II
di aver sacrificato per la vita artistica “la normalità, la possibilità di avere una famiglia con dei figli,
la felicità, l’equilibrio necessario per costruire una vita lineare” (Free Association, 75).
Cercherò di fare un ritratto del “fenomeno – Berkoff” partendo dalla biografia che ho definito
“interessante” per la ricchezza di eventi che hanno caratterizzato la sua vita, dopodiché mi
dedicherò alla ricerca delle “sorgenti” del lavoro berkoviano, individuando in Jacques Lecoq ed
Antonin Artaud le principali fonti d’ispirazione e non tralasciando le personalità verso cui Berkoff
attua un vero e proprio processo di identificazione: Franz Kafka, Edgar Allan Poe, Oscar Wilde,
William Shakespeare e i grandi attori inglesi Henry Irving, Edmund Kean e Laurence Olivier.
Il passo successivo sarà quello di fare una breve carrellata sulla storia del teatro inglese degli
ultimi cinquant’anni focalizzandomi sugli eventi più provocatori avvenuti sulle scene britanniche,
per inserire Berkoff in un contesto ben articolato che lo ha sicuramente condizionato; a seguire mi
concentrerò sulla personalità dell’attore che “davanti a sé porta scompiglio e dietro si sé lascia
lacrime” (Ross 2001, p.7), in costante conflitto con la stampa, con i grandi teatri londinesi e persino
con il pubblico.
Dopo essermi concentrata su East, uno degli spettacoli più significativi della sua produzione
multiforme, tenterò di delineare gli elementi portanti dell’estetica berkoviana nelle sue
interpretazioni come attore e soprattutto nelle regie da lui curate, e mi soffermerò sull’importanza
della sua ricerca linguistica specialmente come autore di testi drammatici: il sommarsi di tutti questi
elementi ci aiuterà a riconoscere la costruzione di un personaggio-Berkoff che si confonde tra vita e
arte, votato all’eccesso e al grottesco e il cui diktat sembra essere “Let me play the fool! Certainly
one of my commandments in life” (FA, 177).
1
1. UNA BIOGRAFIA INTERESSANTE
Leslie Steven Berkoff : “Legendary actor, director, playwright, author”, come lui stesso proclama
nella pagina iniziale del suo sito internet ufficiale
i
, occhi di ghiaccio, testa perennemente rasata,
giacca e pantaloni di pelle nera che da trent’anni indossa come una divisa da battaglia, forte accento
cockney, che guida una Jaguar XJ6 e ha abbandonato l’East End per un più esclusivo appartamento
sul fiume nei Docklands londinesi, con una passione per il nuoto e un’idiosincrasia per gli unti pub
inglesi, è uno di quegli uomini che, come di usa dire, “si sono fatti da sé”; e ne va molto fiero, tanto
da non perdere l’occasione di rimarcarlo in quasi ogni intervista che concede.
Nasce il 3 Agosto del 1937, da una famiglia d’origine russo-rumena, a Stepney, nell’East End
ebrea di Londra. Il padre Abraham (Al) decide di modificare il cognome da Berkovitch a Berks, per
non far trapelare le origini semite, e Steven stesso vorrà riappropriarsi della sua identità etnica,
cambiandolo in Berkoff. Trascorre i primi anni della sua vita a Luton, da dove l’intera famiglia
viene evacuata dopo i bombardamenti tedeschi del 1942: inizia la travagliata odissea di un bambino
che fino ai dodici anni non conoscerà una casa stabile. Pauline (Polly) Berks e i suoi due figli
(Steven e la sorella Beryl) emigrano negli Stati Uniti e vengono accolti per carità da alcuni
famigliari a New York, nel Bronx. Per Steven l’America significa la terra promessa, una nuova
scuola, un’esistenza migliore; l’avventura dura solo quattro mesi: la famiglia s’imbarca di nuovo
sulla “Queen Elizabeth” e viene accolta a Londra da Al, ancora senza fissa dimora, che Steven
conquisterà nel 1950 quando si trasferirà a Manor House, nell’East End
ii
. La presenza del padre, un
sarto che confeziona “zoot suits”
iii
e che scoraggia il figlio a praticare il suo mestiere (“Peccato,
perché avevo stile. A quei tempi un vestito era la tua arma, e il modello e il colore definivano lo
status e il tuo senso estetico” FA,15), è una figura assente, aggressiva, fredda, enigmatica.
