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Introduzione
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II
indice del progresso che ha saputo compiere anche sul fronte della
comunicazione. Se poi questo processo di maturazione e di convincimento
avviene all’interno di un istituto bancario, allora è il segno forte di un
cambiamento avvenuto in quel “capitalismo contraddittorio” che Napoleone
Colajanni descrive nella sua Storia della banca in Italia.
Le banche si trovano al centro di un sistema di relazioni che lega
strettamente istituzioni, imprese, operatori finanziari e persone. In particolare,
la funzione di raccordo svolta in termini di finanziamento delle attività
economiche e di ripartizione del valore aggiunto, rende le medesime, soggetti
attivi nell’orientamento della produzione e del consumo verso una nuova e
condivisa responsabilità sociale.
Il bilancio sociale deve esprimere e conciliare armonicamente le
quantità economiche e le qualità delle relazioni tra l’impresa e gli stakeholders
rappresentativi della collettività. Deve realizzarsi come un documento di
comunicazione, per l’interno e per l’esterno, che riesca a far emergere ed
apprezzare un quadro sempre più omogeneo, puntuale, completo e
trasparente della complessa interdipendenza tra i fattori economici e quelli
socio-politici, connaturati e conseguenti alle scelte d’impresa. Il bilancio
sociale deve essere un valido strumento che stimoli e faccia risaltare, in
proposito, la consapevolezza del management nel perseguire con responsabilità
un efficace ruolo sociale in un miglioramento continuo delle performance
aziendali.
In tal senso, credo che quanto più si diffonda e si radichi nella vita di
ogni giorno la logica della responsabilità, tanto più saremo in grado di
rispettare e far nostro un principio tramandatoci dalle civiltà precolombiane:
“Questo mondo non ci è stato dato in eredità dai nostri padri, ma in prestito dai nostri
figli” (Caroli Casavola R., 2001, p. 12). E’ nostro dovere restituirlo migliore di
prima.
1
Capitolo I
ETICA ED ECONOMIA:
REGOLAMENTAZIONE SOCIALE
SOMMARIO: 1.1. La politica etica e sociale. – 1.2. Gli stakeholders. – 1.3.
Attuazione della stakeholders’theory e della social responsability. - 1.4. Gli istituti di
credito e la social responsability. – 1.5. Organi di regolamentazione sociale. – 1.5.1. Il
Green Paper della Commissione della Comunità Europea. – 1.5.2. I sistemi di
valutazione sociale. – 1.6. La certificazione sociale e ambientale. – 1.6.1. La norma
Social Accountability 8000. – 1.6.2. L’Accountability 1000. – 1.6.3. Il Progetto Q-RES:
la qualità della responsabilità etico-sociale d’impresa. – 1.6.4. La norma ISO 14001
e il Regolamento EMAS 761/2001. - 1.6.5. La Vision 2000.
1.1. La politica etica e sociale.
Negli ultimi anni i fenomeni di internazionalizzazione e globalizzazione
dei mercati
1
hanno portato le economie ad intensificare gli scambi e a
competere in aree più vaste rispetto alle consuete realtà nazionali. I confini
geo-politici hanno perso progressivamente importanza nella delimitazione
dello spazio entro cui sviluppare le relazioni commerciali, politiche e sociali,
1
Si definisce “internazionalizzazione” la crescente apertura e l’integrazione delle economie, i cui
mercati, però, sono rimasti prevalentemente contenuti nell’ambito delle frontiere dei singoli Stati.
La “globalizzazione” è invece il processo attraverso il quale si ha un allargamento dell’orizzonte
dell’attività economica a livello planetario (Caselli C., 1995, p. 41).
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Capitolo I
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2
lasciando il posto ad un modello di “economy without society” (Birindelli G.,
Tarabella A., 2001, p. 13). Di conseguenza, le imprese si sono trovate nella
necessità di studiare attentamente i prodotti più adatti, il mercato, gli strumenti
finanziari, le risorse umane e strategiche presenti nelle diverse culture
nazionali, orientandosi – quando possibile – verso la specializzazione
produttiva nelle realtà contraddistinte da minori costi dei fattori produttivi.
