Premessa
Riabilitazione neurologica e non nel recupero della funzione del cammino I
PREMESSA
Oggi, la pratica dell’esercizio fisico è parte integrante delle attività della vita
quotidiana.
In questo contesto, la riabilitazione motoria, ovvero quella scienza medica
che utilizza l’esercizio e le numerose metodiche correlate, come strategia
clinica di cura, è parte integrante di numerosi progetti terapeutici, dai più
classici ambiti (ortopedico, traumatologico e neurologico), a sfere di
intervento in cui apparentemente non esiste una relazione così diretta con il
recupero della motricità come, per esempio, dopo un intervento chirurgico
agli organi addominali.
Ma non si deve pensare che la scienza riabilitatoria sia un’arte di recente
sviluppo: già in tempi assai remoti l’esercizio fisico è stato utilizzato per
raggiungere, mantenere o recuperare il benessere motorio e la sua pratica era
esperienza comune sia nel mondo occidentale sia, ancor più precocemente,
nelle culture orientali.
E’ possibile considerare come esempio più antico di esercizio fisico rivolto
a fini terapeutici la disciplina del Cong Fou, concepita dai sacerdoti taoisti
cinesi già un millennio prima della nascita di Cristo. La sua pratica non
prevedeva l’esecuzione di movimenti in senso stretto, quanto l’assunzione
di posizioni del corpo associate al controllo della respirazione.
Anche in India, intorno all’800 a. C. i bramini raccomandavano esercizi e
massaggio per la cura del reumatismo cronico.
Premessa
Riabilitazione neurologica e non nel recupero della funzione del cammino II
IL PERIODO GRECO E ROMANO
Nel mondo occidentale, la prima codificazione dell’uso del movimento
destinato alla risoluzione di alterazioni patologiche, si deve alla cultura
ellenistica.
In Grecia, a Esculapio erano dedicati templi chiamati Asclepia dove i suoi
sacerdoti praticavano le arti mediche che comprendevano,
contemporaneamente, elementi spirituali e di interpretazione dei sogni a
somministrazioni di agenti medicinali e fisici.
A molti di questi templi erano poi annesse palestre dove erano praticati gli
esercizi fisici previsti dalla cura. Il luogo dove veniva svolta l’attività fisica
era un ambiente chiamato ginnasio, strutturato in modo molto differente
dalle palestre che siamo abituati a frequentare oggi: per esempio, annesse
alla zona dove si eseguivano gli esercizi fisici, c’erano piscine e aree
destinate a bagni di vapore.
Probabilmente il primo a riferire sull’argomento fu Erodico, si crede nativo
di Lentini, in Sicilia, intorno all’anno 480 a.C. Egli affermava di aver
guarito se stesso da una grave malattia grazie all’esercizio fisico, dopo aver
osservato che i più deboli potevano incrementare forza e resistenza con la
pratica della lotta e del pugilato. Molti medici accettarono le sue teorie
sull’utilità del movimento in ambito terapeutico: così Diocle prescriveva
esercizi di deambulazione, Erasistrato suggeriva il cammino come rimedio
all’idropisia (raccolta di liquido nelle cavità dell’organismo), Themisone
raccomandava l’esecuzione di esercizi passivi e attivi, solo per citare alcuni
autori.
Ma le speculazioni di Erodico furono anche oggetto di critica e Ippocrate
stesso, suo allievo, pur riconoscendo il valore dell’esercizio come elemento
di cura, talvolta disapprovò il suo modo di operare. Nonostante questo, il
riferimento ad esercizi utilizzati per finalità terapeutiche ricorre spesso nelle
sue opere. Un’ultima considerazione è necessaria per spiegare quanto fosse
elevata la conoscenza nel mondo greco antico: a Lio di Macedonia o
Alcmeone di Crotone si deve il riconoscimento della fibra muscolare, e a
Premessa
Riabilitazione neurologica e non nel recupero della funzione del cammino III
Erofilo spetta la scoperta che i nervi sono gli organi a cui si devono
sensibilità e movimento volontario.
Nell’antica Roma era comunemente ritenuto che la ginnastica fosse stata
una delle cause che avevano contribuito alla decadenza della cultura ellenica
e anche l’avvento del cristianesimo contribuì notevolmente al declino
dell’esercizio come pratica medica.
A dispetto di questo, molti furono quelli che continuavano a considerare una
moderata attività fisica come apportatrice di beneficio in varie situazioni
patologiche.
Asclepiade suggeriva il cammino per combattere la ritenzione idrica.
Temisone (omonimo del personaggio greco) raccomandava esercizio fisico
in molte malattie, per esempio, l’equitazione nella gotta. Galeno classificò
gli esercizi in base alla loro intensità, raccomandandone un uso moderato e
adattato al momento specifico. Un personaggio emerge in maniera
prepotente su tutti, per la sorprendente modernità delle sue teorie e dei suoi
concetti riguardo l’importanza dell’analepsis, cioè della riabilitazione
medica: Celio Aureliano. Nella sua opera “Sulle malattie croniche”
sottolinea l’uso essenziale dell’esercizio fisico in caso di paralisi e del suo
trattamento.
