4
Al fine di spiegare le ragioni all’origine di questo trend nelle industrie
del sistema moda, è opportuno chiarire alcuni aspetti e alcune dinamiche
proprie di queste ultime. Il sistema delle produzioni è innanzitutto scandito
dai ritmi delle collezioni stagionali i quali prevedono l’alternanza di periodi
di straordinaria intensità di lavoro e periodi di relativa calma, con scarsa
quantità di lavoro.
Il numero di collezioni annue da presentare negli showroom (i punti di
esposizione e, talora, di vendita promozionale ai clienti) è in continuo
aumento, superando, talvolta, il concetto stesso di stagione [Matucci, 2008].
Ne consegue che tutte le fasi del processo produttivo, sia antecedenti che
successive alla presentazione delle collezioni, sono caratterizzate da ritmi
lavorativi estremamente intensi. In particolare, le commesse, vale a dire le
ordinazioni dei quantitativi di merce da produrre, raggiungono picchi molto
elevati. Ciò si traduce, a sua volta, in forti pressioni sui fornitori i quali
hanno tempi estremamente ristretti per le consegne, pena l’imposizione di
sanzioni o la risoluzione del contratto.
La capacità dei fornitori e subfornitori dei cosiddetti Paesi in via di
sviluppo di rispettare i tempi delle consegne, offrendo, al contempo, bassi
costi di manodopera, attrae sempre più investimenti da parte delle
multinazionali e delle grandi aziende di moda occidentali.
Ma in che modo queste imprese di fornitura riescono a combinare il
binomio bassi costi di manodopera/rispetto dei tempi di consegna?
All’origine di tutto questo c’è l’impiego massiccio delle cosiddette
condotte di “dumping sociale”, espressione ormai divenuta di uso corrente,
che fa riferimento al mancato rispetto delle leggi e dei contratti di lavoro
2
.
2
Definizione riportata nel sito
http://www.federconsumatori.it/robin%20web/maggio/contraffazione.htm
5
Tali condotte comprendono, tra le altre, lo sfruttamento del lavoro minorile,
lo sfruttamento della manodopera (sia essa clandestina o meno) attraverso
l’allungamento smisurato dell’orario di lavoro e una retribuzione con
stipendi al di sotto della soglia di povertà, l’assenza di sicurezza ed igiene
negli ambienti di lavoro.
La diffusione di queste pratiche è stata portata a conoscenza del
grande pubblico grazie agli scandali che negli anni ’90 hanno coinvolto
diverse multinazionali di abbigliamento sportivo (i più famosi sono quelli di
Nike e Adidas del 1996). Ciò ha scatenato il proliferarsi di campagne di
boicottaggio da parte di organizzazioni non governative e associazioni dei
consumatori, le quali, a loro volta, hanno causato notevoli perdite
economiche alle aziende coinvolte in termini di immagine, reputazione del
marchio e, quindi, di fatturato.
Tutto ciò ha reso – e rende tuttora – indispensabile il ricorso a pratiche
di responsabilità sociale che tutelino, da una parte, il consumatore e la sua
domanda di “etica del consumo”, dall’altra, le stesse imprese dalle
disastrose conseguenze derivanti dal mancato impiego di condotte
socialmente responsabili.
Scopo del presente lavoro è analizzare le varie tipologie di condotte
illecite riscontrate di frequente nella supply chain (o catena di fornitura)
delle industrie di moda ed esaminare le relative strategie di risposta attuate
dalle imprese coinvolte
3
.
A tal fine il lavoro è stato suddiviso in cinque capitoli, strutturati come
segue.
3
Nel presente lavoro saranno prese in considerazione soltanto le condotte illecite
rilevanti ai fini della Responsabilità Sociale d’Impresa.
6
Il primo capitolo inquadra l’ambito oggetto di analisi: le imprese del
Sistema Moda. In particolare, viene illustrato il mercato del tessile
abbigliamento, con riferimento alla sua struttura e alle sue caratteristiche.
Vengono, quindi, spiegate le ragioni di carattere strategico che sono alla
base della scelta delle imprese di produrre in outsourcing, con i conseguenti
rischi/vantaggi. A tale riguardo si procede alla distinzione tra piccole e
medie imprese e multinazionali, in quanto ognuno di tali soggetti adotta
politiche diverse in materia di delocalizzazione.
Il secondo capitolo contiene un’analisi delle singole tipologie di
illeciti riscontrate più frequentemente nelle filiere produttive delle imprese
del Sistema Moda. Nella fattispecie:
ξ lo sfruttamento della manodopera clandestina;
ξ la violazione delle norme sulla sicurezza e igiene nei luoghi di
lavoro;
ξ lo sfruttamento del lavoro minorile;
ξ la violazione delle norme inerenti la marcatura d’origine;
ξ la contraffazione quale illecito commesso in condizioni di
dumping sociale.
Per ciascuna condotta illecita è illustrata la normativa di riferimento.
Il terzo capitolo affronta il tema della Responsabilità Sociale
d’Impresa (RSI), con relativa disciplina comunitaria e nazionale, illustrando
le ragioni che spingono le imprese ad adottare condotte socialmente
responsabili: pressioni da parte degli azionisti, dei sindacati, delle ONG per
la difesa dei diritti umani e delle associazioni dei consumatori; il ruolo dello
Stato; le esigenze di valorizzazione dell’immagine sociale e della
reputazione dell’impresa e, quindi, vantaggi competitivi nel lungo periodo.
