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Capitolo I
La storia della Libia
1.1 Storia antica
1.1.1Elementi principali
Libia deriva dal termine con cui gli egiziani designavano una tribù berbera, installatasi nel
Delta del Nilo tra il 2700 e il 2200 a.C.. Tale denominazione fu poi ripresa dai greci che la
estesero a gran parte del Nord Africa, mentre con “libici” si identificavano tutte le
popolazioni berbere che abitavano quella zona.
1
Fino all‟indipendenza ottenuta nel 1951, la storia della Libia è essenzialmente storia di tribù,
regioni e città. L‟elemento fondamentale da considerare è la geografia, che determina diversi
corsi storici per le tre principali regioni in cui si divide la Libia: Tripolitania, Cirenaica e
Fezzan.
La prima è una regione dominata da una fertile pianura costiera e da un altipiano interno. Vi
si possono distinguere sei regioni in relazione al clima e alla vegetazione: la Gefara, pianura
fra il Mediterraneo e l‟altipiano; l‟entroterra è a sua volta diviso nel Gebel, la Ghibla e il
Gadamesino; la zona di Misurata, in parte pianura, in parte collina; la Sirtica che unisce la
regione alla Cirenaica, deserta o steppica.
2
La Tripolitania ha sempre avuto il suo centro principale in Tripoli, punto di arrivo e partenza
delle carovane che attraversavano il deserto del Sahara. Il suo porto rappresentava
un‟importante base per i pirati e ospitava un florido mercato di schiavi. La sua cultura è
legata soprattutto al Maghreb, con il quale condivide geografia e gran parte della sua storia.
La Cirenaica, una regione vasta circa 855.000 kmq., è caratterizzata da un ampio altipiano
calcareo, Gebel el Achdar, che a sud digrada dolcemente verso l‟erg libico, mentre a nord
scende sul mare con ripide scarpate e terrazze. In contrasto con la Tripolitania, la Cirenaica è
sempre rimasta nell‟orbita dell‟Egitto, in particolare per ciò che riguarda le popolazioni
costiere. Invece, sull‟entroterra, i regimi che si sono succeduti nel dominio della regione
hanno sempre faticato ad imporre la loro volontà. Soltanto con l‟avvento della Senussia, le
tribù che vi abitano hanno trovato un elemento unificante.
3
Il Fezzan è una vasta regione prevalentemente desertica formata da una sezione del Sahara,
che si estende tra l‟Hammada el Hamra e il Gebel es Soda a nord, i monti Tumm e Tibesti a
sud. La sua storia e legata soprattutto alle oasi, punti strategici per il controllo delle vie
1
Cfr. Federal Research Division Library of Congress, Libya, Washington 1987, (http://lcweb2.loc.gov).
2
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
3
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
4
carovaniere. Le popolazioni che si sono adattate al suo ambiente inospitale hanno mantenuto
sempre relazioni piuttosto chiuse, soprattutto con l‟Africa Sub Sahariana.
1.1.2 Primi insediamenti
L‟archeologia ha mostrato che fin dal Neolitico il litorale libico era abitato da popolazioni
dedite alla coltivazione di grano e all‟allevamento. Nel sud del paese si estendeva a quel
tempo (ottavo millennio a.C.) una vasta e rigogliosa savana, che forniva pascoli abbondanti
per il bestiame di tribù nomadi. In seguito al processo di desertificazione, avvenuto dopo il
2000 a.C., quelle civiltà scomparvero, assorbite dai berberi.
4
L‟origine dei berberi è ancora avvolta nel mistero, tuttavia si ritiene che essi abbiano iniziato
la loro migrazione verso il Nord Africa, partendo dal sud est asiatico, all‟incirca nel terzo
millennio a.C.. Nell‟arco della loro storia, non svilupparono mai un concetto di popolo
nazione e rimasero sempre divisi in tribù, clan e famiglie.
Alcune di queste tribù cercarono di penetrare in Egitto per insediarsi nel fertile Delta del
Nilo, divenendo tributari degli egiziani e accedendo ad importanti funzioni di governo. Un
membro di una di queste riuscì a prendere il potere nel 950 a.C., passando alla storia come il
Faraone Shishonk I. Le due dinastie a cui dette origine (la ventiduesima e la ventitreesima)
sono conosciute come dinastie “libiche” e mantennero il potere in un arco di tempo che va
dal 950 al 730 a.C..
5
1.1.3 La Tripolitania e i fenici
Già prima del ventesimo secolo a.C. i mercanti fenici erano attivi in tutto il Mediterraneo,
fondando numerosi porti lungo le coste del Nord Africa come basi per le proprie navi. Essi
Inevitabilmente vennero a contatto con le tribù berbere che abitavano la zona, con le quali
stipularono un trattato che non garantiva soltanto la sicurezza degli insediamenti fenici, ma
stabiliva veri e propri legami commerciali.
Una delle città fondate dai fenici, Cartagine, impose il suo dominio a gran parte del Nord
Africa a partire dal quarto secolo a.C., dando inizio alla civiltà punica. Furono proprio i
cartaginesi a fondare sulle coste dell‟attuale Libia tre importanti città: Sea, Labdah (poi
Leptis Magna) e Sabratah. Il complesso dei tre centri fu poi denominato Tripolis, tre città.
6
Come già i fenici, anche i cartaginesi stabilirono ottime relazioni con le tribù berbere locali,
ma nello scontro che oppose i colonizzatori a Roma, essi si schierarono a fianco dell‟Urbe e,
4
Cfr. Bertaux P., Africa, dalla preistoria agli stati attuali, Feltrinelli Editore, Milano 1968.
