3
mentre la responsabilità extracontrattuale prescinde da questo
rapporto ed ha la sua fonte in qualsiasi atto illecito che violi il
generale dovere di alterum non ledere, cioè il dovere di non
ledere l’altrui diritto o situazione giuridica. Da ciò consegue il
carattere derivato, nel primo caso, e primario nel secondo,
dell’obbligo risarcitorio del soggetto cui è imputabile la
responsabilità. Tale distinzione, risalente al diritto romano, trova
pieno accoglimento nel codice civile del ’42. Infatti, l’art. 1173
c.c.
2
, accanto al contratto, prevede il fatto illecito quale idonea
fonte delle obbligazioni, mentre gli artt. 1218 c.c.
3
e 2043 c.c.
4
presuppongono detta partizione, riferendosi il primo alla
responsabilità contrattuale del debitore ed il secondo alla
responsabilità extracontrattuale da atto illecito. In entrambi i
casi la garanzia del risarcimento del danno è costituita da tutto il
patrimonio del debitore, ex art. 2740 c.c.,
5
e l’obbligazione che
sorge ha la finalità di reintegrare la sfera economica del
danneggiato. Le differenze tra i due tipi di responsabilità, sono
1
BILANCETTI M., La responsabilità civile e penale del medico, Padova, 1995, p. 241 ss.
2
Art. 1173 c.c.: Fonti delle obbligazioni. Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto
illecito, o da ogni altro atto o fatto, idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento
giuridico.
3
Art. 1218 c.c.: Responsabilità del debitore. Il debitore che non esegue esattamente la
prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o
il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui
non imputabile.
4
Art. 2043 c.c.: Risarcimento per fatto illecito. Qualunque fatto doloso o colposo, che
cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il
danno.
5
Art. 2740 c.c.: Responsabilità patrimoniale. Il debitore risponde dell’adempimento delle
obbligazioni con tutti i sui beni presenti e futuri.
4
dovute alla considerazione che solo nella responsabilità
contrattuale vi è un obbligo non generico che “funge da
presupposto e modello del successivo vincolo, sicché la lesione
(dell’obbligo) si identifica con l’inadempimento”
6
. Le più
rilevanti distinzioni tuttavia, si riscontrano in tema di oggetto
della prova: quando non preesiste l’obbligo, il danneggiato deve
provare non solo il danno con la sua entità e il nesso di causalità
tra condotta ed evento, come avviene in caso di responsabilità
contrattuale, ma anche il criterio di imputazione del fatto al
danneggiante, vale a dire il dolo o quantomeno la colpa. Anche
per la prescrizione esistono delle differenze, sempre
riconducibili al diverso carattere dell’obbligazione risarcitoria,
valendo per l’una l’ordinario termine decennale, per l’altra
quello quinquennale. Non trascurabile è sicuramente il diverso
ambito dei danni risarcibili, poiché in tema di responsabilità
contrattuale l’art. 1225 c.c.
7
limita il risarcimento al solo danno
prevedibile, se l’inadempimento non deriva da dolo, mentre
nella responsabilità extracontrattuale non vi è traccia di tale
restrizione, atteso che l’art. 2056 c.c.,
8
che indica i criteri di
6
BRECCIA U., Le obbligazioni, in Tratt. dir. priv., diretto da Iudica G. e Zatti P., Milano,
1991, p. 666 ss.
7
Art. 1225 c.c.: Prevedibilità del danno. Se l’inadempimento o il ritardo non dipende da
dolo del debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in
cui è sorta l’obbligazione.
8
Art. 2056 c.c.: Valutazione dei danni. Il risarcimento dovuto al danneggiato si deve
determinare secondo le disposizioni degli artt. 1223, 1226 e 1227.
Il lucro cessante è valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso.
5
valutazione del danno derivante da fatto illecito, pur operando
un espresso richiamo agli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c., omette il
riferimento all’art. 1225 c.c..
