tori dell’economia mondiale”.
2
Un crollo da cui l’economia spezzina si sa-
rebbe ripresa solo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Gli anni Venti
Alla fine della Prima Guerra Mondiale l’economia spezzina fu dan-
neggiata dalla grave fase recessiva che colpì il Paese: la svalutazione della
lira, la concorrenza sempre più forte della produzione americana, le impor-
tazioni massicce rispetto alle esigue esportazioni, la caduta dei prezzi delle
materie prime, soprattutto acciaio, carbone e minerali ferrosi, la conse-
guente spinta inflazionistica furono le cause di un disastro economico pres-
soché totale.
“Il 1920 si profilò come l’anno critico dell’economia spezzina, dove
la curva dell’indice dei fallimenti raggiunse il suo punto più alto”.
3
Le industrie belliche e tutte le piccole e medie imprese di carattere
meccanico e navale, che erano sorte intorno ai maggiori stabilimenti citta-
dini e che avevano tratto enormi vantaggi dalla guerra, si rivolsero ad ope-
re di riconversione.
4
Alcune imprese si accostarono al settore edilizio (la
popolazione urbana, cresciuta a dismisura, a causa dell’ingente flusso im-
migratorio tra il 1914 ed il 1918, necessitava di alloggi), altre al settore
2
C. Musso, Il porto mercantile. Dalle origini al 1945, in S. Gamberini (a cura di), op. cit., p. 604.
Per una dettagliata ricostruzione dell’industrializzazione spezzina dalla seconda metà dell’Ottocento fino
alla Prima Guerra Mondiale si vedano: S. Alcara, La Camera del lavoro della Spezia dal 1901 al 1909,
Roma, Ediesse, 1993, pp. 52-56; G. Batta Rosa, Lo sviluppo industriale, in La Spezia e la sua provincia.
Monografia edita dalla Camera di Commercio, Industria e Agricoltura nel XL anniversario della sua isti-
tuzione, La Spezia, 1964, pp. 34-41; A. Bianchi, Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana,
Roma, Editori Riuniti, 1975, pp. 10-11 e 56-57; M. Parmeggiani, op. cit., p. 550-556.
3
G. Chioma (a cura di), La Spezia. 1923-1943, La Spezia, Edizioni del Tridente, 1987, p. XVI.
4
Cfr. G. Giacchero, Genova e Liguria nell’età contemporanea, Genova, Sagep Editrice, 1980, p. 559: in
tutta la regione ligure nel primo anno di guerra le imprese ausiliarie erano 56, nel secondo 128, nel terzo
187, nel quarto 200 per un totale di 145.942 lavoratori.
delle costruzioni navali mercantili (la flotta mercantile italiana era costitui-
ta da navi vecchie ed inefficienti).
I risultati positivi furono, però, pochi: chiusero molte fabbriche, che
non riuscivano a sostenere le imposizioni statali (oneri fiscali, imposte
straordinarie, avocazione dei profitti di guerra) ed i graduali assestamenti
salariali necessari per la sopravvivenza delle maestranze
5
: il 30 Maggio
1921 la società «Il vetro» di Sarzana spense i forni, mentre la Cerpelli, pri-
va di lavoro, rimase ferma per alcuni mesi.
La «Vickers-Terni», l’industria privata più importante nella città ligu-
re, specializzata nella produzione di armamenti di tutti i calibri, nel 1922,
improvvisamente, cessò di esistere come società autonoma, dato l’enorme
indebitamento accumulato tra il 1919 ed il 1921: la sede legale rimase a
Roma, mentre gli uffici commerciali ed amministrativi, prima confermati a
Terni, furono in un secondo tempo trasferiti a Genova. Scarsi risultati se-
guirono al nuovo indirizzo intrapreso dall’attività siderurgica, rivolta più
alla produzione civile (elettrica ed elettrochimica) che a quella bellica (mai
totalmente abbandonata): nel Settembre del 1922 lo stabilimento proclamò
la serrata.