5
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
6
Cfr. Bertaux P., op. cit.
5
quando Cartagine cadde nel 146 a.C., la Tripolitania fu assegnata al berbero re di Numidia.
Soltanto un secolo più tardi, quando Giulio Cesare depose il re di Numidia per essersi alleato
con Pompeo durante la guerra civile, la Tripolitania diventò definitivamente una provincia
romana.
7
1.1.4 La Cirenaica e i greci
Secondo la tradizione, un gruppo di emigranti provenienti dalla popolosa Creta, si recò
dall‟oracolo di Delfi per interrogarlo sulla propria destinazione. Fu loro comandato di
raggiungere il Nord Africa a fondarvi una nuova colonia. Gli emigranti si fecero guidare nel
loro viaggio dalle tribù berbere della zona, che li accompagnarono in una regione fertile ad
una ventina di chilometri dal mare, dove “un buco nel cielo” avrebbe provveduto abbondanti
piogge alla colonia (631 a.C.). I Greci vi fondarono cinque città: Euhesperides (l‟attuale
Bengasi), Teuchira (oggi Tukrah), Cirene e Apollonia, il porto di Cirene. Nel loro complesso
divennero note come Pentapolis.
8
In perenne competizione tra loro, le cinque città univano le loro forze soltanto in occasione
di gravi minacce esterne: prima gli egiziani da est, poi i cartaginesi a ovest; infine si arresero
davanti a Cambise, re di Persia, nel 525 a.C. Nel 331 a.C. fu la volta di Alessandro Magno e
alla morte di questi, nel 323 a.C., Cirene passò sotto il dominio di uno dei suoi generali,
Tolomeo, ed unita all‟Egitto. Le altre quattro città riottennero l‟indipendenza, ma in continua
lotta tra di loro finirono per aprire la porta ai tolemaici, che riunirono la Pentapolis in una
federazione governata da un membro della dinastia. Uno di questi, Tolomeo Apione, lasciò
la Cirenaica ai romani, che la incorporarono ufficialmente nel 74 a.C., unendola
amministrativamente a Creta e dando inizio ad un periodo florido, non soltanto dal punto di
vista economico, ma anche culturale ed artistico.
Mentre punici e greci colonizzavano le coste, il Fezzan era dominato dai garamanti, una
popolazione divisa in tribù che vi s‟installò intorno al 1000 a.C.. Utilizzando le oasi essi
potevano controllare il passaggio sulle piste attraverso il deserto; la loro capitale stessa,
Germa, si trovava in un crocevia importantissimo per i traffici: vi transitavano, infatti, le
carovane che dal Mediterraneo si dirigevano in Egitto, Mauritania e verso il bacino del fiume
Niger. I garamanti stabilirono ottimi rapporti con i punici, con i quali commerciavano in oro
e avorio in cambio di sale. Roma tentò poi più volte spedizioni punitive per assoggettarli, ma
dovette ben presto desistere e accontentarsi di semplici alleanze commerciali e militari.
7
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
8
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
6
A testimonianza di una civiltà piuttosto evoluta, i garamanti possedevano una complessa rete
di acquedotti sotterranei che permetteva le coltivazioni anche in un territorio arido come il
Fezzan.
9
1.1.5 La Libia sotto la dominazione romana
Per più di 400 anni Tripolitania e Cirenaica rappresentarono floride ed importanti province
romane, condividendo con il resto dell‟Impero sistema legale, linguaggio e identità, anche se
conservarono sempre una parte dei caratteri assorbiti durante il domino delle civiltà punica e
greca.
Sotto il profilo economico la Tripolitania era il maggiore esportatore di olive e commerciava
in oro e schiavi con i garamanti, mentre la Cirenaica rappresentava un‟importante fonte di
approvvigionamento di vino, droghe e cavalli. L‟esercito garantiva la sicurezza delle piste e
dei centri abitati con legioni reclutate sul luogo, soprattutto contro le tribù nomadi che si
dedicavano a scorrerie contro le carovane in transito nel deserto.
In Cirenaica si stabilì anche una numerosa comunità ebrea, parte in epoca Tolemaica e parte
dopo il 70 a.C., in seguito alla rivolta in Palestina e alla distruzione di Gerusalemme. Gli
ebrei riuscirono a convertire numerose tribù berbere e nel 115 d.C. fecero scoppiare una
violenta rivolta contro l‟autorità romana che si propagò fino all‟Egitto e alla Palestina. I
ribelli furono sconfitti soltanto dopo tre anni e il saccheggio di Cirene.
10
Nel 300 d.C. l‟Imperatore Diocleziano separò l‟amministrazione della Cirenaica da quella
cretese, formando due province denominate rispettivamente “Libia alta” e “Libia bassa”
(prima volta in cui tale termine viene utilizzato in un documento ufficiale). Nel 395 d.C., la
Libia fu poi assegnata all‟impero orientale, mentre la Tripolitania rimase sotto l‟impero
occidentale.
Intanto, già nel secondo secolo aveva iniziato a diffondersi il cristianesimo, dapprima nella
comunità ebraica, poi nelle città e fra gli schiavi. Tuttavia, mentre i cristiani tripolitani si
riconoscevano nel vescovo di Roma, in Cirenaica si sviluppò un rito di tipo copto,
dipendente dall‟omonima chiesa egiziana. In entrambe le aree i dissensi religiosi diventarono
veicolo di rivolte sociali che gettarono la regione in una profonda crisi economica e
culturale.