2
Steven risentirà della mancanza di comunicazione e del senso di rifiuto che essa comportava:
“Credo fosse perché non ero desiderato. Sono arrivato sette anni dopo mia sorella
e mio padre aveva già una relazione con un’altra donna. Mia madre aveva bucato
il preservativo con uno spillo; così sono nato per la fessura di uno spillo” (Steven
Berkoff in Smurthwaite 1996)
iv
L’arrivo alla nuova scuola “Hackney Downs Grammar” in cui, destino, Harold Pinter sta
terminando gli studi, è una vera catastrofe per Steven: i suoi voti brillanti precipitano
rovinosamente, il bambino non viene seguito in questo suo momento di transizione e perde
completamente interesse per gli studi e per la scrittura, per cui era molto portato. Berkoff ricorda
di quegli anni un gran senso di solitudine:
“Sono diventato una vittima. Ero disperatamente solo a scuola, provavo un
grande senso di isolamento. Hackney Downs era un vecchio istituto di sapore
dickensiano, e per molti anni dopo averla lasciata, continuavo ad avere un
incubo in cui, adulto, ero costretto a tornare in quell’inferno” (Berkoff 1995b,
p.22).
Nel 1952 Berkoff abbandona la scuola per la più dura “Università della vita” (FA,160) e
intraprende una serie di lavori occasionali e senza futuro, da garzone a commesso in negozi
d’abbigliamento come il famoso Cecil Gee
v
; viene soprannominato “spiv”, ovvero “persona che
vive di espedienti”. Lo stesso anno viene arrestato per il furto di una bicicletta, che il padre gli
aveva negato, e detenuto in riformatorio per tre mesi: è un’esperienza indelebile per un
quindicenne che aveva rubato più per ripicca che per vandalismo (“Il non possedere una bicicletta
mi ha plasmato, proprio come ‘Rosebud’ ha condizionato la vita di Citizen Kane” Anthony 1998,
p.20).
3
Berkoff ricava dal carcere due regali che lo accompagneranno per tutta la vita: una dolorosa ulcera
e la fascinazione del teatro, nata dal colloquio col cappellano di Sheperd’s Bush:
“ Mi raccontò che la Mecca Dance Hall dove passavo le mie serate, era stato un
tempio dell’arte teatrale: il Lyceum. In quel luogo profanato da musica
assordante, Henry Irving aveva recitato tante volte Hamlet e The Bells intorno al
1890. Io non sapevo niente di teatro, ma questa conversazione restò in un angolo
della mia mente, e voglio credere che ci fosse una ragione per questo: con il
Lyceum, Irving mi aveva mandato il suo messaggio attraversando il secolo”
(FA, 142).
Nell’adolescenza, Steven non è più un soccombente: si veste da teddy boy e passa il tempo al club
di Stamford Hill e nei dancing come la Mecca, il jazz club di Finsbury Park, il Royal. I suoi modelli
sono gli eroi e padroni dell’East End, come Curly King e i fratelli Kray
vi
:
“C’era qualcosa di terribilmente macabro in queste strane bestie, come se il loro
potere sulla gente andasse al di là della minaccia di violenza. Possedevano una
affascinante amoralità. Essere picchiati da loro era considerato un onore”
(FA, 41).
