5
L’eliminazione del rumore casuale ancora presente sulla sezione stack è stato
effettuato con un filtraggio tempo-variante (TVF).
Il recupero della corretta posizione spaziale dei riflettori inclinati ed il
collassamento dell’energia diffratta nel punto sorgente sono stati ottenuti tramite
l’applicazione di un algoritmo di migrazione. Nel caso di situazioni strutturali
complesse la migrazione pre-stack è da preferire alla migrazione post-stack:
l’applicazione su una parte dei dati rielaborati di un operatore di migrazione parziale
pre-stack rappresentato dal dip moveout (DMO) e successivamente di una
migrazione post-stack, può essere equivalente ad una migrazione completa pre-stack.
Il Capitolo Secondo è relativo all’interpretazione dei dati sperimentali.
Vengono presentate inizialmente tutte le informazioni bibliografiche acquisite
nella zona in esame e ritenute utili per il supporto e la validazione
dell’interpretazione sismica. La complessità geologica del Mediterraneo, e di quello
Centrale in particolare, ha stimolato diverse idee, spingendo molti studiosi a produrre
indagini, raccolte di dati ed a proporre modelli strutturali regionali e schemi
evolutivi: divergenze sono riscontrabili tra i vari Autori e molti sono i problemi
ancora insoluti.
Un primo paragrafo mette in luce il ruolo della regione del Mediterraneo Centrale
nel contesto dell’evoluzione dell’intera cintura Mediterranea: stretta è la connessione
con i processi geodinamici relativi al ciclo orogenetico Alpino, a sua volta legati
all’apertura Atlantica.
Particolare attenzione è rivolta alla sintesi delle conoscenze su stratigrafia,
struttura ed evoluzione del segmento orogenico Appennino Meridionale-Arco
Calabro-Sicilia ed aree adiacenti entro il loro contesto paleogeografico: il quadro
geologico pre-orogenico di partenza delle masse tettoniche costituenti la catena ha
giocato un ruolo rilevante nell’evoluzione che ha avuto luogo successivamente.
Un paragrafo specifico è relativo al magmatismo del Mediterraneo Centrale ed
alle sue implicazioni geodinamiche.
Nell’ultimo paragrafo di revisione bibliografica si effettua l’analisi della vasta
mole di informazioni geofisiche disponibili: sismica a riflessione ed a rifrazione,
sismicità superficiale ed intermedio-profonda, tomografia sismica, gravimetria,
magnetismo e paleomagnetismo, flusso di calore.
La parte propriamente sperimentale del lavoro di interpretazione svolto
nell’ambito di questa Tesi ha riguardato la definizione dell’assetto tettonico dell’area
del margine Tirrenico della Campania rappresentato dal Bacino di Salerno e
dall’offshore del Cilento. Allo scopo si è analizzato un set di linee sismiche
comprendente linee CROP (tra cui la CROP-M6B riprocessata), linee MS ed altre
linee pubbliche.
A partire dai dati disponibili dei pozzi di esplorazione, la taratura della sismo-
stratigrafia è stata estrapolata su tutte le linee analizzate. Una delle principali fasi
dell’interpretazione della maglia di linee sismiche è consistita nella correlazione
delle diverse faglie individuate sui profili considerati, in quanto da essa deriva la
definizione degli andamenti tettonici dell’area studiata. Il quadro tettonico così
ricostruito è stato quindi interpretato nel contesto del campo di stress regionale
dedotto per l’area in esame. Sono individuabili meccanismi trascorrenti sinistri
(faglie distensive del margine parallele alla linea di costa) e destri, oltre a
componenti compressive, che nel loro complesso indicano l’azione di una coppia di
taglio con direzione circa NW-SE.
6
INTRODUZIONE
Il tema della presente Tesi è la rielaborazione e l’interpretazione di dati sismici del
progetto CROP-MARE registrati nell’area del margine Campano Tirrenico.
Obiettivo del lavoro è la ricostruzione delle condizioni crostali attraverso la
definizione dei principali lineamenti tettonici, sismo-stratigrafici ed evolutivi.
L’area investigata è localizzata nella zona di cerniera tra il segmento Campano-
Lucano dell’Appennino Meridionale ed il dominio del Bacino Tirrenico.