6
I Perrone, fino ad allora unici controllori dell’Ansaldo, furono costret-
ti ad abbandonare la guida della società; lo stabilimento del Muggiano
5
Cfr. G. Fasoli, L’antifascismo spezzino dal 1922 al 1945, in Istituto Storico della Resistenza di La Spe-
zia «P. M. Beghi» (ISRSp), Antifascismo e Resistenza a La Spezia (1922-45), La Spezia, ISR, 1987, pp.
9-10.
6
Cfr. G. Cozzani, L’OTO Melara, in Comune di La Spezia, La Spezia. Rivista del Comune, 1991, n° 2, p.
29; G. Pagani, Lo sviluppo dell’industria bellica a La Spezia dalla costituzione della Società Anonima
degli Alti Forni Fonderie e Acciaierie di Terni (1884-1985), La Spezia, Unitech, 1991, p. 52.
venne ridimensionato a danno dei lavoratori, di cui molti furono licenziati,
altri retribuiti con salari enormemente decurtati.
Il porto mercantile, che durante la guerra aveva avuto un notevole in-
cremento di traffici (quasi un milione di tonnellate di merce all’anno), ri-
dusse l’attività: nel 1923 da qui transitò quasi lo stesso quantitativo di
merci che il porto aveva registrato nel 1913 (mezzo milione di tonnellate).
7
“Negli scali dell’Arsenale, dove ogni biennio veniva costruita una
dreadnought, dopo la Prima Guerra non venne più impostata una nave,
perché la costruzione fu affidata all’industria privata”.
8
Questa è la prova
sia della difficile situazione vissuta allora dal maggiore stabilimento citta-
dino, sia, all’inverso, della ripresa di altri impianti.
Tale ripresa fu più evidente ed investì l’intera industria nel 1923 e nel
quinquennio successivo, quando o si registrarono i risultati positivi conse-
guenti alla riconversione postbellica, o fu ripresa l’attività tradizionale,
quella di carattere militare.
A ciò contribuì anche la produzione di energia elettrica ad opera della
società che dal 1927 avrebbe acquisito il nome di Compagnia Imprese
Elettriche Liguri (CIELI): essa installò un elettrodotto da 60.000 volt, a cui
7
Cfr. C. Musso, op. cit., p. 604: la crisi che colpì il Porto mercantile non sortì particolare stupore, poiché
la struttura era di costruzione recente (ultimo decennio del secolo XIX). Il ritardo con cui la città venne
fornita di un porto mercantile fu causato da due motivi: la sua collocazione situata tra due porti molto svi-
luppati, Genova e Livorno, ostili alla nascita di un altro concorrente; ed il pessimo collegamento della
provincia spezzina con la pianura emiliana.
8
T. Del Chicca, La Spezia di ieri e di oggi, in Comune di La Spezia, La Spezia Rivista del Comune, 1953,
n° 2. Cfr. anche G. Galuppini, L’Arsenale di la Spezia nel centenario della sua inaugurazione, in Rivista
Marittima, Estratto dal fascicolo di Luglio-Agosto 1969, La Spezia, Stato Maggiore della Marina, 1969,
p. 69: «le ultime due unità costruite sugli scali dell’Arsenale furono la nave appoggio idrovolanti Miraglia
e la nave reale Savoia». La «Miraglia» fu varata il 20 Dicembre 1923, il «Savoia» il 1° Settembre dello
stesso anno.
ne sarebbe seguito un altro dello stesso potenziale nel 1938.
9
Si svilupparono la Vickers-Terni (nata nel 1910 da una fusione tra il
capitale straniero e il capitale italiano), la Ditta «A. Cerpelli & C.» (nata
nel 1913), il Cantiere Muggiano, le Officine Bargiacchi, le Officine Moto-
si.
Imponente fu l’avvio e lo sviluppo di un’industria tipicamente spezzi-
na, quella delle demolizioni navali, dove operarono la Società dei Cantieri
di Portovenere e la Società dei Cantieri Navali Santa Maria.