Steven ascolta la musica del selvaggio Johnnie Ray, ama Carmen Miranda e adora attori come
Marlon Brando, Anthony Quinn, Gary Cooper, James Cagney: l’immagine hollywoodiana del
ribelle gli va a pennello (“Un giorno mi sono sentito come trasformato, mi sono guardato allo
specchio e come Narciso mi sono innamorato di me stesso, sentendomi destinato a qualcosa di
grande” FA, 141).
4
Nel 1954 Berkoff si trasferisce in Germania per lavorare come commesso in una filiale della
Burberry’s, e nella solitudine del suo soggiorno scopre un autore che sarà il filo rosso della sua vita
artistica: Franz Kafka.
Al suo ritorno, dopo un’esperienza come cameriere su una nave da crociera, Berkoff vuole
riprendere il filo interrotto dei suoi studi, e per concretizzare la suggestione che echeggia nella sua
mente, frequenta un corso di teatro al City Literary Institute, nei pressi del Drury Lane Theatre,
regno di un altro grande attore del passato: Edmund Kean.
Nel 1958 Steven viene ammesso alla Webber Douglas Drama School, con una borsa di studio
che gli permette di dedicarsi completamente al teatro; suoi compagni di corso sono Terence Stamp e
Samantha Eggar. Studia con ardore autori fino a quel momento sconosciuti, da Nietzsche a Sartre,
Arthur Miller, Tennessee Williams; diventa assiduo frequentatore di teatri e studia alla Laban
School of Dance di Siegfried Leder. Appare come comparsa in alcuni film e ottiene i primi piccoli
ruoli nel circuito del Rep (teatro di repertorio). Sono gli anni dell’entusiasmo, dell’ostentazione
dell’essere attore, dei locali alla moda frequentati da artisti, in compagnia di nuovi amici come i
pittori Lucien Freud e Francis Bacon.
Durante la deprimente routine del repertorio, Berkoff scopre un “libro sacro” scritto da un uomo
di nome Antonin Artaud: The Theatre and Its Double, la rivelazione. Steven Berkoff ha venticinque
anni e il virus di Artaud nel sangue. Ha inizio il viaggio:
“Mi sembrò che Artaud riuscisse a dare voce a tutto ciò che io avevo sempre
pensato il teatro dovesse essere. Diventò una sorta di Bibbia per me” (FA, 182).
“Era una visione del teatro così travolgente, così straordinaria – fatta di luci,
suoni, musica, parola, teatro totale: era un teatro per i rituali, le confessioni, le
passioni, di carne e vizio, per svelare i meccanismi dello spirito umano e
purificarli” (SB in De Jongh 1989, p.21).
5
Nel 1961 Berkoff appare accanto alla famosa Stella Adler
vii
in Oh Dad, Poor Dad…di Kopit, ma
la produzione viene interrotta perché l’anziana attrice non riesce a ricordare neanche una battuta; nel
1962 è al Royal Court Theatre come Raymondo in The Kitchen di Arnold Wesker, per la regia di
John Dexter: anche qui Steven lavora a fianco di grandi attori come Harry Landis e la giovane
Glenda Jackson, ma non è a suo agio perché non si sente “parte del club”:
“Chiunque lavorasse al Royal Court sviluppava una pomposità santificatrice
verso se stesso, come se loro fossero LA luce del nuovo teatro; ma tutto era
confuso. Sentii l’opposto quando feci un’esperienza al Theatre Workshop di Joan
Littlewood: qui NON c’era confusione, solo voglia di creare.” (FA, 187).
Continuando le estenuanti stagioni del Rep (Cambridge, Canterbury, Chesterfield, Cardiff,
Newcastle), Berkoff viene ingaggiato come Lucianus, assieme all’amico Lindsay Kemp
viii
, per
girare in Hamlet in Elsinore
ix
la pantomima della “Mousetrap” messa in scena da Hamlet; per
l’occasione il giovane attore sfrutta gli elementi di mimo studiati al City Lit nella stagione 1962-63
con Claude Chagrin. Dell’esperienza, Berkoff ricorda la potenza della recitazione di Christopher
Plummer:
“Plummer era sbalorditivo da guardare e ascoltare, mi faceva pensare a come
sarebbe potuta essere l’interpretazione di Henry Irving: davanti a me c’era un
attore all’apice della sua potenza; un Hamlet da comparare all’interpretazione di
Laurence Olivier: l’intero corpo dell’attore sembra entrare nel testo” (FA, 261).