La Catena orogenica Sud Appennino-Arco Calabro-Sicilia è il risultato della
convergenza tra il margine meridionale Europeo ed il margine settentrionale
Africano. Quest’ultimo è rappresentato dal promontorio Adriatico il quale, a partire
dal Triassico-Giurassico, è diventato una microplacca isolata dalla sua madre-placca
Africana (Finetti, 1982, 1984; Finetti e Del Ben, 1986). Il processo è iniziato nel
Giurassico e si è sviluppato con il drifting e l’apertura del Bacino Ionico. A tale fase
distensiva si è associata la migrazione verso nord della placca Apula e la subduzione,
sotto quest’ultima, dell’Oceano Ligure, costituente il braccio occidentale della Neo-
Tetide. Nel Cretacico la collisione continentale tra Eurasia ed Adria ha prodotto
un’intensa deformazione che ha dato il via alla costruzione degli Orogeni Austro-
Alpino e Dinarico.
L’assetto strutturale preesistente ha costituito uno degli elementi principali che ha
determinato e guidato la successiva deformazione tettonica terziaria (Carbone e
Lentini, 1990; Lentini et alii, 1994; Finetti et alii, 1996). Quest’ultima è stata
prevalentemente il prodotto di tettonica compressiva: le coltri Austro-Alpine hanno
continuato a sovrascorrere sul margine meridionale Europeo e, contemporaneamente,
hanno avuto inizio i thrusts della Catena Appenninica con vergenza verso la placca
Apula.
L’Orogene Appenninico è quindi composto da diverse unità vergenti verso est e
sovrapposte l’una all’altra (Lentini et alii, 1990; Lentini et alii, 1994; Finetti et alii,
1996):
- Unità Calabre, lembi della Catena Alpina con vergenza Europea successivamente
coinvolte nell’orogenesi Appenninica a vergenza Africana (Cello et alii, 1996),
affioranti nella Catena Kabilo-Calabride;
- Unità Liguri, sequenza sedimentaria dell’antico Oceano Ligure ed ora
ampiamente deformata in Appennino Settentrionale e Meridionale ed in Calabria
(Knott, 1994);
- Unità Appenniniche (o Interne o Panormidi), rappresentate da una sequenza
carbonatica scollata dal proprio basamento ed ora affiorante in Appennino
Meridionale ed in Sicilia;
- Unità Lagonegresi-Ioniche, ossia sequenze di bacino profondo il cui basamento
(oceanico o a crosta continentale assottigliata) è stato subdotto durante la
migrazione dell’arco verso est (Finetti et alii, 1996); a queste sono attribuite
anche le formazioni di bacino profondo presenti in Sicilia e note in letteratura
come Imeresi;
- Unità Apule, rappresentanti l’avampaese fino al Tortoniano e successivamente
coinvolte nel sistema orogenico con imbricazioni generalmente sepolte in
Appennino Meridionale e spesso affioranti in Sicilia. Un’ampia parte della placca
Apula non è attualmente interessata da tali deformazioni, ma costituisce
7
l’avampaese indeformato o basculato sotto la catena (Bacino Adriatico,
piattaforma Apula emersa ed Iblei).
L’orogenesi ha interessato tutte le aree paleogeografiche sopra menzionate,
generando un sistema complesso spesso formato da strutture a duplex. La prima fase
compressiva, iniziata nell’Eocene, ha prodotto la formazione della Catena Kabilo-
Calabride ed il suo successivo impilamento sulle Unità Appenniniche
nell’Oligocene. Ciò ha determinato la strutturazione di queste ultime,
contemporaneamente alla rotazione del Blocco Sardo-Corso ed all’apertura del
Bacino Balearico (Finetti e Del Ben, 1986), eventi proseguiti fino al Langhiano. Il
Bacino Lagonegrese-Ionico, costituente inizialmente l’avampaese dell’orogene in
migrazione, è stato a sua volta interessato e coinvolto nell’embricazione della
sequenza sedimentaria scollatasi dal proprio basamento in subduzione. A partire dal
Tortoniano, in concomitanza con il rifting del Bacino Tirrenico (Finetti e Del Ben,
1986), si è avuta via via la collisione tra i Blocchi Interno ed Apulo e tra quello
Interno e Pelagiano, mano a mano che andava esaurendosi la crosta oceanica
Lagonegrese-Ionica. Il proseguire delle spinte compressive ha così coinvolto il
paleomargine occidentale Apulo, il quale ha invertito la propria tettonica.
Dove l’avampaese era ed è tuttora costituito da crosta oceanica (Ionio), la
collisione non è avvenuta ma prosegue la subduzione, come testimoniano i terremoti
profondi registrati nell’area (Anderson e Jackson, 1987). Le tipologie crostali
dell’avampaese, costituendo una diversa “resistenza” alla migrazione dell’orogene,
hanno determinato una sua segmentazione attraverso svincoli cinematici,
rappresentati essenzialmente da sistemi trascorrenti destri (Sistema Trascorrente Sud-
Tirrenico, Finetti et alii, 1996) e sinistri (Trascorrenti di Palinuro, di Capri e di
Policastro, di Finetti e Del Ben, 1986).