Se vi è stato, in un primo momento, un consenso unanime nel ritenere
il modello capitalistico l’unico in grado di permettere la massimizzazione dei
benefici economici, in seguito il nuovo scenario di riferimento ne ha
evidenziato contestualmente i limiti, che hanno inciso sul benessere della
collettività: le esternalità negative, l’assenza di equità, il mancato rispetto delle
leggi, la criminalità fiscale, il permanere delle condizioni inique dei lavoratori
in alcune aree del pianeta, lo sfruttamento dei bambini, la discriminazione
razziale, sessuale, religiosa e, infine, l’incolmabile divario nelle produzioni e nei
consumi tra Nord e Sud del mondo.
Per questi motivi all’alba del terzo millennio si vanno sempre più
affermando i principi del rispetto dell’etica, della socialità e dell’ambiente,
valori a lungo tralasciati per seguire la strada del profitto e del tornaconto
aziendale.
L’etica
2
, come teoria e disciplina filosofica autonoma, nasce con
Aristotele e si occupa dell’agire umano o più precisamente, della prassi
necessaria ad assicurare una vita portata a buon fine per un cittadino della
comunità della polis greca: è quindi essenzialmente rivolta al comportamento di
un individuo all’interno della struttura sociale di riferimento. Aristotele
afferma che “chi non può entrare a far parte di una comunità, chi non ha bisogno di
2
La parola etica, nella sua etimologia, deriva dal greco ἦθος (ethos), che significa comportamento,
regola di vita, regola sociale e nella concezione aristotelica si riferisce sia al comportamento
individuale che a quello delle istituzioni.
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Capitolo I
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3
nulla, bastando a se stesso, non è parte di una città, ma è una belva o un dio” (Pol. I, 2,
1253a, 27-30), quindi l’innovazione portata dal suo pensiero è stata quella di
mettere al centro del problema non tanto il soddisfacimento del bene del
singolo, quanto arrivare ad una valutazione pienamente etica, e considerare in
senso più ampio “il bene”.
La parola etica attualmente, nel mondo finanziario, ha una
connotazione meno ampia riguardo al suo naturale posizionamento
filosofico
3
, a causa della distanza venutasi a creare tra etica ed economia
4
,
perciò le imprese non si possono più limitare al concetto di efficienza nella
valutazione del loro operato, ma devono anche introdurre parametri adeguati
per misurare il contributo apportato al benessere collettivo. L’azienda, infatti,
è una realtà in cui si realizzano i bisogni umani e ciò non può che avere
importanti risvolti morali.
Anche negli studi economici, e in particolare in quelli che riguardano la
realtà aziendale, hanno assunto sempre maggiore rilevanza gli ambiti di
applicazione dell’etica e le relative classificazioni (etica dell’economia,
dell’impresa, business ethics
5
), nonché due dimensioni dell’etica particolarmente
interessanti ai nostri fini: quella sociale e quella ambientale.
A metà degli anni Settanta, la Securities and Exchange Commission
statunitense – su richiesta del Natural Resources Defence Council - introduce
alcune variabili sociali tra le informazioni che le imprese quotate dovrebbero
offrire agli investitori e al pubblico. Così negli Stati Uniti iniziano a circolare
3
Milano R. (2001), p. 20.
4
Sen A. (2001), p. 110.
5
Va precisato che:
• etica dell’economia, riguarda l’applicazione dei principi dell’etica al discorso dell’economia
generale ed alla politica economica;
• business ethics, considera le operazioni economiche di chi agisce ne meccanismo di mercato;
• etica dell’impresa, riguarda quelle particolari aziende che rischiando sul mercato cercano di
conseguire un equilibrio che permetta di remunerare soddisfacentemente tutti coloro che
agiscono entro il sistema ed in particolare i portatori di capitale di rischio.