11
Nel 429 d.C., chiamati da ufficiali ribelli, i vandali attraversarono lo stretto di Gibilterra e
instaurarono il loro dominio su gran parte del Nord Africa, compresa la Tripolitania. La
9
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
10
Cfr. Oliver R., Fage J.D., Breve storia dell’Africa, Giulio Einaudi Editore, Torino 1965.
11
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
7
Cirenaica, pur evitando l‟invasione, divenne avamposto dell‟impero bizantino e campo di
battaglia tra i due contendenti, cadendo anch‟essa in un periodo di estrema miseria. Mentre
l‟alta tassazione deprimeva l‟economia, i servizi pubblici e le infrastrutture costruite dai
romani venivano abbandonate.
Il capo dei vandali, Gaiserico, stabilì la capitale a Cartagine e riuscì ad ottenere il
riconoscimento del suo potere dall‟impero romano, di cui si continuò a conservare
l‟amministrazione civile. Tuttavia il potere militare dei vandali si affievolì presto e nel 533 il
generale bizantino Belisario riconquistò l‟intero Nord Africa, anche se il controllo
dell‟impero rimase circoscritto alle zone costiere, costruendo città fortificate e sistemi di
torri d‟avvistamento. Del resto, l‟opera distruttiva dei vandali era stata talmente profonda che
i bizantini faticarono a ristabilirvi il vecchio ordine romano.
12
1.2 L’avvento dell’Islam
1.2.1 La conquista
Le tre regioni che costituiscono la Libia odierna, si ritrovarono unite per la prima volta
sotto la bandiera dell‟Islam: infatti, nel 642, dodici anni dopo la morte di Maometto, il
generale arabo Amr ibn al As conquistò la Cirenaica per conto del califfo Omar I, stabilendo
il proprio quartier generale a Barce, da dove, nel 644, egli mosse alla conquista della
Tripolitania. Nel 663 un altro generale arabo, Uqba bin Nafi, assoggettò il Fezzan. La
Tripolitania divenne poi base di partenza per la conquista dell‟intero Nord Africa e nel 712
gli arabi sbarcarono in Spagna. Quest‟ultima, insieme al Maghreb, fu poi posta sotto il
diretto controllo del Califfo di Damasco.
13
Gli arabi furono ben accolti dalle popolazioni locali, specialmente nelle campagne, dove gli
abitanti non ebbero problemi a trovare punti di contatto con la mentalità dei nuovi
dominatori, mentre nelle città la sicurezza garantita dalle truppe arabe diede nuovamente
slancio al commercio e all‟economia.
Al contrario, le tribù berbere, con il loro modello di società arcaica, mal si adattarono alla
nuova realtà e, non a caso, molti preferirono abbracciare dottrine scismatiche dell‟Islam: in
particolare ebbe molto successo la dottrina Kharajita, la quale sosteneva che qualsiasi
musulmano, a prescindere dalla sua razza e dalle sue origini, poteva aspirare alla carica di
Califfo. Questo in aperto contrasto con l‟ortodossia, secondo cui il califfato era prerogativa
esclusiva dei diretti discendenti del Profeta.
14
12
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
13
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
14
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
8
La dottrina dei Kharajiti portò alla sollevazione dei berberi contro gli arabi e a un periodo di
forte instabilità nel mondo islamico, che culminò con il rovesciamento della dinastia
Umayyade con quella Abbaside, e lo spostamento del Califfato da Damasco a Baghdad. Il
caos permise ai Kharajiti di costituire diversi piccoli regni che ebbero scarsa fortuna:
sopravvisse soltanto quello stabilitosi in Fezzan, con capitale Zawilah, un‟importante oasi
che ancora una volta si trovava all‟incrocio di importanti rotte carovaniere.
15
Il Nord Africa fu diviso in tanti Emirati dipendenti dal Califfo di Baghdad e nell‟800, in uno
di questi, Ibrahim ibn Aghlab stabilì una monarchia ereditaria con capitale a Kairouan, il cui
dominio si estendeva anche sulla Tripolitania.
1.2.2 La successione di diverse dinastie
Gli emiri Aglabiti risistemarono le vecchie infrastrutture costruite dai romani e ridiedero
slancio all‟economia della Tripolitania e alle sue città, dove venne stabilito un nuovo ordine
sociale al cui vertice si insediarono la burocrazia, i militari e l‟elite araba dedita al
commercio e ai pubblici uffici. Gli Aglabiti estesero poi il loro dominio anche sulla Sicilia.
Dopo il settimo secolo esplose la rivalità tra gli ortodossi sunniti e gli sciiti per la
successione al califfato. In particolare, questi ultimi non accettavano la successione di
Moawiah al califfato in danno dei figli di Alì, 4° califfo e discendente da Maometto
attraverso Fatima, la figlia minore del Profeta.
16
Le ripercussioni della lotta arrivarono a sconvolgere anche il Nord Africa, dove le tribù
berbere parteggiavano apertamente per gli sciiti, contro l‟aristocrazia araba. I berberi
rovesciarono la dinastia Aglabita, che parteggiava per i sunniti e al loro posto si insediò un
imam, conosciuto dai suoi seguaci come Mahdi, il quale diede vita alla dinastia dei Fatimidi,
da Fatima.