Dopo un’elettrizzante periodo a fianco dell’insegnante Chagrin nello spettacolo di mimo
Chaganog (grazie al quale mette piede per la prima volta nel Traverse Theatre di Edimburgo), nel
1965 con l’interpretazione di Jerry in Zoo Story di E. Albee, diretto da David Thompson, Berkoff
viene annoverato dal leggendario Kenneth Tynan (Sunday Times) tra i cinque giovani attori
emergenti dell’anno, assieme a Terence Stamp, Nicol Williamson, Ian McKellen, Peter McEnerey:
6
quello che Berkoff spera sia un nuovo inizio per la sua carriera, si rivela un buco nell’acqua e
l’articolo non gli porta nuove scritture. Parte alla volta di Parigi per studiare con Jacques Lecoq –
questo sì, un punto di svolta: l’insegnamento del Maestro francese diventerà la spina dorsale del
“teatro totale” paventato dallo scalpitante allievo.
Tornato in Inghilterra, Berkoff inizia a scrivere saltuariamente brevi testi come Ritual in Blood e
Lunch, dialogo sulla vita di un attore, che reciterà quindici anni dopo con Linda Marlowe
x
: Lecoq
nel secondo anno della sua scuola incoraggia gli allievi attori a cimentarsi nella
drammaturgia, per una conoscenza a tutto tondo dell’artigianato teatrale.
Steven incontra quella che diventerà la sua prima moglie, Alison Minto: le relazioni sentimentali
vengono citate nell’autobiografia in modo molto vago, lo stesso accade per il secondo matrimonio -
durato sei anni - con la danzatrice Shelley Lee negli anni Settanta, e per l’attuale convivenza con la
pianista tedesca Clara Fischer, conosciuta nel 1984:
“Dove intingo il mio stoppino sono affari miei. Il sesso è una cosa così delicata,
un’esperienza profonda e molto privata per me, non è fatto per essere messo
sulla carta stampata” (SB in Smurthwaite 1996).
Uguale riserbo viene mantenuto da Berkoff riguardo una fantomatica figlia avuta quando era molto
giovane: “I miei figli sono le opere che ho scritto”
xi
, taglia corto.
Sopravvivendo economicamente con il maldigerito Rep, Berkoff inizia a scrivere adattamenti dei
classici cui è particolarmente legato, primo fra tutti Kafka: In the Penal Colony (1967) all’Arts Lab
di Jim Haynes, Drury Lane (“Ero così fiero di vedere il mio nome sul cartellone, nella casa di
Kean!” FA,107), viene visto con curiosità da spettatori d’eccezione come Jean-Louis Barrault,
Arnold Wesker, Peter Brook; il 1967 è l’anno della guerra dei Sei Giorni in Israele, che sconvolge
Berkoff: dopo aver visto respinta la domanda per partire nell’esercito volontario, la sua unica arma a
disposizione è la messa in scena di un testo artaudianamente “crudele” come quello di Kafka. Nello
stesso anno Berkoff viene chiamato ad insegnare alla sua vecchia scuola, la Webber Douglas, e
7
mette in scena con gli allievi Hamlet, Macbeth e Midsummer Night’s Dream. Tony Sher, suo allievo
e poi suo attore, parla del Berkoff-insegnante:
“Era solenne, sogghignante, metà umano e metà animale; ci offuscava, ci
spaventava, per fortuna ero uno dei suoi favoriti. Ha messo in scena una versione
del Midsummer Night’s Dream: una visione violenta, divertente, sensuale, in cui
recitavo il demoniaco Puck. Questo spettacolo è stato rivelatorio: c’era qualcosa
di maledettamente non-inglese nel regista, in cui potevo identificarmi;
provenivamo dalla stessa stirpe – ebrei dell’Est – e c’era anche qualcosa di
africano; Berkoff ci esortava a utilizzare i nostri corpi con una grande forza
muscolare, e lo dimostrava lui stesso per tutto il tempo: un fulmine d’energia
sembrava salire su dal suolo, caricare i suoi arti ed esplodere nell’aria attorno a
lui. Mi piaceva questo. Lo volevo. Mi ha influenzato fortemente.” (Sher 2003).
