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Introduzione
Il fine del mio scritto è rivolto a metter in risalto la figura di Mazzini in tutti i suoi
aspetti, non limitandomi ad un semplice elogio, ma analizzandone criticamente tutte le
sfumature.
Il pensatore rivoluzionario con il suo scrivere ragionato e mai domo, è riuscito
nell’epoca del Risorgimento a mantenere sempre alta l’attenzione per l’indipendenza
italiana dallo straniero che non fosse, però, scissa dall’unità, fondamentalmente
necessaria per non porre le basi di un federalismo avvilente. Avendo analizzato ed
approfondito la Repubblica Romana, ho cercato di mettere in risalto il più possibile
Mazzini sotto l’aspetto pratico e non solamente del pensiero che più lo
contraddistingue. La scelta della Repubblica Romana e della Comune di Parigi è stata
di grande aiuto per poter meglio definire i due binari del cammino del patriota, più
pratico nell’esperienza della Repubblica, più teorico riguardo la Comune, dove fu
semplice spettatore esterno degli eventi.
Ho avuto modo, attraverso i suoi scritti, di poter meglio comprendere tutte le
sue sfumature ideologiche e di poter capire più a fondo la sua sincerità, poiché costante
e pura appare la sua volontà di fare grande l’Italia. Mazzini a mio avviso, ha solamente
voluto accelerare i tempi dell’indipendenza italiana, non mantenendo sempre quel
grado di lucidità necessario per allestire operazioni militari di un certo spessore. Se la
sua brama di una grande Italia a livello teorico si è palesata condivisibile, non
altrettanto condivisibile o d’impatto sono stati i suoi tentativi pratici, palesando grandi
limiti di organizzazione.
Proprio i fallimenti pratici saranno fonte di critiche e di momenti di difficoltà,
quali la «tempesta del dubbio», che solo un misticismo consolidato, ha permesso a
Mazzini di tornare più forte di prima. C’era la convinzione che i dolori del presente,
seppur indicibili, fossero comunque necessari per un bene superiore. Questo bene era la
liberazione dell’Italia e questo bene non poteva provenire di certo dalla monarchia.
Proprio in quest’ottica si deve intendere il repubblicanesimo di Mazzini, volto a
definire la Repubblica, nella quale può coesistere la democrazia, la sola in grado di
poter dare inizio al riscatto nazionale, in contrapposizione alla stasi della monarchia.
4
Un riscatto possibile se generato solamente dal popolo, forza legittima se prettamente
nazionale, poiché solo gli abitanti di una determinata terra, hanno interessi veramente
spontanei nel liberare e difendere quella terra. Il contrasto con la monarchia è dettato
dal fatto di vederla come un freno al progresso e allo sviluppo del paese, ma soprattutto
nel considerarla, non a torto, serva della Francia imperiale. Quando parlavo del forte
patriottismo italiano di Mazzini, lo si deve inquadrare soprattutto in questa sfumatura,
ovvero che l’Italia si dovrà costituire come tale, solo con le forze nazionali.
In conclusione, spero, con il presente scritto, di aver presentato Mazzini nel
modo più completo possibile, cercando di mettere in risalto tutti gli aspetti che lo hanno
introdotto di diritto, nella storia italiana.
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1. MAZZINI
1.1 Mazzini e riferimenti storici
«Mazzini fu lo spirito più alto che dominò l’epoca pressoché miracolosa del nostro
risorgimento nazionale»
1
. Questo è uno dei tanti pensieri che meglio racchiudono la
stima e la riconoscenza verso una personalità così importante e rilevante per la storia
italiana, come Giuseppe Mazzini. Mazzini nacque a Genova il 22 giugno 1805 e
proprio Genova e quindi l’esperienza della Repubblica Ligure, influenzarono
notevolmente quella che sarà l’ideologia dominante in Mazzini. La Repubblica Ligure,
costituita nel 1797, prima fu annessa nel giugno del 1805 all’Impero francese,
successivamente fu annessa al Regno di Sardegna nel 1814, durante il Congresso di
Vienna, dopo la caduta di Napoleone Bonaparte. Proprio l’esperienza repubblicana
influenzò la formazione di Mazzini, poiché sia il padre, Giacomo Mazzini e sia molte
delle persone che frequentavano la famiglia Mazzini, avevano ricoperto funzioni
pubbliche al tempo della Repubblica Ligure. Negli anni della Repubblica Ligure l’idea
dell’unità italiana era stata caldeggiata da vari giornali genovesi.
