6
Il “giuramento di Ippocrate”, compiuto all’atto “dell’accorpamento”
nell’ordine della categoria medica indica che:
Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e
dell’impegno che assumo, giuro:
ξ Di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di
comportamento;
ξ Di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della
salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza, cui
ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e
sociale, ogni mio atto professionale;
ξ Di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di
un paziente;
ξ Di attenermi nella mia attività ai principi etici
3
della solidarietà umana,
contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai
le mie conoscenze;
ξ Di prestare la mia opera con diligenza, perizia e prudenza secondo
scienza e coscienza e osservando le norme deontologiche che regolano
l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in
contrasto con gli scopi della mia professione;
3
L'etica (il termine deriva dal greco ἦθος, ossia "condotta", "carattere", “consuetudine”) definisce,
quella branca della filosofia, che studia i fondamenti oggettivi e razionali che permettono di
distinguere i comportamenti umani in buoni, giusti, o moralmente leciti, rispetto ai
comportamenti ritenuti cattivi o moralmente inappropriati. Si può anche definire l'etica come
la ricerca di uno o più criteri che consentano all'individuo di gestire adeguatamente la propria
libertà; essa è inoltre una considerazione razionale, dei limiti entro cui la libertà umana si può
estendere.
7
ξ Di affidare la mia reputazione esclusivamente alla mia capacità
professionale e alle mie doti morali;
ξ Di evitare, anche al di fuori dell’esercizio professionale, ogni atto e
comportamento che possano ledere il prestigio e la dignità della
categoria;
ξ Di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni;
ξ Di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno
indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da
ogni differenza di razza, religione, nazionalità, condizione sociale e
ideologia politica;
ξ Di prestare assistenza d’urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni e
di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell’autorità
competente;
ξ Di rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera
scelta del suo medico, tenuto conto che il rapporto tra medico e paziente
è fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto;
ξ Di astenermi dall’"accanimento" diagnostico e terapeutico;
ξ Di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho
veduto, inteso o intuito nell’esercizio della mia professione o in ragione
del mio stato.
4
4
La struttura del “Giuramento di Ippocrate” ha subito, nel corso degli anni, diverse modifiche:
1978 – 1989 – 1998 – 2007.
8
E’ percepibile analizzando questo codice come venga posto forte risalto, alla
specificità e unicità di questa “nobile” professione.
Sul versante della responsabilità professionale (sotto l’aspetto squisitamente
penal-civilistico) del medico, vediamo come la stessa si fondi, sugli stessi principi
giuridici che regolano la responsabilità per colpa a quella connessa all’esercizio di
qualsiasi altra attività professionale (art. 43 cod. pen., artt. 1176 e 2236 cod. civ.),
ma con degli elementi di colpa caratteristici della professione medica stessa.
La regolare applicazione all’operato medico (nel corso degli anni), di queste
norme a carattere dottrinale, ha dato luogo ad una nutrita messe giurisprudenziale;
inoltre, il concetto di colpa, giuridicamente rilevante per l’esercente la professione
medica ha subìto, soprattutto in sede giudiziaria, una rilevante evoluzione,
passando da un periodo prevalentemente incentrato sulla tolleranza (nei confronti
dell’errore determinato dal professionista), che nel passato limitava i casi di
risarcimento richiesto ai medici, ad un periodo (quello attuale), ove stanno
aumentando esponenzialmente i casi dove invece lo stesso (risarcimento aquiliano
e non) sembra essere l’unica soluzione al danno subito dal paziente e/o dai
prossimi congiunti.
Giurisprudenzialmente, si tende oggi, a dare particolare rilievo al livello di:
ξ Perizia,
5
ξ Prudenza,
ξ Diligenza,
con le quali il medico si è rapportato (prima e durante l’evento nocumentale) col
paziente/utente/cliente.
5
La colpa professionale del sanitario, può assumere aspetti differenti: il primo e più importante è
costituito dalla "negligenza". Essa è realizzabile attraverso l'omissione, per superficialità di quei
doveri a cui ciascun sanitario, deve attenersi nell'espletamento della propria attività. La colpa può
essere altresì determinata da una condotta imprudente; l'"imprudenza" consiste in un
comportamento caratterizzato da avventatezza o addirittura da temerarietà nell’azione
professionale. La definizione di "imperizia" invece, si esaurisce nel concetto di colpa
professionale. Per alcuni essa va addirittura individuata nella mancanza di abilità tecnica; secondo
altri invece consisterebbe in una preparazione insufficiente. La dottrina dominante ritiene che essa
identifichi sia l'una che l'altra soluzione, nel senso che, colui che esercita la professione medica,
deve non solo essere adeguatamente preparato, ma anche capace tecnicamente, cioè dotato di un
minimo di abilità e perizia sia manuale che strumentale, da non mettere in pericolo la vita del
proprio assistito.
