La sanità italiana spende ogni anno più di cinquecento milioni di euro solo per assicurarsi
contro il rischio di danneggiare i propri pazienti. I malati che hanno subito un danno ,ovvero i
loro congiunti,devono aspettare decenni per ottenere un risarcimento .Infatti i tempi
processuali,fra la sentenza di primo grado,quella d’appello e la condanna definitiva superano i
dieci anni. Inoltre,esistono avvocati spegiudicati che cercano e ,talvolta strumentalizzare
,malati arrabbiati e periti che operano non sempre in buona fede:il risultato di questa
incertezza è che molti medici ed operatori lavorano frustrati da un profondo senso di paura di
subire un procedimento civile o penale.
I dati pubblicati dalle assicurazioni confermano che in 68 casi su 1000 i pazienti vengono
risarciti per disservizi oggettivi:mancanza di mezzi,guasti prevedibili,caos organizzativo delle
strutture sanitarie. L’On. Livia Turco ha affermato che “La sanità ha registrato
un’accelerazione esponenziale delle tecnologie,ma ancora non esistono norme precise sulla
gestione tecnica degli ospedali e neppure sul numero,sulle professionalità richieste e sulla
formazione degli operatori”.(1)
(1)Di Paolo,B.(2008).Inchiesta dottore di denuncio. L’Espresso,22(1),33-40.
1.0.CAPITOLO :LA TUTELA DELLA SALUTE
1.1.Premessa: il diritto alla tutela della salute
La tutela della salute delle persone e della collettività è uno dei problemi delle società
avanzate,affronta con diverse modalità nel contesto europeo. La tutela della salute è strettamente
connessa con lo sviluppo socio-economico e le condizioni di vita delle popolazioni e risente della
loro evoluzione storica,sociale e politica e delle caratteristiche istituzionali di ciascuno Stato. La
tutela della salute implica l’azione coordinata di più soggetti che interagiscono nel sistema, in
funzione della specifica organizzazione sanitaria del paese e in particolare:dello Stato e delle
Regioni nell’ambito delle funzioni legislative e amministrative rispettivamente loro riconosciute
dalla Costituzione. Delle istituzioni pubbliche ,dei soggetti non profit e soggetti privati che
esercitano,a vari titolo,la funzione sanitaria. Dei medici ,infermieri e delle altre professioni sanitarie
cui spetta la responsabilità diretta delle prestazioni erogate a favore dei cittadini e della collettività e
che operano secondo i principi di “scienza e coscienza”.Avvalendosi della propria conoscenza ,e dei
supporti scientifici e tecnologici disponibili. La tutela della salute ,in via di principio,può essere
lasciata liberamente all’iniziativa dei singoli ovvero garantita dallo Stato o da corrette
organizzazioni in un contesto circa decentrato. L’O.M.S. definisce i servizi sanitari “Un sistema
permanente ,su base nazionale,di istituzioni il cui obiettivo è di far fronte ai vari bisogni e domande
della popolazione in campo sanitario e di fornire prestazioni sanitarie agli individui e alla
comunità,comprendente un vasto spetto di attività preventive e curative ,in larga misura operatori
sanitari polivalenti”.Lo Stato persegue le proprie finalità attraverso un complesso di regole
istituzionali e organizzative,le norme giuridiche dirette ad assicurare la stabilità e continuità nel
tempo delle istituzioni,norme che rappresentano ,nel loro insieme,l’ordinamento giuridico. Merita
una riflessione il concetto di bisogno sanitario per identificare il quale occorre avere riguardo ai
diritti naturali o codificati giuridicamente protetti dall’ordinamento: tutela della salute,il diritto alla
vita,la libertà di trattamento terapeutico,la gratuità dell’assistenza.
Sotto il profilo sia individuale sia collettivo,le esigenze della popolazione ,tra cui i bisogni
sanitari,possono essere le più svariate in rapporto al contesto sociale di riferimento(2).
