CAPITOLO I
PROFILI GENERALI
SOMMARIO: 1. La revisione nel panorama dei mezzi d’impugnazione straordinari. – 2. La
firmitas del giudicato penale e il novum della revisione. – 3. Essenza giuridica della
revisione. – 4. L’oltre ogni ragionevole dubbio nella revisione del processo. – 5. Ratio e
fondamento costituzionale del rimedio straordinario. – 6. Coordinate dell’istituto
nell’ordinamento giuridico sovranazionale. – 6.1. (Segue): il diritto a un “equo processo” e
prospettive de iure condendo. – 7. La revisione in peius.
1. La revisione nel panorama dei mezzi d’impugnazione
straordinari.
Nei confronti dei provvedimenti divenuti irrevocabili, il nostro
sistema penale assicura mezzi di impugnazione straordinari con la
possibilità di stravolgere il giudicato penale nei casi tassativamente
previsti dalla legge. In questi casi il legislatore ritiene prevalente
l’esigenza di giustizia su quella di certezza dei rapporti giuridici .
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A differenza delle impugnazioni ordinarie, queste non
costituiscono una fase ulteriore del processo, ma ne danno vita a uno
nuovo, fondato su elementi fattuali necessariamente diversi da quelli
considerati nel processo già definito.
P. TONINI, Manuale di procedura penale, XII ed., Firenze, Giuffrè, p. 874.
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Questi rimedi sembrano rispondere ad esigenze di favor rei
piuttosto che di giustizia sostanziale.
Infatti sono previsti a favore del condannato e, a seconda del
tipo di errore, sarà possibile esperire contro la sentenza di condanna il
rimedio della revisione, o il ricorso straordinario per errore materiale o
di fatto. E nel caso in cui l’errore giudiziario sia stato riconosciuto
tramite revisione del giudicato penale, il condannato prosciolto o i
suoi più stretti congiunti in caso di suo decesso, potranno ottenere la
riparazione dall’ingiusta condanna.
La revisione è configurata tradizionalmente come un’azione di
annullamento, o di impugnativa, con funzione eliminatoria,
coessenziale alle impugnazioni straordinarie . Va chiarito però che a
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questa non si accompagna una struttura rescindente; per ragioni di
tutela del giudicato, il codice ha opportunamente riconosciuto alla
revisione carattere rinnovatorio, come dimostra la scelta di collocare
la rescissione esplicita del giudicato all’esisto del giudizio instaurato
con la richiesta di revisione.
Nella revisione il solo errore che può essere corretto investe il
fatto con riguardo alla condotta, al nesso causale, all’evento, nonché
Così M. GIALUZ, Sub art. 630 c.p.p., in A. GIARDA-G. SPA N G H E R (a cura di), Codice di
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procedura penale commentato, IV ed., vol. II, Ipsoa, 2010, p. 7604.
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all’attribuzione soggettiva di colpevolezza e di imputabilità. Dato il
rinvio nell’art. 631 c.p.p. agli artt. 529, 530 e 531 dello stesso codice,
si ricava che l’unico errore emendabile sia quello che se accertato,
permette il proscioglimento dell’imputato perchè il fatto non sussiste,
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l’imputato non lo ha commesso, il fatto non costituisce reato o si
trattava di persona non imputabile o non punibile per un’altra
ragione.
Al contrario l’errore materiale o di fatto contenuto nei
provvedimenti irrevocabili pronunciati dalla Corte di cassazione, può
essere emendato tramite il rimedio previsto dall’art. 625-bis c.p.p.,
introdotto dalla legge n. 128 del 2001, in cui si dà la possibilità al
condannato di chiedere la correzione dell’errore materiale o di fatto,
presente nei provvedimenti irrevocabili della Corte di cassazione.
Gli errori materiali definiti dall’art. 130 c.p.p., sono errori od
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omissioni che non determinano nullità, e che la cui eliminazione non
comporta una modifica essenziale dell’atto.
Invece non è ammessa revisione per dimostrare che l’imputato doveva essere
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condannato a una pena inferiore.
Le Sezioni unite della Corte di cassazione, 30 aprile 2002, Basile, in Dir. pen. proc.
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2002, p. 986, hanno escluso dal campo di applicazione dell’art. 625-bis gli errori di
interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, ovvero la supposta
esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche quando
siano dovuti all’ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati. Ne consegue che
l’error iuris, al pari dell’errore di giudizio o valutativo, non può mai essere fatto valere a
mezzo del ricorso straordinario, dato che rispetto ad esso resta intatto il rigore del
principio di intangibilità delle decisioni della Corte di cassazione.
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Invece l’errore di fatto consiste in una falsa percezione di ciò
che emerge inequivocabilmente dagli atti, si tratta di un errore che ha
portato la cassazione ad affermare l’esistenza o inesistenza di un fatto
decisivo, la cui insussistenza, o sussistenza, risulti in modo
incontrovertibile dagli atti interni al giudizio di legittimità.
Infine, l’ultimo mezzo d’impugnazione straordinario previsto
nel nostro sistema, consente, quando in sede di revisione sia stato
riconosciuto l’errore giudiziario, la possibilità al prosciolto in tale
sede, di richiedere tramite apposito procedimento, la riparazione
dell’errore giudiziario, qualora egli non vi abbia dato causa per dolo o
colpa grave.