9
La Cassazione ha adottato in varie sedi, e sta altresì adottando
frequentemente, i seguenti orientamenti dottrinali per l’interpretazione delle
controversie che vedono coinvolto un operatore medico:
1. L’imperizia, viene identificata nell’errore inescusabile, cioè nella
mancanza dell’abilità “normalmente” richiesta per l’esercizio
dell’attività medica;
2. L’imprudenza, nell’avventatezza, cioè nella mancanza di
previdenza e prevedibilità con la quale il sanitario si è rapportato al
paziente. In pratica, si attribuisce al sanitario l’avere esposto il
paziente ad un rischio sproporzionato ai vantaggi che lo stesso si
attendeva dall’indagine diagnostica e/o dalla terapeutica adottata;
3. La negligenza, infine, si mette in evidenzia, nella distrazione,
omissione, cioè nella mancanza di quella attenzione che è richiesta
al professionista sanitario stesso nell’esercizio della sua attività.
La valutazione, di questi “parametri”, viene attuata parametrando, la
preparazione del professionista (posto sotto accusa), rispetto alla preparazione
“media” della media dei sanitari dotati di analoga preparazione.
6
Preparazione, che sulla base della esperienza acquisita dal sanitario, può
risultare:
1. Generica;
2. Specialistica.
Si cerca quindi di analizzare (al fine di accumulare elementi
probatori/incriminatori) l’epoca di accadimento del fatto dannoso, delle
conoscenze medico-scientifiche e teorico-pratiche possedute dallo stesso, presenti
all’atto della commissione del fatto, nonché dei mezzi tecnico-strumentali a
disposizione, nella fattispecie in esame; tutto ciò al fine di tracciare una corretta
ipotesi di responsabilità.
6
In pratica il sanitario per non essere colpevole, deve possedere una preparazione formativo-
esperienziale analoga ad altri operatori sanitari similari.
10
L’errore medico/sanitario, delineabile in ogni fase dell’intervento
assistenziale, deve poi essere effettivamente ritenuto, conseguenza
dell’atteggiamento colpevole del sanitario.
Si rinvengono fattispecie nelle quali, in pratica, indipendentemente
dall’evento nocumentale, non è possibile attribuire al sanitario coinvolto alcuna
forma di responsabilità (art. 2050 cod. civ.)
7
.
Posto che, nel rapporto medico-paziente, si instaura,
obbligatoriamente/deontologicamente, una obbligazione di mezzi e di
comportamento (ma non di risultato)
8
, è ovvio che il semplice risultato
sfavorevole, non significa automaticamente, la formazione della colpa da parte del
sanitario.
Occorrerà in questo caso (da parte dei giuristi), dimostrare la sussistenza
dell’errore e l’esistenza di un rapporto di causalità tra questo e la condizione
peggiorativa (lesioni o morte) consequenzialmente lamentate dal paziente.
Per completezza, risulta opportuno, definire anche la natura della
responsabilità, identificandone il consequenziale danno risarcibile.
Nell’ordinamento italiano vi è la distinzione tra responsabilità contrattuale e
responsabilità extracontrattuale
9
:
1. Per quanto concerne la responsabilità contrattuale (art. 1218 cod.
civ.), diciamo che la stessa presuppone l’esistenza di un rapporto
giuridico tra le due parti (nel nostro caso tra paziente e sanitario).
2. Diversamente, la responsabilità extracontrattuale (art. 2043 cod.
civ.), nasce come conseguenza della inosservanza di un obbligo
7
Art. 2050 Responsabilità per l'esercizio di attività pericolose: Chiunque cagiona danno ad altri
nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è
tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.
8
Eccetto il caso della chirurgia estetica, ove è determinate contrattualmente, anche il risultato
materialmente ottenuto.
9
Le due ipotesi di responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale, sono tradizionalmente distinte
e contrapposte per la differente disciplina che le caratterizza. Si ha responsabilità extracontrattuale
o aquiliana, art. 2043 cod. civ. (dal nome della Lex Aquilia che disciplinava nel diritto romano tale
responsabilità) quando sussista la violazione di un diritto o di una situazione giuridica tutelata in
modo assoluto cioè “erga omnes”; mentre si ha responsabilità contrattuale, art. 1218 cod. civ. (o
da inadempimento), quando ci si trovi al cospetto della violazione di un diritto relativo.