(Rusconi G., 1996, p. 467).
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Capitolo I
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4
le tematiche della business ethics, della corporate responsibility, e della socially building
che si diffondono successivamente in tutti i paesi avanzati. Le imprese, infatti,
assistono ad uno sconvolgimento radicale della concezione del loro equilibrio,
in base al principio secondo cui il successo non deriva più – o non solo – dal
perseguimento di obiettivi di natura reddituale, quanto dal rispetto delle
funzioni sociali conseguente al fatto di essere inserite in un contesto esterno
con il quali instaurano complesse ed articolate relazioni.
Il nuovo paradigma basato sulla social responsibility non mette tanto in
discussione il mercato globale o la centralità dell’attività produttiva, quanto le
modalità di sviluppo dell’economia basate sullo sfruttamento intensivo non
solo dei fattori produttivi elementari (capitale e lavoro), ma anche delle risorse
naturali, con conseguenze disastrose sull’ampliamento delle disuguaglianze
socio-economiche tra i paesi avanzati e in via di sviluppo e sullo svilimento
della carryng capacity
6
del pianeta
7
. Questo porta ad un impoverimento della
mission aziendale nell’ottica della crescita del benessere, della qualità della
attività e dell’ottimizzazione delle condizioni di eccellenza.
I costi sociali e le diseconomie esterne connesse all’attività delle
imprese, come i disastri ecologici, l’utilizzo di lavoro minorile e lo scarso
rispetto di norme di sicurezza sul lavoro da parte dei subcontractors, le
operazioni finanziarie speculative che provocano forti turbolenze nei mercati
finanziari e nei sistemi sociali dei Paesi in via di sviluppo, il sostegno a governi
non democratici o che praticano politiche di discriminazione, le campagne di
pubblicità ingannevole sono denunciati da agenzie internazionali come
l’Organizzazione mondiale della sanità e l’International Labour Office (ILO), da
6
“La carrying capacity è definita come la quantità di popolazione che un dato habitat può sostenere indefinitamente.
Può essere correlata alla capacità ecologica di una popolazione umana che vive in una regione isolata. La capacità
portante del Pianeta è la capacità alimentare, di sostenere la popolazione e tutte le altre forme viventi (vegetali e
animali) di cui l’uomo e la natura hanno bisogno per sopravvivere” (Tiezzi E., Marchettini N., 1999, p. 190).
7
Birindelli G., Tarabella A. (2001), p. 17.
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Capitolo I
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5
gruppi di opinione, da movimenti di protesta, da organizzazioni non
governative come Greenpeace e Amnesty Intenational
8
.
Diventa, così, indispensabile integrare la dimensione economica con
quella sociale ed ambientale affinché ogni attività aziendale contribuisca ad
aumentare il benessere collettivo, producendo miglioramenti non solo – o
meglio non più – di tipo quantitativo, tramite il riferimento al valore d’uso dei
prodotti, e al valore di esistenza, il che consente di tener conto dei limiti che la
natura e le regole collettive impongono per assicurare a tutti un miglioramento
della qualità di vita.
Inoltre si rende necessario garantire parità di accesso alle risorse da
parte degli attuali cittadini della Terra, senza distinzione rispetto al luogo o al
paese in cui vivono, evitando il perorare di condizioni di estrema povertà per
alcune fasce di popolazione (equità infragenerazionale), oltre alla necessità di
garantire alle generazioni future la possibilità di soddisfare i propri bisogni in
termini materiali (equità intragenerazionale)
9
. Quindi l’armonia, la democrazia,
la sicurezza, la libertà rappresentano valori da preservare e conservare al pari
delle risorse. Si rende necessario abbandonare il modello economico “a doppia
velocità” (Carley M., Spapens P., 1999, p. 5), nel quale le imprese nei Paesi
industrializzati, insieme a quelle di un piccolo gruppo di nazioni emergenti,
godono di elevati livelli di crescita economica e tecnologica impedendo la
realizzazione del potenziale di sviluppo di tutti gli altri popoli in Africa, Asia e
America Latina.
