1
INTRODUZIONE
Le “reti di città” sono un fenomeno sempre più diffuso nell’ambito della
cooperazione internazionale. In un contesto di progressiva internazionalizzazione degli
enti locali, resa possibile dalla maggiore autonomia nei confronti degli stati e dall’ampio
utilizzo di mezzi di comunicazione rapida quali internet, le città scelgono
frequentemente di associarsi a loro omologhi in paesi diversi per collaborare nella
gestione di problematiche relative all’amministrazione urbana.
Ci riferiamo ad esempi di networking attivo, termine che identifica le reti
intenzionalmente e volontariamente istituite da enti che intendono cooperare per
disporre di conoscenze e risorse superiori rispetto a quelle a disposizione dei singoli
1
. In
particolare, l’attenzione è rivolta a reti incentrate su temi relativi alla riqualificazione
urbana, qui intesa, in un’accezione piuttosto ampia, come insieme di azioni volte a
migliorare la qualità della vita in determinate aree urbane non solo (e non
necessariamente) attraverso operazioni architettoniche e urbanistiche, ma anche tramite
fornitura di servizi, promozione di iniziative per contrastare l’esclusione sociale,
incentivi alla partecipazione da parte della cittadinanza.
Le domande e le curiosità alla base di questo studio sono le seguenti: perchØ le
città si mettono in rete con soggetti diversi e distanti per lavorare su problematiche con
una forte connotazione locale? PerchØ terminologie e logiche simili (il “fare rete”, lo
“scambio di buone pratiche”, l’ “approccio integrato” e l’ “approccio partecipato” allo
sviluppo urbano) ritornano in contesti anche piuttosto diversi fra loro, quali la
cooperazione interna europea e quella decentrata
2
?
Le amministrazioni municipali devono affrontare dinamiche politiche e sociali
locali “complesse”
3
, cioè caratterizzate da interazioni fra molteplici settori e attori. Per
trovare soluzioni innovative ed efficaci ricorrono al networking, ampliando così la
gamma di relazioni, informazioni e competenze a loro disposizione. Ci chiediamo se
questo aggiungersi della rete sovra-locale a quella di attori locali non comporti una
complicazione ulteriore delle dinamiche, che può risolversi in costi eccessivi da
fronteggiare o in una “retorica della rete” a cui non corrispondono risultati operativi.
1
Con il termine “networking passivo” ci si riferisce, invece, ai collegamenti che si generano tra le città
come conseguenza di dinamiche economiche.
2
All’interno di questi due contesti cooperativi, verranno analizzate reti diverse per dimensione, tipologia
di partecipanti, struttura organizzativa, orizzonte temporale.
3
Una definizione più precisa del concetto di complessità ai fini del presente lavoro verrà data nel capitolo
3 della Parte II.
2
Per chiarire a quali condizioni la rete internazionale si rivela uno strumento utile,
terremo conto di quanto appena affermato relativamente all’interazione tra la scala
internazionale di rete e quella urbana. Lo studio sarà quindi articolato su due livelli di
analisi: il livello di rete (parte II, cap. 2 e 3)e il livello locale (cap. 4). Il primo ci
permetterà di approfondire le logiche del networking di tipo politico, cooperativo e
generalmente caratterizzato da approcci progettuali. Il secondo consentirà di ricondurre
tali logiche alle dinamiche urbane, e di capire in che modo le influenzano.
Per quanto riguarda l’analisi a livello di rete, ai fini di studiare i meccanismi del
networking e osservarne i risultati nel fronteggiare la complessità, affronteremo i
seguenti temi:
- le tipologie di rete in base ai loro obiettivi, modalità d’azione, strutture;
- le razionalità politiche ed economiche che le animano;
- gli obiettivi attesi e raggiunti, i costi e i benefici che comportano, e quindi la
loro efficacia ed efficienza;
- la sostenibilità dello strumento-rete, a fronte dei vincoli politici ed economici
a cui gli enti locali sono soggetti;
- il significato attribuito alla rete dall’amministrazione locale nel complesso e
dai singoli che ci lavorano;
- l’interazione tra le relazioni orizzontali, che di per sØ caratterizzano
internamente la rete, e quelle esterne ad essa, con altre reti o tra città e livelli
istituzionali ad esse superiori (Stati, organizzazioni internazionali).