Dal punto di vista oggettivo ,i bisogni sanitari,sia del singolo sia della collettività ,in quanto
misurato sulla base di riscontri clinici,statistici ed epidemiologici(3) sono tanto più rilevanti almeno
elevato risulta il livello sociale,culturale ed economico della popolazione ,come avviene nei paesi
sotto sviluppati,nei quali le condizioni igienico-sanitarie sono scadenti. Dal punta di vista
soggettivo,sia individuale sia collettivo ,i bisogni sanitari aumentano,invece,in funzione del livello
di benessere della popolazione e del progresso culturale,economico e tecnologico,talché,nei paesi
industrializzati,la tendenza ,nell’ambito del welfare state,è stata quella di dilatare il concetto di
tutela della salute da prevenzione,cura e riabilitazione delle malattie a quello di promozione e
mantenimento delle condizioni ottimali fisiche,psichiche e ambientali della popolazione e quindi di
benessere.
(2)Boccalon R.,Cagossi M.,Di Ninni A.,Guerra G. Riforma della sanità e pratica del cambiamento. Analisi psico-
sociologica di un’unità sanitaria locale,ricerca condotta dall’Istituto di psicologia generale e clinica dell’università
cattolica del S. Cuore,Consiglio regionale del Lazio.
(3) Cfr. in materia:AA.VV.,Territorio di salute:modelli,esperienze e ricerche,in particolare ,OREFICE P.,”Conoscere la
comunità:l’uso di indicatori sociali nella valutazione dei processi informali di costituzione della salute”,ed .Aldo
Primerano, 1995.
1.2.Il diritto alla tutela della salute nel sistema costituzionale italiano
Per identificare il grado di tutela della salute dei cittadini,si ritiene utile procedere ad un’analisi
dell’evoluzione del contesto normativo italiano sia sotto il profilo costituzionale che della
legislatura ordinaria (ed in seguito a livello europeo).
Si osserva,preliminarmente ,che le norme giuridiche e,tra queste,anche quelle costituzionali,sono
suscettibili di un’interpretazione evolutiva nel tempo,in funzione e in rapporto alle modificazioni
che intervengono nella società e cioè nel contesto politico – sociale ed economico del paese. La
giustificazione giuridica delle oscillazioni che possono subire alcuni principi giuridici e che ha
subito il concetto di tutela della salute va altresì ricondotta alla peculiare funzione delle norme di
principio,in generale ,e dei principi costituzionali. La natura essenziale di un principio giuridico
costituzionale è la sua cosiddetta pro grammaticità;pertanto,il carattere teleologico di una norma ad
alta genericità è spesso piuttosto vaga. La sua funzione dal punto di vista dell’interprete del diritto
di chi agisce de iure condito,non può essere ,di conseguenza ,che sistematica ,nel senso di
rappresentare una chiave di lettura per l’attribuzione di senso ad altre disposizioni
normative,suscettibile di molteplici interpretazioni. Dal punto di vista del legislatore (e cioè di chi
agisce de iure condendo),le norme di principio assolvono,invece,una funzione direttiva. In tal senso
,il legislatore nazionale o regionale non può disattendere i principi e i criteri direttivi contenuti nel
precetto costituzionale che ,in conseguenza di quanto sopra,indirizza in senso dinamico e non
statico l’ordinamento giuridico che viene a porsi,come un “farsi”,un divenire,anziché come un
“essere”,uno”stare”.In tale visione ,i principi fondamentali della Costituzione si pongono come
norme di riconoscimento dell’unitarietà del processo costituente e della continuità dell’ordinamento
nel corso del tempo e,quindi,come canoni sia di convalida delle nuove norme,sia d’interpretazione
evolutiva e cioè di un progressiva nuova attribuzione di senso a preesistenti disposizioni normative
suscettibili di diverse interpretazioni(4).
