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CAPITOLO I
REMISSIONE DEL DEBITO: PROFILO
FUNZIONALE E STRUTTURALE
1.1 La remissione del debito nel diritto romano
Nel diritto romano la remissione del debito si concretizza come un risultato
che si raggiunge con diverse modalità. Nel linguaggio giuridico romano non
rinveniamo, neppure nel periodo più tardo, un termine idoneo ad esprimere il
fenomeno anche se è attestato un utilizzo circoscritto del verbo remittere, nel
senso che qui interessa, in locuzioni quali remittere debitum, remittere
obligationem
1
; mentre, a quanto risulta dalle fonti, una sola volta appare
impiegato in questa sfumatura il sostantivo remissio, ma con riferimento al
condono dei debiti fiscali
2
.
La remissione del debito ha sperimentato modalità ed efficacia diverse nel
tempo; così, in età repubblicana e altoimperiale possiamo trovare a coesistere
forme solenni, quali l’accepilatio e la solutio per aes et libram, e forme non
solenni, come il pactum de non petendo: tutte verbali o, comunque, orali.
1
Le due locuzioni sono rispettivamente riportate in Codex 8, 25, 5, e Digestae 24, 1, 32, 23; D. 42,
8, 13; C. 2, 4, 34; C. 8, 25, 1; 4; 7; C. 8, 39, 3.
2
Sul problema dell’indulgentia principis in materia fiscale v., per tutti, GAUDEMET, Indulgentia
principis, in Conferenze romanistiche (Autori vari), II, Milano, 1967, pag. 24 ss.
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Nell’età tardo imperiale tendono ad affermarsi uso e importanza della scrittura
per il prevalere, nell’Impero d’Oriente, di prassi e tradizioni greco-ellenistiche,
senza però determinare l’estinzione degli istituti classici e, in particolare, delle
forme solenni di cui resta ancora traccia nella compilazione giustinianea
3
.
Dopo questi rapidi elementi introduttivi, appare opportuno esaminare i singoli
procedimenti attraverso i quali si può realizzare la remissione del debito;
anzitutto la solutio per aes et libram, poi l’accepilatio ed infine il pactum de non
petendo.
La solutio per aes et libram è il più remoto fra gli atti usati dai Romani per la
remissione del debito e consta di un gestum per aes et libram, mediante il quale il
soggetto obbligato, in presenza del creditore, di un libripens e di cinque testimoni,
dichiara di liberarsi attraverso successive pesate di aes rude
4
.
L’affermazione del debitore, cui non corrisponde una dichiarazione del
creditore, si accompagna ad un pagamento reale: evento che riporta la genesi del
formulario ad età risalente e alla circolazione di metallo non coniato; mentre
l’accento è posto sulla liberazione del soggetto obbligato. Per questa peculiarità,
la dottrina ritiene che la fattispecie in questione sia tesa ad un duplice fine: lo
3
TALAMANCA, Documento e documentazione (diritto romano), in Enciclopedia del diritto,
XIII, Giuffrè, Milano, 1988, § 5.
4
Secondo la formula conservata da Gaius Institutionum Commentarium 3, 174 : “Quod ego tibi tot
milibus sestertiorum condemnatus sum, me eo nomine a te solvo liberoque hoc aere aeneaque
libra. Hanc tibi libram primam postremamque expendo secum legem publicam”.
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scioglimento del vincolo personale incombente sull’obbligato e l’atto estintivo
satisfattorio
5
.
Analizzando la fattispecie da un punto di vista propriamente formale, non
sembra esserci sufficiente uniformità fra i tipi di situazioni cui può esser associata
la solutio per aes et libram
6
.
Neppure il ricorso al principio del contrarius actus sembra condurre a risultati
apprezzabili in termini di portata e conformazione del nostro istituto, dal
momento che non si perviene ad una spiegazione che riesca a soddisfare
completamente la sua applicabilità anche a vincoli obbligatori sorti altrimenti che
con gesta per aes et libram.
Possiamo, dunque, affermare che il ricorso alla solutio per aes et libram si
giustifica ogniqualvolta ci sia un subitaneo o anche solo latente assoggettamento
di un soggetto ad un altro e dalle quali non si può uscire se non mediante una
composizione che, accettata dal creditore, libera l’obbligato. E tutto il modello
della fattispecie in esame è imperniato sulla liberazione del soggetto obligatus.
5
Il campo di applicazione risulta essere, come si evince da Gaius Institutionum Commentarium 3,
173 ss., il vincolo obbligatorio nato sia da un gestum per aes et libram, sia a seguito di iudicatum,
sia, infine, da legato per damnationem.
