INTRODUZIONE STORICA:
ORIGINE, EVOLUZIONE E ABBANDONO.
Il centro fortificato (ROTILI 1981; 1989; 1992; ROTILI – EBANISTA
1997; CI, Montella), ubicato a 15° 01' 46" di longitudine E da
Greenweech e a 40° 50' 10" di latitudine N, domina l'attuale abitato
di Montella (fig.1-2) originatosi dalla fusione di vari casali sorti in
età bassomedievale (CASIELLO DE MARTINO 1974, pp. 57 – 62;
1995, pp.14 – 17) presso il vallone del torrente Santa Maria
(SCANDONE 1911, p. 112 nota 3), affluente del fiume Calore (CI,
Montella), attraverso un fenomeno riconducibile alla ripresa
dell'insediamento sparso e all'esigenza di mettere a coltura aree
abbandonate dalla fine dell'antichità-inizi dell'alto medioevo
(PRATILLO 2007, p. 127).
La sua strategica ubicazione geografica consentiva al Monte il
controllo del vasto territorio posto tra i gruppi del Terminio e del
Cervialto, Bagnoli Irpino e i monti Picentini, Nusco, Cassano
Irpino e il passo Cruci sulla strada per Volturara; inoltre l'ampia
conca di Montella attraversata dal primo tratto del fiume Calore che
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nasce dalle pendici dell'Accéllica, era posta strategicamente
all'incrocio di percorsi (anche di transumanza) che mettevano in
comunicazione con l'avellinese e il nolano, con Benevento, Salerno
(CAPODANNO-SALERNO 1992, p. 565) e la Puglia (CAPONE 1885, p.
88; SCANDONE 1911, pp. 139-142).
L'indagine archeologica ha accertato l'esistenza, a partire dal VI –
VIII secolo, di un insediamento accentrato (ROTILI 1997, p. 152);
relativamente alle esigenze di conquista e di controllo del territorio
nel IX secolo il Monte venne fortificato dai longobardi (ROTILI
1997, p.152) che vi istituirono il gastaldato di Montella nell' 849,
come è testimoniato dalla Radelgisi et Siginulfi principum divisio
ducatus beneventani (Divisi ducatus). Il gastaldato si estendeva sul
territorio compreso tra l'alta valle del Calore e del Sabato, vale a
dire lungo il confine tra i due principati longobardi confinava a N e
a W con i gastaldati beneventani di Quintodecimo e Avellino
(SCANDONE 1948, pp. 30 -33), mentre sul versante salernitano a S
con Rota e Salerno e ad E con Conza (SCANDONE 1911, pp. 70 –
73; ACOCELLA 1927, p. 14). Tale circostanza, unita alla crisi
dell‘insediamento sparso e alle condizioni d‘insicurezza in cui
versavano le aree di fondovalle, determinò l‘esigenza di arroccarsi
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in un luogo in parte già naturalmente difeso e in una buona
posizione strategica. L‘indagine archeologica ha, infatti, dimostrato
che il poderoso impianto architettonico d‘età normanno-sveva e
angioina cela i resti di strutture abitative di VI-VIII secolo e di
ampi tratti del recinto fortificato di IX secolo (ROTILI 1997, p. 152),
determinando una struttura microurbana tale da configurare una
sorta di urbanesimo di villaggio (WICKHAM 1985, p.58); ma a
differenza di questa forma insediativa strutturata, gli impianti che
ospiteranno feudatari normanni e svevi rappresentano una profonda
trasformazione edilizia nella continuità d‘impiego dello stesso sito.