Nonostante la grande ammirazione che Berkoff nutre per Peter Brook
xii
, il loro incontro non è dei
più positivi, e dopo un’estenuante audizione per Oedipus, l’attore viene scartato:
“Cos’era successo? (Brook) ha sospettato che sarei potuto essere un problema, e
che sapevo un po’ troppo?!” (FA, 118).
Ma Berkoff è ormai abituato ad audizioni catastrofiche, come quella del ‘63 per Laurence
Olivier, a cui scrive una violenta lettera di lamentela per il modo brusco in cui era stato trattato (“E
mi aspettavo anche che mi rispondesse, lui il mio idolo!” FA, 24). Dal 1960 al 1968, Berkoff ha
lavorato soltanto diciotto mesi:
“Come attore, hai poca scelta riguardo il modo in cui verrà tracciato tuo futuro.
Devi accettare le strade che ti vengono offerte – SE te ne vengono offerte – e
devi adeguare i tuoi sogni durante il percorso. (…) Vorresti fuggire, senti di
8
esporti stupidamente sul palcoscenico. Sei vulnerabile, insicuro e prostrato ai
mille e più colpi ereditati dalla carne” (FA, 27).
Steven decide di prendere in mano il suo destino. Realizza che l’unico modo per essere
indipendente artisticamente è creare i propri spettacoli, diventando un vero e proprio actor-
manager: nasce Metamorphosis nel 1969
xiii
. Berkoff è Gregor Samsa, che si trasforma in
scarafaggio, imprigionato nella vita opprimente che è costretto a condurre; ecco un’altra occasione
per mettere in atto l’insegnamento di Lecoq, che nel percorso didattico fa incarnare gli allievi in
animali, insetti, oggetti: un attore che imita il mondo inizia a conoscerlo, senza porre limiti alla sua
immaginazione. Lo spettacolo alla Round House ha un buon successo, l’originalità del lavoro fisico
e della ricerca vocale intrapresi dall’attore richiama l’attenzione di pubblico e critica, e viene
coronato dalla recensione di Harold Hobson (Sunday Times) – di cui Berkoff è molto fiero – in cui
l’interpretazione viene paragonata a quelle del grande Henry Irving
xiv
.
Dopo una sgradevole esperienza cinematografica in Spagna con Nicholas and Alexandra e
l’apparizione come uno dei poliziotti in A Clockwork Orange
xv
(da cui nascerà una trentennale
amicizia con il regista Stanley Kubrick), Berkoff torna alle sue creazioni: all’inizio degli anni ’70
forma la compagnia “London Theatre Group”
xvi
, con cui mette in scena The Trial alla Oval House;
dopo il debutto, scrive sul suo diario: ”E’ stato magnifico. Questo prova che uno deve andare
avanti per la sua strada alla faccia degli incredibili idioti che ha intorno” (FA, 310)
xvii
.
Berkoff insegna per un anno alla Royal Academy of Dramatic Art (RADA), dove mette in
scena Agamemnon di Eschilo interpretato dal giovane e talentuoso Johnathan Pryce; nel 1972
ottiene la prima British Arts Council Grant che gli permette di effettuare il primo tour in
Inghilterra con Knock at the Manor Gate di E. A. Poe
xviii
e Metamorphosis:
“Sarò eternamente grato all’Arts Council per avermi sostenuto. Sará per la mia
provenienza dalla classe lavoratrice, ma non avrei mai sognato che mi avrebbero
9
dato qualcosa per niente, permettendomi di lavorare. E’ stato fenomenale” (SB in
McAfee 1990, p.25).