Sotto il governo di questa dinastia Tripoli conobbe un nuovo periodo di ricchezza, dovuto al
commercio di schiavi con il Sudan, di legno e sale con l‟Italia. Dopo un periodo di forte
espansione che vide i Fatimidi conquistare l‟Egitto, con il conseguente spostamento della
capitale al Cairo, il Maghreb fu lasciato in mano ad una dinastia berbera, gli Ziriti, che però
si rivelarono pessimi amministratori, deprimendo l‟economia della regione, lasciando
declinare la produzione agricola e permettendo il dilagare del brigantaggio. Per giunta, nel
1049 gli Ziriti si schierarono a favore del partito sunnita, in totale rottura con i Fatimidi.
Per punire gli Ziriti, i Fatimidi mandarono nel Maghreb due tribù di beduini arabi, i Bani
15
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
16
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
9
Hilal e i Bani Salim, collettivamente conosciuti come Hilaliani. Queste tribù, costituite da
circa 200.000 famiglie, si misero in marcia dall‟Egitto, attraversando Cirenaica e Tripolitania
e distruggendo tutto ciò che incontravano sulla loro strada. Per la regione fu uno
stravolgimento totale: Cirene fu letteralmente rasa al suolo, le tribù berbere furono indotte a
spostarsi dai loro territori tradizionali, mentre l‟agricoltura veniva abbandonata in favore
della pastorizia e le terre abbandonate venivano inaridite dall‟invasione della steppa.
17
Sembra che i Bani Salim si fermarono in Libia, mentre i Bani Hilal continuarono nel loro
cammino e raggiunsero poi la costa atlantica del Marocco. Il disastro che si lasciarono alle
spalle, consentì ai normanni di insediarsi in Nord Africa (a partire dal 1150 circa) e di
costruire una catena di fortificazioni e avamposti costieri che andava da Tunisi a Tripoli,
anche se i loro interessi erano prevalentemente commerciali.
Tra l‟undicesimo e il dodicesimo secolo si affermò in Marocco la dinastia degli Almohadi,
fondata da un religioso sunnita, Ibn Tumart, che propugnava una dottrina di rigenerazione
morale attraverso la riaffermazione del monoteismo. Il suo successore, il sultano Abdal
Mumin, che regnò dal 1130 al 1163, estese il suo dominio sulla Spagna musulmana e sul
Maghreb, scacciando i normanni dai loro insediamenti costieri. Il centro del potere fu
spostato dal Marocco alla Spagna, ma pur avendo avuto successo nella riunificazione del
Maghreb, a partire dal 1270 la dinastia dovette soccombere a causa delle lotte tribali che
sconvolsero il Marocco, mentre la pressione esercitata dal re di Castiglia sui possedimenti
spagnoli si faceva via via più intensa ed efficace.
18
Mentre gli Almohadi controllavano direttamente la Spagna, la parte orientale dei loro
possedimenti era governata da un vice re. La carica venne trasformata in un sultanato
ereditario dopo l‟avvento al potere di Muhammad bin Abu Hafs nel 1207, discendente di un
compagno di Ibn Tumart e capostipite della dinastia Hafside, che raccolse l‟eredità degli
Almohadi. Essi mantennero vivo l‟ideale di un Maghreb unito con capitale a Tunisi, ma il
loro controllo diretto era concentrato sulle zone costiere, mentre l‟entroterra era lasciato alle
tribù berbere che avevano fatto atto di sottomissione.
Tuttavia gli Hafsidi riuscirono a ravvivare l‟economia locale incoraggiando gli scambi
commerciali, soprattutto con gli aragonesi e le repubbliche marinare italiane. Senza contare
che, sotto questa dinastia, Maghreb e Andalusia furono il centro di un movimento culturale e
artistico molto intenso che passò alla storia come “Moresco”, un‟esperienza giudicata unica
nella storia degli arabi.
17
Cfr. Oliver R., Fage J.D., op. cit.
18
Cfr. Oliver R., Fage J.D., op. cit.
10
L‟autorità degli Hafsidi entrò poi in crisi davanti alle tribù ribelli e ai pirati che infestavano
le coste del Nord Africa, tanto che nel 1460 Tripoli fu dichiarata città stato e sottratta al
dominio del sultanato dalla locale oligarchia mercantile.
19
1.2.3 Cirenaica e Fezzan nel medioevo
La Cirenaica per tutto il medioevo seguì le sorti dell‟Egitto: la dinastia Fatimide fu
scacciata dal Saladino nel 1171. Successivamente si aprì un periodo in cui il potere era retto
da una successione di mammelucchi, una casta di schiavi-soldati di composizione eterogenea
(Curdi, Circassi, Turchi). Il controllo sulla Cirenaica era più che altro nominale, perché le
tribù di beduini che l‟abitavano non riconoscevano altro potere che quello dei propri capi.
Queste tribù vivevano principalmente della protezione che offrivano alle carovane in transito
sul loro territorio verso l‟Egitto. L‟epoca dei mamelucchi si chiuse con l‟occupazione
ottomana nel 1517.
20
In Fezzan dominavano i capi del Bani Khattab, la tribù più potente della regione e, come era
già stato per i Garamanti, la loro autorità derivava dal controllo delle oasi e delle piste
carovaniere che collegavano il Mediterraneo al Sudan, dove viaggiavano oro, avorio e
schiavi. Nel tredicesimo secolo il re del Borneo invase il Fezzan da sud e per un certo
periodo riuscì a togliere il controllo della regione ai Bani Khattab, i quali furono poi
definitivamente allontanati dal potere nel sedicesimo secolo ad opera di un avventuriero
marocchino, Muhammad el Fazi. I discendenti di quest‟ultimo ressero le sorti della regione
sotto la sovranità ottomana.