Il ritrovamento, nelle campagne, dei resti di due necropoli di età
classica dalle quali provengono numerose stele, lapidi (SCANDONE
1911, pp. 149 – 157), un cippo agrario (SCANDONE 1911, pp. 158 -
160 n.9) e la scoperta di iscrizioni (SCANDONE 1911, pp. 162 –
172) e di manufatti romani nel centro urbano (MOSCARIELLO 1911,
pp.91 – 93), testimoniano la frequentazione del fondovalle in età
antica (PRATILLO 2007), la cui romanizzazione è stata ricostruita
(COLUCCI PESCATORI 1991, pp.91 – 93) nonostante la mancanza di
scavi sistematici sentita già dagli inizi del secolo scorso
(SCANDONE 1911, pp. 21 nota 2, 23 nota 6). Tale mancanza non
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offre dati certi sulla totalità dell‘abbandono del fondovalle tra il V e
il VI secolo, ma molti dati confermano lo spostamento della
popolazione nell‘area naturalmente protetta del Monte. Di fatto il
dato archeologico – relativo alle strutture abitative di VI – VIII
secolo (GATTO 1999), alla chiesa (forse trasferita nel IX secolo
dove ora sorge S. Maria del Monte, in rapporto alla costruzione
della gastaldata e del relativo recinto fortificato) e alle sepolture
rinvenute nell‘area in cui era l‘edificio religioso – trova conferma
nella datazione radiometrica dei resti antropici individuati nella
trincea S7: 10/90 (fig. 3), rinvenuti ad una quota inferiore rispetto
al muro di recinzione della residenza gastaldale, che presenta in
quel punto la garitta con feritoia per la sentinella. L‘analisi
radiometrica pone intorno al 750 il decesso dell‘individuo
analizzato, in un periodo in cui la natura curtense dell‘insediamento
è testimoniata dal giudizio pronunciato da Arechi II (agosto 762)
«in curte n(os)tra que vocatur montella», ovvero «in nominata curte
nostra montellari» (Chronicon S. Sophiae, ff. 81r, 83r; UGHELLI
1722, coll. 452 – 453; BERTOLINI 1926, p. 28 n. 69).
Il gastaldato, di pertinenza del principato longobardo di
Benevento, passò – con la divisio ducatus beneventani (Divisio
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ducatus; CILENTO 1966, p. 93) attuata nell‘849 tra Radelchi di
Benevento e Siconolfo di Salerno – a quello di Salerno (VON
FALKENHAUSEN 1983, pp. 264- 265). Il dannoso terremoto del 989
prima (BARATTA 1901, p. 18 n. 86; MOLIN 1985; GUIDIBONI (a
cura) 1990, pp. 273, 551) e la conquista normanna alla fine dell‘ XI
secolo (SCHIPA 1887, pp. 574 – 575, 582; SCANDONE 1916, pp. 10
– 16), si ripercuotono pesantemente anche su Montella : il
predominio territoriale diventa infatti prerogativa della civitas di
Nusco che assume il ruolo di sede vescovile verso il 1067
(SANDUZZI 1924, p.30; CAPOBIANCO 1935, p. 256; KEHR 1935, pp.
377 – 378: TESTINI 1952, coll. 2042 – 2043; VITOLO 1990, pp. 126
– 127). Nel Catalogus Baronum (1150 – 1168) Nusco risulta «
feudum septem militum», mentre l‘antica sede del gastaldato «est
feudum quinque militum» (JAMISON ( a cura di) 1972, p. 124 n.
700): nel XII secolo il territorio dell‘antico gastaldato risulta così
articolato in più feudi, inseriti nella Comestabulia di Conza a sua
volta legata al giustizierato di Principato (SANTORO 1982, pp. 38,
40); a partire dal 1284 – in seguito al frazionamento dell‘ampio
distretto nei due principati citra ed ultra serras Montorii voluto da
Carlo II d‘Angiò (SANTORO 1982, p. 42) Montella entrò a far parte
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della provincia di Principato ultra che fu in vita fino al 1871
(BALDACCI 1991, pp. 18, 23, figg. 6, 7). Nel XII secolo Montella
appartenne, insieme a Nusco, a Symon de Tivilla (CUOZZO 1984,
pp.187 – 190), «filius quondam Randulfi ex genere francorum»
(ASN, Pms, I, n. 29; SCANDONE 1916, pp. 20 nota 2, 21, 27 – 28) e,
dopo la sua morte (1158) al fratello Guglielmo (SCANDONE 1916,
pp. 28 – 30; JAMISON (a cura di) 1972, p. 124 n. 700; CUOZZO
1984, pp. 186 – 187) che tenne entrambi i feudi fino al 1166; essi
furono poi uniti alla contea di Acerra: Nusco risulta subito, dal
1167 (SCANDONE 1916, pp. 36 – 37), come possesso di Ruggero di
Medania (conte di Acerra), mentre Montella solo nel 1184 allorché
il feudo risulta, insieme a Nusco, nelle mani di Riccardo d‘Aquino
(SCANDONE 1916, pp. 39, 173 – 174 doc 9). Escludendo brevi
intervalli (SCANDONE 1916, pp. 44 – 45, 50), la famiglia d‘Aquino
dominò Montella e Nusco fino al dicembre 1293 (SCANDONE 1916,
pp. 45 – 58) quando Carlo d‘Angiò, ordinando la morte del conte
Adenolfo d‘Aquino (SCANDONE 1916, p. 58), confiscò il «Castrum
vero Montelle» riservandosi il «nemus seu parcum […] cum nemus
ipsum velimus pro nostris solaciis deputari» (SCANDONE 1916, p.
