Introduzione
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In merito al dilemma sulla sorte della distribuzione mediante punto
vendita, anticipiamo sin da ora che è nostra ferma convinzione che il
commercio fisico non soccomberà affatto sotto il peso, pur crescente, del
commercio elettronico. Si assisterà, piuttosto, ad una sua profonda
evoluzione, che gli permetterà di sopravvivere grazie ad una nuova capacità
di attrarre il cliente nel negozio. Tale rinnovata capacità di attrazione deriva
dall’acquisita consapevolezza che la competizione attraverso le merci non è
più sufficiente: le armi di conquista del consumatore saranno i servizi offerti e
l’ambientazione del punto vendita, più che l’assortimento di prodotti in esso
contenuto.
Negozio fisico o negozio virtuale?
Fonte: Panorama Web, 28 gennaio 1999
Pericoloso attacco da parte del commercio elettronico, dunque, ma
eccellente difesa da parte del commercio tradizionale1.
1
Attenzione: in questo contesto, per “tradizionale” intendiamo una modalità di business fisica,
affidata alla presenza di punti vendita reali, costruiti con calce e mattoni. Vale a dire che
contrapporremo un commercio tradizionale articolato anche e soprattutto in imprese della
Introduzione
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Questa è la nostra tesi, e questo è quanto tenteremo di dimostrare
nell’intero corso della trattazione, che si articola nel modo qui di seguito
descritto.
La struttura generale del lavoro prevede sei capitoli, il primo dei quali è
interamente dedicato al commercio elettronico, al fine di chiarire ciò che non
sarà argomento centrale di analisi ma che rappresenta la più temibile
alternativa al commercio tradizionale.
L’avvento della “Rete delle reti” non è affatto il primo attentato al monopolio
della commercializzazione mediante punto vendita. Il fenomeno dell’e-commerce
va inquadrato e studiato all’interno del più ampio contesto del non-store marketng –
ovvero il marketing senza il punto vendita – categoria in cui il commercio elettronico
rientra a pieno titolo, insieme a tutti gli altri sistemi di vendita affini che lo hanno
preceduto: vendita porta a porta, vendite telefoniche e televisive. Dell’e-commerce
descriveremo brevemente il concetto e le origini, le modalità di
funzionamento, i punti di forza ed i punti di debolezza e, soprattutto, lo stato
attuale di diffusione, in riferimento al nostro paese, al resto d’Europa e agli
altri continenti.
Gran parte della crescita dell’emergente economia digitale avviene
probabilmente a discapito dell’economia tradizionale, mediante un effetto di
sostituzione. Tuttavia, nella misura in cui l’adozione del nuovo canale premia il
consumatore – in termini di maggiore convenienza, comodità o altro – si aggiunge
comunque valore all’economia, sebbene sia più corretto parlare di crescita da un
punto di vista qualitativo e non quantitativo.
distribuzione moderna (Gdo, Gss, catene in franchising…) al commercio virtuale, che si sostanzia di
cyber shop, cioè pagine Web abilitate a mostrare e vendere beni e servizi via Internet.
Introduzione
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Nei capitoli successivi ci concentreremo sul tema chiave dell’intera
trattazione, ovvero la distribuzione commerciale. Più in dettaglio, il secondo
capitolo illustrerà il passato delle politiche distributive ed i vari format (formule
distributive) in cui sono sfociate, descrivendo per ogni format: origini ed
evoluzione storica, dimensioni e ubicazione, assortimento e tecniche di
vendita, target di riferimento e servizi offerti. Richiameremo, naturalmente, il
fenomeno della Rivoluzione Commerciale, imprescindibile spartiacque nel
processo di sviluppo della realtà distributiva di tutti i paesi ad economia
avanzata.