Accanto alle ipotesi innanzi esaminate di responsabilità, il
codice civile, nella rubrica dell’art. 1337 c.c.,
9
menziona la
responsabilità precontrattuale. Si tratta, più specificamente, di
quella particolare forma di responsabilità che nasce dalla
violazione dell’obbligo generale di comportarsi secondo buona
fede nel corso delle trattative e nella formazione del contratto.
Essa costituisce, secondo la migliore dottrina, “applicazione
specifica del più generale dovere di correttezza che è diretto ad
improntare dello spirito di buona fede tutto il campo delle
obbligazioni”
10
. Con l’introduzione di tale norma, il legislatore
ha inteso risolvere due problemi ancora dibattuti negli
ordinamenti sprovvisti di una disciplina ad hoc, vale a dire: da
un lato sancire espressamente la regola della responsabilità per
scorrettezze nelle trattative; dall’altro superare la disputa circa la
sussistenza di culpa in contrahendo non solo nelle ipotesi di
negozio invalido, ma anche quando si è concluso un contratto
valido o non si è addirittura raggiunto alcun accordo.
11
L’interesse protetto è quello della libertà negoziale; non
9
Art. 1337 c.c.: Trattative e responsabilità precontrattuale. Le parti nello svolgimento
delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede.
10
TRABUCCHI A., Istituzioni di Diritto Civile, Padova, 1998, p. 652
11
BENATTI F., Culpa in contrahendo, in Enc. dir., X, Milano, 1989, p. 287 ss.
6
l’interesse all’adempimento ma l’interesse della parte a non
essere coinvolto in inutili trattative, a non stipulare contratti
invalidi, in definitiva a non subire lesioni alla libera esplicazione
della sua autonomia negoziale. Dal tenore letterale della
disposizione, si evince la natura di clausola generale, nel senso
che il suo contenuto va concretizzato per specificare
puntualmente i comportamenti che le parti sono tenute ad
osservare. Al fine di attribuire alla previsione in commento la
funzione di vera e propria norma in bianco, non sembra
condivisibile la teoria che limita gli obblighi in contrahendo a
quelli previsti dalle singole prescrizioni legislative in tema e
cioè ai doveri di avviso, custodia e segreto. Infatti, pur essendo
queste le fattispecie più ricorrenti nella prassi contrattuale,
secondo la dottrina e la giurisprudenza più avanzata esse non
esauriscono la portata applicativa della disposizione. Circa la
natura giuridica della responsabilità precontrattuale, in dottrina
si rinvengono tre teorie. Secondo un primo orientamento,
minoritario,
12
essa costituirebbe un tertim genus di
responsabilità a metà strada tra la responsabilità contrattuale e
quella extracontrattuale; tale ricostruzione è rimasta isolata in
quanto si è ritenuto non ipotizzabile un genere di responsabilità
12
SACCO R., Concorso della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in
Risarcimento del danno, contrattuale ed extracontrattuale, a cura di Visintini G., Milano,
1979, p. 155 ss.
7
al di fuori dell’alternativa tra la violazione di un pregresso
rapporto obbligatorio e la violazione dell’obbligo generico
dell’alterum non ledere. Maggiormente seguite sono le altre
opinioni. I sostenitori della natura extracontrattuale, ritengono
che l’art. 1337 c.c. sia una norma che interpreta e specifica la
portata dell’art. 2043 c.c., di modo che se la prima disposizione
non esistesse la scorrettezza e la slealtà potrebbero agevolmente
essere sanzionate, come comportamenti illeciti ex art. 2043
c.c..