187 doc. 31).
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Dopo essere stato ceduto temporaneamente nel 1925 a
Bartolomeo de Capua, gran prenotaro del Regno, con la clausola
che «nostre Curie reservato ut si quando pro solaciis nostris nobis
vel heredibus nostris, placerit dictum Castrum ad manus nostre
Curie revocare» (SCANDONE 1916, pp.190 – 191 n. 37), il castello
entrò in possesso dei principi di Taranto con atto del 5 ottobre 1296
(SCANDONE 1916, p. 193 n. 40).
All‘incirca da questo momento l‘area fu oggetto di notevoli
interventi: furono realizzate lunghe ed ampie terrazze sostruite da
muri in conci calcarei legati da malta e attraversate da due
acquedotti con vasche utili anche ai fini della diramazione delle
condotte, fu sistemata la strada di accesso al castello e fu costruito
il muro di recenzione che, grazie agli scavi sembra insistere sui
resti della struttura fortificata in opus coementicium entro cortine in
opus incertum del IX secolo (ADAM 1988, pp. 139 – 141) per cui fu
necessario trasportare molte migliaia di mc di terreno e realizzare
murature per una cubatura altrettanto elevata. Una testimonianza
indiretta del probabile avvio dei lavori può verosimilmente
cogliersi nelle motivazioni («propter onera custodie ipsius castri et
forestarum») che nel 1294 consentirono a Giovanni Maillard,
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custode del castello, di essere esonerato dall‘obligo del servizio
militare (SCANDONE 1916, pp.189 – 190 doc. 35).
Gli imponenti terrazzamenti che coprirono le strutture del villaggio
fortificato di IX secolo sono documentati dalla accurata
Dichiarazione della … Pianta di tutto il Monastero de P. Riformati
sotto il titolo di S. Maria del Monte (APM) che nonostante sia priva
di sottoscrizione e di data, per le caratteristiche paleografiche,
disegnative e del materiale scrittorio, sembra verosimilmente
collocabile cronologicamente nel XVIII secolo.
In essa (fig.4) però non sono raffigurate le strutture degli acquedotti
(ROTILI 1989, pp. 67 – 68; 1996, p. 279) che presumibilmente, oltre
ad essere in disusa da tempo, risultavano interrati già nel XVIII
secolo. Una conferma indiretta a tale ipotesi potrebbe derivare dal
fatto che dopo la costruzione, nella metà del XVI secolo, del
convento annesso alla chiesa di S. Maria del Monte, l‘area murata e
terrazzata cambiò destinazione d‘uso divenendo un area produttiva
della nuova istituzione, come è d‘altronde chiaramente leggibile
dalla Dichiarazione della … Pianta di tutto il monastero de P.
Riformati sotto il titolo di S. Maria del Monte (fig 4), la quale
indica le superfici coltivabili delle rasole, termine del latino
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medievale corrispondente ad una misura agraria, passato poi ad
indicare un terrazzamento (ARNALDI – TURRIANI – SMIRAGLIA
1970, p. 12, ‗voc i‘ rasa, rasola); sostanzialmente tutta l‘area, pur
svolgendo anche le funzioni di giardino, ormai non aveva più le sue
originarie prerogative e fattezze scenografiche e ornamentali, così
come erano state concepite e realizzate dagli esponenti della casa
regnante, ai quali si deve probabilmente attribuire il finanziamento
di tali lavori. Inoltre la posteriorità delle strutture conventuali e
della chiesa (giunta così come fu restaurata nel XVIII secolo,
restauro che interessò anche il convento) rispetto ai terrazzamenti
di XIII – XIV secolo è confermata dal rapporto di copertura che le
due strutture presentano rispetto ai terrazzamenti; è possibile
ipotizzare che la chiesa di S. Maria del Monte – identificabile con
la chiesa madre dell‘insediamento di IX secolo che aveva sostituito
a valle l‘edificio di VI – VIII (demolito per far posto alla
gastaldata, i cui resti sono stati incorporati dal donjon) – sia stata
ristrutturata nella seconda metà del XVI secolo contestualmente
alla costruzione del convento che ospitò dal 1586 i frati Minori
conventuali scalzi, sostituiti dal 1603 dai Minori riformati
(CIOCIOLA 1877, p. 100; SCANDONE 1953, p. 336): l’inventarium
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om(n)iu(m) bonorum […] s. Mariae de lo piano, matricis ecclesie
terre Montelle redatto nel 1532 (ACM; SCANDONE 1911, p. 57) la
ricorda come S.Maria de castello de lo Monte. Infine, le leggi
eversive degli anni 1806 – 1807 costrinsero i Riformatori a lasciare
il convento suddetto, nel quale solo alla fine del XIX secolo
tornarono i Conventuali per rimanervi fino al 1921 (CATALDI 1989,
p. 13).