L’attuale quadro si presenta dunque piuttosto eterogeneo. Il sistema orogenico,
infatti, costituito dalle unità geologiche precedentemente descritte e provenienti da
diversi domini paleogeografici, è compreso tra un avampaese diviso in settori con
diverse caratteristiche crostali (piattaforma Apula, Bacino Ionico, piattaforma
Pelagiana) ed un “retro-paese” costituito dal Bacino Tirrenico a crosta oceanica di
neo-formazione.
Il progetto di ricerca italiano CROP (CRosta Profonda) ha incluso nei suoi
programmi l’esplorazione regionale dei mari circostanti l’Italia. I nuovi dati forniti
dalle linee sismiche profonde CROP-MARE aggiungono interessanti informazioni
alle conoscenze strutturali, sismo-stratigrafiche e geodinamiche della litosfera
dell’area comprendente l’Orogene Appennino Meridionale-Arco Calabro-Sicilia.
Per una più completa comprensione della tettonodinamica evolutiva del sistema
orogenico sopra menzionato occorre esaminare una più vasta area che va dal Blocco
Sardo Corso allo Ionio ed include gli avampaesi Apulo e Pelagiano. Questo studio
regionale necessita dell’analisi di numerosi e differenti fattori di carattere geologico e
geofisico: infatti esso richiede lo sviluppo delle conoscenze relative agli elementi
strutturali sia superficiali che profondi, sia emersi in terra che sepolti sotto uno
spessore d’acqua o una coltre sedimentaria. Tale eterogeneità e complessità risultano
quindi proficuamente indagabili attraverso le numerose linee sismiche del progetto
CROP-MARE, le quali ricoprono con buon controllo regionale tutto l’offshore della
Penisola Italiana.
Un problema fondamentale del progetto CROP è costituito dalla necessità di
rielaborare diverse linee o segmenti di esse per poter migliorare i segnali ottenuti e
l’informazione che ne può derivare.
8
In tal senso il tratto finale della linea sismica CROP-M6B, acquisita ed elaborata
dall’Osservatorio Geofisico Sperimentale di Trieste nel 1991, è stato selezionato per
un reprocessing di dettaglio, utilizzando metodologie avanzate e specifiche, mirate
ad una migliore definizione ed identificazione della struttura e della stratigrafia
dell’area comprendente il Bacino di Salerno e l’offshore della Penisola del Cilento.
In generale, gli obiettivi del processing sono l’incremento del rapporto
segnale/rumore ed il miglioramento della risoluzione sia verticale che orizzontale. Le
operazioni fondamentali dell’elaborazione sono, nell’usuale ordine di applicazione,
deconvoluzione, stacking e migrazione (Yilmaz, 1987).
La deconvoluzione mira all’incremento della risoluzione verticale: essa opera un
restringimento, aumentandone l’ampiezza, dell’impulso di segnale che, per effetto
della trasmissione nel terreno, viene registrato come un’ondina allargata nel tempo e
di minore ampiezza.
Lo stacking, ovvero la somma in fase delle tracce corrispondenti ad un dato CMP
gather, è il più efficace procedimento ai fini del miglioramento del rapporto
segnale/rumore: il risultato della somma è un’unica traccia corrispondente ad offset
nullo ed in cui il segnale, allineato in fase, si presenta rinforzato, mentre il rumore, in
posizione casuale nelle tracce, statisticamente risulta indebolito.
La migrazione permette un miglioramento della risoluzione spaziale nella sezione
sismica: essa restituisce la corretta posizione spaziale degli eventi riflessi e rimuove
le diffrazioni.
Una elaborazione standard del segnale, pur fornendo già utili indicazioni sulle
principali strutture e geometrie, spesso non è sufficiente per ricavare tutte le
informazioni contenute nel dato sismico. È quindi necessario utilizzare tecniche di
processing che non sono applicabili “a priori” sull’intero dataset disponibile, ma
richiedono dettagliate analisi e lunghi tempi di elaborazione. Ogni set di dati presenta
infatti caratteristiche e problematiche uniche e peculiari che richiedono una
considerazione ed un trattamento specifici. Quindi la sequenza di processing, benché
basata sulle tre operazioni fondamentali precedentemente indicate, varia anche in
funzione degli scopi che si vogliono raggiungere, per ogni singolo caso, ed è aperta a
modifiche durante il corso del lavoro stesso.
