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il processo di realizzazione di questo elaborato, dovrei parlare subito
della Seconda parte perché rappresenta il primo prodotto del processo
di riflessione che ha permesso di attivarmi nell’ambito del contesto
formativo.
In questi capitoli descrivo il primo impatto con il contesto di tirocinio,
le difficoltà incontrate, le emozioni da esse suscitate; vi è una
descrizione della struttura presso cui ho svolto il tirocinio, la comunità
terapeutico riabilitativa “La Grande Montagna”, con particolare
riferimento a come è organizzata, a quale approccio metodologico viene
utilizzato, a quali sono le attività tipiche che si svolgono giornalmente.
Si tratta di una delle comunità facenti parte del consorzio di cooperative
sociali Gnosis, una comunità di tipo A, che offre servizi di tipo socio-
sanitari ed educativi, è una struttura residenziale finalizzata alla cura di
utenza psichiatrica. Lo stare all’interno della comunità rappresenta un
momento del progetto terapeutico di ciascun paziente. In questa fase
vengono privilegiati come strumenti terapeutici non solo il trattamento
farmacologico, ma soprattutto la dimensione relazionale ed
interpersonale e la funzione del gruppo come momento di ritrovo,
confronto e crescita, avendo come obiettivo quello di aumentare i livelli
di autonomia e autogestione dei pazienti in vista di un futuro al di fuori
della comunità.
La comunità utilizza come metodologia un intervento integrato
multifattoriale (terapia, cura, riabilitazione), un tipo di intervento che
tiene conto delle diverse cause che possono scatenare la patologia.
L’adozione di una metodologia multidisciplinare, basata su un modello
di riferimento psicodinamico, permette di affrontare il disagio psichico
come un sistema complesso all’interno del quale interagiscono diversi
sottosistemi. Pertanto si tratta di un modello di intervento che vede
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l’interazione di diverse figure professionali quali lo psicoterapeuta, lo
psichiatra, il medico di base, gli operatori di comunità che in questo
caso specifico sono psicologi clinici. Segue una parte dedicata agli
utenti e agli operatori di comunità e riflessioni riguardo il mio rapporto
con loro e una descrizione delle mie specifiche funzioni all’interno del
contesto comunitario.
In questa parte, inoltre, ricordo un evento particolare accaduto nel
semestre di tirocinio, il trasloco, visto come evento critico, momento di
transizione e fonte di disagio per gli utenti della comunità e parlo degli
incontri mensili tra tirocinanti delle varie strutture del consorzio
supervisionati dalla responsabile degli inserimenti Gnosis, intesi come
momento di rielaborazione, confronto e riflessione dell’esperienza di
tirocinio.
La Seconda parte dell’elaborato si conclude con una descrizione
dell’ultimo giorno di tirocinio svolto in comunità.
Come detto in precedenza, la Seconda parte del resoconto è la prima
parte dell’elaborato che ho scritto e, pertanto, rispecchia lo stile
narrativo del tipo di prodotto che in quel momento avevo in mente: una
descrizione dettagliata, quasi stile diario, dei fatti accaduti corredata dei
vissuti emozionali sperimentati, senza, tuttavia, che ciò fosse supportato
da categorie di pensiero o modelli teorici in base ai quali riflettere e
analizzare l’esperienza svolta.
L’acquisizione e l’utilizzo di categorie, in particolare di quelle tipiche
del Modello di Analisi della Domanda, è rintracciabile nella Premessa e
nella Prima parte del resoconto in cui, dopo una breve digressione sul
modello “3+2” introdotto dalla riforma universitaria, descrivo le
difficoltà incontrate nella resocontazione dell’esperienza di tirocinio e i
motivi principali da cui esse sono dipese. Descrivo inoltre
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l’approfondimento teorico dello strumento resoconto, necessario a
superare gli ostacoli iniziali e a sviluppare la competenza a un suo uso
funzionale agli obiettivi formativi e del mandato. Descrivo i
cambiamenti avvenuti in seguito a tale approfondimento, il confronto
dovuto con la dimensione privata del resoconto e la necessità di
prendere coscienza di certe emozioni, per uscire dalla situazione di
blocco e improduttività incontrata.
Parlo, inoltre, delle difficoltà incontrate nella ricerca del tirocinio e
della mia formazione: ho preferito prestare attenzione alle idee che ne
avevo all’inizio dell’esperienza di tirocinio, per metterle in discussione
grazie a un maggiore contatto con la realtà del contesto di tirocinio. A
questo proposito faccio un confronto tra l’idea di una formazione “data”
e la possibilità di una formazione “costruita” attraverso una
partecipazione intenzionale e ragionata alle attività formative e affronto
la necessità di analizzare le emozioni provate per passare a una
formazione “costruita”.
Per comprendere e descrivere, invece, la dinamica affettiva proposta da
me nel rapporto con l’istituzione, mi sono avvalsa del triangolo ICfO
(Carli, R. 1999), usato per analizzare la relazione tra l’Individuo, il
Contesto formativo e l’Organizzazione.
Nelle Conclusioni, utilizzando le categorie del Modello di Analisi della
Domanda, rifletto sul mio “essere” all’interno del contesto comunitario
e sulle neoemozioni che mi hanno accompagnata in questo semestre.
