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1. L’ENERGIA RINNOVABILE
L’esigenza di sviluppare fonti energetiche alternative è una delle
priorità per i paesi di tutto il mondo, il cui approvvigionamento energetico è
fortemente dipendente dai combustibili fossili. Questi soddisfano infatti
l’85% della domanda energetica mondiale: il petrolio contribuisce per il
40% , il carbone per il 26% e il gas naturale (in forte crescita di consumo)
per il 23% (http://it.wikipedia.org). L’utilizzo indiscriminato dei
combustibili fossili sta portando a un lento degrado del nostro pianeta,
facendo incrementare la percentuale di anidride carbonica nell’atmosfera
con conseguente aumento dell’effetto serra e innalzamento della
temperatura terrestre. Negli ultimi 100 anni la temperatura terrestre è
aumentata di 0,74°C e un aumento di soli 2°C in più porterà alla perdita
massiccia di centinaia di specie animali e la creazione di 100 milioni di
rifugiati climatici oltre a numerose conseguenze ambientali e socio-politche
(http://www.genitronsviluppo.com).
L’effetto serra è un evento assolutamente naturale che si verifica
nell'atmosfera terrestre: la terra è continuamente colpita dalla radiazione
elettromagnetica emessa dal sole, parte di questa radiazione viene assorbita
dall'atmosfera terrestre ma la grande maggioranza colpisce la crosta
terrestre. Di questa radiazione parte viene assorbita dalla superficie, parte è
riflessa come radiazione luminosa di varia frequenza e parte viene riflessa
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come radiazione a lunghezza d'onda maggiore (tipicamente infrarossi).
Sono proprio questi infrarossi che generano l'effetto serra: l'atmosfera
(come il vetro di una serra) è quasi completamente trasparente alla luce
visibile ma è estremamente opaca alla radiazione infrarossa pertanto gli
infrarossi riflessi dalla superficie non fuoriescono dall’atmosfera ma restano
racchiusi tra la superficie e gli strati alti di essa (come in una serra dove
sono intrappolati sotto i vetri). L'effetto è estremamente utile per la vita
sulla terra in quanto, in mancanza di esso, la temperatura media sarebbe di
-19°C. Negli ultimi decenni però l'Effetto Serra si è intensificato a causa
dell'emissione di CO2 e degli altri cosiddetti gas serra: il metano, il vapor
acqueo, gli ossidi d'azoto e i clorofluorocarburi. La concentrazione di
anidride carbonica nell'atmosfera a inizio secolo era di circa 290 ppm (parti
per milione), oggi è di circa 370~380 ppm e si pensa che nel 2050 possa
raggiungere le 550~630 ppm se non si prenderanno dei provvedimenti
(http://www.satrel.it) (fig. 1).
Gli effetti diretti dei cambiamenti climatici sono gia ben conosciuti:
una crescente siccità, numerose inondazioni, l’innalzamento del livello
degli oceani, la mancanza di acqua potabile, l’aumento di eventi
meteorologici più estremi come ondate di caldo, forti precipitazioni e forti
tempeste.
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1.1 DAL PROTOCOLLO DI KYOTO ALLA CONFERENZA DI COPENAGHEN
I leader mondiali concordano sul fatto che sia necessario limitare le
emissioni di CO2 e puntare grazie ad accordi commerciali e nuove
tecnologie ad essere neutrali al carbonio entro il 2050.