In particolare, nel caso dei dati rielaborati in questa Tesi, si è in presenza di un
basso rapporto segnale/rumore. L’interpretazione degli eventi primari è resa
problematica in quanto i segnali risultano mascherati sia da pacchetti di eventi
multipli (repliche della riflessione del fondo mare e riverberazioni all’interno degli
strati), sia da numerose diffrazioni. Viste le caratteristiche dei dati sperimentali, le
principali fasi del reprocessing da eseguire consistono nelle seguenti operazioni:
rimozione delle multiple (deriverberazione), ricostruzione dettagliata della
distribuzione verticale e laterale delle velocità delle onde attraverso i diversi litotipi,
eliminazione dei disturbi da diffrazione tramite migrazione dei segnali.
Le riflessioni multiple possono essere separate dal segnale utilizzando procedure
di elaborazione che sfruttano la discriminante in moveout, come il filtraggio nel
dominio (f,k) nel quale si ha la possibilità di separare gli eventi in funzione della
pendenza.
Attraverso metodologie di analisi di velocità integrate si può giungere all’accurata
definizione delle funzioni di velocità per ottenere la migliore qualità del segnale nella
sezione sismica.
In aree strutturalmente complesse, con inomogeneità laterali del campo di velocità
e presenza di riflettori inclinati, risulta necessario ricorrere ad una migrazione pre-
stack. La correzione di dip moveout (Deregowski, 1986; Hale, 1991) è una
9
migrazione parziale pre-stack che trasforma i dati non-zero-offset in vere sezioni ad
offset zero. L’uso del dip moveout assieme ad una migrazione post-stack può
risultare equivalente ad una migrazione completa pre-stack.
Per definire lo stile tettonico esistente ed i più importanti orizzonti sismo-
stratigrafici presenti nell’area del Margine Campano oggetto del lavoro di Tesi,
l’interpretazione del tratto di linea riprocessato va integrata con altri profili sismici
acquisiti nella zona (linee CROP, linee MS e linee pubbliche) e con le informazioni
geologiche e geofisiche disponibili in letteratura. La correlazione tra le faglie
identificate sulle diverse linee costituenti la maglia considerata rappresenta una delle
principali fasi di qualsiasi lavoro di interpretazione. Non sempre la correlazione è
chiara ed univoca, anche perché alcune faglie, quelle minori, potrebbero essere
interessate da una sola sezione e quindi risulta difficile assegnarne la direzione. Tale
problema può essere superato in base alla conoscenza regionale dei principali
allineamenti tettonici e, per le direzioni tettoniche più recenti, è di aiuto la
morfologia.
Come accennato, vari Autori (Finetti e Del Ben, 1986; Lentini et alii, 1994; Finetti
et alii, 1996) hanno segnalato una cinematica trascorrente sinistra nell’Appennino
Meridionale ed una speculare cinematica destra nelle aree meridionali (Sicilia): la
tettonica trascorrente pare essere determinante nell’attuale assetto tanto della catena
quanto dell’area distesa sul retro, ma nello stesso tempo risulta difficile da
individuare e quantificare sia dal punto di vista spaziale che temporale. La
ricostruzione dell’evoluzione tettono-stratigrafica del margine Tirrenico Sud-
Orientale può fornire importanti elementi per la comprensione del sistema Tirreno-
Arco Calabro, onde chiarire ruolo, significato e tempi di attività delle linee
trascorrenti associate allo svincolo nord-orientale.
10
CAPITOLO PRIMO
1 ELABORAZIONE DATI SPERIMENTALI
1.1 INTRODUZIONE
In questo capitolo vengono presentati e discussi in dettaglio i metodi del
processing sismico. Oltre a descrivere compiutamente tali metodi dal punto di vista
teorico viene messa in evidenza la sequenza di processing specificatamente utilizzata
nella rielaborazione dei dati sismici considerati, sottolineando i problemi emersi
durante l’analisi dei dati stessi.
Fig. 1.1-1 Ubicazione della linea CROP-M6B.
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I dati esaminati nel presente lavoro di Tesi sono relativi ad una porzione della
linea sismica CROP-M6B, acquisita nel 1991 dall’Osservatorio Geofisico
Sperimentale (OGS) di Trieste e successivamente elaborata nel 1993 dallo stesso
nell’ambito del progetto CROP (CROsta Profonda). L’ubicazione della linea sismica
M6B è indicata in Fig. 1.1-1: la porzione rielaborata si riferisce all’estremità nord-
orientale della linea in corrispondenza del margine Tirrenico Campano (Offshore
Cilento).
Il programma di ricerca italiano CROP, iniziato dal CNR nel 1986 e nel quale con
separate convenzioni bilaterali col CNR sono successivamente entrati nel 1989
l’AGIP e l’ENEL, prevedeva l’esecuzione di un certo numero di profili di sismica a
riflessione profonda (NVR) in terra progettati per affrontare differenti temi geologici
e geofisici: sono stati così realizzati oltre 3000 km di profili attraverso le Alpi e gli
Appennini.