Strettamente collegato all’operato dell’impresa è il concetto di corporate
citizenship, inteso come una vera e propria cittadinanza dell’impresa,
considerata alla stregua di un qualunque individuo. Pertanto, l’operato
aziendale viene valutato innanzitutto come derivante da un membro della
8
Chiesi A. M., Martinelli A., Pellegatta M. (2000), p. 15.
9
Lanza A. (1997), p. 17.
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Capitolo I
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6
collettività e solo successivamente come frutto di un’attività produttiva. Ciò
rafforza il legame territoriale dell’ente economico e lo spinge verso il rispetto
delle regole sociali e delle consuetudini condivise. In particolare, il sistema
bancario può avere ricadute benefiche sullo sviluppo economico territoriale,
principalmente attraverso due diverse modalità che si possono definire “di
natura sia quantitativa che qualitativa” (Cesarini F., Ferri G., Giardino M., 1997 in
Stornello G., 2001, p. 153):
9 in primo luogo, la presenza di intermediari creditizi ben
funzionanti consente e facilita l’incontro tra offerta e domanda di
capitali di un dato sistema economico, riducendo la portata di tutta
una serie di vincoli come, ad esempio: il vincolo di liquidità, le
asimmetrie informative, i problemi d’agenzia, contribuendo in tal
modo ad accrescere il tasso di risparmio e, quindi, la quantità di
capitali investibili;
9 secondariamente, le banche
10
consentono di incanalare i capitali
disponibili verso quelle forme d’investimento che prospettano le
maggiori opportunità di profitto e di crescita, elevando quindi la
produttività marginale del capitale stesso.
A proposito, gli intermediari che, in concreto, appaiono più indicati per
garantire uno sviluppo economico sostenuto e, al tempo stesso, socialmente
sostenibile e desiderabile, sembrano
11
essere quelli che riescono a coniugare, in
virtù della loro struttura organizzativa e proprietaria, la pura logica del profitto
privato con i bisogni diffusi delle comunità locali, come fanno le banche a
vocazione locale, dove il cittadino è contemporaneamente socio, dipendente,
10
Va ricordato che “la banca è un’azienda di produzione che svolge sistematicamente, istituzionalmente e a
proprio rischio un’attività di intermediazione finanziaria, cioè un’attività di conferimento di risorse finanziarie a
titolo di credito, utilizzando prevalentemente risorse tenute da terzi”. La banca svolge contemporaneamente,
in modo congiunto, funzione di mobilizzazione delle risorse finanziarie, funzione creditizia,
funzione monetaria (Ruozzi R., 2000, p. 30).
11
Stornello G. (2001), p. 157.
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Capitolo I
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7
risparmiatore ed investitore. Le banche locali hanno la capacità, oltre che di
consentire una più competente e, conseguentemente, più efficiente allocazione
del risparmio, di disincentivare il manifestarsi di atteggiamenti opportunistici e
socialmente dannosi. Oltre che efficienti da un punto di vista allocativo, le
banche locali svolgono un’importante funzione economica e di sostegno allo
sviluppo, consentendo anche la creazione di un mercato dei capitali in aree
geografiche che altrimenti ne sarebbero prive, innescando nel territorio di
competenza un circolo virtuoso tra sviluppo finanziario e crescita economica
sostenibili.
A proposito del corporate citizenship, la rivista americana Business Ethics ha
elaborato una classifica delle prime 100 “Best Corporate Citizens”, su di un panel
di 650 società, attribuendo un punteggio basato sull’analisi di cinque aree di
riferimento: l’ambiente, il rapporto con le comunità locali, le relazioni con i
propri dipendenti, i clienti e il rispetto delle diversità. Le aziende che si sono
posizionate ai primi 25 posti di questa prestigiosa graduatoria sono elencate
nella Tavola 1.1..