Il terzo capitolo farà da ponte tra il secondo e gli ultimi tre e ci aiuterà a
far luce sulla figura del consumatore del terzo millennio, delineandone
l’identità, le priorità, le sensibilità. Vedremo che il consumo inteso come pratica
separata, su cui si può teorizzare, non esiste più, così come idealmente non esiste
più la figura del consumatore che è definitivamente morta: l’uomo-numero, l’uomo-
salvadanaio da svuotare è sostituito da una persona, da un individuo che ha la
dignità di soggetto sociale. Seguiranno due paragrafi dedicati, nell’ordine, alle
tecniche di merchandising ed agli studi sulla psicologia dell’ambiente, ovvero
sull’impatto esercitato dal contesto ambientale sul comportamento umano. A
tal proposito illustriamo il noto modello Approach/Avoidance, secondo una nostra
integrazione e rielaborazione degli studi compiuti da Mehrabian e Russell (1974),
Donovan e Rossiter (1982) e Bitner (1992).
Questo capitolo, che abbiamo voluto intitolare “La preda e l’arma”,
servirà appunto per chiarire quale sia il bersaglio (il consumatore) con cui
devono rapportarsi e quali gli strumenti (il merchandising e, più in generale,
la psicologia dell'ambiente) di cui possono avvalersi le imprese di
Introduzione
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distribuzione al dettaglio fermamente intenzionate ad affrontare a testa alta la
sfida competitiva di un futuro sempre più incalzante.
Il quarto, quinto e sesto capitolo illustreranno il presente e il futuro delle
politiche distributive e dei relativi format rispettivamente nei settori food, non-
food e dei centri commerciali, riprendendo i temi affrontati nel secondo
capitolo ma con una prospettiva temporale diversa. Dopo un paragrafo
introduttivo dedicato all’illustrazione della riforma della normativa italiana sul
commercio (Decreto Bersani), varie testimonianze dall’Italia, dall’Europa, dagli
Stati Uniti e dal resto del mondo faranno luce sulle principali tendenze in atto
nel settore commerciale e ci guideranno in un’escursione approfondita ed
estremamente interessante all’interno del panorama attuale e degli scenari
imminenti nell’ambito del retail. Questi tre capitoli, che sicuramente
racchiudono i risultati più affascinanti degli studi condotti, propongono
l’analisi approfondita di un’ampia casistica di moderne realtà distributive che,
rivelandoci i loro segreti e le loro innovazioni in materia di store concept, ci
aiuteranno a scoprire i tratti distintivi e i requisiti vincenti del Negozio del
Futuro.
Abbondanti e dettagliate documentazioni sulle politiche e le strategie
delle più affermate imprese grocery (le statunitensi Wal-Mart, Kmart, Target,
Meijer, The Kroger CO, Wegman’s; la giapponese Ito Yokado; le francesi
Auchan, Promodès, Carrefour, Intermarché; le inglesi Tesco,
Sainsbury’s, Marks & Spencer; l’irlandese Superquinn; l’olandese Ahold;
le tedesche Metro, Tengelmann, Edeka, Rewe, Karstadt; le italiane
Introduzione
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Conad, Coop, Esselunga, Finiper, Unes, Megamark) faranno luce sulle
principali tendenze in atto nel settore:
� concentrazione ed internazionalizzazione;
� convergenza verso un profilo europeo di consumatore;
� orientamento all’ecologia, all’eco-armonia e ricerca di funzionalità;
� arricchimento del cliente da un punto di vista informativo e culturale;
� dilatazione e flessibilità degli assortimenti;
� elevati investimenti in tecnologia ed Information technology;
� architettura, layout e display dei negozi più all’avanguardia;
� superamento delle categorie merceologiche e definizione degli
universi di consumo;
� spettacolarizzazione dell’offerta;
� coinvolgimento e multisensorialità, divertimento e socializzazione;
� iperspecializzazione, contaminazione e comparsa di nuovi format;
� importanza del personale addetto alla vendita ed estrema attenzione
agli aspetti del servizio e dell’assistenza alla clientela.
