tipo di modello statale, culturale e
artistico prospettato dal filosofo; presi singolarmente certo, danno un contributo
fondamentale per gli scopi dell'autore, ma la coesistenza reciproca porta Nietzsche
alla rivalutazione, già in parte presente nella Nascita della tragedia e ne Lo Stato
greco, prima di Schopenhauer e successivamente di Wagner e dello Stato greco, il
quale, per ultimo, metterà in discussione perfino il genio artistico.
Il presente testo, per concludere, non ha intenzioni dimostrative, piuttosto
quella di fotografare un piccolo scorcio di quello che è l'immenso quadro dell'opera e
della figura di uno dei filosofi più importanti di sempre.
Il criticismo qui assunto è basato sull'analisi delle primissime opere di Nietzsche e
delle bibliografie a queste pertinenti, senza mai però prendere posizione alcuna su
determinate questioni n maniera diretta, il che avverrà, pur con dovuta umiltà e
cognizione di causa, solo nelle conclusioni di questo testo. Inoltre si tenga conto del
campo delimitato e delimitante che la terra su cui Nietzsche “batte il suo martello” è
un campo che nulla ha a che fare con argomenti politici nella misura in cui esso è
prettamente filosofico, quindi metafisico, e che solo ulteriori sviluppi e
argomentazioni potranno (ed è già ovviamente successo) tradurla in una lingua più
orecchiabile alla politica. La difficoltà di districarsi dal Nietzsche filosofo ed entrare
nel Nietzsche sociale e politico è pacificamente difficile, specie se si vuole cercare
una teoria politica compiuta dell'autore, una fissità alla quale Nietzsche non ha mai
aspirato.
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