Berkoff scrive la propria versione di Agamemnon
xix
e inizia i racconti che verranno raccolti in
Gross Intrusion
xx
nel 1977, con disastrose critiche ma una buona risposta dei lettori: “Il fulcro dei
racconti riguarda il modo in cui ognuno di noi cerca di utilizzare qualsiasi mezzo a disposizione
per sfondare il muro della solitudine, e su come non facciamo niente per cercare di comprendere e
sostenere gli altri” (FA, 192).
Nel 1973 Berkoff inizia una controversa tournée con Miss Julie vs Expressionism e Zoo Story,
seguita dalla messa in scena dell’adattamento di The Fall of the House of Usher di E. A. Poe
assieme a Terry McGinity e la futura moglie Shelley Lee
xxi
: le regie si fanno sempre più
audaci e controcorrente, il London Theatre Group non e’ più visto solo come
un giovane gruppo d’avanguardia, ma come una compagnia di notevole caratura.
Ecco un’altra svolta, la fine del “Primo Berkoff”: e’ il 1975, l’anno in cui gira
Barry Lindon di Stanley Kubrick e Profession: Reporter di Michelangelo
Antonioni. E’ l’anno in cui tutti i demoni della gioventù prendono vita al Traverse
Theatre (Edinburgh Fringe Festival) con East: è l’esplosione di una bomba ad
orologeria che aveva minacciato altre volte la detonazione, uno scandalo
annunciato che scaraventa Berkoff alla ribalta del panorama teatrale inglese; i
giornali iniziano a tracciare il profilo di Berkoff il ribelle, l’enfant terrible, il
punk, l’autore di talento e l’attore sensazionale (“East è una delle commedie più
notevoli del dopoguerra britannico” Gardner 1999, p.12)
xxii
.
Nel 1977 Peter Hall invita la compagnia al Cottelstoe Theatre per rappresentare East, The Fall of
the House of Usher e Metamorphosis: è una scelta che crea scalpore, poiché mai nessun autore - che
10
non fosse Shakespeare - aveva avuto tre spettacoli nella stessa stagione sul cartellone del National
Theatre; nonostante il successo dell’esperimento ed il tutto esaurito al botteghino, Berkoff metterà
di nuovo piede al National Theatre solo dopo tredici anni, nel 1990.
Nel 1977 Berkoff si sente pronto per una dichiarazione d’intenti del suo teatro scrivendo Three
Theatre Manifestos, in cui ricalca la visione di Artaud e di Lecoq senza originalità; la BBC gli
commissiona la sceneggiatura di West (“La mia moderna Beowulf” FA, 65), continuazione ideale
del fortunato East, ma l’emittente rifiuterà il testo perchè “non abbastanza accattivante”: West vedrà
la luce in teatro nel 1983, ma non riuscirà a raggiungere la forza corrosiva della commedia
precedente.
Nel 1978 Berkoff parte alla volta di Haifa dove dirige Metamorphosis in lingua ebraica ed anni
dopo dichiarerà:“Ci sono solo tre paesi in cui sono rispettato: l’Australia, Israele e l’America” (SB
in Church 1995).