(4)Ferrara A. Il principio di sussidiarietà come criterio guida della riforma del regionalismo e del welfare
state,intervento al convegno di studi Regionalismo ,federalismo,welfare state,Roma,9-10 maggio 1996.
La Costituzione italiana ,art 32,afferma che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale
diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti”.L’art.32
prescrive inoltre ,che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non
per disposizioni di legge e che la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto
della persona umana.
Per gli aspetti della tutela della salute,si prendono in visione i seguenti articoli costituzionali:
Art.2 Riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo,sia come singolo,sia nelle formazioni
sociali ove si svolge la sua personalità.
Art.3 Riconosce e garantisce la pari dignità sociale dei cittadini di fronte alla legge,senza alcuna
distinzione di stato e condizione e attribuisce alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli
che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini e che impediscono il pieno sviluppo della
persona umana.
Art.13 Sancisce che la libertà personale è inviolabile;
Art.33 Riconosce la libertà di coscienza e del suo insegnamento;
Art.41 Sancisce l’ iniziativa privata è libera ma che questa non può svolgersi in contrasto con
l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza,alla libertà,alla dignità umana;
Art.53 Stabilisce il dovere per i cittadini di concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro
capacità contributiva;
Art.81Sancisce ,all’ultimo comma il principio dell’equilibrio finanziario del bilancio dello Stato.
Nell’intreccio delle norme costituzionali,la tutela giuridica soggettiva dell’individuo, nell’esercizio
del diritto alla tutela della salute ,viene ad essere sviluppata ed arricchita per effetto di alcuni altri
diritti discendenti dai predetti finalizzati ad individuare:
Il diritto alla partecipazione alla tutela del proprio stato di salute;
Il diritto all’eguaglianza, all’integrità personale,al rispetto delle proprie convinzioni etiche,al
rispetto della dignità e della riservatezza;
Nota: L’art.32 della Costituzione Italiana deve essere letto ,non isolatamente e in senso strettamente letterale ,ma
interpretato in correlazione con gli altri principi della stessa Costituzione e in funzione delle modifiche del contesto
sociale,culturale ,economico e politico del paese.
Il diritto alla qualità dei servizi sotto profilo dell’appropriatezza, dell’accessibilità e
dell’umanizzazione(5).Parallelamente ,il diritto alla tutela della salute trova alcuni,condizionamenti
e limitazioni in altri precetti normativi discendenti dalla stessa Costituzione quali:
Il diritto degli esercenti le professione sanitarie di esercitare la propria professione secondo scienza
e coscienza e ,cioè nel rispetto dei principi della deontologia professionale,talché non possono
essere indotti,nemmeno dai pazienti,ad eseguire trattamenti o pratiche sanitarie in contrasto con la
legge o con le loro convinzioni etiche,scientifiche e professionali.
Il diritto della collettività a vedere assicurata la tutela della salute in condizioni di eguaglianza ed
equità,in correlazione con il sistema economico e sociale del paese.
In una società democratica e pluralistica come quella configurata dalla nostra Costituzione ,la
possibilità di soddisfare le esigenze sanitarie della popolazione non è (e non potrebbe essere) fissata
per impostazione astratta e statica ai cittadini,ma è determinata dalla soggettività dei cittadini
stessi,mediante i loro organismi costituzionali di rappresentanza,in rapporto all’espressione di
priorità della comunità ed alle risorse disponibili(6).Ciò è stato affermato espressamente dalla Corte
Costituzionale (7) che annovera il diritto alla salute tra i diritti relativi e cioè tra quelli situazioni
giuridiche di vantaggio la cui tutela è condizionata dalla discrezionalità del legislatore.
