III
che gestisce questi drammatici traffici. Secondo un calcolo del
National Intelligence Council, approvato dal direttore della CIA, ogni
anno affluiscono nelle casse della criminalità circa 7 milioni di
dollari, proventi dello sfruttamento sessuale o lavorativo delle
vittime
3
.
A finire in questa spirale sono cittadini provenienti da diversi Stati
(Slovenia, Albania, Bosnia, Cina, Croazia, Macedonia, Bangladesh,
Federazione Jugoslava, Romania, Nigeria, Moldavia e altri Paesi
ancora) : ‘nuovi schiavi’ che vengono introdotti con varie lusinghe
all’interno dei confini degli Stati economicamente più evoluti e lì
privati di ogni diritto.
L’esigenza di contrastare e reprimere questo fenomeno con
strumenti investigativi e sanzionatori adeguati era pertanto divenuto
indispensabile per il nostro Paese, anche per via degli impegni
assunti sul piano internazionale.
3
P.L. VIGNA, Presentazione in F. SPIEZIA – F. FREZZA – N.M. PACE, Il traffico
e lo sfruttamento di esseri umani, Milano, 2002, p. 159 ss.
IV
Facendo un rapido excursus ricordiamo la Convenzione di Ginevra
sulla abolizione della schiavitù del 25 settembre 1926, ratificata e
resa esecutiva in Italia con il R.D. 26 Aprile 1928 n. 1723; la
Convenzione supplementare di Ginevra sulla schiavitù del 7
settembre 1956, ratificata e resa esecutiva in Italia con la l. 20
dicembre 1957, n. 1304; la Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, adottata a Roma il 4
novembre 1950 che espressamente enuncia all’art. 4 il divieto di
schiavitù e del lavoro forzato, ratificata e resa esecutiva in Italia con
la l. 4 agosto 1955, n. 848; il Patto internazionale sui diritti civili e
politici adottato a New York il 16 dicembre1966, ratificato e reso
esecutivo in Italia con la l. 25 ottobre 1977, n. 881; più recentemente
lo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale firmato a Roma
il 17 luglio 1998, che tra i crimini contro l’umanità contempla
espressamente all’ art. 7 la riduzione in schiavitù, la schiavitù
sessuale e la prostituzione forzata, ratificato e reso esecutivo in Italia
con la l. 12 luglio 1999 n. 232. Da segnalare è ancora il d.p.r. 30
marzo 2001 con il quale è stato approvato il documento
V
programmatico per il triennio 2001-2003, relativo alla politica
dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato nonché la
Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale,
entrata in vigore il 29 settembre 2003, con i due protocolli sulla tratta
di persone, trafficking in human beings, e sul traffico di migranti,
smuggling of migrants, sottoscritti nella conferenza di Palermo del
12-15 dicembre 2000.
Infine nell’ambito della Unione Europea, il Piano Globale per la
lotta all’immigrazione clandestina e alla tratta di esseri umani del
2000 e la Decisione quadro del 19 luglio 2004 all’interno della quale
sono enunciati gli standards a cui i singoli ordinamenti internazionali
dovevano uniformarsi entro il 10 agosto 2004.
Questo è brevemente il quadro in cui l’innovativa legge 11 agosto
2003, n. 228 (Misure contro la tratta di persone) si viene a collocare.
Con questo lavoro si cercherà di valutare tra le altre cose l’ avvenuto
(o il mancato) rispetto dei principi dettati dalle fonti sopranazionali e
al tempo stesso la coerenza e le potenzialità dell’ordinamento
giuridico interno.
5
CAPITOLO I
INTERVENTI EUROPEI E INTERNAZIONALI IN MATERIA
DI TRATTA
SOMMARIO: 1.Cenni storici introduttivi 2.Interventi europei in materia di tratta
3.La tutela accordata alle vittime 4.La Decisione quadro sulla tratta di esseri umani
5.La Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata e suoi
Protocolli aggiuntivi 6.Piani globali di lotta alla tratta di esseri umani
1. Cenni storici introduttivi
Durante il corso della storia i fenomeni della schiavitù e della tratta
hanno rivestito un ruolo non marginale sul palcoscenico del diritto
internazionale ed europeo con alterne vicende: in passato nel
tentativo di trovare accordi tra le grandi potenze coloniali, spesso in
conflitto tra loro nel tentativo di aggiudicarsi il primato di questi
6
ricchi traffici; in tempi a noi più vicini, invece, nell’intento di mettere
per sempre fine a queste pratiche inumane.
Non è di certo questa la sede per addentrarsi nei sin troppo noti
crimini di cui si macchiò il colonialismo europeo in Africa e nelle
Americhe, ma penso che non risulterà fuori luogo ricordare
quell’antico passo del Digesto in cui ben viene sintetizzata l’anima
della condizione servile: “servile caput, nullum jus habet” (Dig.,
4,5,3,1).
Fu con il Congresso di Vienna del 1815, con il Trattato per
l’abolizione della tratta del 22 gennaio e la Dichiarazione dell’8
febbraio, che per la prima volta viene sancita la contrarietà della
tratta al diritto delle genti e alla morale internazionale
1
.