Fu favorita da considerevoli agevolazioni fiscali l’industria della ce-
ramica: la Società anonima Ceramica Ligure di Ponzano Magra, in cui la-
voravano 300 operai dediti alla produzione di materiale refrattario ed elet-
trico, la Società anonima Fornaci Italiane di Boschetti, in cui erano impie-
gati 100 operai, e la Società Fratelli Saudino di Sarzana, le cui lavorazioni,
quasi 4 milioni di pezzi all’anno prodotti da 120 operai, erano largamente
esportate all’estero.
La Ditta «Pirelli & C.» si specializzò nella fabbricazione di cavi sot-
tomarini, permettendo al Paese di emanciparsi dalle importazioni inglesi,
fino ad allora dominanti.
Nacquero in quel periodo numerosi stabilimenti specializzati in diver-
si settori: nel 1923 la SIO (Società Italiana Ossigeno); nel 1924 la Refratta-
ri Verzocchi, la Fabbrica derivato del Piombo e la Società Industria Freddo
per l’esercizio di celle frigorifere e la produzione di ghiaccio; nel 1925 la
SIRA (Società Italiana Refrattari) di Santo Stefano Magra, le Officine
9
Cfr. G. Batta Rosa, op. cit., p. 41.
Sgorbini, la Società Industrie Meccaniche Navali Spezzine, le Officine
Ferrari, queste ultime impegnate nell’attività edilizia, oltreché in quella
metallurgica e meccanica.
10
Tutto questo fiorire di imprese rese necessaria nel 1925 la costituzio-
ne dell’Ufficio Provinciale della Federazione Industriale Ligure, sorta a
Genova nel 1919, in seguito denominata Unione Industriale Fascista.
Il boom industriale spezzino diede, insomma, i suoi frutti nella secon-
da metà degli anni ’20, quando, cioè, anche le industrie locali beneficiaro-
no di ingenti finanziamenti provenienti dai prestiti americani
11
: “dal cen-
simento generale del 1927 risultano 3.206 esercizi industriali per un totale
di 29.326 addetti, mentre l’industria meccanica con 280 esercizi assomma
a ben 13.101 addetti. L’Arsenale con 7.500 addetti risulta l’industria più
importante”.
12
Il maggiore stabilimento cittadino fu adibito ai lavori di allestimento e
manutenzione periodica e straordinaria delle navi, alla costruzione, ripara-
zione e sostituzione delle molteplici attrezzature di bordo. Inoltre qui si
sceglievano e si collaudavano i materiali occorrenti per la Marina, si cu-
stodivano le navi in disarmo, si confezionavano munizioni e si attendeva
alla formazione ed all’aggiornamento professionale di personale civile e
militare. Perciò all’interno dell’Arsenale nacquero officine per le più sva-
riate lavorazioni, cioè quelle dei carpentieri in legno ed in ferro, dei con-
10
Ibid., p. 42. Cfr. U. Formentini - T. Valenti (a cura di), La Spezia e la sua provincia. Monografia edita
dalla Camera di Commercio e Industria, La Spezia, Arnaldo Forni Editore, 1992 (ristampa dell’edizione
1924), pp. 170-171, 193-194, 197-198.
11
Cfr. V. Castronovo, Storia economica d’Italia. Dall’Ottocento ai giorni nostri, Torino, Einaudi, 1995,
pp. 263-264.
12
M. Parmeggiani, op. cit., p. 557.
gegnatori, degli elettricisti, dei calderai, dei fonditori, degli ottici, dei ra-
diotelegrafici.
13
Proprio nel 1927 il Cantiere «Ansaldo San Giorgio» del Muggiano fu
rilevato dalla società «Odero-Terni», già proprietaria di altri cantieri, e fu
unito alle «Officine Meccaniche Vickers-Terni». Nel 1929, dopo la fusione
con i Cantieri Navali Orlando di Livorno, fu costituita la «Società per la
Costruzione di Navi, Macchine ed Artiglierie» Odero-Terni-Orlando, ossia
OTO, con sede legale a Genova: fu promotore dell’accorpamento Arturo
Bocciardo. L’OTO comprendeva un Cantiere a Genova Sestri Ponente, un
Cantiere a Livorno, il Cantiere del Muggiano e lo Stabilimento Artiglierie
a La Spezia. L’OTO continuò ad operare come società privata fino al 1933:
in quell’anno, insieme con altre società, costituì il primo nucleo dell’IRI
(Istituto per la Ricostruzione Industriale), passando dunque sotto il con-
trollo diretto dello Stato.