Ciascuno dei punti elencati viene documentato ed approfondito.
Anche gli scenari evolutivi del non-food saranno delineati attraverso lo
studio di marchi ed insegne italiani e stranieri ad alta notorietà, operanti in
molteplici settori:
� Grandi magazzini: Harrod’s, La Rinascente, Coin.
� Magazzini popolari: Upim, Oviesse (ex Standa).
� Elettronica di consumo: Media World, Eldo, Vobis.
Introduzione
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� Fai da te: Home Depot, Lowe’s, Castorama, Leroy Merlin, Obi,
Praktiker, Bricocenter.
� Articoli ed abbigliamento sportivi: Rei, Foot Locker, Decathlon,
Cisalfa, Giacomelli, Longoni, Sportler, Superga, Invicta.
� Profumeria e cosmesi: Douglas, Séphora, The Body Shop, By Terry,
Lush, Helena Rubinstein , Limoni, Carmen.
� Abbigliamento e moda: Gap, Motivi, Caractère, Elena Mirò, Liolà ,
Kookai, Stefanel.
Dedichiamo poi ampio spazio a considerazioni sul concetto, il valore, la
personalità e il carisma (cosiddetto brandware) della marca, sottolineandone
l’importanza nel retail moderno. Parleremo del grande ritorno alla ribalta del
brand, delle spinte verso l’integrazione a valle da parte dei produttori e della
diffusione crescente dei negozi monomarca. Vedremo come il marchio trionfa
incontrastato nei Flagship Store: maestose creature statunitensi che
finalmente si affacciano anche in Italia. Il concetto di Flagship Store sarà
accuratamente illustrato e testimoniato attraverso vari esemplari.
Ampio spazio sarà riservato al fenomeno dilagante dell’integrazione tra
commercio e ristorazione, con particolare rilievo all’integrazione food-fashion.
Nel capitolo dedicato ai centri commerciali, scopriremo le ultime
tendenze in materia di gestione degli spazi e dei flussi:
� predisposizione di venues;
� aree terget oriented;
� vertical retail;
� piani “bucati”;
Introduzione
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� ottimizzazione dello store facing.
Il vivace scenario mondiale dei centri commerciali sarà accuratamente
delineato attraverso una ricca casistica: Fortezza di Venere in Giappone,
Block in California, Metreon a San Francisco, Century City a Beverly Hills,
Bluewater a Greenhithe vicino Londra, Rommelmühle in Germania, Oibibio in
Olanda, Torri d’Europa a Trieste, Metropoli alle porte di Milano, L’Aquilone a
Genova, Galleria Colonna a Roma, Lo Scrigno a Termoli.
Lo studio di soluzioni distributive innovative quali i Leisure Park (l’americana
Warner Village, l’inglese Uci, la spagnola Heron), i Factory Outlet Center (i vari
Designer Outlet di Baa-Mc Arthur Glenn) e i Retail Park (in Italia, Campo Grande
a Brescia) ci aiuterà a comprendere la significativa evoluzione del panorama dei
centri commerciali.
Seguono le conclusioni dell’intera tesi.
«Bricks or Clicks?» Ovvero: come risolvere la conflittualità e favorire la
complicità tra negozi fisici (bricks sono i mattoni) e negozi virtuali (clicks sono i “clic”
del mouse grazie ai quali facciamo acquisti via Internet).
Per una conoscenza approfondita dei risultati dello studio effettuato
rimandiamo alla stesura integrale del lavoro, dove l’interrelazione tra commercio
fisico e commercio elettronico è sistematicamente analizzata sia dal lato dell’offerta
(punto di vista aziendale) che dal lato della domanda (punto di vista del
consumatore finale).
