28
1.5 - La responsabilità sociale nel settore non profit
Al giorno d’oggi, la funzione tradizionale dell’attività d’impresa è stata ridefinita, in
quanto sono cambiate le aspettative collettive nei suoi confronti. Difatti, non è detto che
un’impresa con dei risultati economici positivi abbia comunque il consenso della comunità.
Sempre più il consenso riposa sulla capacità del management di soddisfare, in modo
dinamicamente equilibrato, sia le condizioni economiche sia le attese che provengono dalle
comunità con cui intesse relazioni di vario ordine
32
.
In questa ridefinizione dell’attività d’impresa, si nota un ampliamento del fare impresa
in modo sociale attraverso un modello diverso, che è quello tipico dell’azienda non profit.
Difatti, anche per quanto riguarda il settore non profit, molte aziende si sono ritrovate a dover
innestare o rifondare gli elementi di cultura aziendale, diversa ovviamente dalla loro
tradizionale, ma richiesta dal sempre più pressante processo di sviluppo. Ciò ha segnato il
passaggio da una conduzione più approssimata ed improvvisata, ad una gestione capace di
assicurare l’efficienza e l’efficacia delle attività svolte.
Ci si è sempre chiesti se si possa parlare di responsabilità sociale per il settore non
profit. Dal momento che le aziende non profit adottano il vincolo della non distribuzione degli
utili e operano in ambiti delicati e complessi della vita sociale, si pensa che esse siano
socialmente responsabili a prescindere e che non debbano rendere conto del loro operato.
Questo perché il settore non profit definisce a priori la propria mission e i propri valori,
dando, per definizione, attenzione al “sociale” e diffondendo la cultura etica. Inoltre, chi
lavora all’interno del settore non profit condivide gli stessi ideali delle aziende in questione.
Sussistono, però, almeno due motivazioni per cui non è consigliabile approcciarsi, in
questo modo, alla responsabilità sociale delle aziende non profit. La prima riguarda il fatto
che la responsabilità sociale nelle aziende non profit richiede una visione multistakeholder,
quindi l’inserimento di tutti gli stakeholders nelle attività d’identificazione della missione, di
governo e delle strategie aziendali; la seconda è che anche il settore non profit può essere
caratterizzato da conflitti distributivi, che è opportuno risolvere in modo equo per migliorare
l’efficienza aziendale
33
. Un’azienda non profit, infatti, non è immune dal rischio di
comportamenti opportunistici al proprio interno.
32
GILARDONI A., Le relazioni aziendali e la pianificazione strategica, in PIVATO S., La gestione del sistema
delle relazioni nelle aziende industriali, Utet, Torino, 1988, pag. 60 - 61
33
BOUCKAERT L., VANDENHOVE J., Business ethics and the management of non-profit institutions, Journal
of business ethics, n.17, 1998, pag. 1073 - 1081
29
È chiaro, quindi, che il non avere scopo di lucro (almeno in maniera prevalente) e
cercare di raggiungere scopi di solidarietà sociale non porta automaticamente ad una condotta
socialmente responsabile. Si potrebbe ritenere più semplice realizzare delle politiche
socialmente responsabili in un’azienda non profit, rispetto ad un’impresa capitalistica, tuttavia
non è sempre veritiero. Non è detto che tutte le aziende non profit siano dotate di strumenti
organizzativi adeguati per l’attuazione di queste politiche, in maniera tale da ottimizzare
l’impiego delle risorse disponibili. La responsabilità sociale del settore non profit si riconduce
alla sua capacità di seguire, in maniera adeguata ed opportuna, la propria mission
istituzionale, nel rispetto di criteri di qualità, di inclusione e di reciproca identificazione degli
interessi di tutti gli stakeholders. È sconsigliabile, inoltre, sbilanciarsi nei confronti di uno
stakeholder in particolare e dei suoi interessi specifici, in quanto potrebbe portare ad un
allontanamento dallo stesso fine ultimo.
Adottare questi comportamenti, per di più, non consente di passare oltre la nota
dicotomia tra responsabilità verso gli stakeholders e doveri fiduciari interni. Solo un’analisi
superficiale può portare all’affermazione che, essendo gli obiettivi di un’azienda non profit
sociali dall’inizio alla fine ed il contenuto della responsabilità fiduciaria non riconducibile al
perseguimento di un profitto privato da parte degli azionisti, ma ad uno scopo sociale, non
esiste conflitto tra responsabilità fiduciaria e socio-consequenziale
34
.