L’11 dicembre 1997 più di 160 paesi hanno sottoscritto il protocollo
di Kyoto, un trattato internazionale in materia di ambiente riguardante il
riscaldamento globale. Attualmente sono 184 le nazioni firmatarie
dell’accordo. Il trattato prevede l'obbligo in capo ai paesi industrializzati di
operare una riduzione delle emissioni di elementi inquinanti (biossido di
carbonio e gli altri cinque gas serra, ovvero metano, ossido di diazoto,
idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro di zolfo) in una misura
non inferiore al 5% rispetto alle emissioni registrate nel 1990 —
considerato come anno base — nel periodo 2008-2012. L’Unione Europea
ha sottoscritto un impegno di riduzione delle emissioni inquinanti dell’8%
(http://europa.eu/legislation_summaries). Il protocollo di Kyoto prevede
inoltre, per i Paesi aderenti, la possibilità di servirsi di un sistema di
meccanismi flessibili per l'acquisizione di crediti di emissioni
(it.wikipedia.org):
Clean Development Mechanism (CDM): consente ai paesi
industrializzati e ad economia in transizione di realizzare progetti
nei paesi in via di sviluppo, che producano benefici ambientali in
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termini di riduzione delle emissioni di gas-serra e di sviluppo
economico e sociale dei Paesi ospiti e nello stesso tempo generino
crediti di emissione (CER) per i Paesi che promuovono gli
interventi.
Joint Implementation (JI): consente ai paesi industrializzati e ad
economia in transizione di realizzare progetti per la riduzione delle
emissioni di gas-serra in un altro paese dello stesso gruppo e di
utilizzare i crediti derivanti, congiuntamente con il paese ospite.
Emissions Trading (ET): consente lo scambio di crediti di
emissione tra paesi industrializzati e ad economia in transizione; un
paese che abbia conseguito una diminuzione delle proprie emissioni
di gas serra superiore al proprio obiettivo può così cedere
(ricorrendo all’ET) tali "crediti" a un paese che, al contrario, non
sia stato in grado di rispettare i propri impegni di riduzione delle
emissioni di gas-serra.
Dal 7 al 19 dicembre 2009 si è riunita a Copneaghen la convenzione
quadro delle nazioni unite sui cambiamenti climatici, con l’obbiettivo di
definire un accordo mondiale onnicomprensivo sui cambiamenti climatici
per il periodo successivo al 2012 (data in cui termina il primo periodo di
impegni del Protocollo di Kyoto). L’accordo sarà sottoscritto entro il 30
gennaio 2010 da 120 paesi e prevede un limite massimo di 2°C entro cui
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contenere il riscaldamento globale, rispetto ai livelli preindustriali (con
possibilità di revisione a 1,5°C nel 2016) e aiuti economici ai paesi poveri
per lo sviluppo di tecnologie verdi, nella misura di 30 miliardi di dollari
entro il 2012 e 100 miliardi entro il 2020. Nel documento vengono
sollecitati i paesi in via di sviluppo a ridurre le emissioni di gas serra ma,
Contrariamente al protocollo di Kyoto, questo accordo non è legalmente
vincolante e non sono stati fissati limiti di emissioni.
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2. ENERGIA DALLE BIOMASSE
La biomassa è l’insieme di prodotti e sottoprodotti organici (a base
di carbonio e idrogeno) derivanti da attività biologiche che possiedono un
potenziale contenuto energetico. Le biomasse possono provenire da colture
dedicate, da residui di origine vegetale (sottoprodotti forestali, residui di
potatura, sottoprodotti agricoli quali paglia, stocchi di mais, gusci di
mandorle, ecc.), dalla frazione organica dei rifiuti urbani e dalle deiezioni
animali. La direttiva 2003/30 CE per la promozione dei biocarburanti
definisce biomassa ―la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui
provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali),
dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile
dei rifiuti urbani e industriali‖( direttiva 2003/30/CE ).
I processi di trasformazione energetica della biomassa si possono
classificare in tre gruppi (fig. 2): processi termochimici, processi biochimici
e processi di estrazione. La scelta di un determinato metodo di
trasformazione dipende principalmente dal contenuto di umidità e dal tipo
di biomassa. I processi termochimici sono utilizzati per biomasse a basso
contenuto di umidità e fanno riferimento alla combustione diretta, alla
gasificazione e alla pirolisi e carbonizzazione. In generale sono basati
sull'azione del calore che permette le reazioni chimiche necessarie a
trasformare la materia in energia e sono utilizzabili per i prodotti ed i
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residui cellulosici e legnosi in cui il rapporto C/N abbia valori superiori a 30
ed il contenuto di umidità non superi il 30%.