A livello locale, ci chiediamo quali siano i risultati che le singole città ottengono
dalla rete, soffermandoci in particolare su:
- gli attori locali coinvolti nel lavoro di rete e nelle azioni sul territorio urbano
da essa derivanti;
- l’adozione di approcci integrati e/o partecipati allo sviluppo urbano;
- l’incremento di capitale territoriale derivante dalla partecipazione alla rete,
ossia le diverse tipologie di risorse che la città ottiene e che può sfruttare per
azioni di riqualificazione urbana;
- i punti di forza e i punti deboli che ogni città deve tenere in considerazione
nella prosecuzione di attività di networking.
3
Nel suo complesso, l’argomento tocca tematiche differenti già largamente
affrontate in diverse discipline: il networking tra città in geografia ed economia, la
network analysis in sociologia, le esternalità di rete in economia, la governance in
scienza politica, la governance territoriale e i concetti di sviluppo locale e capitale locale
in geografia e in altre scienze sociali e territoriali.
Per approfondire i casi concreti di cooperazione in rete che si è scelto di studiare,
riteniamo però che sia utile integrare teorie e concetti di diversa matrice. Oltre che utile,
tale integrazione è anche necessaria. In primo luogo, perchØ l’argomento è di per sØ
fortemente interdisciplinare.
In secondo luogo, l’economia, la geografia e la sociologia, nelle loro
declinazioni “urbane” hanno diffusamente studiato il networking passivo tra città, le reti
interpersonali tra attori urbani, e le reti comunicative e finanziarie “globali”; la scienza
politica si è concentrata sulle policy networks
4
e sull’emergere degli enti locali sulla
scena politica nazionale e internazionale. Sono tutti aspetti che riguardano le reti qui
considerate, ma non in maniera esaustiva. Analisi più sistematiche e organiche sono
effettuate con riferimento alla cooperazione non governativa (reti di ONG, di attivisti)
o, se riferite alle città, nascono in ambito europeo e si concentrano sulla cooperazione
interna comunitaria. In questa sede invece vogliamo allargare il discorso ad altre forme
di cooperazione, e in particolare a quella decentrata.
Riteniamo che questo tipo di reti necessiti di strumenti analitici adeguati alle
peculiarità del networking attivo e a carattere politico-progettuale
5
, che possano essere
applicati ai diversi contesti in cui tali reti sono create.
Verranno quindi elaborati degli schemi analitici volti a integrare concetti e
categorie derivanti da letterature sociologiche ed economiche, dalle scienze territoriali e
dalla scienza politica, e dalla cooperazione allo sviluppo internazionale e decentrata, per
permettere una descrizione dettagliata dei tre casi studio considerati. Tale analisi sarà la
base per approfondire i temi elencati in precedenza per il livello di rete e per quello
locale. Successivamente, si procederà a un’interpretazione sintetica dei casi studio che
consenta di dare una risposta alle domande fondamentali di partenza: quale sia il ruolo
4
Reti di attori appartenenti a organizzazioni pubbliche e private, accomunati da interessi relativi a una
politica pubblica e coinvolti nel suo processo di decisione e attuazione.
5
Il primo capitolo chiarirà progressivamente le caratteristiche peculiari delle reti considerate.
4
delle reti internazionali nell’affrontare la complessità interna ed esterna alle città, e quali
siano i loro risultati locali.
Per il livello di rete e per quello locale si farà ricorso a due schemi analitici
distinti, seppure animati da logiche simili e fondati sull’interpretazione delle reti di città
come particolare modalità di governance, urbana e internazionale allo stesso tempo. Il
capitolo 2 della Parte I spiegherà in che senso intendiamo applicare il concetto di (good)
governance
6
alla rete (livello sovra-locale); il capitolo 4 farà riferimento al concetto di
governance territoriale per analizzare le dinamiche causate dalla rete nel singolo
territorio urbano (livello locale). La successiva interpretazione si baserà, da un lato, sui
concetti di complessità sistemica e ambientale e di strategie della complessità esposti
da A. Turco (1988) a fondamento della sua “teoria geografica della complessità”,
dall’altro sul concetto di capitale territoriale e sul suo ruolo nei processi di sviluppo
locale.
Voler dare una chiave di lettura unitaria, per ogni livello di analisi, ai tre casi
studio non deve portare a sottovalutare le differenze e semplificare eccessivamente
fenomeni diversi; la ricerca di strumenti concettuali e analitici unitari ha piuttosto lo
scopo di rendere possibile un raffronto. ¨ infatti attraverso il confronto di somiglianze e
differenze che si può, da un lato, comprendere la diffusione di nuove logiche e modalità
di azione nel campo della cooperazione internazionale e della governance urbana,
dall’atro, evidenziarne aspetti ancora in evoluzione, problematiche e retoriche date per
scontate.