Il sistema dei mezzi di impugnazione straordinari assicura e
garantisce, nei casi di errore tassativamente previsti, alle vittime di un
ingiusto provvedimento divenuto irrevocabile, una tutela riparatoria e
risarcitoria, per quanto riguarda la revisione, senza limiti di tempo.
Per la riparazione dell’errore giudiziario sarà possibile proporre
la domanda entro il termine di 2 anni dalla sentenza di revisione
d’accoglimento, e infine, entro 180 giorni dal deposito del
provvedimento della Corte di cassazione, si potrà esperire il ricorso
straordinario per errore materiale o di fatto.
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La straordinarietà di questi rimedi sta nella possibilità di
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rimuovere quelle decisioni penali irrevocabili che, alla luce
d’emergenze conosciute in seguito alla formazione del giudicato, si
dimostrino frutto d’ingiustizia.
F. CALLARI, La revisione. La giustizia penale tra forma e sostanza, Torino, G.
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Giappichelli, 2012, p. 32.
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2. La firmitas del giudicato penale e il novum della
revisione.
Per secoli, il rapporto tra il giudicato penale e il giudizio di
revisione è stato rappresentato da un’altissima conflittualità , in
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perenne tendenza alla prevaricazione reciproca.
L’esigenza di certezza giuridica ha costituito il cardine
dell’istituto del giudicato penale, che pone un argine sicuro, un limite
certo in quel momento delle vicende processuali, in cui è probabile
che si sia fatto abbastanza per accertare la realtà dei fatti.
Per lungo tempo la firmitas iudicati è stata intesa come una
forza costitutiva che cristallizza e introduce nel mondo del diritto
qualcosa di nuovo, un dato assolutamente certo ed immutabile, capace
di conferire dignità ed efficacia alla legge stessa. Costituisce un
presidio invincibile della certezza giuridica che si esige dalla funzione
giurisdizionale in relazione al caso concreto.
Viceversa, la revisione, è stata costantemente rappresentata
“come una necessaria ed eccezionale ferita da infliggere alla cosa
giudicata” . Secondo tale orientamento il giudizio di revisione doveva
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F. CALLARI, “Esigenze giuridiche ed aspirazioni idealistiche nel giudizio di revisione:
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limiti e prospettive ,de iure condendo” in Cass. pen., fasc. 1, 2006, pag. 306.
v. F. CALLARI, La revisione. La giustizia penale tra forma e sostanza, cit. p. 27.
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essere contenuto in limiti di stretta necessità, rapportati ad una
rilevante gravità dell’ingiustizia.
Costituisce infatti un procedimento di critica straordinaria,
fondato sull’insorgenza di nuovi elementi di fatto estranei e diversi da
quelli definiti nel processo, un mezzo processuale diretto all’esclusivo
favor del condannato, finalizzato a rinnovare la fase di merito per
dimostrare l’inesistenza dei presupposti di fatto su cui la condanna si è
basata, e a porre in evidenza i veri presupposti di fatto in base ai quali
la sentenza di condanna debba tramutarsi in sentenza pienamente
assolutoria .
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Grazie a una lenta e profonda evoluzione in senso democratico
delle istituzioni e delle relazioni tra il potere statuale ed i cittadini,
assieme a una maggiore sensibilizzazione delle coscienze degli
individui, si è giunti, nell’attuale sistema processuale penale ad una
nuova configurazione del rapporto tra l’irrefragabilità del giudicato
penale ed il giudizio di revisione.
Nell’attuale sistema processuale penale, il giudicato non è più
un mito, un rigido baluardo preordinato al fine di salvaguardare la
sentenza irrevocabile, ma rappresenta un dato terminale, che
L’esito assolutorio del giudizio di revisione non è obbligatorio; nulla vieta che il
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giudizio si concluda con la conferma della sentenza di condanna.
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cristallizzando in modo irreversibile il dictum cognitivo, si pone come
un limite a necessità pragmatiche, in un momento delle vicende
processuali in cui è probabile che ormai si sia fatto abbastanza per
scoprire la verità.
Oggi la revisione conserva la caratteristica originaria di
costituire la più intensa espressione di reazione ordinamentale
all’ingiustizia, mentre ha cessato di essere una mera eccezione
all’intangibilità del giudicato penale; inoltre le sono riconosciute
dignità, valore e ruolo che l’ordinamento giuridico le attribuisce
effettivamente nel sistema processuale.
Rappresenta una pronta risposta all’esigenza di altissimo
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valore etico e sociale, di assicurare, senza limiti di tempo, ed anche
quando la pena sia stata espiata o estinta, la tutela dell’innocente
nell’ambito della più generale garanzia, − di espresso rilievo
costituzionale − accordata ai diritti inviolabili della personalità .
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Riguardo a tale profilo, S. LONATI, “Sul criterio per la definizione di prova nuova in
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vista del giudizio di revisione”, in Cass. pen., fasc. 10, 2002, pag. 3180, tiene a precisare
che alla medesima esigenza di giustizia si rivolge la normativa contenuta nel Protocollo n.
VII alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo quando nell’art. 4 par. 2 ammette che
il processo possa essere riaperto “se dei fatti nuovi o degli elementi nuovi o un vizio
fondamentale nella procedura antecedente avrebbero potuto condizionare l’esito del
caso”.
Ibidem.
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