21
1.3 Gli ottomani
1.3.1 La lotta tra spagnoli e turchi per il dominio sul Mediterraneo
Il „500 fu caratterizzato dall‟aspra lotta tra la Spagna asburgica e i turchi per la supremazia
sul Mediterraneo. Nel 1510 gli spagnoli occuparono Tripoli, distrussero la vecchia città e
costruirono una base navale fortificata. Ma Tripoli aveva un‟importanza marginale per gli
spagnoli e nel 1524 Carlo V ne affidò la difesa al re di Malta.
La pirateria rappresentava un aspetto importante nella lotta per il controllo del Mediterraneo
e le coste del Maghreb offrirono rifugio a numerosi avventurieri, tra cui Khair ad Din, noto
come il Barbarossa, che nel 1510 occupò Algeri per conto del sultano ottomano, dal quale
ottenne la reggenza sull‟intera regione.
19
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
20
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
21
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
11
Nel 1551 l‟ammiraglio turco Sinan Pasha rioccupò anche Tripoli; l‟anno successivo il pirata
turco Draughut Pasha restaurò l‟ordine sulle città costiere e fu nominato governatore della
regione. Nel 1580 anche il Fezzan riconobbe l‟autorità turca, sebbene questi si astennero
dall‟esercitarvi qualsiasi influenza. L‟autorità Ottomana era praticamente assente anche in
Cirenaica, nonostante a Bengasi vi fosse un bey dipendente da Tripoli.
22
1.3.2 L’organizzazione politica sotto l’impero ottomano
Il Maghreb fu diviso in tre reggenze, Algeri, Tripoli e Tunisi. In ognuna il potere era
gestito da un pashà nominato dal sultano turco; al servizio di ognuno vennero posti dei corpi
di giannizzeri, reclutati fra i contadini e comandati da dey. Gli ufficiali più anziani di questa
casta militare erano riuniti nel Divano, organo che affiancava il pashà nelle sue decisioni.
Con il passare del tempo quest‟ultima carica divenne sempre più rappresentativa, mentre
crebbe il potere dei militari, che causarono numerosi colpi di stato con la complicità dei
Giannizzeri, pronti a schierarsi con chi offriva loro il soldo migliore. La reggenza era
indipendente nella sua politica estera ed interna, mentre dipendeva dal Sultano soltanto per il
reclutamento di truppe.
23
Il nucleo principale di abitanti era costituito dai mori, mentre i turchi rappresentavano una
casta a se, dedita al governo e ai pubblici affari. Piuttosto numerosa la comunità dei
Khouloughlis, discendenti da matrimoni misti tra uomini turchi e donne arabe;
tradizionalmente essi accedevano a cariche amministrative e fornivano ufficiali per gli
spahis, i corpi di cavalleria provinciale che affiancavano i giannizzeri. I Khouloughlis
vivevano nelle oasi fuori dalle mura di Tripoli e si identificavano maggiormente con gli
interessi locali che non con quelli dei dominatori turchi.
24
Ebrei e moreschi (discendenti dei musulmani scappati dalla Spagna), si dedicavano
all‟artigianato e al commercio e, soprattutto gli ultimi, raggiunsero una certa notorietà come
pirati. Al fondo della scala sociale si trovavano gli schiavi, in parte bianchi europei, in parte
neri provenienti dal Sudan.
Causa la mancanza di un controllo effettivo da parte del sultano ottomano, Tripoli cadde in
un periodo di anarchia in cui i colpi di stato si succedevano ad intervalli brevissimi. Nel
1711 un ufficiale di cavalleria Khouloughli, Ahmad Karamanli, conquistò il potere in città e
comperò la carica di Pasha dal Sultano, pagando con i beni sequestrati agli ufficiali turchi
massacrati nel colpo di stato. Ahmad instaurò una monarchia ereditaria, mentre la
22
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
23
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
24
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
12
composizione del suo governo era prevalentemente araba. Poi, con l‟aiuto dei militari, riuscì
a sottomettere le tribù che gli erano ostili e ad estendere la sua influenza anche in
Cirenaica.
25
Il regime dei Karamanli subì una brusca rotta quando nel 1793 un ufficiale turco, Ali
Benghul, rovesciò la monarchia e riportò Tripoli sotto il controllo degli ottomani. Tuttavia,
con l‟aiuto del bey di Tunisi, Yusuf ibn Ali Karamanli tornò a Tripoli dopo soli due anni,
ristabilendo la sua autorità sulle tribù e schierandosi con Napoleone contro l‟impero
ottomano e la forza navale inglese, durante la campagna egiziana del 1799. In quel periodo,
la pirateria divenne un‟importante fonte di guadagno per i Karamanli, che chiedevano un
pesante tributo alle nazioni europee per lasciar passare indenni le loro navi nelle acque
tripolitane. Ad esempio, nel 1799 gli Stati Uniti si impegnarono a pagare 18.000 dollari
l‟anno come “assicurazione” contro la pirateria.