Nella Parte I verrà effettuata una rassegna delle categorie e degli approcci
disciplinari presi come punto di riferimento, soffermandosi sullo studio delle reti nelle
scienze sociali (cap. 1, sezione 1.1), sulle reti di città e sul networking nella
cooperazione allo sviluppo (1.2), sulla governance dello sviluppo urbano (1.3).
Successivamente, verrà spiegato più in dettaglio il percorso di ricerca, i suoi obiettivi e
ipotesi (cap. 2, sezione 2.1), la metodologia d’indagine adottata e l’approccio geografico
che sottende a tutto il lavoro (2.2). Nel nostro caso, adottare un approccio geografico
significa studiare le reti di città secondo le prospettive dell’interdipendenza tra luoghi (i
territori urbani che, ognuno con le sue specificità, scambiano tra loro risorse materiali e
immateriali) e tra scale (dalla scala sovra-locale della rete internazionale, a quella locale
6
Intesa come modalità organizzativa delle relazioni tra attori che devono definire di strategie di sviluppo.
5
della città e intra-urbana delle aree interessate dalla riqualificazione, a quella individuale
dei singoli coinvolti nel lavoro di rete). Queste chiavi di lettura, per le quali la “rete”
non è solo oggetto ma anche strumento di studio, permettono di comprendere le logiche
che animano le reti di città e l’azione di queste nella rete, e di dare unitarietà
all’interpretazione di un fenomeno di per sØ variegato e multidisciplinare. Una terza
prospettiva, quella dell’integrazione locale
7
, è adottata nel momento in cui osserviamo
le dinamiche interne al contesto urbano (azioni avviate, attori coinvolti).
Sono stati scelte come studi di caso tre reti di città: la prima, Building Healthy
Communities (BHC) fa parte del programma europeo comunitario URBACT II; la
seconda, EuroGaza, opera nel campo della cooperazione decentrata allo sviluppo tra
quattro città europee e Gaza; la terza, 100 Città per 100 Progetti Italia-Brasile, è una più
ampia iniziativa di coordinamento tra gli enti locali italiani e quelli brasiliani impegnati
in progetti di cooperazione decentrata. La Parte II inizia con una presentazione dei tre
casi (cap. 1), ai quali verrà poi applicato (cap. 2, sez. 2.3) lo schema d’analisi elaborato
per il livello di rete (sez. 2.1 e 2.2). Il capitolo 3 si sofferma ancora sul livello di rete,
con alcuni approfondimenti tematici. Il capitolo 4 elabora un secondo schema analitico
per il livello locale (sez. 4.1 e 4.2), per poi applicarlo ai casi studio e concludere con
alcune considerazioni sull’adeguatezza dei risultati della rete per una città, a seconda
degli obiettivi e delle esigenze di quest’ultima (sez. 4.3). Infine, il capitolo 5 riprende i
risultati emersi nel corso dello studio, evidenziandone utilità, limiti e questioni aperte.
7
L’interdipendenza tra luoghi, l’ interdipendenza tra scale, e l’integrazione locale, sono i tre “modi
geografici di guardare il mondo” identificati tra le prospettive spaziali caratterizzanti la geografia nella
matrice proposta dal Rapporto “Rediscovering Geography” (National Research Council, Washington
D.C., 1997) e ripresa da De Blij (1999). A seconda dei temi e dell’approcci scelti esse si intersecano con
tre “ambiti di sintesi”, volti a indagare rispettivamente le dinamiche ambientali, le dinamiche ambiente-
società e le dinamiche uomo-società.
6
Parte I
CAPITOLO 1 - I TEMI TRATTATI
1.1 – LE RETI
Oggetto o strumento di studio?
Volendo concentrarsi su modalità di cooperazione internazionale che si
definiscono e funzionano come reti, è necessario chiarire in quale accezione il termine
“rete” è utilizzato.
Le reti possono essere fenomeni concreti scelti come oggetto di studio o uno
strumento attraverso il quale altri fenomeni naturali e sociali sono descritti, ma in ogni
caso il riferimento ad esse è presente in numerose discipline e largamente diffuso nel
linguaggio comune. Prendendo in considerazione una delle più generiche e basilari
definizioni di rete, cioè un insieme di unità (nodi) collegate da linee, si può ben vedere
come essa si adatti facilmente alla descrizione di sistemi naturali e sociali composti da
elementi in relazione tra loro e interconnessi con altri sistemi, i cui collegamenti
permettono flussi materiali o immateriali tra un nodo e l’altro. Se sono facilmente
identificabili come reti quelle di trasporto (strade, rotte marittime…), e quelle di
comunicazione (telefonia, internet), dove è evidente la componente materiale e di
connessione fisica tra luoghi e oggetti distanti, più complesso è il discorso relativo alle
reti di relazioni tra individui e gruppi, oggetto di studi delle scienze sociali.