Dal non-store marketing al commercio elettronico
9
capitolo 1 Dal non-store marketing al commercio elettronico
econdo molti esperti, la globalizzazione è nemica del
punto vendita ed Internet – e con esso il commercio
elettronico – rappresenta un pericolo tangibile ed immediato
per chi si occupa di commercio tradizionale. Tale minaccia si concretizza nel
mettere a disposizione del consumatore vie alternative per l’acquisizione dei
prodotti, spingendolo verso strumenti nuovi non sempre compatibili con gli
abituali sistemi di compravendita. In realtà, come vedremo, l’avvento della
“Rete delle reti” non è affatto il primo attentato al monopolio della
commercializzazione mediante punto vendita: molte altre innovazioni si sono
susseguite nel tempo, intervenendo talvolta ad indebolire e talvolta a
rafforzare la capacità attrattiva del negozio.
1.1 Il concetto e le origini
Il fenomeno dell’e-commerce va inquadrato e studiato all’interno di una
cornice allargata, o meglio, all’interno di uno scenario più esteso nel tempo e
più vario nella tipologia delle manifestazioni cui ha dato vita. La prospettiva
più ampia che suggeriamo di adottare è quella del non-store marketing,
ovvero il marketing senza il punto vendita, categoria in cui il commercio
elettronico rientra a pieno titolo. Ma quando e, soprattutto, come nasce il
non-store marketing ha poco o nulla a che vedere con il commercio digitale.
S
Dal non-store marketing al commercio elettronico
10
Voltiamoci indietro e tentiamo di risalire alle origini della questione, con
particolare riguardo a quanto accadde negli Stati Uniti.
La prima genuina forma di marketing senza punto vendita può essere
identificata nella figura del venditore ambulante, che va a caccia di clienti
bussando di porta in porta e al quale l’accresciuta quantità e qualità dei
negozi, unita alla maggiore mobilità degli acquirenti, ridurrà drasticamente il
lavoro.
Quando poi, nel 1871, Antonio Meucci inventa il telefono, un’altra porta si
spalanca per chi vuole vendere bypassando il negozio; tanto che già nel
1883, in una zona remota del nord-ovest degli Stati Uniti, viene stampata la
prima edizione di un elenco telefonico ad uso commerciale, la cui finalità era
quella di elencare prodotti e servizi disponibili e permettere agli utenti di fare
acquisti senza dover uscire di casa. Quasi in contemporanea alla diffusione
del telefono, negli Stati Uniti le vendite su catalogo divengono parte
integrante della vita di molte famiglie, offrendo un prezioso sostegno
soprattutto agli agricoltori nelle aree più remote del paese e agli abitanti dei
comuni minori.
Nei primi anni del ‘900 le automobili vanno affermandosi come mezzo di
trasporto sempre più comune e, di conseguenza, viene attuata una serie di
interventi volti a migliorare la qualità e la capillarità delle reti stradali. La
gente conquista una mobilità tale da determinare la crisi anche delle più
affermate aziende di vendita per corrispondenza, tanto da indurle ad aprire
veri e propri punti vendita, convertendosi al sistema di vendita più
tradizionale. Questa la sorte persino di Sears che, da azienda leader nelle
vendite per corrispondenza, si trasforma nel più importante distributore degli
Dal non-store marketing al commercio elettronico
11
Stati Uniti, mantenendo tale posizione fino al 1990, quando viene sorpassata
prima da K-Mart e, solo un anno dopo, da Wal-Mart, tuttora in costante
espansione.
Sullo sfondo del generale declino delle fortune dei cataloghi di prima
generazione, negli anni ’80 debutta un nuovo filone di cataloghi che, stampati
su carta di buona qualità e con ottime riproduzioni in quadricromia,
presentano un’offerta ormai completamente svincolata dalla categoria dei
beni di primaria necessità. Propongono infatti articoli di lusso o semi-lusso,
quali: gioielli, abbigliamento di alta qualità a prezzi superiori alla media, arredi
stravaganti, articoli decorativi per la casa, giochi per l’infanzia e per gli adulti.