11
generale di non cagionare ad altri (ad alcuno) un danno ingiusto, il
c.d. neminem laedere.
Tutto ciò determina, un obbligo al risarcimento del danno eventualmente
cagionato.
L’identificazione/attribuzione (giurisprudenziale), dell’una e/o dell’altra
forma di responsabilità (contrattuale/extracontrattuale), è proponibile
giudizialmente sulla base di differenti tempistiche:
ξ Extracontrattuale, entro cinque anni dall’evento nocumentale;
ξ Contrattuale, entro dieci anni dall’evento nocumentale.
I danni risarcibili (nell’ipotesi di responsabilità contrattuale), sono
generalmente quelli che risultano prevedibili e presenti contrattualmente, fin
dall’inizio del rapporto instaurato fra i due soggetti (sanitario - paziente).
Diversamente i danni da responsabilità extracontrattuale, integrano (oltre ai
danni prevedibili contrattualmente), anche quelli imprevedibili.
La differenziazione/identificazione di tali danni, attiene al c.d. regime
probatorio:
ξ Nel caso della responsabilità contrattuale, la colpa è presunta,
dovendosi infatti provare (a carico del convenuto/sanitario), la
sussistenza dell’adempimento nel rapporto obbligatorio e/o
dell’eventuale nocumento inevitabilmente procurato al paziente. In
tale ipotesi, infatti, compete al sanitario dimostrare (attraverso la
presentazione del referto, della cartella clinica, di prove
documentali ulteriori) di avere svolto la propria attività in maniera
ineccepibile sotto tutti i punti di vista, cioè correttamente e in
maniera conforme all’obbligo intrapreso;
ξ Nel caso di responsabilità extracontrattuale diversamente, è a carico
dell’attore (paziente/congiunti), l’onere probatorio dell’eventuale
fatto lesivo illecito verificatosi;
12
Il pregiudizio economico, apposto dal paziente/congiunti, conseguenza cioè
della condotta illecita del sanitario, risulta divisibile in:
1. Pregiudizio patrimoniale: consistente nella perdita di un bene
appartenente direttamente alla parte, indirettamente ai congiunti, e
suddivisibile in “danno emergente” (il quale consiste, nella
diminuzione del patrimonio; es. spese sostenute dal paziente a
seguito dell’evento dannoso) e in “lucro cessante” (consistente nel
mancato guadagno; es. tutte quelle utilità che il danneggiato non ha
potuto conseguire a causa dell’accadimento del fatto illecito e/o
dell’inadempimento).
La dottrina giuridica, tende ad utilizzare, per la quantificazione del
danno patrimoniale, il parametro del c.d. “danno biologico” il quale
si identifica nella diminuzione dell’integrità psico-fisica del
paziente.
10
2. Pregiudizio non patrimoniale/morale: tale danno si delinea, a
seguito di quella sofferenza e di quei “patimenti”, subiti dalla
vittima/congiunti a causa della verificazione (prima/durante/dopo)
dell’evento dannoso.
Patimenti/sofferenze, che pur non sfociando in una situazione
patologica (ancorché irreversibile) vera e propria, hanno comunque
determinano uno stato di “sofferenza” al soggetto coinvolto
(paziente/congiunti).
La valutazione/quantificazione di questo danno viene effettuata dal
giudice, spesso attraverso, la consulenza del C.T.U. (consulente
tecnico d’ufficio: medico legale, infermiere forense).
11
Si tende spesso giudizialmente a prevedere la consulenza del
C.T.U. a causa delle notevoli difficoltà interpretative degli elementi
caratterizzanti, la materia trattata (cioè quella sanitaria);
10
Successivamente, si vedrà, come esistono delle “tabelle” (facenti riferimento alla gravità e alle
lesioni del danno subito) di parametrazione/quantificazione risarcitoria del danno subito.
13
3. Pregiudizio esistenziale (vita di relazione/sfera sessuale /aspetto
estetico
12
): trattasi di forme di danno (in passato minoritarie, oggi
non più), le quali, risultano espressione della personalità umana,
meritando conseguentemente, una attenzione e una valutazione
particolare/meticolosa da parte del giudice.