2
Appare evidente
come l’origine della sua ideologia, repubblicana ed unitaria, possa ritrovarsi in parte
nella sua terra natia. La madre, Maria Drago, ebbe notevole influenza sul figlio dal
punto di vista morale e religioso, instillando in lui un certo rigorismo etico che non
abbandonò mai nel corso della sua vita. La centralità di Dio come colui che concede la
grazia, senza la quale l’uomo non può volere e fare altro che male, come colui che
redime da ogni peccato, sono la diretta influenza di stampo giansenista che la madre
1
Bonomi I., Giuseppe Mazzini e la Repubblica Romana, Roma, Comitato Nazionale per le Onoranze a
Giuseppe Mazzini, 1949, p. 23
2
Belardelli G., Mazzini, Bologna, il Mulino, 2010, p. 11
6
prima e Mazzini poi hanno perseguito per tutta la vita.
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Non si può di certo capire al
meglio la figura di Mazzini senza prima contestualizzare il contesto storico nel quale è
vissuto. Un ordine dei fatti lo si può far partire dal Congresso di Vienna, i cui esiti,
saranno la genesi di tutto il Risorgimento italiano. Con la sconfitta di Napoleone a
Waterloo nel giugno del 1815, si chiudeva definitivamente la lunga stagione delle
guerre che avevano contrapposto la Francia rivoluzionaria e napoleonica alla vecchia
Europa delle dinastie. Cominciava l’età della Restaurazione, ossia della ricostruzione
del vecchio ordine europeo.
4
Quindi in particolar modo della restaurazione dei sovrani
spodestati e degli ordinamenti prerivoluzionari. Tuttavia il problema più grande in
relazione alla volontà di un’intransigente restaurazione, era il fatto che sul piano pratico
fosse sostanzialmente irrealizzabile, poiché troppi erano stati i mutamenti avvenuti
nella società e troppa quotidianità avevano raggiunto le ideologie rivoluzionarie, per
poter essere cancellate o dimenticate così semplicemente. La conseguenza fu che in
molti Stati, per tali ragioni, dettate anche da una certa logicità di base, i negoziati si
conclusero con un compromesso tra antico e nuovo ordinamento, in un tentativo, non
sempre riuscito, di adattare le vecchie strutture a una realtà sociale mutata.
5
Queste
erano quindi le premesse e le difficoltà che nel Congresso di Vienna si dovevano
rispettare e soprattutto non dimenticare. Il congresso di Vienna, cominciò ufficialmente
il 1º novembre 1814 e si concluse il 9 giugno 1815, quindi poco prima della battaglia di
Waterloo. Il congresso di Vienna viene definito come il più importante e affollato
consesso di sovrani e governanti che mai si fosse visto in Europa
6
. Parteciparono
numerose delegazioni in rappresentanza di quasi tutti gli Stati d’Europa, ma come in
ogni riunione che si possa definire “universale”, le decisioni furono prese da pochi ed
in particolar modo, dalle quattro maggiori potenze vincitrici, quindi Austria, Russia,
Prussia e Regno Unito. Grazie alla notevole abilità di Talleyrand, anche la Francia
sconfitta, riuscì ad inserirsi nei dibattiti interni al congresso. Talleyrand, definito “lo
stregone della diplomazia” fu un uomo di notevole opportunismo, poiché era stato sia
collaboratore di Napoleone, sia il principale artefice del passaggio dei poteri
dall’imperatore a Luigi XVIII, che vescovo sotto l’ancien règime e riuscì, sfruttando i
3
Voce giansenismo in enciclopedia Treccani, p. 285
4
Sabbatucci G., Storia contemporanea, Bari, Laterza, 2012, p. 100
5
Ivi, p. 101
6
Ivi, p. 103
7
contrasti tra i vincitori, a far valere il principio di legittimità, il principio secondo il
quale dovevano essere innanzitutto restaurati i diritti legittimi violati dalla rivoluzione e
quindi anche quelli dei Borboni di Francia.