La sociologia, e la social network analysis in particolare, hanno individuato nella
rete una “prospettiva di rappresentazione ed analisi coerente e pertinente con la
complessa articolazione della realtà sociale” (Salvini, 2005, p. 16), poichØ grazie alla
sua intrinseca componente relazionale permette di spiegare la struttura dinamica dei
contesti in cui gli individui agiscono.
Inoltre, è opinione diffusa che la società contemporanea sia sempre più una
“società reticolare”. In uno dei testi più famosi al riguardo
1
, Castells afferma che i
processi (di produzione, di potere) dominanti delle trasformazioni sociali sono sempre
più organizzati intorno a reti, e che tale diffusione della logica di rete ha come base
materiale il rapido sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
1
Castells M. (1996), The Rise of the Network Society, Blackwell, Oxford-Cambridge (MA).
7
Una considerazione simile è espressa da Barabàsi
2
(2006), quando parla di onnipresenza
delle reti: in campo informatico, come modalità di diffusione delle epidemie, negli studi
sui legami tra gruppi terroristici, in matematica, fisica e biologia.
Uso descrittivo, uso normativo e retoriche del termine “rete”
Di conseguenza, bisogna fare attenzione a non incorrere in un abuso del concetto
di rete
3
. Se esso è usato per scopi descrittivi, ed è applicato a qualunque manifestazione
di vita economica, politica e relazionale, può perdere la sua pregnanza e diventare
scontato. ¨ però l’uso del concetto a scopo normativo che corre più rischi di cadere
nella retorica: ci riferiamo in questo caso agli insiemi di individui, o associazioni, o enti
politici, che scelgono esplicitamente di organizzarsi in rete per meglio perseguire i
propri programmi amministrativi, di sviluppo, di governo, di intervento sociale, di
sensibilizzazione. Espressioni come “fare rete”, “lavorare in rete” sono ampiamente
utilizzate attribuendo loro in modo quasi automatico una connotazione positiva:
soprattutto nel mondo dell’associazionismo, delle ONG, dell’attivismo politico
4
, ma
anche nella cooperazione tra istituzioni, enti locali, e internamente alle organizzazioni
internazionali, la rete diventa spesso sinonimo di democraticità, trasparenza,
apprendimento, visibilità, rispetto e integrazione delle differenze, efficiente
condivisione delle risorse. Frequentemente, si indicano come condizioni per
raggiungere questi effetti positivi una struttura decentralizzata e non gerarchica, una
marcata autonomia dei nodi, un elevato numero di partecipanti e di interconnessioni
reciproche.
Non si vuole qui negare l’utilità e gli effetti positivi sopraelencati delle reti,
bensì osservare che essi non sono scontati e che le reti comportano costi amministrativi
e complessità gestionali da non sottovalutare. Se, per esempio, la numerosità è adeguata
a una rete di lobby, e comunicazioni (newsletter, rapporti) frequenti sono efficaci in una
rete di ricercatori fortemente motivati allo scambio di informazioni, non è detto che le
2
¨ interessante notare come Barabàsi, pur facendo considerazioni molto simili a quelle del sociologo
Castells, muovendo da un interesse rivolto prevalentemente a studi matematici e fisici sulle reti, menzioni
l’economia ma non la politica come campo applicativo delle indagini sull’importanza delle reti nella
società.
3
Non è esente da critiche al riguardo lo stesso Castells: Perkmann (1999, p. 624) afferma che la metafora
della rete in Castells è talmente generica che è difficile immaginare come apparirebbe una società che non
sia una network society. Smith (2003, pp. 32-33) afferma che lo “spazio dei flussi” di Castells è troppo
astratto e deterministico: trascura le persone e le pratiche che costituiscono le reti, riducendo tutte le
spiegazioni alle dinamiche del capitale e della tecnologia.
4
Citiamo, a titolo esemplificativo, La rivoluzione delle reti: economia solidale per un’altra
globalizzazione (Mance, 2003) e La rete di Lilliput. Alleanze, obiettivi, strategie (Bologna et.al., 2001).
8
stesse caratteristiche siano sostenibili in una rete che deve coordinare amministrazioni
pubbliche dotate di risorse economiche e temporali limitate. Per questo, è importante
avere chiaro quali sono lo scopo, la tipologia di partecipanti, il campo d’azione di una
rete e adottare di conseguenza le modalità progettuali, organizzative e valutative
adeguate.