E, nei mille anni che seguirono, non vi fu, praticamente, più alcun
riferimento all’esercizio utilizzato come strategia terapeutica.
IL MEDIO EVO
In questa epoca, oscurantista per molti aspetti della vita culturale e sociale,
anche l’esercizio fisico venne ignorato, se non considerato disdicevole. La
religione cristiana, che educava l’abbandono delle cose materiali, riteneva la
cura del corpo non raccomandabile. Anche nel mondo arabo si dovette
attendere il sopraggiungere del decimo secolo affinché i califfi accettassero
la scienza come elemento compatibile con il mondo islamico, e le nozioni
che si erano sviluppate nella cultura greca e romana vennero riportate alla
Premessa
Riabilitazione neurologica e non nel recupero della funzione del cammino IV
luce grazie alle versioni siriane ed ebraiche delle opere concernenti l’arte
medica, che furono tradotte così in lingua araba.
Non deve perciò sorprendere il fatto che praticamente fino al 1400 esistano
scarsi riferimenti anche all’uso dell’esercizio fisico in medicina. Tra i pochi
si può ricordare Avicenna il quale affermava che per ciascun organo esiste
un esercizio specifico e sottolineava che:
“se gli uomini esercitassero il corpo con il movimento e il lavoro non
avrebbero bisogno né di medici, né di medicine”.
DAL 1400 AL 1700
L’invenzione della stampa fornì un nuovo, forte impulso all’attività
intellettuale, permettendo la diffusione delle opere greche che erano state
salvate e portate in occidente durante l’assedio e dopo la conquista di
Costantinopoli da parte degli arabi. Fu così possibile divulgare le
conoscenze antiche e renderle fruibili a un sempre maggior numero di
studiosi.
Nel sedicesimo secolo iniziano a essere molti i riferimenti che considerano
l’attività fisica come elemento essenziale al mantenimento e al recupero
della salute fisica e mentale. Se ne trovano nelle opere di Leonardo Fuchs
(“Institutiones Medicae”). Negli scritti di Fuchs, tra l’altro, ci sono
affermazioni quali “vi sono due tipi di esercizio: il primo è semplicemente
esercizio, il secondo è insieme esercizio e lavoro”, che possono essere
considerate i primi riferimenti alla terapia occupazionale.
Ma non fu solo nell’ambito medico che l’esercizio fisico stimolò riflessioni
e considerazioni sul suo valore.
Martin Lutero ne sottolineò il valore, oltre che per preservare i giovani
dall’ozio, dal libertinaggio e dal bere, anche per mantenere il corpo in buone
condizioni di salute.
Premessa
Riabilitazione neurologica e non nel recupero della funzione del cammino V
Il 1700 si può considerare il secolo che, elaborando le conoscenze che
provenivano dai testi più antichi del mondo classico greco e romano, e
approfondendo le esperienze e le intuizioni avvenute in tempi più recenti,
pose le basi per lo sviluppo dell’embrione di quella che in tempi più
moderni sarebbe diventata la scienza riabilitativa. Sono molti i personaggi
che scrissero testi fondamentali per lo sviluppo delle consapevolezze
scientifiche legate al movimento e alle materie a esso correlate.
Vanno ricordati Francis Fuller e la sua opera “Medicina Gymnastica”,
George Cheyne e il suo “An Essay on Health and Long Life”, la triade
Stahl, Hoffmann e Boerhave che, misero le basi per l’affermazione della
scuola iatromeccanica (o fisiatrica).
Friedrich Hoffmann pubblicò nel 1708 “Dissertationes Physico Medicae”,
dove afferma che nulla favorisce la circolazione quanto il movimento
muscolare e che mentre i muscoli si contraggono con un’azione espansiva
vitale sotto il controllo della volontà, vi è una rapida contrazione dei vasi.
Una delle sue osservazioni più interessanti fu quella in cui sosteneva che
“l’esercizio potenzia l’azione di molte terapie, a tale segno che senza di
esso non si può ottenere l’effetto desiderato”.
Molti altri studiosi sostennero l’importanza dell’attività fisica come
elemento essenziale per il mantenimento o il recupero di un buono stato di
salute in questo secolo: Stahl, Richard Mead, Teodoro Tronchin, Pierre
Chirac, Nenci da Siena, John Hunter, Joseph-Clément Tissot solo per citarne
alcuni.
IL 1800
Un importante contributo allo sviluppo della metodologia dell’esercizio
fisico venne fornito, in questo secolo, da Pehr Henrik Ling, il quale, pur non
avendo alcuna competenza medica (fu maestro di scherma e fondatore
dell’Istituto Centrale di Ginnastica di Stoccolma), introdusse i concetti di