13
Tale tesi, che trovava appiglio normativo sotto il vecchio
codice carente di una disciplina specifica al riguardo, è oggi
seguita da illustre dottrina
14
e da una parte considerevole della
giurisprudenza, sul presupposto che l’obbligo generico di buona
fede è posto a carico dei consociati per tutelare il generale
interesse alla libertà negoziale. La teoria extracontrattuale viene
però criticata da altri autori, i quali muovono dalla
considerazione che l’art. 1337 c.c. costituisca un’estensione
della buona fede contrattuale alla fase delle trattative, ed
assumono che a seguito del “contatto sociale“ si creerebbe un
vincolo obbligatorio tra soggetti determinati, idoneo come tale
ad integrare un inadempimento sanzionabile. Detta
ricostruzione, nasce dalla difficoltà di concepire la buona fede al
13
BENATTI F., Culpa in contrahendo…, cit., p. 289; Trib. Bergamo, 18 dicembre 1969,
in Giur. mer., 1972, p. 100 ss.; Cass., 19 aprile 1983, n. 2705, in Giust. civ. Rep., 1983,
voce Obbligazioni e contratti, n. 322
14
BIANCA C. M., Il contratto, Diritto Civile III, Milano, 1993, p. 164
8
di fuori di un vincolo specifico tra soggetti determinati e
soddisfa nel contempo l’esigenza di trovare una soluzione
unitaria, valevole per ogni fattispecie in cui è rinvenibile in capo
al contraente una responsabilità “contrattuale” che origina dalla
violazione di un obbligo precontrattuale.
15
L’opzione per l’una piuttosto che per l’altra teoria non è di
poco conto ai fini della presente trattazione, in quanto i confini
tra le due ipotesi di responsabilità sfumano e si confondono
proprio nell’ambito della responsabilità civile del medico ed in
maniera ancora più pregnante, come si vedrà in seguito, nella
particolare prestazione del chirurgo estetico. Come già
accennato, l’art. 1337 c.c. rappresenta una clausola generale,
rispetto alla quale assume fondamentale importanza l’opera
concretizzatrice della dottrina ed ancor più della giurisprudenza.
Tra i vari doveri in astratto ipotizzabili, una particolare rilevanza
è riconducibile alla violazione dell’obbligo di informazione,
tema centrale nell’ambito della problematica della
responsabilità professionale in genere e medica in specie,
oggetto di autonoma trattazione nel capitolo secondo.
Particolare attenzione meritano le ipotesi in cui si rinviene un
concorso di responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale, che
si verificherebbe “allorché un unico comportamento risalente al
15
BIANCA C. M., Il contratto, cit., p. 165; MENGONI L., Obbligazioni di risultato e
9
medesimo autore, appaia di per sé lesivo di specifici obblighi
ma anche dei diritti assoluti che alla persona offesa spettano”
16
.
La fattispecie esemplificativa potrebbe essere quella del
chirurgo che, nell’eseguire non correttamente l’intervento
richiesto, lede contemporaneamente l’interesse del paziente alla
diligente prestazione professionale ed il diritto assoluto alla
tutela della salute. Ma l’intreccio tra le diverse figure di
responsabilità, diventa ancora più evidente nelle ipotesi in cui
dalla violazione dell’obbligo di informazione (responsabilità
precontrattuale) deriva l’inesatta esecuzione della prestazione
dedotta in contratto (responsabilità contrattuale), cui si
accompagna la violazione del generale obbligo di non ledere
l’altrui sfera giuridica (responsabilità extracontrattuale).
2. La correlazione tra responsabilità e regole di condotta:
l’adempimento dell’obbligazione
Ai fini della nostra indagine occorre in primo luogo
procedere all’analisi degli artt. 1176 e 1218 del codice civile,
dettati in materia di adempimento/inadempimento contrattuale.
Le ragioni di questa scelta sono molteplici. Si assiste sempre più
ad un fenomeno di “contrattualizzazione della responsabilità
obbligazioni di mezzi, in Riv. dir. comm., 1954, p. 365 ss.