Il giudice, chiamato a decidere, per il ristoro dei danni subiti dal
paziente, ha l’onere di ricostruire esattamente la situazione
precedente all’evento dannoso, al fine di delineare la nuova
situazione, venutasi a creare dopo l’accadimento dello stesso;
4. Altro pregiudizio (rinvenibile più che mai, oggi, nelle aule
giudiziarie), è quello del danno cagionato a terzi
13
: anch’essi,
secondo il nostro ordinamento, hanno diritto ad un equo
risarcimento del danno subito, sia sotto al profilo patrimoniale, che
non patrimoniale.
A tal proposito spesso ci si riferisce ai c.d. “danni riflessi”
14
.
In riferimento ai terzi, il danno patrimoniale, non può che
riguardare, sia il danno emergente, che il lucro cessante.
Nel caso poi, di morte del paziente, recenti orientamenti, hanno
riconosciuto il risarcimento del danno jure hereditario.
15
11
Lorenzo Isoppo, La consulenza medico legale nei casi di malpractice, Collana diretta da Paolo
Cedon, Giuffrè editore, Milano 2007, capp. 9-10 pagg. 123 ss.
12
Che riduce la tutela espressa nell’art. 2050 del cod. civ. sulla responsabilità per l’esercizio di
attività pericolose, e rimanda al concetto di “prestazione di risultato” e non a “prestazione di
mezzi” tipica dell’attività medica.
13
Es. i parenti.
14
Vengono c.d. “danni riflessi”, quelli determinanti la lesione di diritti, conseguenti al fatto illecito
altrui, di cui siano portatori soggetti diversi dall'originario danneggiato, ma in significativo
rapporti con lui. Tali danni interessano (così come per il paziente) sia l’ambito biologico, sia
quello patrimoniale nonché il danno morale, del congiunto stesso.
15
Le lesioni, che conducono al decesso di un individuo, consentono di configurare giudizialmente
l’esistenza e la risarcibilità del danno a titolo differente:
ξ Danni risarcibili “iure successionis”: sono quelli che riguardano i danni che si riflettono nella
sfera giuridica dei terzi, congiunti al de cuius, per la perdita della persona cara.
ξ Danni risarcibili “iure proprio”: sono quelli pregiudizievoli direttamente la sfera giuridica
della vittima.
14
Non resta da dire (anche se forse scontato) che la richiesta di risarcimento
dei danni, così come prevede la norma giuridica, può essere effettuata, sia in sede
civile, che in sede penale.
16
16
Al riguardo si veda quanto disciplinato dall’art. 75 cod. pen.: Rapporti tra azione civile e
azione penale: L’azione civile proposta davanti al giudice civile può essere trasferita nel
processo penale fino a quando in sede civile non sia stata pronunciata sentenza di merito anche
non passata in giudicato (324 cod. proc. civ.). L’esercizio di tale facoltà comporta rinuncia agli
atti del giudizio (306 cod. proc. civ.); il giudice penale provvede anche sulle spese del
procedimento civile (541). L’azione civile prosegue in sede civile se non è trasferita nel processo
penale o è stata iniziata quando non è più ammessa la costituzione di parte civile (79). Se l’azione
è proposta in sede civile nei confronti dell’imputato dopo la costituzione di parte civile nel
processo penale (76) o dopo la sentenza penale di primo grado, il processo civile è sospeso fino
alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione, salve le eccezioni previste
dalla legge (71, 88, 441, 444).
15
Capitolo I
LA RESPONSABILITA’ NELLA PROFESSIONE MEDICA
16
1.1. Premessa
Parlando di responsabilità sanitaria, preme allo scrivente sottolineare come
oggi la stessa vada ad interessare una vasta area della dottrina giuridica e
dell’ambito giurisprudenziale stesso.
Nelle moderne realtà politiche e sociali (nei paesi maggiormente sviluppati),
tale fenomeno ha la “capacità” di riempire le pagine dei “quotidiani”, e le
“tasche” di molti pazienti/congiunti che “hanno” subito un danno dall’attività
medico-sanitaria.
L’accrescimento, da parte del cittadino, delle aspettative di vita, ha
sicuramente incrementato il numero dei contenziosi civili e penali, promossi dagli
stessi nei confronti dei sanitari.
Questi innumerevoli contenziosi, sono “favoriti”, dalla “inconsapevolezza”
(da parte dei pazienti/congiunti), che i progressi della scienza medica, sempre in
continuo sviluppo, non sempre possono rispondere adeguatamente alle aspettative
del paziente.