14
Lo stabilimento di Melara si dedicò in modo particolare alla “costru-
zione di macchine navali sia alternative sia a turbina e di materiale ferro-
viario rappresentato soprattutto da locomotori elettrici trifase Gruppi
E.550, E.551, E.552”
15
: seppur abbandonata la produzione di artiglierie, la
Terni si avvicinò all’industria aerea, progettando con la Marchetti un pro-
totipo di biplano da caccia.
13
Cfr. B. Pietra, La base navale, in La Spezia e la sua provincia, cit., p. 61.
14
Cfr. G. Cozzani, op. cit., p. 29; L. Mor, Il Cantiere Navale del Muggiano, in Comune di La Spezia, La
Spezia. Rivista del Comune, 1990, n° 3, pp. 43-44.
15
G. Cozzani, op. cit., p. 30.
Al Cantiere Muggiano, “passato il primo momento di stasi, furono
riprese le costruzioni militari culminate, per quanto riguarda le navi di
superficie, negli incrociatori «Zara» di 10.600 tonnellate, «Diaz» e «Duca
degli Abruzzi» entrambi di 7.000 tonnellate”.
16
Qui furono prodotti anche
sommergibili, nella cui costruzione il Muggiano divenne uno degli impian-
ti più specializzati in Italia: “verso la fine degli anni Venti il Cantiere di
Muggiano impiegò mediamente una forza lavoro di 2 mila unità, ed ebbe
una produzione media annua di circa 4 mila tonnellate di naviglio milita-
re”.
17
Per la marina mercantile il Muggiano produsse ancora navi da carico
di alto tonnellaggio, piroscafi, motocisterne, motonavi.
Un altro cantiere che allora si distinse per quantità e qualità di produ-
zione fu il «Miglietta», divenuto poi Cantieri Navali della Spezia. Sorto nel
1919 lo stabilimento occupò 1.500 operai e si contraddistinse nella lavora-
zione di navi di ogni tipo e dimensione per una lunghezza fino a 130 metri,
nelle riparazioni e ricostruzioni di imbarcazioni di qualunque mole, nella
produzione di travature metalliche, tettoie, ponti, serbatoi metallici per ac-
qua e nafta.
18
La «A. Cerpelli & C.», che continuò a chiamarsi così fino al 1933, os-
sia fin quando restò in mano al capitale privato, produsse pompe, compres-
sori, macchinari per oleodotti, impianti di cracking, altri ausiliari fonda-
16
L. Mor, op. cit., p. 44. Cfr. G. Batta Rosa, op. cit., p. 41.
17
G. Pagani, op. cit., p. 59. Cfr. B. Tofoni (a cura di), Documenti, in La Spezia e la sua provincia, cit., p.
320.
18
Cfr. U. Formentini - T. Valenti, op. cit., pp. 167-168.
mentali per le costruzioni navali: diventò in tal modo la prima casa produt-
trice italiana di macchinario ausiliario, settore fino a quel momento salda-
mente in mano alle case estere. Collaborò al completamento della «Rex»,
che avrebbe conquistato il «Nastro Azzurro» quale nave più veloce, e lavo-
rò ad una serie di motonavi e transatlantici. Fu attivamente impegnata an-
che nelle lavorazioni in campo terrestre: produsse acquedotti ed impianti di
ventilazione, nonché una fornitura completa di oleodotti per l’URSS.
19
Le Officine Patrone costruivano attrezzature per fini sia civili (mac-
chinari per pastifici ed oleifici, pompe e motori elettrici), sia militari
(proiettili in ghisa richiesti dalla Marina Militare): a quest’ultima attività,
che prima e durante la Prima Guerra Mondiale era la principale, lo stabili-
mento tornò dopo la lunga pausa imposta dalla riconversione postbellica.