Nel 1979 – Margaret Thatcher viene eletta Primo Ministro – l’Hamlet presentato all’Edinburgh
Fringe Festival viene aspramente criticato (“Tutti gli attori restavano sul palcoscenico per
l’intero spettacolo, cosa che nel 1979 era un evento raro” FA, 96); la più sardonica delle recensioni,
secondo cui Berkoff aveva commesso un madornale errore affidando a se stesso la parte di Hamlet,
costa al critico Nicholas de Jongh (Guardian) una minaccia di morte da parte del regista (“Avevo
speso persino la pensione di mia madre per quello spettacolo! Quando l’ho minacciato stavo solo
recitando, certo, ma lui l’ha presa molto seriamente, e il suo editore ha chiamato la polizia: così la
mia recitazione alla fine lo ha convinto, ed era quello che stavo tentando di fare.” FA, 59); questo
episodio – ancora oggi memento per tutti i critici che hanno a che fare con Berkoff – assieme
all’interpretazione del cattivo Ronny Harrison in McVicar (con cui guadagna la nomination per il
British Screen Award), segnano indelebilmente la carriera dell’attore: “Sono diventato un ‘villain’
(cattivo) nel libro dei casting”. I cattivi che fanno conoscere Berkoff al grande pubblico sono:
11
General Orlov in 007 – Octopussy, Victor Maitland in Beverly Hills Cop, General Rodovski in
Rambo II e Hitler in War and Remembrance (“Sapevo che potevo recitare questo personaggio
meglio di chiunque altro: era il MIO ruolo!” FA, 339)
xxiii
. Di questi film, ed altri meno rilevanti,
Berkoff dirà:
“Ho recitato un sacco di immondizia. Questi film sono lo sporco che porto sotto
le mie unghie, ma è grazie a quello che guadagno con essi che posso finanziare il
MIO teatro”
xxiv
.
Nel 1980 Berkoff mette in scena Greek, personale versione dell’Oedipus Rex di Eschilo, e inizia
un lungo tour per l’Europa che si conclude a Gerusalemme, dove mette in scena Hamlet e
Agamemnon con l’assistenza di Deborah Warner, e dove riceve notizia della morte della madre che
lo turba profondamente, a differenza della precedente perdita del padre (“Credo di non aver neanche
pianto per la sua morte, solo dopo molti anni mi sono pentito del mio comportamento” FA, 16).
Nel 1981 Berkoff–la belva dà una nuova zampata all’Inghilterra ben pensante con Decadence,
messo in scena all’Arts Theatre assieme all’attrice/musa Linda Marlowe e trasformato in film
nel 1993 con la regia poco efficace dello stesso Berkoff, che recita accanto all’amica Joan Collins.
I film hollywoodiani donano a Berkoff un’inaspettata notorietà negli Stati Uniti, che gli permette
di mettere in scena spettacoli ormai di repertorio come Greek, Metamorphosis, Decadence;
Agamemnon, con un cast di attori afro-americani, viene stroncato, a parte la critica positiva dell’ex-
antagonista Nicholas de Jongh (“I critici americani non erano obbiettivi, non riuscivano a tollerare
l’idea che degli attori di colore potessero creare qualcosa di speciale e di alta definizione” FA, 154).
Nel 1985, dopo Actor (tratto da Gross Intrusion), Berkoff torna sulla scena londinese con i
monologhi Harry’s Christmas (poi filmato da Channel 4 come Silent Night) e The Tell-Tale Heart
da E.A. Poe: visto il successo ottenuto, Berkoff l’actor-manager sceglierà altre volte la formula
12
vincente del one-man-show, con One Man (che comprende The Tell-Tale Heart, Actor e l’esilarante
Dog, attacco al tipico frequentatore ubriaco dei pub inglesi, con un cane più intelligente del
padrone) nel 1993, e Shakespeare’s Villains (1998).
Nel 1986 Berkoff scrive e mette in scena a Los Angeles la “commedia americana” Kvetch, che
arriverà a Londra nel 1991 e frutterà all’autore l’“Evening Standard Award” come miglior
commedia dell’anno: è uno dei pochi riconoscimenti che la stampa darà mai a Berkoff, e anche in
questo caso più per un successo di botteghino che per una volontà di gratificare “Mr. Nasty”.