7
Tale principio fu invocato dalla Francia nel
tentativo di difendere l’integrità territoriale del proprio paese e fu accettato dalle
potenze vincitrici, che preferivano fare della Francia un pilastro del futuro equilibrio
europeo, piuttosto che la base per nuove future rivoluzioni. Il legittimismo di cui
parliamo è quello dinastico, fondato quindi sul diritto divino dei sovrani, contrapposto
al legittimismo rivoluzionario, che invece vedeva nella volontà popolare l’unica
genuina fonte del potere.
8
Tutte le conseguenze successive agli esiti del congresso di
Vienna, furono dettate dal fatto che molte regioni o territori, passarono da uno Stato
all’altro, senza il minimo riguardo per i princìpi di nazionalità o per la volontà delle
popolazioni interessate. Tra i vari mutamenti territoriali avvenuti nel congresso e che a
noi interessano, sicuramente metteremo in risalto quelli dell’Impero Asburgico.
L’impero Asburgico si affermò sotto la guida di Metternich come il fulcro
dell’equilibrio continentale e uscì dal congresso più forte e compatto di prima.
Ridimensionato con la perdita del Belgio e del Lussemburgo, che con l’Olanda,
formarono il Regno dei Paesi Bassi, fu ricompensata con l’acquisto del Veneto che,
unito alla Lombardia, divenne il Regno Lombardo-Veneto. Inoltre le fu riconosciuto un
ruolo egemone su tutta la penisola italiana. L’Italia preunitaria fu riportata alla
situazione precedente alle guerre napoleoniche. Le novità principali furono, la
scomparsa delle antiche repubbliche di Genova (che toccò direttamente Mazzini),
Venezia e Lucca e un’egemonia diremo totale sull’Italia, ottenuta anche con legami
militari e dinastici con gli altri Stati della penisola. Alcuni esempi possono essere in
relazione al Ducato di Modena e Reggio che furono poste sotto il controllo di
Francesco IV d’Asburgo-Este, anche il Regno di Napoli, ricostituito sotto la dinastia
dei Borboni, fu legata all’Impero Asburgico con un trattato di alleanza militare. Lo
Stato pontificio acconsentì che rimanessero guarnigioni austriache a Ferrara e
Comacchio. L’unico fra gli Stati italiani che mantenne una certa autonomia fu il Regno
di Sardegna, ingranditosi, come detto prima, con l’acquisto di territori della Savoia e
della Liguria.
9
A partire dall’inizio degli anni ’20, l’ordine imposto all’Europa e al
7
Ivi, p. 104
8
ibidem
9
Ivi, p. 106
8
mondo dal congresso di Vienna fu seriamente minacciato da una successione di moti
insurrezionali tra loro collegati a livello internazionale. Come governi e regnanti erano
uniti dalla trama delle alleanze, così coloro che lottavano contro l’ordine costituito, per
l’affermazione degli ideali liberali, democratici e nazionali, facevano capo ad
organizzazioni clandestine.
10
Alcune di esse si ispiravano alla Massoneria ovvero la più
antica tra le società segrete. Sviluppatasi nel Medioevo come corporazione di mestiere,
divenne nel corso del ‘700 centrale nella diffusione di ideali laici ed illuministi.