(5)Cfr. La relazione finale della Commissione per la tutela dei diritti del malato,istituita dal Ministero della sanità con
D.M.28 febbraio 1984 e il Protocollo nazionale sul servizio sanitario per le nuove carte dei diritti del cittadino
approvato dal Congresso nazionale permanente del movimento federativo democratico,su proposta del Tribunale dei
diritti del malato e presentato nel Corso della XV Giornata dei diritti del malato,14 giugno 1995.(6)Spantigati E..,Le
ragioni giuridiche del fallimento dello Stato sociale ,intervento al convegno”Regionalismo,federalismo,welfare
state”,cit.(7)Corte cost. n.356dell’8-23luglio 1992.
1.5. Responsabilità e competenza dell’infermiere
Con il termine “responsabilità “si definisce :
La coerenza con un impegno assunto o con un comportamento ,in quanto importa e sottintende
l’accettazione di ogni conseguenza. L’infermiere può essere chiamato a rispondere secondo la
volontà dolosa ,colposa o preterintenzionale .
Nell’ambito dell’esercizio di una professione – responsabilità professionale – egli assume una
valenza giuridica. Si traccia una situazione per la quale un soggetto giuridico come per esempio
l’operatore sanitario – infermiere può essere chiamato a dover rispondere ai propri atti o altrui in
ambito lavorativo. L’espressione “Responsabilità professionale”è riconducibile al fatto che gli
infermieri, come altri professionisti della Salute, vengono ad assumere una posizione di garanzia
tipica nei confronti delle persone delle quali si prendono cura, posizione che consiste nell’obbligo di
farsi carico di tutte le implicazioni rischiose che le prestazioni professionali includono secondo le
conoscenze scientifiche e tecniche della categoria professionale cui l’operatore appartiene. Come
non sarà infrequente, in un futuro neppure troppo lontano, assistere ad attribuzioni di responsabilità
per violazioni,ad esempio ,dell’art.1 del D.M.739/1994 che come è noto,vuole l’infermiere
responsabile dell’assistenza generale infermieristica.(13 bis).L’infermiere che assiste la persona
deve farsi carico non di un ipotetico, teorico possibile rischio, ma solamente dei rischi che sono
valutabili e prevedibili,usando delle cognizioni teoriche -tecniche appartenenti alla media delle
preparazione categoria professionale(14).In un studio sulla “responsabilità professionale
dell’infermiere” eseguito presso la Struttura Complessa di Nefrologia e Dialisi della Azienda
Ospedale di Perugia ,si evidenza come è aumentato la managerialità assistenziale e la responsabilità
infermieristica istituzionale .La figura infermiere si basa sulla propria professionalità:sulle
conoscenze personali ed i skills personali ;l’infermiera ha una responsabile secondo gli Standards di
Assistenza Professionale stabiliti. L’infermiere è una professione molto complessa ed in
competizione con le altre figure professionali, affronta le controverse passaggi della responsabilità
istituzionale ed i compiti della professione infermieristica stessa nei relativi compiti lavorativi
giornalieri . La professione infermieristica è basato in maggior parte sulle capacità organizzative -
gestionali piuttosto che agli aspetti legali della professione. Il “Business dei doveri legali” può
condurre ,essenzialmente,al riassumersi in leggi e regolamenti ma in nessun modo allo scambio di
idee nella pratica infermieristica. Cosi ,questo studio ,ha come obiettivo di analizzare la
responsabilità istituzionale con un approccio degli doveri nuovi derivati da una innovativa
prospettiva managerialità infermieristica definendo le lagune tra responsabilità infermieristica
istituzionale e relativi compiti professionali. (14bis)
Le responsabilità professionali sono tradizionalmente suddivisa in tre ambiti:
Responsabilità penale / Responsabilità civile / Responsabilità disciplinare
Riferimenti legislativi
La Legge n. 42/1999 Definisce l’infermiere come un esercente di una professione sanitaria.
L’art. 2229 c.c. Definisce chi è un esercente di una professione intellettuale. Esplica la sua
attività a seguito del conseguimento del diploma di laure o titolo equipollente riconosciuto dallo
Stato ed essendo iscritto all’albo professionale.