La dimensione etica dell’impresa riguarda anche la sostenibilità: essa
può essere definita come l’insieme delle relazioni tra le attività umane e le loro
dinamiche, generalmente più lente; queste devono essere tali da permettere
alla vita di continuare, agli individui di soddisfare i loro bisogni e alle diverse
culture di svilupparsi, ma in modo tale che le variazioni apportate non
modifichino il contesto biofisico globale
12
(tale è la definizione di sviluppo
sostenibile, diventata molto popolare negli anni Ottanta). Ciò non vuole dire
che l’ecosistema debba essere conservato intatto, bensì che occorre preservare
la base ecologica per lo sviluppo (vedi § 4.1.).
12
Birindelli G., Tarabella A. (2001), p. 40.
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Capitolo I
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8
Tavola 1.1 – La classifica delle prime 25 società etiche in America.
Posizione Compagnia Localizzazione Punteggio
Reddito netto
2000 (in mil di $)
1 IBM Armonk (NY) 1,586 8.073
2 Hewlett-Packard Palo Alto (CA) 1,233 3.697
3 Fannie Mae Washintgton (DC) 1,230 4.327
4 St Paul Cos St. Paul (MN) 1,179 993
5 Procter & Gamble Cincinnati (HO) 1,154 3.542
6 Motorola Inc. Scahmburg (IL) 1,144 1.318
7 Cummins Engine Columbus (IN) 1,099 8
8 Herman Miller Zeland (MI) 1,033 140
9 General Mills, Inc. Minneapolis (CA) 0,989 614
10 Avon Products New York (NY) 0,981 478
11 Intel Corp. Santa Clara (CA) 0,912 10.535
12 State Street Corp. Boston (MA) 0,909 595
13 H B Fuller Vadnais Heights (MN) 0,891 49
14 Timberland Stratham (NH) 0,880 122
15 Bank of America Charlotte (NC) 0,843 7.511
16 Amgen Thousand Oaks (CA) 0,840 1.139
17 Lucent Technologies Murray Hill (NJ) 0,830 1.219
18 Qualcomm San Diego (CA) 0,829 670
19 Sun Microsystems Palo Alto (CA) 0,820 1.854
20 Southwest Airlines Dallas (TX) 0,809 603
21 Starbucks Seattle (WA) 0,807 95
22 FedEx Corp. Little Rock (AR) 0,760 688
23 Brady Corp. Milwaukee (WI) 0,744 47
24 Northern Trust Corp. Chicago (WI) 0,722 479
25 UnumProvident Columbia (SC) 0,717 564
Fonte: adattamento dal sito http://www.business-ethics.com.
Per fare proprie le tematiche sociali e ambientali nello svolgimento della
sua attività, l’impresa può percorrere la via che la conduce ad assumersi nuove
responsabilità e a dimostrare di porre al centro della sua scala di priorità
l’uomo, i suoi valori e il rispetto dei suoi diritti. Si parla, in questo senso, di
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Capitolo I
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9
ethical capability, intesa come la capacità di un’azienda, o della sua
organizzazione, di identificare e rispondere in modo efficiente ed efficace ai
problemi etici che il contesto globale presenta. I valori etici e morali elaborati
dalle imprese però non devono rimanere confinati all’interno delle mura
aziendali come astratte dichiarazioni di principi, altrimenti viene meno la
ragione stessa delle loro formulazione: occorre una condivisione con gli
interlocutori, realizzata attraverso un impegno quotidiano e credibile, frutto di
opportune scelte manageriali e di un sistema aziendale organizzato a tal fine.
Nasce quindi per l’impresa l’esigenza di comunicare, di rendere visibili
all’esterno le azioni intraprese e di ottenere, conseguentemente, la
legittimazione sociale del suo operato.