Questo lavoro nasce proprio dalla curiosità rispetto a logiche e terminologie (il
networking, lo scambio di buone pratiche, ecc.) che per la loro diffusione sembrano
ovvie e chiare nel loro significato; al contrario, le tre reti studiate sono un esempio di
come definizioni e razionalità simili nascondano fenomeni diversi tra loro. Inoltre, il
fatto che uniscano città, e non individui o associazioni, che includano spesso nei propri
obiettivi la realizzazione di azioni locali concrete, che implichino motivazione politica
alla cooperazione, fa sì che le categorie sociologiche, economiche o geografiche più
diffuse nello studio delle reti non possano essere isolatamente applicate, ma debbano
essere integrate fra loro per darne una descrizione non parziale.
Procediamo ora con una breve rassegna dei concetti che saranno ripresi negli
studi di caso. Verranno presentati innanzitutto alcuni approcci sociologici, geografici ed
economici allo studio delle reti, e alcune specificazioni in campo politico e della
cooperazione allo sviluppo. Sarà in seguito introdotta la seconda tematica di partenza: la
città come “attore di sviluppo” e le implicazioni di questo ruolo gradualmente più
autonomo e attualmente in evoluzione (la ridefinizione delle relazioni con gli stati e con
gli altri enti locali, l’approccio integrato e partecipato allo sviluppo urbano). Ciò
permetterà di restringere il campo d’indagine alle “reti di città” considerate.
1.1.1 – La social network analysis
Le reti studiate dalla Sociologia sono insiemi di legami tra gli individui
corrispondenti alle relazioni che essi instaurano per rispondere ai propri bisogni
5
.
L’ analisi delle reti sociali, o social network analysis, non è una teoria unitaria,
ma piuttosto un’ampia strategia per investigare la struttura sociale, i comportamenti e le
istituzioni ponendo attenzione alle relazioni tra individui e organizzazioni. A questo
proposito, Grabher distingue la “social network perspective” (lo studio delle reti di
5
Le definizioni introduttive del presente paragrafo fanno riferimento a Grabher e Powell (2004,
introduzione) e Knoke (1990, cap. 1)
9
relazioni sociali tra gli attori, fondato sul presupposto che i loro attributi individuali non
bastano a spiegare il comportamento sociale) e la “governance perspective” (lo studio
dei meccanismi istituzionali che iniziano e coordinano le reti). La network analysis
osserva, da un lato, i nodi costituenti le reti (gli attori e le loro posizioni), dall’altro i
legami (le relazioni) che tra essi intercorrono, per definire modelli formali attraverso
l’integrazione di metodi statistici e concetti matematici della teoria dei grafi
6
.
Senza soffermarci sui molteplici filoni teorici (antropologici e sociologici)
presupposto della network analysis, nØ sulle sue sofisticate tecniche analitiche
7
, ci
limitiamo a ricordare alcune categorie e variabili utili a definire la struttura delle reti e a
metterla in relazione con le loro origini, funzioni e finalità. Facendo riferimento alle
sezioni relative alla network analysis contenute in Borgarello (2000, cap. 9), Knoke
(1990, cap. 1 e 3), Grabher e Powell (2000, introduzione), Salvini (2001), si è deciso di
rielaborare alcune categorie e classificazioni per fornire una presentazione il più
possibile sintetica e adatta agli scopi del presente lavoro, per quanto questo comporti
tralasciare distinzioni più specifiche e dettagli sociometrici tipici della network analysis.
Il primo gruppo di variabili considera la struttura della rete, e include:
- dimensione: il numero di membri di una rete; reti sociali ampie sono di solito associate
a stimolo al cambiamento e ampia disponibilità di risorse;
- densità: il grado di contatti che i nodi hanno fra di loro
8
; un’alta densità è associata a
una rapida mobilizzazione di risorse e informazioni, ma anche a maggiore controllo
sociale e chiusura a risorse diversificate;
- cluster: sono sottogruppi identificabili all’interno della rete in quanto formati da
membri più “vicini” tra loro perchØ più simili per determinate caratteristiche o perchØ
intrattengono relazioni più intense
9
;
- omogeneità/eterogeneità: il livello di diversità dei nodi. Salvini (2005) afferma che un
range (misura dell’eterogeneità) elevato è indice di più facile accesso del nodo a risorse
diversificate, di autonomia e maggiore facilità degli attori nel gestire la propria
6
Gli attori sono raffigurati come punti o vertici collegati fra loro da linee o archi. Ai grafi sono poi
applicate matrici per studiarne gli aspetti quantitativi.
7
Una sintetica introduzione alla network analysis è effettuata nella premessa di E. Amaturo alla versione
italiana di Scott (1997), L’analisi delle reti sociali, NIS, Roma.