Il progetto CROP ha poi incluso nei suoi programmi l’esplorazione regionale dei
mari circostanti l’Italia con il fine di definire il quadro tettonico e geocinematico
della penisola.
Con il sottoprogetto CROP-MARE sono stati eseguiti circa 8500 km di profili
sismici crostali marini a riflessione. Le tecniche di acquisizione multicanale utilizzate
sono analoghe a quelle impiegate per le prospezioni di idrocarburi anche se,
naturalmente, si sono dovute adottare delle modifiche finalizzate principalmente ad
esaltare la penetrazione dell’energia sismica a livelli crostali profondi (>10 km).
L’obiettivo tematico primario della ricerca consiste nella focalizzazione dei
caratteri geologico-strutturali e geofisici profondi, pur senza trascurare quelli
superficiali, con lo scopo di dare un contributo all’analisi ed alla soluzione di
problemi tettonici e cinematici ancora oggetto di studio e confronto di opinioni.
12
1.2 AREA DI STUDIO
Il particolare assetto della regione Centro-Mediterranea ha sempre suscitato
grande interesse tra gli studiosi di Scienze della Terra per la sua peculiarità di
racchiudere, in un’area relativamente ristretta, numerosi e diversi meccanismi
evolutivi spiegabili attraverso i modelli geodinamici della tettonica a placche,
generalmente applicabili a scala più ampia.
La complessità di tale situazione ha comportato lo sviluppo di numerose ipotesi,
talvolta tra loro totalmente o parzialmente discordanti, relative alla coesistenza dei
vari processi che hanno generato l’attuale configurazione della regione. Alla luce di
quanto detto il CROP rappresenta un fondamentale passo avanti per la produzione di
informazioni basilari per lo sviluppo delle conoscenze sulla struttura crostale del
Mediterraneo Centrale.
Il sistema Sud Appennino-Arco Calabro-Sicilia è costituito da un thrust belt a
forma arcuata interposto tra due aree oceaniche, l’una (Ionio) in subduzione, l’altra
(Tirreno) in espansione. Queste due aree bacinali, entrambe caratterizzate da crosta
oceanica, si differenziano profondamente per la loro storia evolutiva. Infatti, lo Ionio,
attualmente rappresentato da un bacino profondo di estensione limitata, compreso tra
i due fronti compressivi Calabro ed Ellenico sotto i quali subduce, costituisce il
relitto di un bacino oceanico di età Mesozoica.
Il Tirreno rappresenta invece un bacino la cui apertura ha avuto inizio nel
Tortoniano in connessione alla migrazione della Catena Appenninica ed alla
subduzione della crosta Ionica. L’evoluzione tettono-dinamica dell’orogene, esteso
dall’Appennino Meridionale alla Sicilia, è strettamente collegata al fenomeno di
apertura del Bacino Tirrenico sviluppatosi essenzialmente durante il Pliocene (Finetti
e Del Ben, 1986) e avvenuta nelle aree interne del sistema orogenico durante la fase
collisionale finale della convergenza tra Africa ed Europa.
Il margine N-Africano è rappresentato dal promontorio Adriatico il quale, al
partire dal Giurassico, si comporta come una microplacca isolata dalla madre-placca
Africana (Finetti, 1982, 1984; Finetti e Del Ben, 1986). Questo processo ha inizio
con il rifting di età Triassica che ha interessato l’intero margine Africano in
connessione con l’apertura della Neo-Tetide e che nel Giurassico si è sviluppato con
il drifting e l’apertura del Bacino Ionico. Tale fase distensiva è associata alla
migrazione verso nord della placca Apula ed alla subduzione, sotto quest’ultima,
dell’Oceano Ligure, costituente il braccio occidentale della Neo-Tetide. Nel
Cretacico la collisione continentale tra Eurasia ed Adria ha prodotto un’intensa
deformazione che ha dato il via alla costruzione degli orogeni Austro-Alpino e
Dinarico.
L’assetto strutturale preesistente ha costituito uno degli elementi principali che ha
determinato e guidato la successiva deformazione tettonica Terziaria. Quest’ultima è
stata prevalentemente il prodotto di tettonica compressiva: le coltri Austro-Alpine
hanno continuato a sovrascorrere sul margine meridionale Europeo e,
contemporaneamente, hanno inizio i thrust della Catena Appenninica con vergenza
verso la placca Apula, così come avveniva per la Catena Dinarica fin dal Cretacico.
Le Unità Calabre, affioranti nella Catena Kabilo-Calabride, provengono almeno in
parte dall’antico margine Europeo, ora margine orientale del Blocco Sardo-Corso.