La frequentazione aristocratica del Monte continuò anche dopo
la morte (avvenuta il 9 novembre 1373) di Filippo II, l‘ultimo
discendente maschio della casa di Taranto; in seguito, tornato al
regio demanio, il feudo passò dapprima ad Ottone di Brunswick cui
lo concesse, nel gennaio 1377, Giovanna I (SCANDONE 1920, pp.1
– 2), poi ai Ruffo nel 1399 (SCANDONE 1916, p. 2) e nel 1445 a
Garcia Cavaniglia che l‘acquistò da Alfonso il Magnanimo che
aveva già in possesso Montella dal 1441 (SCANDONE 1916, pp 2 –
4). Ma i Canaviglia alla metà del XV secolo – visto che il
palacium castri individuato negli ambienti O, P, Q, S (figg. 2, 3),
ambienti che svolsero il ruolo di residenza dei feudatari sin dal XIV
secolo, risultò non più idoneo come residenza della famiglia – si
spostarono nel fondovalle nel centro abitato di Montella (EBANISTA
10
1997, p. 162). La nuova residenza, il «Palaczo», è attesta a partire
solo dal 1528 (SCANDONE 1911, p. 68, nota 2; 1953, p. 291 doc. 9)
ma è probabile che la sua costruzione sia avvenuta nella seconda
metà del Quattrocento (EBANISTA 1997, p. 162). E‘ proprio nella
seconda metà del Quattrocento che il casale del «Monte»,
sviluppatosi nel corso del medioevo intorno al castello, è soggetto
un graduale spopolamento. Di fatto, nel 1469, i suoi abitanti
risultano numericamente diminuiti rispetto ai tempi di Alfonzo
dAragona «per le guerre come per le morìe», tanto da risultare
presenti «in loco dicto casale» soltanto «fochi sey» (SCANDONE
1953, pp. 288 – 289 doc. 14).
Poi il castello, a cusa della spedizione di Lautrec del 1528, fu
abbandonato in modo definitivo. In quest‘occasione i francesi, per
punire i Cavaniglia, «sacchijarono» tutto ciò che i feudatari
«avevano in detta terra, parte in lo castello, parte in lo palaczo»
(SCANDONE 1920, p. 34 note 5 -6; 1923, pp. 179 nota 1, 180 nota 2)
e bruciarono «tutte le scripture della Università et della corte»
(SCANDONE 1923, p. 181, nota 3). E‘ assai probabile che nella
stessa occasione, o poco tempo dopo, il castello sia stato privato
delle «suppellettili e dei mobili, […] delle imposte degli usci e
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delle finestre, della copertura, delle travi del tetto e dei solai»
rimanendo «d‘allora in poi […] una informe e desolata rovina»
(SCANDONE 1920, p. 90). Ulteriore testimonianza del suo definitivo
abbandono è nell‘Inventario dei Censi di San Francesco
(SCANDONE 1911, p. 81, nota 2; 1953, pp. 292 – 293, doc. 13),
redatto nel 1532, nel quale il «castelllo» o «rocchetta» - che era in
precedenza comparso sempre al primo posto nell‘elenco dei casali
montellesi – non è riportato; nel 1544 viene descritto come
«diruto» in un atto del notaio Paolo Gargano, parzialmente
trascritto in un atto rogato il 2 marzo 1604 da Salvatore Prudente
(SCANDONE 1911, p. 77 nota 2). Infine, nella Dichiarazione della
… Pianta di tutto il monastero d P. Riformati sotto il titolo di S.
Maria del Monte (fig. 4), le «fabbriche del torrione» e del «castello
antico» sono raffigurate come ruderi; da notare, come ragionevole
riprova dell‘abbandono e del cambiamento di destinazione d‘uso
dell‘area del Monte, il taglio della muratura del donjon praticato in
corrispondenza della cisterna (che ancora si riempie d‘acqua
piovana) per il prelievo dell‘acqua, destinata presumibilmente alla
produzione orticola, cui sembrano riferirsi i due spazi rettangolari
ricavati sul piano della corte.
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Fig. 1 L’area Murata del Monte e Montella.
Fig. 2 Area Muarata.
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Fig. 3. Montella, Castello del Monte Planimetria.
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Fig. 4 Dichiarazione della … Pianta di tutto il Monistero de
P. Riformati sotto il titolo di S. Maria del Monte (ACM).
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