20
La Fonderia Pertusola, in cui erano occupati circa 300 operai, si se-
gnalò nella lavorazione dello zinco, minerale fino ad allora massicciamente
importato dall’estero, grazie all’installazione di uno speciale laminatoio, il
primo del genere in Italia. Lo stabilimento ebbe una capacità di produzione
di minerale pari alle 30-35.000 tonnellate all’anno.
21
Lo Jutificio, allora occupato da 1.000 operai, specialmente donne,
produsse filati, tele e sacchi di juta esportati in tutto il mondo, per una mo-
le di lavoro tale che fu necessaria l’installazione di un altro stabilimento
simile nella vicina Aulla.
22
19
Cfr. A. Sammartano, La Termomeccanica Italiana, in Comune di La Spezia, La Spezia. Rivista del Co-
mune, 1991, n° 1, p. 35; B. Tofoni (a cura di), op. cit., p. 309.
20
Ibid., pp. 331-332.
21
Ibid., p. 336.
22
Cfr. U. Formentini - T. Valenti, op. cit., pp. 196-197.
Nel 1929 assunse grande rilievo per l’economia locale l’attività della
raffineria della Società nafta, poi Shell: “la sua apertura significa la realtà
di un mercato petrolifero italiano orientato verso la produzione «in loco»
dei prodotti finiti necessari al fabbisogno nazionale con conseguente pro-
gressiva riduzione delle importazioni”.
23
Dal 1927 crebbe considerevolmente il numero degli imbarchi portua-
li: tuttavia, il traffico in arrivo continuava ad essere costituito da materie
prime.
24
Da quanto detto, comunque, emerge chiaramente il fatto che le indu-
strie spezzine necessitavano delle commesse statali o delle ordinazioni pri-
vate sovvenzionate dallo Stato, l’unico in grado di garantire con le sue ri-
chieste i livelli di produzione ed occupazione.
25
L’industria spezzina negli anni Trenta e durante la Seconda
Guerra Mondiale
“Gli anni fra il 1929 e il 1933 sono anni decisivi e storici per
l’industria: il primo, caratterizzato sul piano nazionale, dalla crisi eco-
nomica e il secondo dalla creazione dell’IRI, destinato a raccogliere sotto
la sua protezione le maggiori industrie colpite dalla crisi”
26
: tra queste
l’OTO Melara, il Cantiere Muggiano e la Cerpelli.
23
B. Tofoni (a cura di), op. cit., p. 321. Cfr. anche F. Azzolini, La raffineria alla Spezia: tra storia e
prospettiva, in Comune di La Spezia, La Spezia. Rivista del Comune, 1990, n° 1.
24
Cfr. C. Musso, op. cit., p. 605.
25
Cfr. F. Barba, Classe operaia e fascismo a La Spezia. 1926-1934”, Estratto da “Annali” della Fonda-
zione Giangiacomo Feltrinelli 1979-1980, Milano, Feltrinelli, 1980, pp. 648-649.
26
M. Parmeggiani, op. cit., p. 558.
Si può affermare che La Spezia degli anni Trenta aveva definitiva-
mente lasciato alle spalle la crisi economica conseguente alla fine della
guerra e si era avviata a vivere un periodo di grande sviluppo, interrotto
bruscamente dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e dall’entrata
dell’Italia nel conflitto, due momenti che corrisposero all’inizio della fase
economica regressiva della città.
27
La crisi economica del 1929 ebbe profonde ripercussioni
sull’economia locale tra il 1931 ed il 1932: le 3.124 ditte denunciate nel
1927 scesero a 2.116 nel 1934: con esse aumentò il numero dei disoccupa-
ti.
La ripresa degli anni ’30 non fu totale, bensì determinata da scelte po-
litiche: al contrario delle edili e delle petrolchimiche persero valore ed im-
portanza le imprese navalmeccaniche, che passarono dalle 277 del 1927 al-
le 190 del 1934. Sebbene il numero delle industrie chimiche fosse diminui-
to dalle 252 del 1927 alle 46 del 1934, la Montecatini riuscì a soddisfare la
richiesta di fertilizzanti necessari al settore agricolo, fornendo il 65% della
produzione italiana di concimi fosfatici, grazie al controllo che essa dete-
neva su ben 44 società.