Nell’età della Restaurazione, era collegata alla Massoneria una delle società segrete più
importanti, ovvero la Carboneria, la stessa nella quale Mazzini vi aderì nel 1827. I
carbonari riprendevano i loro simboli dagli strumenti di lavoro dei carbonai, come la
Massoneria con gli strumenti di lavoro degli scalpellini. Ci limiteremo a dire per ora,
che il loro fine era ispirato soprattutto da ideali di costituzionalismo e di liberalismo
moderato e che erano formati per lo più da studenti , intellettuali e militari.
Proprio i militari rappresentarono il nucleo più organizzato delle società segrete
e furono i soli chiaramente che disponendo di una forza armata, poterono minare la
stabilità dei vari regnanti. Prima di parlare dei moti del 1820-1821 dove furono
protagoniste le società segrete, vorrei sottolineare come questi moti, furono i primi che
determinarono l’inizio del Risorgimento italiano e quindi della risposta dei patrioti agli
esiti del congresso di Vienna. Il Risorgimento, da quanto emerge tra gli studiosi è di
difficile collocazione temporale, tuttavia alcuni lo fanno risalire a subito dopo il
congresso di Vienna fino al 1871, altri alle conquiste territoriali post prima guerra
mondiale, che posero fine al processo di unità italiana, così come noi oggi la
conosciamo. Il Risorgimento viene definito come un processo di graduale riscoperta e
di sempre più netta rivendicazione della proprio identità nazionale.
11
Tale processo, che
portò all’indipendenza dell’Italia avvenuta il 17 marzo 1861 fu definito Risorgimento,
poiché si voleva sottolineare il carattere di rinascita culturale e politica, di riscatto da
una condizione di schiavitù e di decadenza morale, di ritorno ad un passato glorioso.
Seppur uno Stato unitario l’Italia non lo aveva mai avuto (ad eccezion fatta nel periodo
romano, seppur all’interno di un’entità statale imperialistica), comunque l’idea di una
comunità linguistica, culturale e religiosa, esisteva almeno fin dall’epoca dei comuni.
10
Ivi, p. 110
11
Ivi, p. 126
9
Con la Restaurazione e quindi con una sempre più radicata egemonia austriaca, la
situazione dell’Italia peggiorò sensibilmente. I patrioti di conseguenza lottavano per far
coincidere ideali liberali e democratici con quelli della liberazione dal dominio dello
straniero. Tuttavia ancora non era fortemente radicata nei patrioti, l’idea di battersi per
l’indipendenza e l’unità italiana. Nei moti del 1820-21 la questione nazionale fu
sostanzialmente assente e le finalità erano più rivolte ad un mutamento politico
all’interno dei singoli Stati
12
. Anche nei moti che avvennero nel 1831, era assente una
visione unitaria. Con i fallimenti dei moti indicati, Mazzini trasse spunto per elaborare
il suo pensiero che si focalizzava proprio sulla rivendicazione dell’unità e
dell’indipendenza nazionale.