L’art.1176 c.c. Disciplina la prestazione professionale corretta e diligente precisando che
“nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia”e
che “nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un attività professionale,la
diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata.
L’art.358 c.p. Definisce chi è inserito in una struttura assistenziale pubblica è una persona
incaricata di pubblico servizio
Il D.M.739/94 riconosce l’infermiere responsabile dell’assistenza generale infermieristica e
precisa la natura dei suoi interventi,gli ambiti operativi,la metodologia del lavoro,le
interrelazioni con gli altri operatori,le cinque aree della formazione specialistica. Il profilo
disegnato dal decreto è di un professionista intellettuale ,competente,autonomo e responsabile.
(13bis)Barbieri G.,Pennini A.(2008).Le responsabilità dell’infermiere .Dalla normativa alla pratica.Carocci Faber
Editore., pag.85-104 .(14)D.Rodriguez.(2005).Medicina Legale per Infermieri,Roma.Carocci Faber Editore. p.57-58.
(14bis)Quintaliani,G.,Gori,F.,Lenci,E.,Benci,L.,Fioroni,S.(2005).Nurses’professional responsability.Giornale Italiano
Nefrologia,22Suppl 31:s94-100.
Inquadramento normativo infermieristico specifico
Testo Unico delle Leggi Sanitarie del 1934
D.M. del 14/9/94 n.739 Riconosce l’infermiere responsabile dell’assistenza generale infermieristica,
precisa la natura dei suoi interventi, gli ambiti operativi, la metodologia del lavoro, le interrelazioni con gli
altri operatori, le cinque aree della formazione specialistica. Il profilo disegnato dal decreto è di un
professionista intellettuale, competente, autonomo e responsabile.
Legge 10/8/2000 n. 251. Attribuisce e delinea l’ autonomia professionale dell’infermiere nello svolgimento
di attività dirette alla prevenzione, cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva, tramite
l’espletamento delle funzioni individuate dalle norme istitutive dei profili professionali nonché degli
specifici codici deontologici ,utilizzando una metodologia di pianificazione per obiettivi assistenziali.
D.lgs n.229/99, art. 15. Attribuzione al medico apicale delle funzioni di organizzazione e direzione e
controllo di tutto gli operatori sanitari, dal punto di vista medico nonché della sicurezza antinfortunistica e
di bestpractice in generale.
La Legge n. 42/1999 Definisce l’infermiere come un esercente di una professione sanitaria.
Questa norma riveste per gli infermieri professionali una importante funzione di garanzia e di
limitazione della responsabilità.
Codice deontologico dell’infermiere approvato dal Comitato Federale Nazionale IPASVI nel Maggio 1999 (
Attualmente in revisione e relativa approvazione di esso nel mese di Febbraio 2009.)
Gli obblighi di diligenza della professione infermieristica: Un tempo soggetti a rigide regole come
prevedeva l “EX‐Mansionario”, discendono da un patrimonio di conoscenze, elaborato dalla comunità
scientifica ed oggi riconosciute certificati con il rilascio di un titolo universitario di Diploma in Scienze
Infermieristiche ed Ostetriche .Quando si parla del dovere di diligenza del professionista come elemento
essenziale della sua opera professionale ,si fa riferimento all’art.1176 c.c. che disciplina la prestazione
professionale corretta e diligente precisando che “Nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la
diligenza del buon padre di famiglia”e che “nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un
attività professionale,la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”.
La natura dell’attività esercitata dell’infermiere è prevista dal relativo “Profilo Professionale”e dal
“Codice Deontologico “.L’obbligo in questione si concretizza nel rispetto delle regole di” buona
pratica sanitaria”,nell’esecuzione di qualsiasi attività essenziale per la realizzazione del risultato e
nell’aggiornamento e formazione continuo,indispensabile per garantire al paziente un trattamento
sicuro.