16
Cass., 7 agosto 1982, n. 4437, in Resp. civ., 1984, p. 78
10
extracontrattuale”
17
, specie nel settore dei danni alla persona. Vi
è una tendenza, riscontrabile anche in tema di concorso di
responsabilità contrattuale ed extracontrattuale (che si verifica in
modi del tutto particolari in tema di responsabilità del medico),
ad attenuare se non ad eliminare la distinzione tra le due forme
di responsabilità, unificando il regime giuridico e creando un
corpo unico di regole. Quest’evoluzione, che si manifesta in tutti
i settori del diritto ma che trova il suo campo elettivo nella
materia della responsabilità professionale, dà vita ad un corpo
uniforme di norme per così dire “transtipico, che taglia
orizzontalmente e supera i comparti corrispondenti ai due
classici tipi di responsabilità, per definirsi in funzione del suo
oggetto materiale”
18
. Il fenomeno è dovuto proprio
“all’estendersi delle zone di confine, che induce a dubitare tanto
del valore concettuale, quanto dell’opportunità legislativa della
distinzione”
19
; e tra le stesse “zone di confine” un ruolo centrale
ha il settore della responsabilità medica, all’interno del quale si
ha un’assimilazione tra i due regimi di responsabilità. La
struttura del giudizio di responsabilità, in tale settore, rivela una
sostanziale convergenza sotto diversi profili: la natura
17
CAFAGGI F., voce Responsabilità del professionista, in Dig. priv. sez. civ., XVII,
Torino, 1998, p. 142
18
DE MATTEIS R., Consenso informato e responsabilità del medico, in Danno e resp.,
1996, p. 220
19
SALVI C., voce Responsabilità extracontrattuale (dir. vig.), in Enc. dir., XXXIX,
Milano, 1988, p. 1191 ss.
11
dell’interesse protetto che, come sarà evidenziato, in entrambi i
casi è la salute del paziente; la corrispondenza tra fatto illecito e
inadempimento ovvero tra colpa del danneggiante e imputabilità
della causa ex art. 1218 c.c.;
20
l’estensione della regola
contenuta nell’art. 2236 c.c., in tema di responsabilità
contrattuale, anche alla disciplina del fatto illecito.
21
In tema di adempimento delle obbligazioni, l’art. 1176 c.c.
22
al 1° comma, indica un principio apparentemente generale: al
debitore non può chiedersi una diligenza superiore a quella del
buon padre di famiglia. L’art. 1218 c.c., in materia
d’inadempimento, afferma che il debitore che non esegue
esattamente la prestazione è tenuto al risarcimento del danno, se
non prova che l’inadempimento è stato determinato da
impossibilità della prestazione dovuta causa a lui non
imputabile. Alla dottrina è parso difficile coordinare le due
norme, al fine di individuare il criterio generale valevole per la
responsabilità debitoria. Le due principali correnti dottrinali
hanno dato vita a due teorie contrapposte, cui si affiancano una
20
IAMICELI P., voce La responsabilità del medico, in Il diritto privato nella
giurisprudenza, a cura di Cendon P., 4: La responsabilità civile, Torino, 1998, p. 317
21
Cass., 6 maggio 1971, n. 1282, in Giust. civ., 1971, p. 1417; CATTANEO G., La
responsabilità civile del professionista, Milano, 1958, p. 311
22
Art. 1176 c.c.: Diligenza nell’adempimento. Nell’adempiere l’obbligazione il debitore
deve usare la diligenza del buon padre di famiglia.
Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la
diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata.
12
serie di ricostruzioni minori, tendenti più che altro al
superamento del contrasto.
Secondo la teoria oggettiva, il cui maggior esponente è
l’Osti,
23
il debitore sarebbe sempre responsabile
dell’inadempimento per il solo fatto della mancata esecuzione
della prestazione, indipendentemente dalla valutazione in
termini di colpa o difetto di diligenza del suo comportamento.