L’impressione del cittadino (che vi siano sempre maggiori possibilità di
guarigione
17
e di aspettativa di vita), purtroppo non corrispondono alle reali
potenzialità del sistema.
La tutela della salute, è identificata (giustamente dalla Carta Costituzionale,
ma spesso mal interpretata dal cittadino/utente) altresì, come uno fra i diritti
“fondamentali”
18
dalla nostra Carta Costituzionale.
La stessa rappresenta uno degli aspetti “ontologicamente” più delicati della
tutela dell’essere umano.
La “protezione” della salute, inoltre, coinvolge un complesso di valori e
diritti indissolubili, fra i quali il diritto alla vita (in tutte le sue forme).
19
17
Cfr. M. Naso, La responsabilità del primario ospedaliero, Giuffrè editore, Milano, 2007, pag. 1
e ss.
18
Art. 32 Cost. comma 1: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo
e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti..”.
19
Non esiste nella Carta Costituzionale una norma che lo (diritto alla vita) preveda espressamente.
La Costituzione, infatti, elenca un notevole numero di diritti (il diritto alla libertà personale, alla
inviolabilità del domicilio, alla segretezza della corrispondenza; il diritto di circolare liberamente;
il diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi; il diritto di associarsi liberamente, il diritto di
17
Cercando, a questo punto, di delineare i motivi fondanti la responsabilità
medica in generale, appare indispensabile e prodromico, evidenziare come la
stessa riguardi molteplici ambiti del diritto “vivo”, i quali talora frequentemente, si
vanno ad intersecare fra loro.
È possibile, altresì, intravedere fattispecie, ove il diritto violato sia:
ξ In parte civile;
ξ In parte penale;
ξ In parte amministrativo.
In svariati casi si è stabilito che la divisione del lavoro tra i componenti
dell’equipe sanitaria debba definirsi di tipo “orizzontale”, ove cioè tutti i sanitari
20
(ciascuno con la differente/specifica specializzazione), si trovano in rapporto di
“uguaglianza” e svolgono le proprie prestazioni in maniera indipendente l’uno
dall’altro, ma nel rispetto delle “leges artis” dello specifico settore di
specializzazione, pur collaborando tra loro verso un identico ed unico obiettivo
cioè “la cura e la tutela del paziente”.
21
In ambito penalistico (per esempio), vengono ritenuti importanti elementi
quali:
- Il carattere personale della responsabilità
22
;
professare liberamente la propria fede religiosa; il diritto di manifestare liberamente il proprio
pensiero, il diritto di agire in giudizio, il diritto di votare, ecc.), nulla però, dice espressamente sul
diritto alla vita. È, tuttavia, indiscutibile che tutelare questi diritti costituisce un implicito
riconoscimento del diritto alla vita, che è la base di ogni altro diritto. Tant’è vero che l’Art. 27 ult.
comma della Costituzione dispone che non è ammessa la pena di morte.
20
Medici, infermieri. …
21
Si veda anche: U. Ruffolo – B. Grazzini, Il problema della responsabilità medica, in La
responsabilità medica. Le responsabilità contrattuali ed extracontrattuali, per colpa ed oggettive
del medico e degli enti sanitari (pubblici e privati), a cura di U. Ruffolo, Milano, 2004, pag. 3 e ss.
22
Il principio è previsto dall’Art. 27, primo comma, della Costituzione, ove si dice che: <<La
responsabilità penale è personale. Il principio della personalità della responsabilità penale (…) –
(come osservabile da G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale. Parte generale, 5° ed., Bologna,
2007, pag. 307 e ss.) va, infatti, inteso non soltanto nel significato minimo di “divieto di
responsabilità per fatto altrui”, ma nel senso ben più pregnante di responsabilità per fatto proprio
colpevole. Il legislatore costituzionale nell’affermare che la responsabilità penale è “personale”,
ha espresso il principio secondo cui l’applicazione della pena prefigura l’attribuibilità
psicologica del singolo fatto di reato alla volontà antidoverosa del soggetto. Come anche la Corte
costituzionale ha ormai chiarito (sentenza n. 364/88 e n. 1085/88), l’imputazione subbiettiva del
fatto criminoso può considerarsi veramente conforme al principio di “personalità” a condizione
18
- Il reato;
- Il nesso di casualità che ha condotto il sanitario a commettere l’errore.