Ciò rappresentò uno stimolo per alcuni sovrani affinché
prevedessero il divieto di tratta e l’adozione di pene più severe.
Da lì un impegno sempre maggiore degli stati europei per la
repressione di questi crimini. Nel 1841 viene stipulato tra Gran
1
G. SPAGNOLO, voce Schiavitù (dir. pen.), in Enc. Dir. vol. XLI, Milano, 1989, p.
620 ss.
7
Bretagna, Austria, Francia, Russia e Prussia il Trattato di Londra,
che prevedeva la soppressione della tratta in Africa ed il diritto di
ogni parte contraente di giudicare i comandanti degli equipaggi delle
navi negriere.
Del 1885 è l’ Atto generale della Conferenza di Berlino che vietò la
tratta e le operazioni per mare e per terra dirette a consentire la stessa,
prevedendo anche il diritto di visita delle navi sospette.
E’ del 1890 la Convenzione antischiavista adottata dalla
Conferenza di Bruxelles , volta a vietare il commercio degli schiavi e
a garantire il reciproco diritto di visita sui mezzi navali per gli Stati
partecipanti (seppur col tragico risultato che nei casi in cui una nave
utilizzata per la tratta stesse per subire un’ispezione il capitano
provvedeva a far gettare in mare il ‘carico umano’ al fine di non
incorrere in sanzioni)
2
.
Con la Convenzione di Saint Germain en Laye del 1919 la
normativa internazionale in materia di schiavi e tratta viene
2
F. MANTOVANI, Diritto penale, parte speciale, vol. I, Delitti contro la persona,
Padova, 1995, p. 333 ss. ;
8
ulteriormente ampliata. Solo con la Convenzione di Ginevra del
1926 (promossa dalla Società delle Nazioni a causa della
recrudescenza della schiavitù in Africa tropicale e Abissinia) la
problematica viene affrontata con maggiore determinatezza
attraverso un testo strutturato in dodici articoli. E’ al suo art. 1 che
troviamo definita la schiavitù come “lo stato o la condizione di un
individuo sul quale si esercitano le prerogative del diritto di proprietà
o alcune di esse”; mentre nella tratta veniva ricompreso “ogni atto di
cattura, di acquisto di un individuo al fine di ridurlo in schiavitù; ogni
atto di acquisto di uno schiavo al fine di venderlo o scambiarlo; ogni
atto di cessione in vendita o per scambio di uno schiavo acquistato al
fine di essere venduto o scambiato, così come in generale, ogni atto
di commercio o di trasporto di schiavi”. Tale Convenzione era
completata dalla Convenzione sul lavoro imposto del 1930.
Di grande importanza per il periodo storico in cui si viene a
collocare (immediatamente successiva alla chiusura del secondo
grande conflitto mondiale) è poi la fondamentale Dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo del 1948 , che al suo art. 4 recita
9
“nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù e di
servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto
qualsiasi forma”. Principi analoghi erano già stati sanciti nei testi
precedenti, ma questa dichiarazione si distingue per il carattere di
universalità che le deriva dall’essere maturata e sottoscritta in seno
alle Nazioni Unite.
Del 1949 è invece la Convenzione per la repressione della tratta
degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione adottata
dall’assemblea generale dell’ONU. Essa rappresenta il primo
tentativo di pianificazione dell’azione degli Stati nella lotta contro
il traffico degli esseri umani ed in cui per la prima volta viene
adottata l’espressione traffic in persons
3
.
La Convenzione di Ginevra del 1926 verrà più tardi arricchita dalla
Convenzione supplementare di Ginevra stipulata nel 1956, nella
quale, all’art. 1, a fianco della schiavitù vera e propria, vengono
definite le situazioni ad essa parificate “a) la servitù per debiti, ossia
3
F. SPIEZIA – F. FREZZA – N.M. PACE, Il traffico e lo sfruttamento di esseri
umani, Milano, 2002.
10
lo stato o la condizione risultante dal fatto che un debitore si è
impegnato a fornire a garanzia di un debito i servizi personali suoi o
di una persona su cui abbia autorità, se l’equo valore di tali servizi
non è imputato all’estinzione del debito o se la durata o il carattere
dei servizi non sono definiti; b) la servitù ossia la condizione di
chiunque sia tenuto in forza di legge , di consuetudine o di contratto a
vivere o lavorare su di un fondo appartenente ad un’altra persona e a
fornire a questa dietro compenso o gratuitamente determinati servizi
senza potere cambiare la sua condizione; c) ogni istituzione o pratica
in forza della quale : i) una donna, senza che abbia il diritto di
rifiutare venga promessa o data in matrimonio dietro un corrispettivo
monetario o in natura versato ai suoi genitori, al suo tutore, alla sua
famiglia o a qualsiasi altro gruppo di persone; ii) il marito di una
donna, la famiglia o il clan di costui abbia il diritto di cederla ad un
terzo a titolo oneroso o altrimenti; iii) la donna possa, alla morte del
marito essere trasferita per successione ad un’altra persona; d)
qualsiasi istituzione o pratica in forza della quale un fanciullo o un
adolescente minore di 18 anni venga consegnato, da uno o da
11
entrambi i genitori o da tutore ad un terzo in vista dello sfruttamento
della persona o del lavoro del minore”.