La combustione diretta è stata, per molto tempo, l'unico mezzo per
produrre calore ad uso domestico ed industriale. Il processo di combustione
permette la trasformazione dell’energia chimica intrinseca alla biomassa in
energia termica, mediante una successione di reazioni chimicofisiche il cui
risultato è la produzione di calore che viene recuperato mediante
scambiatori di calore. Il D.P.C.M. dell’ 8 MARZO 2002 classifica le
biomasse combustibili in:
a. materiale vegetale prodotto da coltivazioni dedicate
b. materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente
meccanico di coltivazioni agricole non dedicate
c. materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da
manutenzioni forestali e da potatura.
d. materiale vegetale prodotto dalla lavorazione del legno vergine e
costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips ecc, non contaminati
da inquinanti, aventi le caratteristiche previste per la
commercializzazione e l'impiego.
e. materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente
meccanica di prodotti agricoli, avente le caratteristiche previste per
la commercializzazione e l'impiego.
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La pirolisi è un processo di decomposizione termochimica delle
biomasse, ottenuto mediante l’applicazione di calore, a temperature
comprese tra 400 e 800°C, in completa assenza o con una ridottissima
quantità di ossigeno. I prodotti finali ad alto potere calorifico sono
(Sportello informativo agroforestale , 2006):
frazione aeriforme (20% - 30% in peso), costituita prevalentemente
da H2, CH4,CO, CO2 ed avente potere calorifico variabile tra 3700
e 20000 kJ/Kg;
frazione liquida (30% - 50% in peso) costituita da catrame, acqua e
da vapori condensabili (olio pirolitico);
frazione solida (20%-40% in peso) contenente inerti, ceneri e
―char‖ (carbone vegetale), costituente la frazione solida
combustibile.
La gasificazione infine è un processo chimico-fisico complesso
mediante il quale si trasforma un combustibile solido (come la biomassa) in
un combustibile gassoso. Il gas ottenuto, chiamato syngas, può essere
utilizzato direttamente per alimentare motori a combustione interna
utilizzabili per la produzione di energia elettrica.
Per quanto riguarda i processi biochimici permettono di ricavare
energia per reazione chimica dovuta al contributo di enzimi, funghi e
micro-organismi. Vengono impiegati per le biomasse in cui il rapporto C/N
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sia inferiore a 30 e il contenuto di umidità sia superiore al 30%. I principali
processi biochimici sono la digestione anaerobica e la fermentazione
alcolica. Il primo permette di ottenere un biogas costituito per il 75% circa
da metano a partire da biomasse ricche di cellulosa e liquami zootecnici, il
secondo bioetanolo a partire da colture zuccherine (o come vedremo più
avanti da colture lignocellulosiche per mezzo di processi di seconda
generazione).
I metodi di estrazione sono utilizzati per le colture oleaginose e
consistono essenzialmente in un processo di spremitura meccanica di
granella ad alto contenuto di olio (girasole colza, soia ecc..). L’olio può
essere usato direttamente come biocombustibile liquido o esterificato,
ottenendo così biodiesel da poter utilizzare in qualsiasi motore diesel.
I biocarburanti ottenuti dai diversi processi si classificano in
biocarburanti di prima e di seconda generazione. La prima generazione fa
riferimento a biocarburanti ottenuti da colture alimentari (oleaginose,
amidacee e zuccherine), da oli e grassi animali residuati da cottura o frittura
e da biomasse umide. I biocarburanti di prima generazione sono: olio
vegetale, biodiesel, bioetanolo, biogas e bio-ETBE.
La seconda generazione fa riferimento a bioetanolo e bio-ETBE,
ottenuti a partire da biomassa lignocellulosica per fermentazione degli
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zuccheri che la compongono e al biodiesel di seconda generazione ottenuto
dalla liquefazione del syngas proveniente dal processo di gasificazione.