Una serie di fattori concomitanti contribuisce al successo di questo nuovo
mercato: negli anni precedenti il reddito dell’americano medio è cresciuto ben
oltre il livello di sussistenza; le donne sempre più spesso lavorano al di fuori
delle mura domestiche, aggiungendo reddito ma sottraendo tempo alla
gestione familiare; la creazione, da parte delle compagnie telefoniche, dei
numeri verdi (toll free), grazie ai quali si ha un risparmio nell’inoltrare l’ordine;
la messa a punto di carte di credito valide in tutto il paese e in tutto il mondo,
grazie alle quali si ha un’agevolazione nelle modalità di pagamento; la
maggiore efficienza e competitività dei mezzi di trasporto, che riduce i tempi
di consegna.
Tappa successiva, nel nostro excursus sulle applicazioni del non-store
marketing, sono le vendite televisive. Negli Stati Uniti ci sono ancora alcuni
canali televisivi interamente dedicati a vendite dirette, ma si stima che
abbiano ormai raggiunto il loro massimo potenziale. Si avvalgono di venditori
esperti e, a tutte le ore del giorno e della notte, offrono un prodotto dopo
Dal non-store marketing al commercio elettronico
12
l’altro. Il loro pubblico principale sembra essere composto da persone sole
che, per un motivo o per l’altro, restano in casa. I venditori televisivi
diventano i loro amici e idoli, e ciò li spinge a comprare quanto viene
proposto. Sia negli Stati Uniti che in Europa si è tentato di vendere prodotti
alimentari per televisione, senza riscuotere, però, successi significativi. Il
problema centrale è la distanza tra venditore e cliente – e i relativi costi da
sostenere per coprire tale distanza – soprattutto in caso di beni deperibili.
Le difficoltà in materia di modalità, tempi e costi di consegna assillano
qualsiasi forma di commercio non basata sul punto vendita. A questa regola
non sfugge neanche l’ultima frontiera del non-store marketing: il commercio
elettronico.
1.2 E-commerce: cos’è e come funziona
L’idea di base è sempre la stessa: starsene comodamente seduti in casa
propria o in ufficio, sfogliare pagine e pagine di allettanti offerte, selezionare i
prodotti di nostro gradimento, inoltrare l’eventuale ordine ed attendere la
consegna dei prodotti a domicilio. Le differenze fondamentali rispetto agli altri
canali non-store sono invece: l’interattività, la vastità dell’offerta e l’ampiezza
d’informazione.
Interattività significa poter dialogare, in tempo reale o quasi, con
l’azienda proponente – sia essa un’impresa di produzione o un’impresa di
distribuzione – grazie all’impiego della posta elettronica.
Offerta vasta significa un range di prodotti e servizi praticamente
illimitato, onnicomprensivo, che spazia dai libri e le riviste ai dischi e le
Dal non-store marketing al commercio elettronico
13
videocassette, dagli abiti e gli accessori ai cibi e i vini, dall’elettronica di
consumo e i cellulari all’hardware e software, dagli articoli per hobby, casa e
ufficio ai prodotti per la salute, la bellezza e lo sport, fino alle auto e moto (da
acquistare o noleggiare), alle polizze assicurative, ai prodotti finanziari, alle
prevendite di biglietti e ai viaggi organizzati.
Informazione ampia significa che Internet dà, per così dire, accesso
all’intero scibile umano, grazie al semplice ed immediato sistema dei link (o
collegamenti ipertestuali), attraverso i quali l’utente “rimbalza” da un
argomento ad un altro, navigando tra pagine Web, programmi da installare,
indirizzi di posta elettronica, immagini, suoni e applicazioni eseguibili on line.
Così facendo ogni potenziale acquirente può documentarsi a fondo su
qualsiasi aspetto della transazione che eventualmente vorrà portare a
termine.