Oggi in buona sostanza il modello di riferimento del generico ed indistinto bonus pater familias si
realizza in quello più specifico del “buon professionista”e della specialità a cui appartiene il
professionista che si assume la relativa obbligazione nei confronti della persona/paziente. Da un
punto di vista generale,dunque,il concetto di diligenza,cosi come concepito dall’art.1176,comma
1c.c.,che si riferisce all’adempimento di tutte le obbligazioni,riassume in sé il complesso di cure e
cautele che dovrebbe fondare il comportamento di ogni debitore al momento di soddisfare la propria
obbligazione,avuto riguardo alla natura del particolare rapporto e alle circostanze di fatto che lo
caratterizzano. Tuttavia nel comma 2 dello stesso articolo si fa riferimento alla differenza tra
l’impegno che il “professionista modello”avrebbe dovuto porre in quella particolare circostanza e
quello che è invece stato utilizzato nel caso concreto dallo stesso professionista. Una caratteristica
di tutte le professioni intellettuali è che la prestazione va eseguita con mezzi idonei a realizzare un
certo risultato ma non anche a garantirlo.
Responsabilità e concorso di cause:
Una tematica che merita di essere approfondita per la complessità e ricorrenza dei casi che sono
riscontrabili nella pratica,è l’intervento di più cause nella produzione di un evento lesivo.
La sentenza della Suprema Corte (15)afferma che”nel caso che l’evento dannoso si ricollega a più
persone o omissioni,il problema del concorso delle cause trova soluzione nell’art.41 c.p.,secondo
cui,in presenza di una pluralità di fatti imputabili a più persone ,a tutte deve riconoscere un’efficacia
causativa ove abbiano determinato una situazione tale che senza di essi l’evento,sebbene prodotto
dal fatto avvenuto per ultimo,non si sarebbe verificato”.
La Corte prosegue prospettando anche la soluzione opposta,ossia nell’ipotesi in cui la causa
sopravvenuta sia stata da sola sufficiente a determinare l’evento;in tale circostanze,questa”può
assurgere a causa efficiente esclusiva,in quanto,inserendosi nella successione dei fatti ,toglie ogni
legame tra le cause remote e l’evento”.
Come determinare il nesso di causalità? Ad attenuare il rigore dell’applicazione rigida della
condicio sine qua non si interviene con la “Teoria dell’adeguatezza”(2).In base a tale costruzione
logico-giuridico,bisogna selezionare come causali soltanto alcuni degli antecedenti e cioè quelli
realmente rilevanti giuridicamente. Si considera come causa quella condizione che è tipicamente
idonea o adeguata a produrre l’evento in base al principio di prevedibilità basato sull’id quod
plerumque accidit. L’azione viene considerata dannosa quando appare ex ante idonea a produrre
l’evento dannoso nel senso che la probabilità del suo verificarsi è elevata e rilevante.
Per adeguare la teoria della causalità adeguata alla teoria della condicio sine qua non,allora,la si è
formulata in termini negativi:”Il rapporto di causalità sussiste tutte le volte in cui non sia
improbabile che l’azione produca l’evento”.
In secondo luogo è necessario verificare in base a un giudizio ex post se l’evento concreto realizzi il
pericolo tipicamente o generalmente connesso all’azione dannosa.”Le cause sopra venute da sole
sufficienti a determinare l’evento cui fa riferimento l’art.41,comma 2,c.p.,sono quei fattori causali
che rendono l’evento conseguenza anomala ,atipica,inadeguata rispetto alla condotta criminosa
concretamente posta in essere”(16).
Per giungere credibilmente al riconoscimento di un nesso causale,non è sufficiente enumerare una
serie di connessioni sia pure significative ,ma occorre verificare tali connessioni mediante criteri di
prova-sperimentali e/o desunti dall’osservazione che ,a loro volta,siano dotati di controllabilità
empirica e idonei a suffragare l’applicabilità di una legge statistica.
(15)Corte di Cassazione Civile.,Sez.III,15 gennaio 1996,n268
(16)R.Garofali,op.cit.,p.295.