1.5.1 - Il modello etico per le aziende non profit
Qualsiasi azienda viene definita etica nel momento in cui è capace di assicurare
congiuntamente: da un lato, una regolare e duratura creazione di valore per tutte le parti
interessate, realizzata mediante un approccio orientato alla responsabilità sociale aziendale;
dall’altro lato, un’adeguata coordinazione amministrativa, che dovrebbe manifestarsi
attraverso un concreto orientamento alla durabilità aziendale. Focalizzandoci sulle aziende
non profit, è palese che l’aspetto della remunerazione del coordinamento amministrativo
assuma un significato diverso rispetto alle imprese. Si tratta più di un vincolo per l’operatività
e la continuità aziendale che di fine ultimo dell’attività. Per le aziende non profit, infatti, la
distribuzione diretta ed indiretta di utili o di avanzi di gestione è negata a priori anche dal
legislatore, sebbene essi rimangano nella disponibilità interna dell’azienda stessa. Questa
34
Ivi, pag. 9
30
condizione simboleggia, per l’azienda non profit, il presupposto necessario ad assicurare
l’attuazione della durabilità aziendale.
Le determinanti etiche, che compongono il modello etico, si suddividono in: attività
con maggiore incidenza sulla struttura interna dell’azienda e attività con maggiore incidenza
sull’ambiente esterno all’azienda. Le prime riguardano tutte quelle iniziative etiche che,
nonostante condizionino prevalentemente l’architettura strutturale interna dell’azienda, sono
in grado di potenziare significativamente il rapporto relazionale con l’ambiente esterno.
Queste attività vengono ripartite, a loro volta, in attività primarie e secondarie. Le
attività primarie sono propedeutiche alle seconde e si mettono in pratica revisionando
letteralmente il modello organizzativo dell’azienda. Alcuni esempi possono essere: la stesura
del codice etico dell’azienda; l’identificazione di un sistema di controllo interno; la
definizione di linee di condotta aziendali. Le attività secondarie, invece, hanno lo scopo di
testimoniare la presenza ed il livello di realizzazione delle prime ed anche di valutare la
dimensione etica dell’azienda nell'insieme.
Le attività con maggiore incidenza sull’ambiente esterno all’azienda, sebbene siano
destinate primariamente alla comunicazione con gli stakeholders, potrebbero condizionare
internamente l’azienda non profit sotto vari punti di vista. Anch’esse vengono suddivise in
due ulteriori sottoinsiemi che riguardano le attività di mercato e le attività di rendicontazione.
Le prime identificano quelle azioni attinenti alla realizzazione di particolari strategie di
mercato a valenza etica. Infine, le attività di rendicontazione riguardano l’elaborazione di
specifiche documentazioni quali, ad esempio, il bilancio sociale, il bilancio di sostenibilità o il
bilancio ambientale.
1.5.2 - Principi ISO 26000 nell’ambito del settore non profit
L’azienda non profit rappresenta una forma organizzativa in cui prevalgono obiettivi
di tipo istituzionale e sociale. Per declinare la responsabilità sociale in questa particolare
realtà del settore non profit, si fa riferimento alle Linee Guida ISO 26000 sulla responsabilità
sociale delle imprese. Pubblicata la prima versione nel 2010, recentemente è stata aggiornata
dalla nuova del 2020
35
e, ad oggi, rappresenta l’unico elaborato di riferimento in tema di
responsabilità sociale in Europa.
35
Entrata in vigore il 10 Dicembre 2020, vi aderiscono 34 Paesi membri dell’Unione Europea, UNI Ente Italiano
di Normazione, http://store.uni.com/catalogo/uni-en-iso-26000-2020
31
La ISO 26000 rappresenta delle linee guida applicabili a tutte le tipologie di
organizzazioni, indipendentemente dalle dimensioni e localizzazioni, e fornisce indicazioni su
concetti, termini e definizioni relativi alla responsabilità sociale; altre alle premesse storiche,
alle tendenze ed alle caratteristiche della responsabilità sociale
36
. Al suo interno, la
responsabilità sociale è descritta mediante sette principi
37
, ovvero: la responsabilità; la
trasparenza; il comportamento etico; il rispetto per le attese delle parti interessate; il rispetto
delle norme di legge; il rispetto delle norme internazionali di comportamento e il rispetto dei
diritti umani. Questi principi sono preceduti da una dichiarazione generale che definisce lo
sviluppo sostenibile quale obiettivo primario della responsabilità sociale.
Per quanto riguarda la responsabilità, si intende quella di “rendere conto”, ovvero
Accountability. Nell’azienda non profit, il significato di responsabilità è generalmente più
avvertito rispetto alle altre aziende, dato che è, quasi per definizione, “socialmente
responsabile”. L’azienda non profit valuta il suo impegno mediante la capacità di esecuzione,
in modo efficiente ed appropriato, dei propri propositi istituzionali. «La responsabilità di
rendere conto implica anche il farsi carico delle responsabilità in caso di azioni scorrette,
adottando adeguate misure allo scopo di porvi rimedio e intraprendere azioni volte e
impedirne la reiterazione»
38
. Per attuare concretamente questo principio, qualsiasi
organizzazione può adottare specifici strumenti correttivi, quali, ad esempio, lo standard
AA1000.