28
Alla Fonderia Pertusola, nel 1933, il lavoro fu sospeso fino al mese di
Agosto per l’impossibilità di reperire materie prime. Nel mese di Maggio
la direzione della Cerpelli fermò i reparti per la mancanza di commesse.
27
Per una sintesi sullo sviluppo commerciale spezzino negli anni ’30 si veda B: Bernabò - P. G. Scardigli,
Le istituzioni commerciali, in S. Gamberini, op. cit., pp. 532-533.
28
Cfr. V. Castronovo, op. cit., p. 274.
Altre fabbriche sopravvissero solo perché incorporate ad altre: lo Juti-
ficio fu assorbito dalla Montecatini e ridimensionato a causa sia della pre-
senza dello Jutificio di Aulla, sia della crisi che gravò sull’intero settore
tessile.
29
Al Muggiano la maggior parte dei macchinari installati proveniva da
altre fabbriche del gruppo OTO, soprattutto dal cantiere della Foce di Ge-
nova, che era stato costretto alla chiusura nel 1929, a causa sia dei precari
collegamenti ferroviari regionali, sia dell’espansione della città, sia della
crisi economica che aveva reso insopportabili i costi di gestione.
30
Le difficoltà incontrate dalla Terni trovarono riscontro nel fatto che le
sue azioni nel 1932 “avevano toccato quotazioni minime di 105 rispetto
alla media di 492 nel 1926”.
31
Malgrado gli aspetti negativi la ripresa economica fu imponente verso
la metà degli anni ’30: le industrie belliche tornarono a produrre a livelli
massicci proprio perché favorite dalla dinamica della politica internaziona-
le (guerra di Abissinia, guerra di Spagna).
Nello stabilimento di Melara, fornito di strutture maggiormente am-
pliate e di ultimi ritrovati tecnologici, si verificò un’immediata e costante
ripresa della produzione, a tal punto che nel 1942 la forza lavoro ivi im-
piegata raggiunse le 10.000 unità: furono realizzati cannoni di diverso ca-
libro per corazzate nuove o rimodernate, adatti alla battaglia antiaerea,
cannoni per basi terrestri, artiglieria di diverso calibro (mitragliere e bom-
29
Cfr. F. Barba, op. cit., pp. 650-651; T. Del Chicca, op. cit., p. 4.
30
Cfr. G. Giacchero, op. cit., p. 666.
31
Ibid., p. 673.
be), carri armati. Non vennero comunque abbandonate le costruzioni di ca-
rattere civile, quali locomotive a vapore.
32
Parimenti “i cantieri furono tenuti in piedi quasi esclusivamente dal
programma di riarmo navale con l’integrazione di qualche nave di presti-
gio. La marina mercantile [...] fu presente soltanto con qualche rara ed i-
solata commessa”
33
, rappresentata dalla richiesta di navi di considerevole
tonnellaggio.
Il Cantiere Muggiano divenne un grande stabilimento con una forza
lavoro di circa 4.000 operai e 400 impiegati. Sottoposto a lavori di am-
pliamento e di ammodernamento, esso occupava un’area di circa 295.000
mq, di cui 60.000 coperti da tettoie in ferro o cemento armato: era dotato di
otto scali, grazie ai quali allestì scafi di lunghezza pari a 220 metri (pen-
siamo al sommergibile «Ascianghi», che, costruito nel 1937, si sarebbe di-
stinto in numerose battaglie nel corso della Seconda Guerra Mondiale), di
impianti di zincatura e di nichelatura, di diverse stazioni di saldatura elet-
trica ed ossiacetilenica, il cui ossigeno veniva prodotto mediante un appo-
sito impianto.