Secondo gli aziendalisti, l’etica è una variabile in grado di guidare le
decisioni strategiche ed operative che condizionano ogni attività d’impresa;
diviene quindi a tutti gli effetti una determinante del suo perdurare nel medio-
lungo periodo e richiede pertanto l’elaborazione di piani e programmi più
articolati e maturi.
1.2. Gli stakeholders.
L’azienda è un sistema aperto, e nello svolgimento della sua attività
deve essere in grado di contemperare due grandi categorie di interessi: quelli di
profittabilità e quello di rispondenza alle esigenze dei diversi stakeholders con i
quali interagisce sistematicamente. Il termine stakeholders
13
apparve per la prima
volta nel 1963 in un memorandum interno allo Stanford Research Institute (SRI)
14
13
Sicca L. (1998), p. 53, ma vedi anche Coda V. (1992).
14
Il lavoro pioniere dello SRI fu ripreso e approfondito dalla letteratura manageriale di matrice
nordamericana nell’ambito di differenti filoni di studio. Nella ricostruzione storica della stakeholder
________________________________
Capitolo I
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10
per indicare “quei gruppi senza il cui appoggio l’organizzazione cesserebbe di esistere”
15
.
Letteralmente il termine “stake” significa posta, scommessa, e gli stakeholders in
generale rappresentano tutti i soggetti detentori di un interesse nei confronti
dell’attività produttiva e che sono in grado di condizionarne le scelte
strategiche ed operative. Possiamo distinguere (Figura 1.1.):
9 stakeholders interni, sono quei soggetti che agiscono all’interno del
sistema impresa (ad esempio la proprietà, la direzione, e le risorse
umane aziendali);
9 stakeholders esterni, sono coloro che esercitano dall’esterno
un’influenza sulle vicende dell’impresa (ad esempio lo Stato, i
sindacati, l’opinione pubblica);
9 stakeholders primari, sono coloro che hanno una formale relazione
contrattuale con l’impresa (ad esempio i fornitori, i lavoratori e i
clienti);
9 stakeholders secondari, sono tutti gli altri soggetti e/o gruppi
influenzati in modo indiretto dall’impresa, che possono
influenzare o essere influenzati dalle attività di impresa (ad
esempio le comunità locali, i mass media, le università, e così via).
La letteratura di management e gli studi di strategia hanno messo in
evidenza che non basta prendere atto dell’esistenza degli stakeholders, ma anche
dell’effettiva rilevanza degli interlocutori socio-economici ed istituzionali per
la vita dell’impresa e dell’esigenza per quest’ultima di gestire il complesso
insieme di relazioni con i gruppi e gli individui portatori di interesse, al fine di
elaborare una serie di decisioni e mettere a punto una serie di azioni concrete
per il soddisfacimento delle loro aspettative (stakeholder management). Nella
theory, E. R. Freeman (1984) individua quattro diversi filoni di studi che contribuiscono ad arricchire
tale approccio: la pianificazione strategica, la teoria dei sistemi, l’approccio della responsabilità e la
teoria organizzativa.
15
Anche Alberici A. (2002).
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Capitolo I
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11
proposta di E. R. Freeman
16
(1984) gli stakeholders diventano soggetti chiave del
processo di gestione strategica dell’impresa e quindi interlocutori privilegiati
dell’impresa che è tenuta a valutare le loro esigenze, le loro aspettative, i loro
obiettivi nell’orientare il corso e le vicende dell’attività.
Figura 1.1. - La relazione impresa – stakeholders primari e secondari.
Fonte: Sicca L. (1998), p. 54.
16
E. R. Freeman (1984) fu il primo a dare la definizione di stakeholdes: “Gli stakeholder primari, ovvero
gli stakeholders in senso stretto, sono tutti quelli individui e gruppi ben identificabili da cui l’impresa dipende per la
sua sopravvivenza…. In senso più ampio, tuttavia, stakeholder è ogni individuo ben identificabile che può influenzare
o essere influenzato dall’attività dell’organizzazione in termini di prodotti, politiche e processi lavorativi”.