In linea con i citati principi si pone poi il nono principio della
Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1959, secondo il quale: “il
fanciullo deve essere protetto contro ogni forma di negligenza, di
crudeltà o di sfruttamento. Egli non deve essere sottoposto a nessuna
forma di tratta”. Pressoché identico risulta il contenuto del Patto sui
diritti civili e politici del 10 dicembre 1966.
Se la normativa a cui fin ora s’è fatto riferimento presenta i caratteri
dell’universalità, si riscontra in materia anche una vasta normativa a
carattere regionale. Si ricordano in proposito: la Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali del 4 novembre 1950, che vieta ogni forma di schiavitù
e servitù; la Convenzione americana sui diritti dell’uomo del 1969
che parimenti vieta la schiavitù, l’asservimento e la tratta; la Carta
africana dei diritti dell’uomo e dei popoli del 27 giugno 1981, che
proibisce ogni forma di sfruttamento, degradazione dell’uomo e in
12
particolare la schiavitù, la tratta degli schiavi, la tortura, la punizione
e i trattamenti crudeli, disumani o degradanti.
2. Interventi europei in materia di tratta
Quella della tratta di esseri umani è, come si è già potuto intuire,
una problematica che accomuna gli Stati europei nel tentativo di una
sua prevenzione e repressione.
“Il lato oscuro della globalizzazione” così è stato definito
4
questo
fenomeno,ed effettivamente non si può omettere di constatare come
nel terzo Millennio gli schiavi non siano solo un ricordo di tempi
lontani ma una tragica realtà con un immenso giro di affari
5
.
Ed è questa realtà che gli Stati membri dell’Unione già da tempo
cercano di fronteggiare, con strumenti che vanno via via affinandosi,
cercando di pervenire ad una sempre maggiore collaborazione allo
4
P. L. VIGNA, Presentazione in F. SPIEZIA – F. FREZZA – N.M. PACE, Il traffico
e lo sfruttamento di esseri umani, Milano, 2002.
5
V. MUSACCHIO, Schiavitù e tratta di esseri umani: analisi del fenomeno ed
esigenza d’una normativa penale internazionale, in Il diritto di famiglia e delle
persone, vol. XXXII, 2003, , pt. 2, p 236-259.
13
scopo di determinare un’azione repressiva congiunta contro i
trafficanti di esseri umani.
Bisogna fare un passo indietro fino al 1992, al Trattato di
Maastricht, per rinvenire quello che forse è il primo atto con cui i
singoli Stati tracciano le linee per una politica repressiva comune,
così che materie, tradizionalmente considerate prerogativa sovrana
dei singoli Stati, come l’asilo, l’immigrazione, la sicurezza, la
cooperazione giudiziaria, diventano questioni di interesse comune
6
.
L’Unione europea, sempre più attenta alla problematica della tratta
di esseri umani, si impegna nel disegno di contrastare questo
fenomeno, elaborando strategie politiche, non solo attraverso la
stesura di testi normativi, ma anche con l’approvazione di progetti
volti a fronteggiare l’emergenza.
Una delle prime definizioni del delitto di tratta è rinvenibile nel
testo della Convenzione istitutiva di Europol, firmata a Bruxelles il
26 luglio 1995, nel quale il reato è descritto come “il fatto di
6
F. SPIEZIA – F. FREZZA – N.M. PACE, Il traffico e lo sfruttamento di esseri
umani, Milano, 2002, p. 162 ss.
14
sottoporre una persona al potere reale ed illegale di altre persone
ricorrendo a violenze, minacce, o abusando di un rapporto di autorità
o mediante manovre in particolare per dedicarsi allo sfruttamento
della prostituzione altrui o forme di sfruttamento o di violenza
sessuale nei confronti di minorenni o al commercio connesso
all’abbandono dei figli. In tali forme di sfruttamento sono comprese
anche le attività di produzione, vendita o distribuzione di materiale
pedo-pornografico”
7
.
Già con l’azione comune del 1996
8
la Commissione europea
istituisce il Programma STOP, volto a coofinanziare azioni di
promozione e scambio a favore degli attori istituzionali e sociali
coinvolti nella prevenzione e nella lotta della tratta degli esseri umani
e dello sfruttamento sessuale dei minori, anche nella forma della
pedo-pornografia
9
.
7
A. CALLAIOLI , Commento all’art. 2 della legge n. 228/2003, in L.p., 2004, p.
650.
8
Azione comune 96/700 GAI, in GUCE L 322 del 12/1996.
9
E. CAMILLETTI, La problematica della tratta di esseri umani: politiche e
strategie dell’Unione Europea, su www.diritto.it/articoli/europa/camilletti.html,
inserito in DirittoEtDiritti nel novembre 2002.