La situazione mutò radicalmente dopo il 1815 e la definitiva sconfitta di Napoleone, perché
il regime di Tripoli si trovò impossibilitato a pagare i propri debiti e le importazioni, a fronte
degli insistenti reclami di Inghilterra e Francia. Per far fronte al debito, il Divano acconsentì
a un prelievo fiscale più pesante, causando la sollevazione della popolazione cittadina e delle
tribù. Nel 1832 il Pasha Yussuf fu costretto ad abdicare e suo figlio Alì II dovette chiedere
l‟aiuto degli ottomani per ristabilire l‟ordine. Il prezzo da pagare per quell‟intervento fu
piuttosto alto, perché Ali fu imbarcato su una nave e mandato in esilio, mentre l‟impero
ottomano ristabiliva il suo potere sulla regione.
26
1.4 La Senussia
1.4.1 La fondazione dell’ordine
Fuori dalle città l‟autorità degli ulama era spesso sostituita dai marabutti, preesistenti
all‟avvento dell‟Islam e spesso considerati santi. Essi dirimevano le contese tra le varie tribù
e le popolazioni guardavano loro come a guide spirituali e molto spesso a leader politici.
27
Mohammed ibn Alì es Senusi (1787-1859) possedeva l‟autorità dei marabutti e il prestigio di
un religioso di scuola. Nato in Algeria, nel corso della sua formazione subì l‟influenza del
movimento dei Sufi, che univa misticismo e ascetismo alla pratica religiosa quotidiana.
Viaggiò a lungo, insegnando in numerose scuole coraniche del Nord Africa e acquistando la
fama di sant‟uomo. Disturbato dai dissensi che attraversavano il mondo islamico,
Mohammed riaffermò la necessità di tornare alle origini della religione musulmana per
25
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
26
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
27
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
13
riportare in primo piano la necessità della moralità e dell‟austerità nella vita di ogni credente.
Nel 1837 fondò il suo ordine religioso nei pressi della Mecca, ma l‟ostilità dei turchi lo
obbligò a tornare in Nord Africa e, non potendo rientrare in Algeria per il crescente
espansionismo francese, decise di fermarsi in Cirenaica, dove trovò un‟atmosfera favorevole
al suo insegnamento. Nel 1843 vi fondò la prima zavia ad Al Bayda.
28
1.4.2 Lo sviluppo e lo scontro con il colonialismo francese
La sua scuola si distingueva per la moderazione, lontana com‟era da certe manifestazioni
esasperate dei Sufi: ai suoi membri era fornito cibo e vestiario, ma gli era vietato mendicare
e dovevano vivere del proprio lavoro. Erano altresì vietate le mutilazioni e l‟uso di stimolanti
nella pratica religiosa. L‟insegnamento di Mohammed si conciliava perfettamente con la
mentalità dei beduini cirenaici, che si riconobbero tutti nella Senussia, la quale, da semplice
movimento religioso, iniziò ad acquisire un certo potere politico. Infatti, a partire dal 1834 si
procedette alla costituzione di un sistema di zavie che copiava perfettamente la dislocazione
delle tribù. La zavia stessa non era soltanto luogo di culto, ma anche centro commerciale e di
aggregazione sociale, corte di giustizia e rifugio per i poveri. Dopo il 1859, fu il figlio
Mohammed, chiamato il Mahdi, ad assumere la guida dell‟ordine, portandolo all‟apice della
sua influenza sulla regione. Il centro dell‟ordine fu spostato ad Al Jaghbub per meglio
controllare le rotte dei pellegrinaggi verso la Mecca.
29
A causa dell‟espansionismo francese in Sudan, nel 1859 il centro dell‟ordine dovette essere
spostato nell‟oasi di Al Kufrah, da dove il Mahdi dichiarò la guerra santa contro i
colonizzatori. Per la prima volta i Senussi si scontravano con una potenza europea.
Quando il Mahdi morì, nel 1902, lasciò 146 zavie tra Africa e Arabia, mentre aveva ormai
completato il processo di unificazione delle tribù cirenaiche già iniziato da suo padre. Il
potere passò nelle mani Ahmad ash Sharif, che reggeva il potere in nome del giovanissimo
Mohammed Idris es Sanusi. Ahmad continuò la jihad contro i francesi, che si rivelò un vero
disastro, e costrinse l‟ordine ad abbandonare diverse zavie e a limitare la propria influenza
alla Cirenaica.
30
1.5 L’avvento del colonialismo italiano
1.5.1 Lo sbarco del 1911 e la resistenza delle popolazioni locali
Dopo il fallimento di una possibile espansione coloniale in Tunisia, l‟Italia iniziò a
28
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
29
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
30
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
14
guardare insistentemente verso Cirenaica, Tripolitania e Fezzan, le uniche terre del Nord
Africa che ancora non erano state considerate dalle potenze europee. La diplomazia italiana
iniziò a muoversi in tal senso, anche se un attacco all‟impero turco in un momento di forte
tensione internazionale poteva rivelarsi molto pericoloso, scatenando un conflitto generale in
Europa.
Tuttavia la diplomazia italiana riuscì a ottenere il permesso di agire e nel settembre del 1911
venne innescata una crisi con la Turchia, accusata di rifornire di armi le tribù arabe che
vivevano in Libia. La Turchia respinse l‟ultimatum inviatogli da Roma e il 3 ottobre le
truppe italiane sbarcarono a Tripoli e successivamente a Tobruk, Al Khums, Derna e
Bengasi. All‟inizio le popolazioni locali rimasero stupite da quell‟attacco, ma ben presto
iniziarono ad organizzarsi insieme all‟esercito turco, guidato da abili comandanti come
Enver Pasha e Mustafà Kemal, che sfruttavano la conoscenza profonda del territorio e
condizioni ambientali sfavorevoli ai soldati italiani.