Dal punto di vista poi, squisitamente civilistico, viceversa, oltre alla
responsabilità personale, per colpa, in senso contrattualistico, ed
extracontrattualistico (dell’operatore sanitario), è possibile profilare la
responsabilità oggettiva
23
della struttura sanitaria.
La responsabilità dell’ente (amministrativa) è stata oggetto, negli ultimi anni
di una costante evoluzione normativa e giurisprudenziale nonché di un vivace
dibattito dottrinario.
Le ragioni di tale evoluzione, devono essere individuate, sia nella necessità
di adeguamento del nostro diritto “interno” conformemente agli altri ordinamenti
comunitari, nonché ai principi e alle regole del diritto extracomunitario stesso, i
quali impongono modifiche spesso sostanzialmente copiose.
A tale mutato inquadramento dottrinale, deve essere ricondotta, (su un piano
differente), l'affermazione di un diritto omogeneo nella P.A. (Pubblica
Amministrazione), la quale non deve essere “lesa” nell'immagine da parte dei suoi
dipendenti (anche se appartenenti alla professioni intellettuali).
La norma cautelativa, mira ad ottenere (attraverso il c.d. “diritto di rivalsa”)
il risarcimento del danno c.d. "esistenziale" tutte le volte in cui l’immagine
dell’ente venga lesa dal professionista che opera all’interno della stessa.
La sempre più massiccia privatizzazione degli enti sanitari pubblici
24
, ha
intensificato “la criticità” del quadro nel quale collocare la ricostruzione delle
fattispecie di responsabilità del pubblico dipendente.
che il fatto stesso sia attribuibile all’autore almeno a titolo di colpa: ove un solo elemento di
fattispecie, che concorre a contrassegnare la lesività del fatto, sia sganciato dal “dolo” o dalla
“colpa” viene meno il carattere “personale” dell’addebito e un’eventuale attribuzione di
responsabilità penale si pone perciò in insanabile conflitto con l’Art. 27, comma 1°, Cost.>>.
23
La responsabilità oggettiva configura una situazione in cui il soggetto può essere responsabile
di un fatto illecito, anche se questo non deriva direttamente da un suo comportamento e non è
riconducibile a dolo o colpa del soggetto stesso.
24
Decreto Legislativo 29 ottobre 1999, n. 419 "Riordinamento del sistema degli enti pubblici
nazionali, a norma degli articoli 11 e 14 della legge 15 marzo 1997, n. 59", pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 268 del 15 novembre 1999.
19
È utile in questo frangente sottolineare, che, quando il paziente entra in
contatto col professionista sanitario (dipendente di una pubblica/privata
amministrazione), entra in contatto direttamente anche con la struttura sanitaria, la
quale si rende parimenti garante (logicamente salvo la responsabilità “personale”
del professionista), dell’attività svolta dal proprio dipendente.
Il sanitario (dipendente dell’ente “erogatore”) al quale viene riconosciuto
giudizialmente un errore, nell’ambito della sua attività professionale, è
assoggettato “automaticamente” alla verifica da parte dell’amministrazione
aziendale dall’ordine professionale di appartenenza.
L’inchiesta messa in atto dall’ordine professionale e dall’ente titolare del
rapporto di lavoro, mira a mettere in evidenza, eventuali responsabilità
professionali e/o amministrative commesse dall’operatore nell’esercizio della sua
attività; sia nei confronti del paziente che nei confronti dell’ordine professionale
25
,
e/o dell’ente stesso, i quali si ritengono parimenti coinvolti.
Il paziente/congiunti può agire quindi, sia nei confronti dell’ente che nei
confronti del professionista sanitario:
ξ Contrattualmente nei confronti dell’ente;
ξ Contrattualmente/extracontrattualmente nei confronti del professionista
sanitario.
Il paziente/congiunti tendenzialmente ricorre contro l’ente, in quanto lo
stesso “possiede maggiore solvibilità risarcitoria, rispetto a quella posseduta dal
professionista”.
Diciamo infine che è frequentemente e contemporaneamente rinvenibile una
responsabilità congiunta ente/professionista.
25
La responsabilità amministrativa del medico nei confronti della struttura ospedaliera è diretta a
tutelare i pubblici bilanci depauperati dalla sentenza favorevole ai pazienti/congiunti danneggiati
dalla lesione dell’azione dolosa o gravemente colposa dei sanitari. A tal proposito ne deriva che il
decorso del termine prescrizionale per l’esercizio di tale azione di responsabilità inizia con il
momento in cui sorge da parte dell’amministrazione l’obbligo di risarcire il terzo danneggiato.