Evidenzio le competenze acquisite e gli obiettivi raggiunti. Per far sì
che l’elaborato non appaia formato da due parti distinte e differenti tra
loro per contenuti e stile narrativo, cerco di rintracciare un comune
denominatore menzionando nuovamente il triangolo ICfO (Carli, R.
1999). Cerco di evidenziare il processo che ha visto un momento
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iniziale in cui c’ero Io tirocinante e la mia relazione con
l’Organizzazione vista come oggetto di una formazione intesa come
attività educativa allo stare entro l’organizzazione stessa (Carli, R.
1999). L’incoerenza maggiore di questa prima fase è stato il non aver
considerato il contesto relazionale entro il quale stava avvenendo la
formazione.
Sono ancora inserita in questa dinamica processuale, tuttavia, poiché
mi sono riconosciuta come “psicologa in formazione” sto iniziando a
spostarmi in quella zona del triangolo denominata contesto formativo
(Cf). Il mio problema iniziale è stato infatti quello di stare in un
contesto, ma non comprendere di che contesto si trattasse e pertanto di
“vederlo” come un “luogo” come tanti altri, ora, anche grazie alla
stesura di questo resoconto e alle riflessioni a cui essa ha dato spazio,
ho compreso che l’obiettivo principale è quello di riconoscere il
contesto di tirocinio come formativo, di pormi come committente del
mio percorso formativo e di sviluppare la competenza a stare in un
contesto oltre che la capacità di saper chiedere per inserirsi attivamente
in quel contesto e per imparare a saper riconoscere i tempi
dell’istituzione in modo da armonizzarli con i tempi della propria
formazione.
Nella parte conclusiva utilizzo una tabella riassuntiva dei diversi modi
di simbolizzare le relazioni sociali e il contesto che hanno identificato il
mio essere all’interno del contesto di tirocinio per evidenziare il
passaggio da un modo di simbolizzare la realtà e le relazioni sociali che
utilizzano le aree emozionali dell’affiliazione e del potere
(adempimenti, organizzazione data, funzione sostitutiva, mandato
sociale) ai modi emozionali tipici dell’area emozionale della
realizzazione, della riuscita e della relazione con il “terzo” (obiettivi,
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organizzazione costruita, funzione integrativa, committenza), (Carli, R.,
Paniccia, R. M. 2002).
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Premessa
Il modello “3+2” e il resoconto come prodotto formativo
L’Università italiana si trova al termine di un lungo processo di riforme,
iniziato alla fine degli anni ’80, che ne ha ridisegnato radicalmente
l’assetto complessivo.
Il processo di riforma si è chiuso con il Decreto 3 novembre 1999, n.
509 che ha conferito autonomia didattica ai singoli atenei fondando un
sistema di differenziazione dell’offerta formativa sul territorio
nazionale: in sostanza si è passati da un regime dei titoli di studio
formalmente uniforme sul territorio nazionale ad uno nel quale alle
singole università è stato demandato il potere e la responsabilità di
fissare gli obiettivi e i contenuti dei curricula didattici (nel rispetto di
caratteristiche minime comuni). E’ stato inoltre introdotto il sistema dei
crediti formativi (CFU), come strumento di misurazione della quantità
di lavoro di apprendimento richiesto allo studente; in sostanza i CFU
misurano il raggiungimento del traguardo formativo, a differenza dei
voti che misurano il profitto. I CFU sono del tutto indipendenti dal voto
conseguito e si acquisiscono con il superamento della prova, a
prescindere dal voto.
Le ragioni addotte dal Ministro per tale trasformazione radicale dei
modi dell’offerta formativa sono di tre ordini:
ξ aumentare l’efficienza del sistema universitario italiano;
ξ allineare il nostro sistema universitario a quello europeo;
ξ correlare in maniera più efficace i percorsi formativi con la
struttura dei saperi, delle competenze e delle professionalità
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richieste dal sistema socio-culturale e produttivo, nonché con le
linee evolutive e le nuove opportunità del mercato del lavoro.
La Riforma Universitaria, identificata comunemente con il “modello
3+2”, prevede due cicli consecutivi (Laurea e Laurea Specialistica). La
Laurea prevede una prova finale decisa da ogni Ateneo.
La Facoltà di Psicologia 1 dell’Università “La Sapienza” di Roma ha
decretato che la tesi per l’esame di laurea triennale è una breve
trattazione relativa a “un resoconto chiaro e teoricamente strutturato
della propria attività di tirocinio”.
Il tirocinio è un periodo di formazione obbligatorio per gli studenti
iscritti a tutti i nuovi corsi di laurea triennali attivati a partire dall’anno
accademico 2001-2002 e, per quanto riguarda il corso di laurea in
psicologia, ha le seguenti finalità:
ξ integrare le conoscenze teoriche con le conoscenze pratiche;
ξ apprendere procedure collegate a conoscenze psicologiche;
ξ iniziare la pratica professionale sotto supervisione;
ξ essere capaci di riflettere e discutere sulle attività proprie ed
altrui;
ξ iniziare a lavorare in uno specifico “setting” professionale con
altre persone.
Prima di iniziare il periodo di tirocinio, attraverso colloqui, la struttura
ospitante valuta il livello di competenze del futuro tirocinante, nel corso
dei sei mesi si effettua una valutazione in itinere attraverso incontri di
supervisione. Alla fine del processo formativo, come prodotto della
formazione acquisita o presunta tale, lo studente scrive il resoconto
della sua esperienza di tirocinio, una sorta di autovalutazione delle
competenze acquisite.