31
La resistenza fu tale da costringere l‟Italia ad attaccare la Turchia in un punto più sensibile,
conquistando il Dodecaneso nel mare Egeo e costringendo l‟impero ottomano alla resa,
sancita dal trattato di Losanna nel 1912. In base a tale accordo l‟Italia entrava formalmente
in possesso di Cirenaica, Tripolitania e Fezzan, mentre il sultano manteneva il suo potere
religioso sulla regione.
L‟accordo di Losanna venne vissuto come un tradimento dalle popolazioni locali, che
continuarono nella lotta con la complicità dell‟esercito turco, il quale li riforniva di aiuti e
armi dal vicino Egitto. Se da una parte il fatto che gli italiani fossero inchiodati sulla zona
costiera favoriva gli arabi, dall‟altra le divisioni e le rivalità tribali impedivano la formazione
di un fronte ribelle coeso. Soltanto in Cirenaica i combattenti si trovavano uniti sotto una
sola bandiera, quella senussita, e un solo capo, Ahmad ash Sharif. Tuttavia, la guerriglia
impostata dagli arabi non mancò di conseguire alcuni importanti successi, come a Quasr bu
Hadi, dove una colonna italiana fu sorpresa e parzialmente distrutta, lasciando sul terreno
armi, munizioni e pezzi di artiglieria.
32
Con lo scoppio della prima guerra mondiale, i Senussi si schierarono con l‟impero ottomano
al fianco di tedeschi ed austriaci. Ciò facilitò notevolmente l‟azione degli italiani, che
potevano contare sul consenso degli Alleati. La situazione mutò radicalmente quando
Ahmad ash Sherif lasciò il potere al cugino Mohammed Idris per scappare in Turchia a
bordo di un sottomarino tedesco. Idris era fortemente filobritannico e nel 1917 aprì una
31
Cfr. Del Boca A., Gli italiani in Africa Orientale. La conquista dell’impero, Laterza, Bari 1979.
32
Cfr. Del Boca A., op. cit.
15
trattativa con gli Alleati per giungere ad un accordo. Italiani ed inglesi riconobbero il
dominio senussita sull‟entroterra cirenaico, mentre Idris si impegnava a non più attaccare i
possedimenti costieri dell‟Italia, né la frontiera con l‟Egitto.
33
1.5.2 Il primo dopoguerra
Il compromesso era troppo fragile per entrambe le parti e nel 1919 l‟Italia cercò di uscire
dalla fascia costiera, dove i presidi più avanzati si trovavano in un perenne stato d‟assedio.
Le operazioni militari erano accompagnate da un atteggiamento moderato e conciliante da
parte del governo italiano e nel 1920 si raggiunse un nuovo accordo con la Senussia, in cui
l‟Italia nominava Idris emiro di Cirenaica e ne riconosceva il potere sull‟entroterra della
regione. Una rappresentanza dell‟emiro sedeva nel nuovo parlamento di Bengasi e
partecipava al governo dell‟intera provincia, mentre l‟esercito Senussita veniva dislocato in
campi misti, per metà formati da italiani e per metà da arabi.
34
In Tripolitania gli eventi presero un corso diverso: nonostante l‟Italia avesse aperto a Tripoli
un parlamento in cui sedevano rappresentanti dei territori occupati e di quelli ancora da
conquistare effettivamente, gli arabi non trovarono mai una linea comune d‟azione. Le
vecchie divisioni tribali impedivano di esprimere un movimento guida in cui riconoscersi ed
un leader che assumesse il comando della ribellione. Nel 1922 i nazionalisti tripolitani
arrivarono perfino ad offrire l‟emirato sull‟intera Libia a Idris, che nel novembre dello stesso
anno, dopo innumerevoli tentennamenti, accettò, ma dopo poco tempo il leader senusso
fuggì in Egitto per sottrarsi ad una probabile cattura degli italiana. Questo atto gli fu poi
rinfacciato per molto tempo, anche dopo la fine della seconda guerra mondiale. Dunque, i
tentativi di giungere ad un equilibrio con l‟Italia fallirono ed era ormai chiaro che le forze in
campo, prima o poi, si sarebbero affrontate in un scontro violento ma risolutivo.
35
1.6 Il colonialismo in epoca fascista
1.6.1 La ripresa delle ostilità in Tripolitania
L‟avvento del fascismo in Italia, portò un nuovo impulso al colonialismo in Libia:
“Mussolini non ha ancora elaborato una dottrina coloniale e neppure ha disegnato la mappa
delle sue rivendicazioni, ma già dal 1922 intende adottare nuovi metodi, decisamente opposti
a quelli usati in precedenza. In Libia come in Somalia, non si scenderà più a compromessi,
33
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
34
Cfr. Del Boca A., op. cit.
35
Cfr. Federal Research Division, op. cit.
16
non ci si umilierà più con tortuosi accomodamenti”.
36
L‟applicazione della nuova politica offensiva venne affidata al ministro delle Colonie
Federzoni e al governatore della Tripolitania, Conte Volpi della Misurata, che impressero
immediatamente una svolta alle operazioni contro i ribelli tripolitani: alla guerriglia di
questi, si oppose la medesima strategia, con l‟aiuto delle nuove tecnologie (aerei e gas), ma
anche dell‟esperienza accumulata nel recente conflitto mondiale. Le truppe utilizzate erano
composte soprattutto da mercenari (eritrei, etiopici, sudanesi e libici) in modo che lo sforzo
per la conquista della Libia non venisse quasi avvertito in Italia.