8
Misurabile come rapporto fra il numero di relazioni che un nodo effettivamente intrattiene e il numero di
potenziali relazioni con tutti gli altri nodi.
9
Ci limitiamo a questa definizione, piuttosto intuitiva, dei cluster, senza approfondire le tecniche
statistiche e sociometriche per la loro individuazione e la differenza tra cluster e cliques (sottoinsiemi di
punti tutti connessi tra loro e tutti adiacenti). Tali argomenti sono trattati in Scott (1997, cap. 6 e 7).
10
progettualità. Nel nostro caso, ci possiamo chiedere se una forte diversità tra le città
agevoli (perchØ integra competenze complementari) o ostacoli (perchØ le esigenze sono
differenti e il coordinamento più difficile) la cooperazione;
- centralità/centralizzazione
10
: una rete è centralizzata se è organizzata intorno a
particolari punti focali che rivestono un’importanza strategica, come ad esempio un
segretariato o un membro che svolge il ruolo di coordinatore. Una più forte
centralizzazione può generare più efficacia nella mobilitazione delle risorse e nel
raggiungimento degli obiettivi, in presenza però di un trade-off, dato dalla struttura più
rigida, con la capacità di sopravvivere ai cambiamenti adattandosi (resilienza). ¨ inoltre
importante notare se la centralità di uno o più punti si associa a una struttura gerarchica
(con conseguente possibile limitazione dell’autonomia dei nodi).
Per analizzare invece le caratteristiche relazionali delle rete, si può osservare la
forma e il contenuto dei legami. Per quanto riguarda la forma:
- intensità: misurabile come forza o frequenza delle interazioni (ad esempio il numero di
incontri a cui un membro della rete partecipa), e utilizzabile come indice del grado di
coinvolgimento e di impegno di un nodo.
- direzione: indica se gli scambi tra i nodi sono simmetrici o meno, e se quindi c’è o no
reciprocità. Si può ipotizzare un collegamento con la possibile funzione, da parte delle
reti, di redistribuzione delle risorse tra luoghi.
- temporalità: durata dei legami e loro cambiamento nel tempo. Prenderemo in
considerazione sia reti con un orizzonte temporale finito e di breve termine, sia
indefinito e di lungo termine; come l’intensità dei legami (intesa come indice del livello
di coinvolgimento dei nodi), la temporalità è una delle variabili di cui si terrà conto
discutendo della sostenibilità delle reti.
Per quanto riguarda il contenuto (materiale o immateriale) dei legami, cioè che
cosa i nodi si scambiano grazie alla rete, esso dipende dagli obiettivi per i quali la rete è
creata, dalle regole e dagli strumenti di cui dispone per raggiungerli. Può trattarsi di
risorse finanziarie o tecniche, competenze, informazioni e conoscenze, buone pratiche,
solidarietà e sostegno politico. Tale argomento verrà ripreso successivamente quando le
reti di città verranno distinte in maniera più precisa da altri tipi di reti sociali e politiche.
10
La prima nozione si riferisce ai punti, la seconda all’intero grafo. Un punto localmente centrale ha un
grado elevato, ossia un elevato numero di connessioni dirette con punti adiacenti; un punto globalmente
centrale si trova a breve distanza da molti altri punti (grazie a collegamenti anche indiretti).
11
1.1.2 – Network Economy ed economia per le reti
Anche in campo economico l’interesse per le reti è diffuso. Una delle più
evidenti manifestazioni della contemporanea “network society” è proprio la “network
economy”, caratterizzata da rilevanza delle relazioni personali, alleanze, forme
organizzative diverse dall’impresa tradizionale, forte influenza delle tecniche di
marketing consumer-oriented, elevata dinamicità e debole gerarchia (Barabàsi, 2002).
La rete è una delle metafore più utilizzate per spiegare l’economia globalizzata, perchØ i
suoi protagonisti (l’esempio classico è quello della multinazionale) strutturano la
propria azione tramite reti (flussi di risorse materiali e finanziare, beni e servizi) che
attraversano i territori statali.
Il nostro interesse principale è, però, di vedere come alcuni principi e concetti
economici possono utilmente spiegare la formazione e il funzionamento delle reti.