7
Nel quarto capitolo vengono illustrati gli strumenti in cui si declina
la Responsabilità Sociale d’Impresa, adoperati dalle imprese per assicurare
un efficace controllo etico delle supply chain. In particolare sono trattati
dapprima gli strumenti adottati per contrastare le condotte illecite (primi
cinque paragrafi), esposti secondo un criterio di efficacia crescente
4
. Segue
la presentazione di un caso pratico, relativo ad un piano di Security
impiegato come ulteriore strumento di contrasto agli illeciti. Infine, sono
illustrati gli strumenti di rendicontazione sociale (bilancio sociale e standard
internazionale AA 1000) la cui funzione non è contrastare le condotte
illecite bensì fornire un resoconto dell’attività delle aziende in termini di
responsabilità sociale.
4
Per efficacia si intende, in questo caso, la capacità di tali strumenti di promuovere
adeguatamente la RSI nei contesti in cui questa si rende necessaria. Pertanto gli strumenti
saranno presentati a partire da quello meno produttivo a quello maggiormente fecondo di
risultati.
8
1. L’INDUSTRIA DELLA MODA
Il termine moda è tendenzialmente associato ai prodotti finiti
(abbigliamento, maglieria, calzature, accessori, ecc.) pubblicizzati sulle
copertine e nelle riviste della stampa specializzata. In realtà, tutti questi
prodotti sono il risultato di una lunga ed articolata catena di fasi, attività e
attori, dalla cui interazione dipende buona parte del successo che il prodotto
ottiene sul mercato [Saviolo; Testa, 2005]. A tale riguardo si parla di
Sistema Moda
5
, il quale può essere definito come un cluster
6
di settori di
importanza e peso variabili, tra loro strettamente interconnessi. Del Sistema
Moda fanno parte anche settori non disposti lungo il ciclo produttivo dalla
materia prima al prodotto finito i quali, tuttavia, svolgono funzioni di
supporto allo stesso. Si tratta del settore della meccanica strumentale e dei
vari comparti del terziario avanzato (editoria specializzata, fiere, studi di
design, ecc.).
Il Sistema Moda è organizzato in due macrofiliere: la filiera del tessile
– abbigliamento e quella della pelle – calzature – accessori. Delle due, la
filiera tessile è la più importante sia in relazione alla dimensione della
domanda e dell’offerta sia per il livello tecnologico raggiunto. Essa, inoltre,
5
Il Sistema Moda in Italia è rappresentato da Sistema Moda Italia – Associazione
Tessile Italiana, che raggruppa il complesso della filiera (tessile, abbigliamento,
maglieria, accessori e altri prodotti finiti). Altre associazioni di categoria sono l’Anci
(Associazione nazionale calzaturifici italiani) e l’Aimpes (Associazione italiana
manifatturieri velli e succedanei). Infine vi è la Camera Nazionale della Moda che
riunisce le maison e i marchi più prestigiosi che sfilano durante gli appuntamenti
stagionali.
6
Il termine inglese cluster indica un gruppo di elementi tra loro collegati [Dizionario
della lingua italiana Zingarelli 2006]. Riferito al settore in esame, può essere definito
come un gruppo di operatori economici e organizzazioni il cui vantaggio competitivo è
accresciuto dalle interrelazioni e dai legami che si sviluppano tra loro [Porter, 1991].
9
ha sviluppato per prima, nei propri comparti, logiche e dinamiche trasferite,
in seguito, all’interno delle altre filiere [Saviolo; Testa, 2005].
L’industria del tessile – abbigliamento costituisce da sempre uno dei
settori di eccellenza del Made in Italy. A tale proposito si può considerare il
seguente dato: nel 2006 il tessile – abbigliamento italiano, con 59.750
imprese attive, in cui risultano occupati oltre 516 mila addetti, ha generato
un fatturato pari a 52.835 milioni di euro. Il saldo commerciale con l’estero
rileva un’eccedenza delle esportazioni rispetto alle importazioni pari a
10.094 milioni di euro
7
Come anticipato in precedenza, ogni prodotto finito è il risultato di un
complesso sistema di interrelazioni tra diverse fasi e attività. Tale sistema
può essere scomposto, in prima approssimazione, tra fasi a monte del ciclo
produttivo, in cui si producono semilavorati per gli stadi successivi, e fasi a
valle, in cui si producono e distribuiscono i beni di consumo finale. Questa
distinzione rimanda ad un concetto basilare per l’analisi del sistema moda:
il concetto di filiera, con cui si intende sia il processo di produzione –
trasformazione – distribuzione sia il coordinamento e l’integrazione tra le
varie fasi [Saviolo, Testa 2005].
La struttura della filiera tessile può essere analizzata sulla base di uno
schema di classificazione tradizionalmente utilizzato dalle Associazioni di
categoria dei comparti indagati, che prevede la sequenza [Saviolo, Testa,
2005]:
7
Dati rinvenibili sul sito http://www.smi-ati.it.