Dopo la definitiva sistemazione dello Yefren, le truppe italiane procedettero alla rapida
occupazione del Gebel e del Garian, di qui l‟azione si protrasse ad est, verso Tarhuna, ma
anche sull‟oasi di Tagiura, alle porte di Tripoli, per allentare la pressione dei ribelli che, pur
in grave difficoltà, rappresentavano sempre un nemico insidioso. All‟inizio del 1924 era lo
stesso Volpi a descrivere i notevoli passi avanti compiuti nella riconquista della Tripolitania,
facendo notare al governo di Roma come il settentrione di questa regione fosse quasi
totalmente sotto il controllo dell‟Italia, così come 40mila dei 500mila indigeni. Ma in realtà
il quadro non era poi così positivo e le operazioni militari si susseguirono ancora per molto
tempo: l‟espansione si orientò verso il Fezzan e l‟entroterra tripolitano, dove l‟opposizione
dei ribelli era ancora forte. Alla durezza del regime italiano, alle privazioni dovute alla
guerra, nel 1924 si aggiunse una grave carestia che colpì duramente la popolazione, mentre
venivano imposti tributi, confische di beni e il lavoro obbligatorio.
37
Intanto, a fine ‟24 cadde la Sirte e il dominio territoriale dell‟Italia in Tripolitania passò a
121 mila chilometri quadrati, un notevole passo in avanti rispetto ai 1.700 chilometri
quadrati occupati all‟inizio dell‟era Volpi. Apprestandosi a lasciare il suo incarico e a
ritornare in Italia, Volpi spiegò il suo successo con nuovi sistemi di contro guerriglia, ma
anche nella mutata politica con gli indigeni: “Non più blandizie né denaro”- precisava Volpi-
“nella vana illusione di accaparrarsi l‟animo dei capi influenti, non più affermazioni di
eguaglianza tra noi e gli indigeni, né sovrapposizione di essi nel governo della colonia e
neppure promesse di esenzione di balzelli, infine non più spettacoli dimostrativi di truppe
inerti, né trattative da pari a pari, per noi altrettanto inutili quanto degradanti.”
38
La presenza degli italiani iniziò a farsi sentire anche in campo economico, con la ripresa
progressiva del commercio e la costruzione di infrastrutture, come i 376 km di strade
massicciate e i 670 km di piste che congiungevano i maggiori centri della Tripolitania; il
36
Cfr. Del Boca A., Gli italiani in Libia, Laterza, Bari 1988, pag. 6-7.
37
Cfr. Del Boca A., op. cit.
38
Cfr. Del Boca A., op. cit., pag. 45.
17
nuovo porto di Tripoli e l‟abbellimento della città stessa. Il raggiungimento di questi
obiettivi, in buona parte, era dovuto all‟utilizzo dei lavori obbligatori o semi gratuiti,
imposti alla popolazione a titolo di riparazione dei danni di guerra.
La pacificazione portò con se un nuovo ordine sociale basato sulle distinzioni razziali: agli
italiani le funzioni direttive; agli arabi l‟artigianato, l‟agricoltura e piccole attività
commerciali; infine, agli ebrei mansioni di livello intermedio nel campo economico ed
intellettuale.
39
1.6.2 La ripresa della guerra in Cirenaica
Dopo la fuga di Idris in Egitto, la situazione in Cirenaica degenerò velocemente: un primo
segno di rottura venne dato dalla sostituzione del governatore civile con un governatore
militare, il generale Bongiovanni che, giunto in colonia nel 1923, iniziò i preparativi per la
ripresa delle ostilità.
40
Gli italiani all‟epoca non occupavano direttamente che una fascia costiera profonda 50-60
chilometri. Dietro a questa si estendeva un‟altra fascia di dimensioni simili, dove erano
collocati i campi militari misti. Proprio da questi ripartì l‟iniziativa militare e nel marzo 1923
i soldati italiani procedettero al disarmo a sorpresa dei regolari senussiti. L‟operazione
riscosse inizialmente un certo successo che portò alla conquista di Agedabia, la capitale
dell‟emirato senussita.
Tuttavia, gli avversari si riorganizzarono rapidamente con l‟unione, forse tardiva, dei ribelli
della Cirenaica con i residui dei ribelli tripolitani. Il comando venne assunto da Omar al
Mukhtar, fratello dell‟emiro Idris, 63 anni e una vita divisa tra l‟insegnamento del corano e
la lotta contro i colonizzatori francesi e italiani. Omar aveva a disposizione 2/3 mila uomini
nei tempi migliori e poteva contare soltanto sui rifornimenti che riuscivano ad arrivargli
attraverso la frontiera con l‟Egitto. Di fronte aveva un esercito di 20.000 uomini,
abbondantemente rifornito di mezzi e assistito da un aviazione che non dava tregua ai ribelli.
Dunque, l‟unica strategia possibile per Omar era attaccare in piccoli gruppi per poi
scomparire repentinamente, sempre cercando di evitare scontri risolutivi da cui sarebbe
uscito necessariamente malconcio. In effetti gli italiani subivano la guerriglia di logoramento
senza riuscire a venirne a capo: né con veloci colonne motorizzate e blindate, né con gli
incessanti bombardamenti aerei, né con il lancio del potente gas fosgene, che mieteva
centinaia di vittime senza distinzione di età e di sesso.
41
39
Cfr. Del Boca A., op. cit.
40
Cfr. Del Boca A., op. cit.
41
Cfr. Del Boca A., op. cit.