L’originaria disposizione dei differenti domini continentali nella paleogeografia
pre-orogenica ha determinato la diacronia dell’evento collisionale lungo l’orogene. Il
fenomeno di duplexing si è manifestato in superficie con la sovrapposizione di
13
strutture recenti, direttamente collegate alla deformazione profonda, che hanno
ripreso le associazioni strutturali più antiche e relative alla deformazione del cuneo
alloctono (Lentini et alii, 1996).
Le diverse tipologie crostali dell’avampaese, costituendo una diversa “resistenza”
alla migrazione dell’orogene, hanno determinato una sua segmentazione attraverso
svincoli cinematici, rappresentati essenzialmente da sistemi trascorrenti destrorsi
lungo il margine meridionale Tirrenico (Sistema Trascorrente Sud-Tirrenico) e
sinistrorsi lungo il margine nord-orientale (Finetti et alii, 1996).
L’estensione Tirrenica è stata accomodata lateralmente su ampie fasce deformate
con movimenti orizzontali distribuiti lungo diverse zone di taglio. Il quadro che si
ricava evidenzia una gradualità nella segmentazione dell’orogene. Analogamente la
ridefinizione del ruolo delle singole linee tettoniche lungo gli svincoli laterali del
Sistema Tirreno-Arco Calabro mette in luce la possibilità di collegare gli elementi
presenti in terra e rilevati dai dati di superficie e dall’esplorazione petrolifera, con
quelli presenti nei settori sommersi della regione peritirrenica.
Si rimanda al Capitolo Secondo per approfondimenti relativi alle conoscenze
geologiche e geofisiche dell’area.
14
1.3 ACQUISIZIONE DATI SPERIMENTALI
I dati presi in esame nel presente lavoro di Tesi relativamente alle parte di
elaborazione si riferiscono ad un tratto della linea sismica M6B compreso tra i punti
di scoppio (shot points) 2159 e 2652 inclusi.
Tale linea è stata acquisita nel corso del programma di sismica marina a
riflessione multicanale svolto dall’Osservatorio Geofisico Sperimentale di Trieste
durante l’estate 1991 nell’ambito del progetto CROsta Profonda (CROP).
Nella tabella che segue sono riportati i dati di produzione per la linea sismica
M6B:
Linea I/F Data Ora Lat. Long. 1° SP Ult. SP SP
CROP91
M6B
Inizio
Fine
10/08/91
11/08/91
21:52
12:49
39°16.0
'
N
40°11.9
'
N
13°54.0
'
E
14°50.8
'
E
100 2730 2631
Accanto agli obiettivi tematici di cui si è già detto, il progetto CROP si è prefisso
anche l’obiettivo di contribuire all’affinamento delle tecniche di indagine sismica
profonda. Così, per esempio, per la prima volta è stato utilizzato un cavo sismico
(streamer) da 4500 m a 180 canali ed una sorgente (air-gun) da 80 l.
Durante la ricerca sono stati adottati i seguenti parametri:
Formato di registrazione/densità SEGD – 6250 BPI
Intervallo di campionamento 4 ms
Durata della registrazione
(osservazioni: intervallo di scoppio 19 s –
17+2 s tempo di riciclo)
17 s
Frequenza di low cut Nessuna
Frequenza di high cut 77 Hz Slope 53 Db/oct
N° di canali sismici 180, canali ausiliari 8
N° di gruppi attivi 180
Lunghezza attiva 4500 m
Intervallo tra i gruppi 25 m
Lunghezza base dei gruppi 25 m
N° di idrofoni per gruppo 32
Offset (sorgente/1° gruppo) 150 m
Profondità dello streamer 12 m (+/- 1 m)
Frequenza di Notch 62 Hz
Sensitività dello streamer 10 V/Bar
Copertura 4500%
Sorgente di energia AIR-GUN
Tipo di array TUNED-D080/103/06
Volume totale dell’array 4906 Cu.in – 80.40 l
Pressione di esercizio 2000 Psi – 140 bar
Tolleranza di esercizio +/- 10%
Power out-put 103.4 bar/m
N° di subarray 4
15
N° di guns per subarray/volume di subarray 8/1226.5 Cu.in – 20.10 l
Lunghezza di un subarray 14 m
N° totale di guns 32
Lunghezza della sorgente 56 m
Larghezza della sorgente 45 m
Profondità di esercizio 8 m
Frequenza di Notch 93.7 Hz
Intervallo tra gli scoppi 50 m
Velocità di crociera 5.12 kn
1.3.1 Navigazione
Per l’esecuzione della campagna geofisica CROP-MARE91 è stata utilizzata la
nave da ricerca OGS Explora. Quest’ultima è stata appositamente ideata, progettata e
costruita per l’acquisizione di dati sismici, gravimetrici e magnetici, ed è dotata allo
scopo di un complesso insieme di strumenti e di sistemi elettronici di controllo,
interfacciati tra di loro.