L’unico mezzo per essere esonerato da responsabilità, è quello
di provare che la prestazione è divenuta impossibile per causa a
lui non imputabile, precisandosi che l’impossibilità deve avere i
caratteri dell’oggettività e dell’assolutezza. La condotta
debitoria è considerata al solo fine di verificare se essa
corrisponda o meno al comportamento dovuto e dedotto in
obbligazione, esulando ogni valutazione in termini di dolo o di
colpa. Il risultato è una sostanziale identificazione tra
prestazione e comportamento debitorio. In questa visione della
responsabilità contrattuale, assume un ruolo determinante l’art.
1218 c.c., mentre l’art. 1176 c.c. viene in rilievo solo nei casi in
cui, trovandosi in presenza di un’impossibilità assoluta ed
oggettiva della prestazione, sia necessario indagare la causa che
ha prodotto l’impedimento e cioè stabilire se tale impedimento
23
OSTI G., Revisione critica della teoria della impossibilità della prestazione, in Riv. dir.
civ., 1918, p. 209 ss.
13
non sia riconducibile alla colpa del debitore.
24
Si accede cosi ad
una ricostruzione della responsabilità contrattuale in termini
rigorosamente oggettivi, espungendo ogni riferimento alla colpa
debitoria.
Secondo la teoria soggettiva, la colpa costituisce il
fondamento della responsabilità contrattuale. L’art. 1218 c.c.
non disciplinerebbe tutte le ipotesi di inadempimento, ma si
limiterebbe a quelle in cui “la prestazione rimasta inadempiuta
sia divenuta impossibile”
25
. In tale ricostruzione la diligenza, ex
art. 1176, rappresenta la generale “regola di condotta indicante i
limiti dello sforzo cui è tenuto il debitore”
26
per sottrarsi alla
responsabilità. Più specificamente il criterio liberatorio fondato
sull’impossibilità sopravvenuta non imputabile, sarebbe limitato
alle sole obbligazioni di dare, restituire e trasferire una cosa
determinata,
27
derivando l’art. 1218 c.c. da “un’incauta
generalizzazione, maturata attraverso i secoli, di principi romani
inizialmente limitati al regolamento dell’obbligo di custodia che
grava sul debitore tenuto alla restituzione di una res certa”
28
.
Detto criterio, però, appare del tutto inappropriato negli altri tipi
24
VISINTINI G., L’inadempimento delle obbligazioni, in Tratt. dir. priv., IX, diretto da
Rescigno P., Torino, 1984, p. 162
25
SANTORO G., Responsabilità del debitore, in Comm. cod. civ., diretto da Cendon P.,
Libro IV, Delle Obbligazioni, art. 1173-1654, Torino, 1991, p. 94
26
PERULLI A., Il lavoro autonomo, in Tratt. dir. civ. comm., XXVII, diretto da Cicu A. e
Messineo F., continuato da Mengoni L., Milano, 1996, p. 297
27
GIORGIANNI M., voce Inadempimento, in Noviss. dig. it., VII, Torino, 1968, p. 876
28
PERULLI A., Il lavoro autonomo, cit., p. 297
14
di rapporto obbligatorio in cui è la diligenza, da intendersi come
“attenzione, cura che misura l’esattezza dell’adempimento”,
29
quasi identificandosi con la stessa prestazione, a rappresentare la
regola di condotta idonea a disciplinare il mancato
adempimento.
Come si vede il contrasto riguarda la struttura stessa
dell’obbligazione, cosa sia l’adempimento, l’oggetto della
prestazione, il ruolo da attribuire all’interesse creditorio. Se per
adempimento intendiamo realizzazione piena dell’interesse del
creditore, con esclusione di ogni considerazione dei mezzi
occorrenti per la sua attuazione, è conseguenziale dedurne un
criterio pressoché oggettivo di responsabilità, non si sa fino a
che punto compatibile col nostro sistema giuridico. Se al
contrario l’adempimento consiste semplicemente
nell’esecuzione della prestazione “diligente”, la responsabilità
dovrà essere necessariamente ancorata al giudizio di
colpevolezza, a prescindere dall’attuazione dell’interesse
creditorio.