Economia dei costi di transazione:
i vantaggi delle reti rispetto a gerarchia e mercato
Un primo filone di ricerca considerato
11
si concentra sulle reti come forma di
coordinamento delle attività economiche caratterizzata da informalità, reciprocità,
orizzontalità degli scambi tra unità indipendenti, alternativa sia al mercato (relazioni
contrattuali formali tra le imprese) sia alla gerarchia (strutture burocratiche). La rete
emerge quando gode di un vantaggio comparato rispetto alle altre due, ossia quando le
condizioni di scambio sono caratterizzate da specificità delle risorse, incertezza della
domanda, forte competitività, complessità degli obiettivi produttivi, frequenza. In
presenza di tali condizioni
12
, le imprese devono avere elevate capacità di adattamento,
coordinamento e salvaguardia degli scambi, e secondo l’economia dei costi di
transazione esse sono raggiungibili a costi minori se l’organizzazione tra le imprese è
reticolare. Essa comporta benefici in termini di fiducia e di accesso alle informazioni, e
quindi di diffusione dell’innovazione, caratteristica importante per reti cooperative che
si propongono di definire politiche e strumenti innovativi.
11
Quanto riassunto di seguito è tratto da Powell (1990); Knoke (1990); Jones, Hesterly, Borgatti (1997).
12
Ad esempio, nell’industria biotecnologica, cinematografica, della moda, nei servizi finanziari.
12
Esternalità di rete e beni di club
Altri concetti interessanti sono quelli di economie di scala, esternalità di rete e
beni di club. Capello (2000)
13
afferma che il “comportamento di rete” (ossia
cooperativo) tra individui, imprese o partner territoriali sta diventando un paradigma di
riferimento per la crescita economica perchØ strategie di crescita basate solo sul know-
how interno risultano troppo costose in un contesto di continua innovazione e
cambiamento tecnologico. I vantaggi che attori come le città di medie dimensioni si
attendono dalla rete sono maggiore efficienza (grazie al più rapido accesso alle
informazioni, e quindi al minore rischio e incertezza, e all’applicazione individuale di
buone pratiche conosciute dagli altri), sinergia (tra soggetti con esigenze e competenze
simili, che possono integrare gli input o i mercati per raggiungere una massa critica
sufficiente per determinate condizioni di domanda o di offerta) o competenza (grazie
all’ottenimento e alla gestione in comune di know-how tecnico o organizzativo
localmente non disponibile). Tali vantaggi sono assimilabili a beni di club
14
, i cui
benefici sono distribuiti solo tra chi è partner della rete; proprio grazie alla cooperazione
in rete, infatti, le città incorrono in economie di scala
15
date da complementarietà e
sinergie e non dall’aumento di dimensioni.
Il vantaggio è presente laddove il singolo partecipante affronta costi marginali
inferiori al beneficio marginale, e ciò è possibile perchØ si verificano esternalità
(positive) di rete cioè “situazioni in cui i profitti di un produttore sono influenzati
(positivamente) dalle azioni di altri produttori”
16
. Tali esternalità, secondo l’autrice, si
rafforzano tanto più l’utilizzo della rete è intenso e tanto più il comportamento delle
città è leale e cooperativo, e sono quindi assenti free-rider che si appropriano dei
benefici del bene di club senza sostenerne i costi. L’autrice, infine, dimostra
empiricamente come la città, a seconda dell’orizzonte temporale e degli obiettivi con
cui partecipa, adotterà diversi comportamenti e otterrà un diverso livello di performance
in termini di implementazione di politiche urbane di successo. Per esempio, obiettivi
13
L’articolo studia proprio le reti istituzionali tra città non territorialmente contigue, ma spinte a
cooperare per scambiare informazioni ed elaborare politiche congiunte. Qui ci limitiamo a riprenderne le
basi teoriche, rimandando a più avanti la loro applicazione specifica alle reti tematiche e istituzionali di
città.
14
O beni collettivi, sono caratterizzati da escludibilità e da un certo grado di non rivalità, e vengono
prodotti in associazione per ripartire i costi pur godendo dei benefici della fornitura individuale.
15
Riduzione dei costi unitari di produzione in presenza di livelli elevati di output.
16
La definizione di Capello si riferisce alle “production network externalities”, da distinguere dalle
“consumption network externalities”, in cui il beneficio che un individuo trae dall’utilizzo di un bene
cresce al crescere del numero di utilizzatori del bene stesso (come nel caso di un software, o dei telefoni
cellulari).
13
strategici di lungo termine richiedono partecipazione intensa e non opportunistica, e
apertura ai cambiamenti organizzativi interni.
L’investimento nella rete: risorse e rischi
Facendo riferimento a termini ancora più comuni nella spiegazione dei
comportamenti economici, osserviamo come la partecipazione alla rete comporti un
investimento da parte dei suoi membri, per mettere in comune e scambiare le risorse e
generarne di nuove. Più avanti osserveremo quali tipo di risorse le città investono e
quali ottengono, sia a livello di rete sia a livello individuale.