6
L’evento crea svariate difficoltà sull’ iniziale portata e applicabilità della stessa, anche con
riferimento al principio del contrarius actus, che parte della dottrina suppone essere piuttosto
risalente, mentre per alcuni studiosi sarebbe frutto di elaborazione successiva, per altri ancora solo
un modello estetico, costruito dalla giurisprudenza classica, che verrebbe poi generalizzato e
presentato come regula iuris in Digestae 50, 17, 100 ( “omnia, quae iure contrahuntur, contrario
iure pereunt”) ad opera dei compilatori giustinianei. Lo stesso principio è formulato in altri
termini anche in D. 46, 3, 80: “prout quidque contractum est, ita et solvi debet”.
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Tra gli atti utilizzati dai Romani per la remissione del debito abbiamo anche
l’accepilatio, il cui fondamento risulta essere analogo a quello della solutio per
aes et libram, in quanto in essa troviamo i due elementi portanti della fattispecie
di cui si diceva pocanzi, ovvero la soddisfazione del creditore e la corrispettiva
liberazione del debitore. Per quanto attiene alla struttura dell’accepilatio, la
formula presuppone l’adempimento che il creditore, a richiesta del debitore,
solennemente conferma dichiarandosi soddisfatto, con conseguente liberazione
del soggetto obbligato che non viene, però, esplicitamente asserita come nella
solutio per aes et libram
7
. Gli atti solenni delle due fattispecie, seppur le stesse
sono orientate a conseguire le medesime finalità, liberazione del debitore e
soddisfazione del creditore, sono caratterizzati da formulari esposti in profili
differenti: nella solutio per aes et libram la prospettiva è ex parte debitoris e il
carattere accentuato è la liberazione del debitore; nell’accepilatio troviamo una
prospettiva ex parte creditoris e di conseguenza si sottolinea la soddisfazione del
creditore.
Facendo riferimento allo schema verbale dell’accepilatio, notiamo che è
modellato, a rovescio, su quello della sponsio-stipulatio
8
, atto al quale resterà
sempre legato, dato che il suo campo di applicazione coincide con le obligationes
7
Secondo la testimonianza di Gaius Institutionum Commentarium 3, 169, lo schema
dell’accepilatio è impostato su una domanda del debitore: “Quod ego tibi promisi, habesne
acceptum?” e sulla contestuale congrua risposta del creditore: “Habeo”.
8
Su questa figura LUZZATTO, “Sponsio”, in Nss.D.I., XVIII, 1971, pag. 38 ss per cui lo schema
della sponsio è caratterizzato da una domanda, posta dal futuro creditore: “spondes mihi dari
centum?”, e da una contestuale, congrua risposta del futuro debitore: “spondeo”.
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verbis contractae e la sponsio-stipulatio si presenta come l’obligatio verbis per
eccellenza
9
.
L’accepilatio, in quanto modo di estinzione solenne
10
, incide sull’esistenza del
vincolo obbligatorio eliminandolo in modo definitivo, così come opera
l’adempimento, e pertanto con gli effetti di questo sia in tema di garanzie
personali
11
, sia in tema di obbligazioni alternative generiche solidali
12
.
L’accettilazione non scompare, a differenza della solutio per aes et libram, nel
diffuso tramontare di tutte le forme solenni, anche per la salda congruenza con la
stipulazione novatoria, con cui finisce per fondersi; sicchè entrambe, con
l’affermazione della scrittura, vengono traslate in un solo documento, spesso in
applicazione di un regolamento transattivo
13
.
9
Sull’efficacia dell’ accepilatio PASTORI, Concetto e struttura della obbligazione nel diritto
romano, Milano, 1982, per cui lo schema dell’ accepilatio originaria è stato ricondotto ad atto di
liberazione da responsabilità, in quanto la sponsio sarebbe stata inizialmente costitutiva di
responsabilità e non di debito; ma, a parte le valutazioni in merito a natura ed effetti della sponsio
arcaica, è certo che la formula dell’ accepilatio, a differenza di quella della solutio, si impernia su
un accipere e non su un solvere o in un liberare, in una visione dell’atto ex parte creditoris.
10
Risalente pare doversi ritenere la trasformazione dell’ accepilatio in imaginaria solutio e quindi
la sua applicabilità come modo di remissione del debito: agli inizi del III secolo a.C. come pure la
sua estensione a qualsiasi vincolo obbligatorio sorto verbis (dotis disctio, promissio iurata liberti);
mentre è soltanto verso la fine dell’età repubblicana che, mediante un artificio tecnico, si rende
possibile l’applicazione dell’ accepilatio al di là del suo proprio ambito. A tal fine, secondo il
modello proposto dal giurista Aquilio Gallo, si pone in essere una stipulatio novatoria nella quale
viene trasfuso il contenuto di una o più obbligazioni esistenti fra gli stessi soggetti, di qualsiasi
natura, e subito dopo si procede all’ accepilatio. Come per la stipulatio, anche per l’ accepilatio
sarebbe poi stato consentito l’impiego di altre locuzioni, in alternativa ad acceptum habes?-habeo,
sia latine, sia greche. In questo senso cfr. Digestae 46, 4, 7; D. 46, 4, 8, 4; Institutiones 3, 29, 1.