Accanto a questi due estremi non mancano, come detto, altre
teorie, tendenti a conciliare le posizioni o meglio a superare la
distinzione, partendo da un corretto inquadramento sia della
condotta debitoria che dell’interesse del creditore.
29
CASTRONOVO C., La nuova responsabilità civile, Milano, 1997, p. 361
15
Preliminarmente, sembra opportuno evidenziare che la
prestazione non può identificarsi con i beni e i servizi che il
debitore è tenuto a procurare al creditore in virtù dell’obbligo,
ma è qualcosa di diverso: “E’ un contegno funzionale
all’acquisizione al creditore dei beni e servizi”
30
. Sembra
corretto parlare di vero e proprio “programma” tra le parti: il
creditore ha interesse allo svolgimento di questo programma e la
sua attuazione costituisce l’adempimento dell’obbligazione.
31
E’
possibile quindi distinguere nell’adempimento, un profilo
soggettivo (quanto il debitore deve fare) ed un profilo oggettivo
(utilità che il creditore consegue mediante l’attività debitoria).
32
Essendo l’obbligazione strumento di soddisfacimento
dell’interesse creditorio, considerando che il rapporto
obbligatorio non può sorgere né sopravvivere se tale interesse
non sussiste, ad esso va riconosciuto il ruolo di criterio di
determinazione e valutazione della prestazione
33
. Non è
accettabile quindi che la prestazione si riduca al solo
comportamento del debitore, essendovi rapporti in cui è dovuto
un risultato, connesso o meno a questa attività. Né che la
prestazione si identifichi col risultato, poiché una “siffatta
30
CANNATA C. A., L’oggetto dell’obbligazione, in Tratt. dir. priv., IX, diretto da
Rescigno P., Torino, 1986, p. 35 ss.
31
CANNATA C. A., L’oggetto dell’obbligazione, cit., p. 36
32
CASTRONOVO C., Dell’adempimento delle obbligazioni, in Comm. cod. civ., diretto
da Cendon P., Libro IV, Delle Obbligazioni, art. 1173-1654, Torino, 1991, p. 17 ss.
33
BIANCA C. M., L’obbligazione, Diritto Civile IV, Milano, 1991, p. 41 ss.
16
modificazione del regime della responsabilità del debitore, non
appare giustificata dalla comune coscienza giuridica”
34
.
L’analisi del coordinamento tra gli artt. 1176 e 1218 c.c., va
condotta accedendo ad una nozione di prestazione intesa come
risultato dovuto mediante l’attività del debitore. In tale ambito si
pone l’attuale tendenza ad una rivalutazione della valenza
personalistica dell’obbligazione e ad una maggiore
considerazione del comportamento del debitore.
35
Nel giudizio
di responsabilità, poiché la distribuzione concreta dell’onere
probatorio dipende dal modo in cui si costruisce la prestazione
debitoria, è necessario una valutazione della diligenza
accompagnata dalla ricerca di circostanze oggettive
apprezzabili, che diano forma e sostanza al dovere di
adempimento.
34
GIORGIANNI M., L’inadempimento, Milano, 1970, p. 235; CIAN G., Antigiuridicità e
colpevolezza. Saggio per una teoria dell’illecito civile, Padova, 1966, p. 4 ss. per il quale
aderendo ad una tesi di responsabilità civile obiettivistica “si finirebbe per trasformare il
rapporto obbligatorio in un rapporto di garanzia, ponendo il nostro ordinamento
privatistico in una posizione di netto contrasto con la tendenza generalmente diffusa nei
diritti appartenenti allo stesso ceppo e vigenti in paesi di civiltà economica analoga alla
nostra”.
35
PERULLI A., Il lavoro autonomo, cit., p. 298; RESCIGNO P., voce Obbligazioni
(diritto privato), in Enc. dir., XXIX, Milano, 1979, p. 190 ss.