Il fatto sorprendente è che, per tuffarsi in questo oceano sconfinato di
opportunità, basta avere un PC, un modem e, ovviamente, una linea
telefonica.
Cerchiamo ora di sintetizzare il funzionamento dell’e-commerce da un
punto di vista strettamente operativo, per capire cosa effettivamente accade
da quando il cybershopper – cioè colui che fa shopping via computer – si
connette ad Internet a quando entra materialmente in possesso dei beni
acquistati.
Come chi deve fare la spesa prende la macchina, va all’ipermercato, si
aggira tra gli scaffali, sceglie le merci e le mette nel carrello; così il
cybershopper si connette ad Internet, entra nel cybermarket, sfoglia i video-
cataloghi, seleziona i beni ed inoltra l’ordine secondo le modalità – on line o
Dal non-store marketing al commercio elettronico
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off line – previste. La modalità più diffusa per inviare gli ordini è di tipo on line
e consiste nel compilare un apposito modulo preimpostato: una sorta di
buono commissione elettronico, messo a disposizione dell’utente
direttamente sul sito su cui sta facendo homeshopping. Altre volte non c’è
alcun modulo preimpostato e l’utente dovrà manifestare le proprie richieste
via e-mail.
A questo punto si pone un problema giuridico, in termini di conclusione di
contratti su Internet. Il commercio elettronico procede infatti in virtù di offerte
commerciali da parte delle imprese e accettazioni da parte degli
utenti/acquirenti: ma quando, esattamente, il contratto tra le parti può dirsi
concluso?
Bisogna distinguere due circostanze, a seconda che la proposta
commerciale sia:
� mirata, cioè comunicata via e-mail a specifici acquirenti potenziali;
� generica, cioè comunicata mediante attraenti pagine Web
indistintamente a tutti i cybernauti (ovvero gli utenti Internet).
Nel primo caso parliamo di offerta commerciale in senso stretto, vale a
dire una proposta giuridica immediatamente vincolante per l’impresa.
Laddove a tale proposta segua un messaggio di accettazione da parte
dell’utente-bersaglio, il contratto si considera perfetto. Abbiamo dunque un
venditore proponente e un acquirente accettante.
Nel secondo caso (proposta generica) parliamo piuttosto di un invito a
prendere contatti, rivolto dall’impresa ai consumatori. L’impresa non può
infatti conoscere in anticipo l’identità, la solvibilità, né tanto meno il numero
degli utenti che risponderanno alla sua offerta intenzionati a concludere
Dal non-store marketing al commercio elettronico
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l’affare. È quindi più prudente, da parte del venditore, precisare che non si
tratta di vere e proprie proposte giuridiche bensì di semplici inviti ad entrare
in trattativa, ad esempio inserendo diciture quali «senza impegno» o «salvo
conferma». In questo caso, l’utente che compila il modulo d’ordine elettronico
è il primo ad impegnarsi, a restare vincolato, mentre il contratto sarà
concluso solo in seguito al successivo messaggio elettronico di conferma da
parte dell’impresa. Abbiamo dunque un acquirente proponente e un
venditore accettante.
Un ulteriore aspetto da chiarire riguarda le modalità di pagamento. Nelle
prime esperienze di transazioni via Internet, il pagamento avveniva
esternamente alla Rete, ad esempio tramite bonifico bancario o tramite
contrassegno al momento della consegna del pacco. Evidentemente lo
sviluppo del commercio elettronico non poteva fare affidamento su soluzioni
così tradizionali e lente, perciò sono stati presto introdotti mezzi di
pagamento alternativi, dei quali citeremo i principali.
Carta di credito: questo sistema è accettato da quasi tutti i siti
commerciali e, ancora per diversi anni, sarà la forma di pagamento
dominante per le transazioni su Internet. Una recente analisi, compiuta da
BizRate.com per Visa Usa, attesta che la carta di credito copre il 93% delle
transazioni on line a fronte di un semplice 25% delle transazioni off line.