Come ogni investimento, la rete comporta dei rischi, che le dinamiche
cooperative e di fiducia necessarie possono sia ridurre, ad esempio nel caso di minor
rischio finanziario dato dall’accesso a finanziamenti diversificati, sia aumentare, ad
esempio nel caso di comportamenti non cooperativi da parte di alcuni attori. Data la
condivisione del rischio e la necessità di organizzare le decisioni e le azioni
coinvolgendo gli interessati, siamo in presenza di meccanismi di governance, tematica
che verrà approfondita in seguito per offrire un’interpretazione unitaria delle reti
osservate.
1.1.3 – Approcci geografici allo studio delle reti
Reti materiali e immateriali, città-nodo di reti, città-area strutturata in rete
Adottando una prospettiva spaziale, le reti si possono definire come spazi
sorretti da metriche topologiche; in essi, cioè, le distanze sono discontinue, e sono
misurabili solo quelle delle linee che separano e collegano i nodi
17
. ¨ possibile
distinguere tra reti materiali, che permettono flussi di oggetti e persone (le infrastrutture
di trasporti, la rete elettrica, i traffici commerciali), e reti immateriali, in cui fluiscono
capitali finanziari e informazioni (per esempio il traffico internet); per certi versi
assimilabili alle reti immateriali sono le reti sociali generate dalle relazioni e interazioni
tra singoli attori (le reti amicali, le imprese in una filiera produttiva, le alleanze
politiche…).
Analogamente, Dematteis (1994) distingue tra la rete in senso letterale, come
insieme di linee interconnesse che determinano dei nodi e permettono il passaggio di
17
I territori, invece, sono sorretti da metriche topografiche, ed è possibile misurare distanze continue,
muovendosi in qualsiasi direzione in modo uniforme (spazio euclideo) o non uniforme (metrica non
euclidea, come la distanza-costo che varia in base al mezzo di trasporti).
14
flussi, e lo stesso termine usato in senso metaforico per indicare un “insieme di relazioni
tra attori visibili come relazioni tra i luoghi dove tali attori sono situati”; lo stesso autore
parla, nel primo caso, di “spazio strutturato in reti”, e nel secondo di “spazio reticolare”
(Dematteis, 1995). A seconda della scala utilizzata, una città può essere considerata
come un punto (in contrasto, per esempio, rispetto al territorio provinciale circostante
visto come area), come un’area metropolitana i cui punti interni sono strutturati in rete,
o come nodo di un sistema urbano reticolare.
Le reti di città studiate sono reti immateriali; l’utilizzo del termine rete è
metaforico in quanto l’immagine della rete è adatta a descrivere le relazioni tra gli attori
e tra i loro luoghi di appartenenza. Allo stesso tempo, però, è importante notare che gli
esempi cooperativi considerati si definiscono in partenza come reti, utilizzando il
termine in senso normativo per definire il tipo di cooperazione da attuare. Inoltre, il
fatto che la relazione tra le amministrazioni cittadine sia visibile come relazione tra
luoghi è ancora più significativo se si pensa che scopo dei progetti è proprio un effetto
concreto sui territori cittadini, e che ognuno di essi mette in gioco esigenze e
competenze locali specifiche. Per questo motivo si prenderanno come punto di
riferimento la scala locale, osservando la città sia come area/territorio su cui le politiche
agiscono sia come rete di attori locali, e quella sovra-locale,in cui la città agisce come
nodo di reti internazionali.
Per considerazioni più specifiche sulle reti di città secondo la geografia urbana,
politica e dello sviluppo si rimanda al paragrafo 1.2.1 del presente capitolo. Ci
limitiamo ora a introdurre alcuni concetti che verranno approfonditi nel capitolo 4 della
Parte II per osservare gli effetti locali generati dalla partecipazione alla rete.
Reti locali e sovra-locali nelle dinamiche di sviluppo
Una delle possibili applicazioni del concetto di rete nel campo delle scienze
geografiche e territoriali riguarda lo studio dei sistemi territoriali e dello sviluppo locale.
Le politiche di sviluppo locale valorizzano “le risorse endogene specifiche dei diversi
luoghi attraverso l’azione locale di soggetti che cooperano… per la realizzazione di
progetti di sviluppo collettivi” (Corrado, 2005, p. 15)
18
. Le risorse territoriali sono un
insieme di componenti fisse di un luogo e risorse mobili (flussi di conoscenze,
tecnologie, denaro,…) che si combinano con esse grazie alla mediazione degli attori
18
La definizione e quanto segue sono tratte dai capitoli di Dematteis e Corrado in Corrado (2005).