Il secondo principio tratta l’argomento della trasparenza che, nell’ambito del settore
non profit, essendo poco o per niente regolamentato in certi casi, richiede necessariamente un
forte impulso di auto-disciplina. Significa esprimere, in maniera chiara ed accurata, le proprie
politiche, decisioni ed attività, attraverso l’adozione di strumenti che certifichino il profilo
etico dell’azienda, come, ad esempio, la relazione di missione e/o il bilancio sociale. A
proposito del terzo principio, invece, come già specificato in precedenza, l’assenza di scopo di
lucro non nobilita di per sé la finalità dell’azienda non profit, che deve auto-legittimarsi
manifestando i valori e i principi che riguardano la propria mission e rispettandoli nel proprio
operato quotidiano.
Il quarto principio concerne il rispetto per le aspettative dei vari stakeholders.
L’azienda non profit deve essere capace di ascoltare le loro richieste e di impegnarsi affinché
esse vengano realizzate, attraverso un continuo percorso di comunicazione e coinvolgimento,
36
Ibidem
37
In questa sede, i principi di responsabilità sociale sono declinati, specificatamente, nell’ambito del settore non
profit.
38
Linee Guida UNI ISO 26000:2020, Unioncamere, Roma, 2020
32
che rafforzi sempre più le relazioni con tutti gli interlocutori, sia interni che esterni. Il
successivo principio interessa il rispetto delle norme di legge: l’azienda non profit è obbligata
a conoscere e ad adempiere a tutte le normative e i regolamenti ad essa applicabili,
sottolineando il fatto che, operare con spirito mutualistico, non presuppone necessariamente
disinteresse od abbandono della legge. Inoltre, l’azienda dovrebbe evitare di rendersi
complice di attività, anche di altre organizzazioni, non coerenti con il principio di legalità.
Simile al precedente, il sesto principio riguarda il rispetto delle norme internazionali di
comportamento, quindi l’azienda non profit si impegna ad aderire, anche in ambito
sovranazionale, alla normativa vigente. L’ultimo principio tratta il tema del rispetto dei diritti
umani, dunque il rispetto anche di canoni della legalità e di principi di umanità e dignità della
persona. Inoltre, laddove i diritti umani non siano tutelati, bisognerebbe adottare delle misure
per il rispetto degli stessi e rispettare e promuovere i diritti enunciati nella Carta
Internazionale dei Diritti Umani.
Le Linee Guida ISO 26000 risultano essere molto innovative, evidenziando la
possibilità, per ciascuna azienda, di adottare un proprio approccio, personale ed autonomo,
volto all’autodiagnosi e finalizzato al riconoscimento della propria specifica responsabilità
sociale e alla successiva integrazione della stessa all’interno dell’azienda stessa, con
conseguente identificazione e coinvolgimento delle parti interessate, sulle quali ricadono gli
impatti derivanti dalle decisioni e dalle attività intraprese
39
.
1.5.3 - Strumenti di gestione socialmente responsabile
Gli strumenti di responsabilità sociale permettono di assegnare gli impegni di
sostenibilità sociale ed ambientale ai processi decisionali e operativi aziendali. Tipicamente, si
tratta di modelli, ai quali tutte le aziende possono uniformare i propri processi gestionali.
La norma SA 8000
40
è uno standard internazionale di gestione socialmente
responsabile che regola la tematica del rispetto dei diritti umani, dei diritti dei lavoratori, della
tutela contro lo sfruttamento dei minori e della sicurezza sui luoghi di lavoro. Proposta, per la
prima volta, dal Council of Economical Priorities Accreditation Agency (CEPAA) nel 1997,
con lo scopo di combattere, specificatamente, lo sfruttamento del lavoro minorile e le
condizioni disagiate di lavoro nelle aziende, è stata aggiornata successivamente nel 2001, con
l’aggiunta della tutela dei lavoratori a domicilio.
39
Certificazioni di sistema ISO 26000, https://www.tuv-nord.com/it/it/certificazioni-di-sistema/iso-26000/
40
SA 8000 rappresenta il primo standard internazionale applicato alla CSR.
33
La certificazione SA 8000 può essere richiesta da qualsiasi tipo di azienda, di qualsiasi
dimensione. Essa comporta il rispetto di una serie di requisiti minimi, in termini di diritti
umani e sociali, la conformità ai quali viene sottoposta ad una valutazione da parte di terzi. È
uno standard di certificazione basato sulle norme internazionali del lavoro
dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, sulla Dichiarazione Universale dei Diritti
dell’Uomo e sulla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Fanciulli
41
.