Grazie a tale imponente struttura tra il 1938 ed il 1943 il Cantiere pro-
dusse 20 battelli, di cui, dopo l’8 Settembre 1943, molti caddero nelle mani
dei tedeschi, altri furono affondati nel golfo per ostruire l’ingresso al por-
to.
34
32
Cfr. G. Cozzani, op. cit., p. 31.
33
G. Giacchero, op. cit., p. 667.
34
Cfr. L. Mor, op. cit., p. 44; B. Tofoni, op. cit., p. 319.
Nel 1934 anche la «A. Cerpelli & C.» passava sotto l’IRI, divenendo,
da quel momento, una società con capitale pubblico: fu chiamata Termo-
meccanica Italiana ed entrò nel gruppo Odero-Terni-Orlando, di cui avreb-
be fatto parte fino al 1949. Fino al 1939 lo stabilimento fu impegnato in
lavorazioni sia marittime sia terrestri: da una parte fornì attrezzature per le
corazzate classe «Vittorio Veneto» e «Andrea Doria», per sommergibili e
per molte navi mercantili non solo italiane, ma anche straniere; dall’altra
progettò e realizzò l’impianto di pompaggio della nafta ad Assab. Nel 1940
istituiva, fra le prime in Italia, la propria scuola aziendale per la formazio-
ne professionale delle giovani maestranze.
35
Contemporaneamente in alcune officine minori, tra cui la Refrattari
Verzocchi e le Officine Bargiacchi, l’attività continuò a crescere, grazie al-
le commesse sia dirette dello Stato, sia indirette degli stabilimenti principa-
li: alle Bargiacchi furono inventati congegni illuminanti per il puntamento
dei mezzi di artiglieria e catapulte ad aria compressa per il lancio di idro-
volanti.
36
Il fermento produttivo di questo periodo fu sostenuto da considerevoli
miglioramenti nei sistemi di comunicazione prima di tutto a livello strada-
le. Le linee ferroviarie Genova-La Spezia-Livorno e La Spezia-Parma ven-
nero elettrificate, mentre a Migliarina nacque un nuovo scalo merci. Con-
temporaneamente al Porto furono installati nuovi e più moderni macchina-
ri, tra cui gru ed argani elettrici, e fu costruito il Molo Italia, che era la
35
Cfr. A. Sammartano, op. cit., p. 35.
36
Cfr. T. Del Chicca, op. cit., p. 4; G. Pagani, op. cit., p. 147.
banchina portuale più grande grazie ai suoi 370 metri di lunghezza: nel
1938 e nel 1939 il movimento annuo tra sbarco ed imbarco raggiunse la ci-
fra record, fino ad allora mai raggiunta, di un milione e 100.000 tonnella-
te.
37
“Allo scoppio del secondo conflitto mondiale, l’industria spezzina era
in pieno fervore di attività ed il suo settore metalmeccanico venne chiama-
to ancora una volta a compiere sforzi eccezionali per far fronte alle neces-
sità della guerra”.
38
L’Arsenale fu munito di trincee, paraschegge, rifugi in cemento arma-
to e gallerie scavate nei monti circostanti allo scopo di garantire la produ-
zione e di mettere al sicuro le maestranze durante i bombardamenti aerei.
39
Soprattutto con l’8 Settembre 1943 la situazione per l’industria di-
venne drammatica: i tedeschi s’impossessarono della produzione, le com-
messe si assottigliarono, il mercato si frantumò, le materie prime scarseg-
giarono. I livelli produttivi continuarono a scendere paurosamente di anno
in anno per diversi motivi: lo smantellamento degli impianti ed il trasferi-
mento di macchine e manodopera effettuati dai tedeschi, le azioni di sabo-
taggio attuate dalle maestranze, i continui bombardamenti alleati su La
Spezia.
Da quel momento fino alla fine delle ostilità gli stabilimenti spezzini
lavorarono per la RSI e per le navi tedesche necessitanti di riparazioni, ma
a ritmo e con personale ridotti.
37
Cfr. G. Giacchero, op. cit., p. 703.
38
G. Batta Rosa, op. cit., pp. 42-43.
39
Cfr. B. Pietra, op. cit., p. 61.