Sempre nel 1986, Berkoff gira per la televisione Metamorphosis con un eccezionale Tim Roth come
Gregor Samsa, e mette in scena all’Half Moon (dopo il rifiuto della Royal Shakespeare Company e
del National Theatre) Sink the Belgrano!, che ripercorre amaramente la vicenda della guerra della
Falklands (1982) e satirizza le scelte della Lady di Ferro che rinomina “Maggot Scratcher”
(traducibile come “Verme Graffiante/Stridulo”); l’opinione pubblica, seppur infastidita, non vede
nella commedia un grido di denuncia politica, ma solo il buon vecchio Berkoff che alza troppo la
voce: ricordiamo tutti la fine del giovane che gridava sempre “Al lupo! Al lupo!”
xxv
.
In questo periodo d’indignazione personale, l’attore dichiara di non voler accettare l’eventuale titolo
di “Sir” concesso dalla Regina: i maligni attendono trepidanti questa remota possibilitá, solo per
vedere se Berkoff manterrá la parola, rifiutando l’omaggio regale.
Nel 1987 l’attore gira Prisoner in Rio e nel 1989 pubblicherà i diari del tempo, lamento
incessante della sconfortante esperienza, col titolo di A Prisoner in Rio.
Dopo la chiassosa messa in scena di Metamorphosis a Parigi con lo scarafaggio/ Roman
Polanski, nel 1988 il produttore Joe Papp (“uno dei pochi illuminati che mi hanno dato
fiducia”Ov,141) commissiona a Berkoff la regia di Coriolanus per il New York Shakespeare
Festival, con Christopher Walken come protagonista: lo scontro tra le due forti personalità
dell’attore e del regista non renderà agevole il lavoro delle prove, ma lo spettacolo avrà un discreto
13
successo. Coriolanus verrà ripreso in Germania con attori tedeschi (altra esperienza infelice,
raccontata nell’ennesimo diario Coriolanus in Deutschland, 1992) e a Londra nel 1995 con Berkoff
come protagonista: tentando con questo spettacolo di salvare dal fallimento il Mermaid Theatre, il
regista perderà una cospicua somma di denaro e scatenerà come al solito una catena di polemiche
sulla stampa nazionale, che affonderà avidamente le mani nella disfatta di un Berkoff troppo sicuro
delle sue doti imprenditoriali.
Il 1989 è l’anno del ritorno al National Theatre: per volontà della vedova Joan Plowright, Berkoff
è chiamato a rimpiazzare in cartellone l’appena scomparso Laurence Olivier (“anche questo è un
segno del destino!” FA,361) e mette in scena Salome
xxvi
, già allestita a Edimburgo, in cui interpreta
l’amata parte di Herod: lo spettacolo non viene accolto favorevolmente, in particolare per la scelta
registica di far recitare gli attori in “slow-motion” il testo di Oscar Wilde, già di per sé poco amato e
assente dalle scene inglesi da cinquant’anni. L’allestimento verrà accolto calorosamente nel tour
mondiale, che porterà Berkoff fino in Giappone, paese in cui l’attore è molto apprezzato
xxvii
.
Nel 1989 Berkoff mette in scena Metamorphosis a New York con Mikhail Barishnikov come
Gregor: è la prima esperienza teatrale del danzatore, che riesce ad essere convincente grazie alle sue
straordinarie attitudini atletiche, necessarie per il massacrante ruolo. Nello stesso anno viene
pubblicato il libro dal titolo pretenzioso I am Hamlet, in cui l’autore raccoglie le considerazioni
sulla sua interpretazione di Hamlet, dando voce ai suoi pensieri durante i momenti dello spettacolo.
Nel 1990 l’attore mette in scena lo stranamente naturalistico Acapulco
xxviii
(scritto sulla falsa riga
dell’esperienza fatta durante le riprese di Rambo II), ed è molto fiero del Greek andato in scena a
Parigi per la regia di George Lavelli; Greek diventa anche un’opera in musica, con l’adattamento di
Mark Antony Turnage.