Il sistema di navigazione è il NAVDATA 3000+, della PRAKLA SEISMOS di
Hannover.
Tale sistema, in modo semplificato, si basa sull’utilizzo simultaneo di due
computer operanti in multitasking.
Il primo di questi è dedicato all’acquisizione dei dati forniti da sensori, strumenti,
sistemi di posizionamento e di navigazione. In particolare la prospezione sismica
marina avanzata richiede di posizionare il punto di energizzazione ed il cavo di
registrazione nella maniera più precisa possibile, esigenza divenuta ancor più
rigorosa con la sistematica applicazione delle coperture multiple (stacking). Nel
corso del programma è stato utilizzato quasi esclusivamente il sistema di
posizionamento satellitare GPS.
Il secondo computer è dedicato alla esecuzione del programma di navigazione ed
alla gestione degli output.
1.3.2 Energizzazione
Il sistema di energizzazione usato per l’acquisizione è del tipo ad air-gun.
Un air-gun, cui è associato un compressore d’aria, è sostanzialmente un
dispositivo atto a liberare in acqua in maniera istantanea, su comando, una data
quantità d’aria ad una elevata pressione predeterminata. La bolla gassosa che ne
consegue rappresenta la sorgente sismica capace di provocare gli eventi riflessi
desiderati.
Un air-gun può essere descritto come segue (Fig. 1.3-1). Si hanno due camere ad
alta pressione, una superiore di controllo ed una inferiore di scarico. Nella posizione
di riposo le due camere sono chiuse da due pistoni (pistone di Trigger e pistone di
scoppio) rigidamente connessi da un cilindro provvisto di orifizio assiale.
Comprimendo aria dal tubo di alimentazione entro la camera superiore, attraverso
l’orifizio del cilindro collegante i due pistoni questa passa anche nella camera
inferiore. Pur a pressione stabilizzata entro le due camere, si fa sì, costruttivamente,
che esista sempre una certa forza agente sui pistoni (superficie pistone superiore
16
maggiore di quella del pistone inferiore) con senso dall’alto verso il basso (la camera
inferiore viene tenuta chiusa da questa forza). Al momento voluto, mediante un
comando elettrico si agisce producendo istantaneamente una forza sul pistone di
scoppio, rivolta verso l’alto. Essendo questa forza molto superiore a quella verso il
basso, si ha la scarica ad alta velocità dalla camera inferiore in acqua attraverso
quattro finestre. Dopo lo scoppio, il pistone torna nella posizione di riposo e
l’energizzazione può così ripetersi dopo un breve intervallo di tempo, dipendente
soprattutto dalla produzione d’aria del compressore di alimentazione posto sulla
nave.
Fig. 1.3-1. Schema di air-gun. (a) Pronto per lo scoppio. (b) Durante lo scoppio. (Da Telford et
alii, 1990)
La sorgente sismica impartisce in questo modo una elevata accelerazione iniziale
al mezzo circostante (acqua). L’energia della sorgente è convertita in maniera
istantanea in energia potenziale (di compressione) ed energia cinetica nel mezzo
liquido.
L’energia liberata deve essere poi tale da generare un segnale riflesso con
soddisfacente rapporto segnale/rumore (S/N, signal-to-noise) alla più grande
profondità possibile. Il livello del segnale può essere aumentato mediante l’impiego
di sorgenti multiple (con più elementi energizzanti sincroni) e ripetendo l’impulso
energizzante con avanzamento della sorgente e degli idrofoni sommando
successivamente i CDP (Common-Depth Points: stacking orizzontale).
Per ottenere una energizzazione ottimizzata su un’ampia banda dello spettro
occorre combinare diversi guns operanti secondo una prestabilita geometria, a
conveniente profondità ed in rigorosa sincronia.
Per quanto riguarda in particolare il progetto CROP, le tecniche di acquisizione
sono state opportunamente modificate con la finalità principale di esaltare la
penetrazione dell’energia sismica a livelli crostali profondi. Dal punto di vista fisico,
la penetrazione di una sorgente è proporzionale all’ampiezza dell’impulso sismico
emesso sullo spettro utile. Inoltre, è noto sia dalla teoria che da esempi pratici che, a
parità di altri fattori, la penetrazione è tanto migliore quanto più lo spettro di
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ampiezza si mantiene a valori elevati sulle basse frequenze. Le più significative
modifiche adottate sono da ricercarsi allora nell’uso di sorgenti di energia con
volumi relativamente elevati, nelle geometrie degli array della sorgente e nel loro
spettro di ampiezza prevalentemente orientato alle basse frequenze.