Attraverso una breve digressione, riporteremo i fatti avvenuti nei moti del 1820-
1821. Nell’estate del 1820, scoppiarono moti insurrezionali nel Regno delle due Sicilie,
che unì nel 1816 sotto un unico re, Ferdinando I, il precedente Regno di Napoli e di
Sicilia. Le motivazioni del moto rivoluzionario erano principalmente il malessere
economico, il malgoverno monarchico e la volontà di una costituzione liberale
sull’esempio della Spagna (seppur effimera data la forte ostilità del Re) nella quale si
costrinse Ferdinando VII a richiamare in vigore la costituzione liberale di Cadice del
1812. Ferdinando I fu costretto a concedere una costituzione dopo la rivolta verificatasi
a Nola il 1º luglio da parte dei carbonari, Morelli e Silvati. Poco dopo l’affermazione
del moto rivoluzionario a Napoli, anche Palermo aveva dato inizio ad una violenta
ribellione, nella quale alle masse popolari si aggiunse anche l’aristocrazia locale, delusa
dalla politica di accentramento della monarchia napoletana che aveva fatto perdere a
Palermo il rango di capitale
13
. Il governo di Napoli, rispose con l’invio in Sicilia di un
corpo di spedizione che pose fine alle richieste di indipendenza siciliana. Sulla scia di
queste rivoluzioni anche nel Lombardo-Veneto, con la formazione di una nuova
organizzazione, la Federazione italiana, che agiva in collegamento con la Carboneria e
mirava alla cacciata degli austriaci e alla formazione di un regno costituzionale
indipendente in Italia Settentrionale, ci fu l’insurrezione che fu subito stroncata dalla
scoperta di tale disegno politico con il conseguente arresto di Silvio Pellico e Pietro
Maroncelli.
14
In Piemonte il moto scoppiò nel 1821, quando alcuni reparti dell’esercito
12
Ivi, p. 127
13
Ivi, p. 114
14
Ivi, p. 113
10
si ammutinarono, inducendo il re Vittorio Emanuele I ad abdicare in favore del fratello
Carlo Felice (con un periodo di reggenza da parte di Carlo Alberto, nipote di Vittorio
Emanuele). Il rapido susseguirsi di tutti questi moti, preoccupò chiaramente l’Austria di
Metternich che chiese la convocazione di un congresso delle potenze europee, che si
tenne a Troppau, per richiedere un intervento armato nel Napoletano. Il 23 marzo 1821,
gli austriaci entrarono a Napoli e restaurarono il potere di Ferdinando I, che
successivamente mise in atto una dura repressione dei protagonisti della rivoluzione. I
moti del 1820-21 finivano quindi con l’intervento austriaco, che con la repressione e la
forza, garantirono la persistenza del loro status quo. Nel frattempo di Mazzini
sappiamo che partecipò ai tumulti studenteschi del marzo del 1821, dove, gli studenti,
armati di bastone andarono dal governatore di Genova per reclamare una costituzione
15
.
Tuttavia questo avvenimento è taciuto nelle famose Note Autobiografiche di Mazzini,
che ha sempre dichiarato di non voler fornire troppi particolari sulla sua biografia e che
è stato uno straordinario costruttore dell’immagine di sé da consegnare ai posteri.
16
Ancora possiamo sottolineare come esse non sempre siano state precise nel ricordo,
ovviamente dominate dalle preoccupazioni politiche di un uomo ancora impegnato
nell’azione, per il quale anche la rievocazione del passato era un modo di lottare nel
presente.
17
Il primo fatto riportato fu la richiesta da parte di un Federato dei falliti moti
piemontesi, di alcune monete, lì Mazzini scrisse che « l’idea che v’era un guasto nel
mio paese contro il quale bisognava lottare, l’idea che in quella lotta io avrei potuto
fare la mia parte, non mi balenò che in quel giorno per non lasciarmi mai più»
18
. Un
fatto che così descritto, aveva avuto sicuramente un impatto maggiore rispetto alla
partecipazione dei moti studenteschi, dove non si era manifestato il forte patriottismo di
Mazzini e il suo amor di patria, dimostrato anche dal fatto che proprio negli anni
universitari, prese a vestirsi di nero in segno di lutto per l’oppressione della sua patria.
Ritengo di aver riportato i fatti storici che meglio abbiano contestualizzato e
determinato gli spunti dai quali Mazzini trasse la base del suo pensiero che andremo ad
analizzare nel successivo capitolo.
15
Belardelli G., Mazzini, cit., p. 13
16
Ivi, p. 14
17
Garrone A., Mazzini e il mazzinianesimo, Città di Castello, Tiferno Grafica, 1974, p. 234
18
Belardelli G., Mazzini, cit., p. 15