IMPRESA
Dipendenti
Fornitori Clienti
Azionisti
Associazioni
consumatori
Associazioni
Speciali
Associazioni
locali
Mass
Media
Gruppi
Sociali
Gruppi
Ambientalisti
Sindacati
Stakeholders
secondari
Stakeholders
primari
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Capitolo I
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12
Gli stakeholders – in questa più moderna concezione – rappresentano
l’estensione del raggio di responsabilità del management; quest’ultima
tradizionalmente rivolta verso gli stockholders (i possessori di azioni), è ampliata
in questa visione a tutti i soggetti portatori di interesse, a qualsiasi titolo, nei
confronti dell’impresa.
Poiché tra gli stakeholders e l’impresa si istituiscono rapporti di
interscambio e di reciproca influenza, il management deve analizzare obiettivi,
risorse, strategie di gruppi omogenei di stakeholders per valutarne la rilevanza
per l’impresa, e la sua capacità di mobilitare altri stakeholders.
Un ruolo molto importante è giocato da coloro che lavorano
direttamente nell’impresa. Questi non hanno infatti soltanto un interesse
economico ad entrare in contatto con l’impresa, poiché, facendo stabilmente
parte di un’organizzazione, ne condividono gli aspetti della vita quotidiana e
sono coinvolti nelle relazioni interpersonali che toccano interessi profondi,
aspettative, strategie ed espressioni della personalità. E’ riconosciuto
17
che il
legame duraturo di un rapporto di lavoro stabile contribuisce a definire
l’identità sociale del lavoratore, non solo il suo livello di benessere materiale.
E’ evidente che per l’impresa i lavoratori rappresentano la risorsa
fondamentale
18
, e a loro volta questi hanno un interesse oggettivo allo
sviluppo dell’impresa stessa, che può fornire opportunità di crescita
economica, di sviluppo professionale e di carriera, oltre a rappresentare una
garanzia di sicurezza per il loro futuro. L’analisi del rapporto tra lavoratori e
impresa costituisce quindi un aspetto centrale dell’analisi del management, non
solo negli aspetti quantitativi, che riguardano l’occupazione e le retribuzioni,
ma anche negli aspetti meno facilmente quantificabili, ma altrettanto
importanti, relativi alla qualità del lavoro, alla sicurezza del posto, ai livelli di
17
Chiesi A. M., Martinelli A., Pellegatta M. (2000), p. 96.
18
Petrolati P. (1999), p. 41.
________________________________
Capitolo I
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13
soddisfazione e di consenso, alle possibilità di crescita professionale e di
condivisione di una cultura di impresa.
1.3. L’attuazione della stakeholders’theory e della social
responsibility.
Le imprese, in seguito all’affermazione della stakeholders’theory, hanno
dovuto ridefinire le proprie strategie competitive e le modalità di gestione dei
temi sociali e ambientali in quanto sottoposte a valutazione da parte degli
azionisti e al giudizio di legittimazione da parte di nuovi gruppi di soggetti. Di
conseguenza, la comunicazione con l’esterno rappresenta per l’azienda
un’importante opportunità per aumentare la propria accettabilità sociale ed
offrire il proprio punto di vista corredandolo di informazioni per quanto
possibile comprensibili, oggettive e verificabili.
Per rispondere adeguatamente alle richieste degli stakeholders, è stata
introdotta dalle organizzazioni e dalle imprese una serie di strumenti
innovativi per misurare, in base a parametri oggettivi, il comportamento
relativo alle sue dimensioni fondamentali dell’etica applicata: la socialità e la
sostenibilità.
19
Standard pubblicato ufficialmente dalla CEPAA (Council on Economic Priorities Accreditation Agency) il
15 ottobre 1997.