I requisiti fondamentali su cui si basa la SA 8000 sono otto. Innanzitutto, per quanto
riguarda il lavoro minorile, l’azienda non deve usufruire o favorire l’utilizzo di lavoro da parte
di minori, tantomeno deve esporre minori o giovani lavoratori a circostanze pericolose,
rischiose o nocive per la salute, sia all’interno che all’esterno dell’azienda stessa. Allo stesso
modo, l’azienda non deve ricorrere o sostenere il lavoro forzato od obbligatorio. Si tratta di
valori che vanno dal semplice rispetto del personale che non deve essere costretto a svolgere
lavoro straordinario, al divieto di svolgere o collaborare al traffico di esseri umani. Per ciò che
concerne la salute e la sicurezza, l’azienda deve ovviamente garantire un luogo di lavoro
sicuro, adottando delle misure opportune per prevenire incidenti e/o danni alla salute dei
lavoratori. Ciò comprende anche la formazione continua e documentata in materia di salute e
sicurezza per tutto il personale.
Il quarto requisito tratta della libertà di associazione, quindi del riconoscimento del
diritto del personale a formare o aderire a sindacati di loro scelta. Rilevante il successivo
requisito che sottolinea come sia vietata qualsiasi forma di discriminazione sociale, basata
sulla razza, sull’origine, sulla disabilità, sulla religione, sul sesso o sull’orientamento sessuale,
ma anche sulle opinioni politiche. Connesso è anche il divieto di comportamento minaccioso,
abusi, offese e sfruttamento in generale. Difatti il sesto requisito riguarda il fatto che è
necessario trattare tutti i dipendenti con rispetto e dignità, ovviamente non ammettendo alcun
tipo di trattamento punitivo. Gli ultimi due requisiti si riferiscono al rispetto degli orari di
lavoro e della remunerazione.
Inoltre, è possibile aggiungere un nono requisito riguardante il sistema di gestione, in
base al quale politiche, procedimenti e documentazioni devono provare la persistente
conformità allo standard. La certificazione SA 8000 si sta gradualmente diffondendo perché
le aziende cominciano a riconoscere i vantaggi di tale sistema sia per il management che per i
41
LEOCI P., La responsabilità sociale delle aziende ed il bilancio sociale: novità e prospettive, Cacucci Editore,
Bari, 2012, pag. 205
34
lavoratori. Allo stesso tempo, le associazioni dei consumatori e dei lavoratori considerano la
SA 8000 come lo standard di riferimento nel definire le condizioni di lavoro
42
.
La protezione dell’ambiente ricopre, per ogni organizzazione, un ruolo sempre più
rilevante, strettamente legato al tema della responsabilità sociale. Le aziende, per dimostrare il
proprio impegno a riguardo, hanno adottato uno standard di gestione ambientale: la ISO
14001. La ISO 14001 è una norma internazionale ad adesione volontaria, applicabile a
qualsiasi tipologia di organizzazione pubblica o privata, che specifica i requisiti di un Sistema
di Gestione Ambientale (SGA). La gestione ambientale rappresenta il passaggio dal semplice
rispetto delle leggi ad una gestione delle attività volta alla prevenzione dell’inquinamento e al
miglioramento delle prestazioni ambientali
43
.
I criteri di gestione ambientale, contenuti in questa norma, riguardano il
perfezionamento dell’efficienza dei processi produttivi e dei servizi, nonché il miglioramento
delle prestazioni ambientali e del clima aziendale, ed anche il soddisfacimento di tutti gli
stakeholders. Ovviamente, per poter ottenere la certificazione ISO 14001, bisogna possedere
dei requisiti. Difatti, l’azienda deve aver nominato il responsabile della gestione ambientale e
redatto la politica ambientale ed il manuale di gestione ambientale. Tuttavia, queste procedure
vanno attuate in tutte le loro parti e riesaminati dalla direzione.
Infine, uno standard che non è precisamente connesso agli scopi del CSR, ma che si
occupa di alcuni di essi è l’OHSAS 18001. Fa parte del gruppo di norme internazionali
OHSAS 18000 (Occupational Health and Safety Assessment Series), sviluppate con
l’obiettivo di fornire le specifiche di un sistema di gestione internazionale, in materia di salute
e sicurezza sul lavoro. In particolare, l’OHSAS 18001, compatibile con la ISO 14001, è utile
per semplificare l’integrazione della qualità, dell’ambiente e della salute sul posto di lavoro,
divulgando dei sistemi di gestione della sicurezza da parte delle aziende.
42
INEA, AGRES, La responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e agroalimentare, a cura di
Briamonte L. e Hinna L., Edizioni Scientifiche Italiane, 2012, pag. 59, http://dspace.crea.gov.it/handle/inea/518
43
Ivi, pag. 60