Durante il programma CROP-MARE91 la nave è stata attrezzata con quattro
stringhe, di 8 air-guns ciascuna.
Il volume totale della configurazione adottata è di circa 80 l, a 140 bar ossia 140
kg/cm
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(Fig. 1.3-2).
Fig. 1.3-2. Configurazione degli air-guns adottata nel corso della campagna CROP-MARE91.
La profondità operativa di 6 metri è stata garantita da galleggianti, mentre la
distanza fra le quattro stringhe è stata ottenuta con rinvii vincolati sui due portali
laterali. Su ciascuna stringa sono stati installati cinque idrofoni per controllare la
profondità e, nel contempo, acquisire la temporizzazione all’istante di scoppio.
Per garantire un rilascio d’aria simultaneo da tutti i cannoni ed ottenere il fronte
d’onda energizzante caratteristico della configurazione di stringhe adottata, si sono
impiegate due unità di sincronizzazione della PRAKLA SEISMOS mod. VZAD.
Ciascuna di esse comanda il rilascio e controlla automaticamente la sincronizzazione
di 20 air-guns.
Il sincronizzatore rilascia i singoli air-guns ad un tempo predeterminato e registra
l’impulso remoto di un sensore piezoelettrico integrato nella valvola di apertura del
cannone. Tale indicazione temporale remota, che corrisponde all’istante di scoppio
dell’air-gun, viene comparata con la temporizzazione precedente; se viene rilevato un
errore, l’unità automaticamente corregge il tempo di ritardo del rilascio di energia.
1.3.3 Acquisizione dei dati sismici
Il dispositivo atto a rilevare in acqua gli eventi sismici che si producono nel
mezzo energizzato è il cavo sismico (streamer). Ai segnali utili (segnali riflessi) si
accompagnano anche eventi di disturbo che si cerca sempre di eliminare, per quanto
possibile, anche in fase di registrazione. Le tecnologie costruttive di un cavo sismico
nulla possono contro i disturbi coerenti ed aleatori che si propagano in senso
verticale, mentre possono attenuare quelli propagantisi orizzontalmente mediante
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opportuni accorgimenti, quali appropriate spaziature degli elementi sensibili collegati
in gruppo (idrofoni).
Nel corso del programma è stato utilizzato un cavo sismico analogico, costruito
dalla PRAKLA SEISMOS, formato da sezioni passive e/o attive accoppiate in serie
tra di loro.
Ogni sezione dello streamer è costituita da una guaina esterna protettiva in
poliuretano ad alta flessibilità (diametro esterno 68 mm, spessore 3mm) all’interno
della quale sono contenuti gli elementi sensibili, annegati in olio a bassa densità.
La sezione sismica attiva, in genere lunga 50 m, contiene un array costituito da
quattro gruppi di idrofoni i cui centri distano tra loro 12.5 m; ciascun gruppo è
realizzato dal collegamento in parallelo di 16 idrofoni. Gli idrofoni sono trasduttori
basati sul fenomeno della piezoelettricità: producono una oscillazione di tensione
all’oscillare delle pressioni cui sono sottoposti. L’onda acustica (onda longitudinale)
dalla sorgente si propaga in acqua, penetra nella serie dei terreni sottostanti e, quando
incontra discontinuità elastiche, riflette energia che ritorna in superficie dando luogo
ad oscillazioni di pressione entro il mezzo liquido.
Le linee di trasmissione del segnale sono costituite da doppini di conduttore in
rame, opportunamente isolati ed il cablaggio è realizzato in modo da permettere la
intercambiabilità delle tracce.
Le sezioni passive sono costituite da sezioni elastiche, sezioni adattatrici e sezioni
di traino.
Fig. 1.3-3. Trasmissione e controllo dati dallo streamer.
La localizzazione orizzontale e verticale dello streamer al traino è controllata
tramite un sistema che consta di unità di controllo (Control Unit) installata a bordo e
di diverse unità remote (Remote Units) poste lungo lo streamer ed esterne ad esso.
Particolari sezioni dello streamer contengono un elemento induttivo che permette la
comunicazione bidirezionale tra le Remote Units e la Control Unit (Fig. 1.3-3).
La Remote Compass Unit (RCU) utilizza un sensore flux-gate che valuta la
componente orizzontale del campo magnetico terrestre ed un sensore di pressione per
la sua localizzazione in profondità. Le RCU comunicano alla unità di controllo i dati
di heading e depth, che vengono acquisiti dal sistema di navigazione ad ogni shot
point.