11
TALAMANCA, Fideiussione (parte storica), in Enciclopedia del diritto, XVII, Giuffrè, Milano,
1988, § 7.
12
TALAMANCA, Obbligazioni: storia (diritto romano), in Enciclopedia del diritto, XVII,
Giuffrè, Milano, 1988 , § 20, 21 e 24.
13
Numerose le testimonianze al riguardo rinvenibili in alcune costituzioni diocleziane: cfr. Codex
2, 4, 15 e C. 8, 43, 3 che accostano l’ accepilatio alla stipulatio Aquiliana; vedi C. 2, 20, 5 e C. 5,
51, 8 che comparano la stessa alla novatio ed infine possiamo cogliere il paragone tra accepilatio e
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In ordine temporale, l’ultimo atto utilizzato dai Romani, per la remissione del
debito, ad apparire è il pactum de non petendo che ha il suo fondamento
nell’imperium del pretore. Si tratta di una delle specificazioni del genere pacta,
nel senso di patti rinunciativi o dismissori, la cui origine è da far risalire all’età
decemvirale
14
, ma che nella grande maggioranza dei casi, conoscono applicazione
e tutela processuale ad opera del pretore. La fattispecie di cui si sta discorrendo
intercorre fra debitore e creditore e si concreta in un accordo informale, mediante
il quale, quest’ultimo, si impegna a non richiedere, per un certo tempo o
definitivamente, la prestazione dovutagli
15
.
transactio in C. 8, 42, 6. In Digestae 46, 4, 1 di Modestino, uno degli ultimi giuristi classici,
troviamo un’affermazione che recita: “Accepitalatio est liberatio per mutuam interrogaztionem,
qua utriusque contingit ad eodem nexu absolutio”. Il passo presenta la situazione che si è venuta a
formare con la diffusione dei documenti nei quali risultavano attestati, uno dopo l’altro, i due atti
(stipulatio novatoria e accepilatio) e quindi due interrogazioni e due risposte che, agli occhi dei
giustinianei (vedi, a tal proposito, Institutiones 3, 29, 2), come atto unitario sulla cui
denominazione avrebbe poi reagito l’operazione conclusiva, l’accepilatio: da qui la definizione
attribuita a Modestino e che sarà sempre intesa in questo senso sia dagli interpreti medievali (cfr. l’
Interrogationem; BARTOLO, In secundam Digesti novi partem commentaria, Venetiis, 1543, fol.
101 r., v.) sia dai giuristi successivi (cfr. CUJAS, Opera, III, Prati, 1840, pag. 633, il quale afferma
anche che la combinazione stipulatio Aquiliana-accepilatio presupponga una ultro citroque
liberatio). In questo modo si è reso possibile un recupero dell’istituto classico, forse prima ad
opera delle scuole e poi dei compilatori giustinianei, dopo una lunga parentesi apertasi con
l’avvento del Dominato: infatti il Codice Teodosiano non menziona affatto il termine accepilatio.
In Oriente i Bizantini recepiscono una configurazione di accepilatio, come emerge dal passo di
Modestino, con una natura ed una struttura del tutto modificate rispetto alla originale identità in
favore della stipulatio Aquiliana; mentre in Occidente l’istituto scompare nel corso del IV secolo e
la fattispecie Aquiliana sopravvive seppur stravolta e deformata. Ma, tanto in Oriente quanto in
Occidente, la storia dell’accepilatio si mescola del tutto in quella del documento e del suo valore,
con riferimento sia alla costituzione, sia all’estinzione di un vincolo obbligatorio, e quindi viene
sempre più facilmente accostata al pactum de non petendo: l’accostamento al pactum de non
petendo è implicitamente confermato da alcuni passi ove si attribuisce ad una accepilatio inutilis il
valore di pactum: così in Digestae 46, 4, 8; 19. Sugli stessi BETTI, Appunti di teoria
dell’obbligazione in diritto romano, Roma, 1958, pag. 441 ss.
14
MELILLO, Patti (storia), in Enciclopedia del diritto, XXXII, Giuffrè, Milano, 1988, § 2.
15
Nella sua qualità di accordo informale, non riconducibile ad uno degli schemi particolari previsti
e tutelati dal pretore con apposita azione, i pacta praetoria, in tanto esso rileva in quanto
traducibile in un’ exceptio: exceptio pacti conventi, che il debitore può far inserire nella formula
chiesta contro di lui dal creditore il quale, venendo meno dall’impegno assunto, l’abbia chiamato
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Per quanto riguarda l’efficacia dell’eccezione in termini processuali si tratterà,
rispettivamente, di exceptio dilatoria o peremptoria, a seconda che si sia
concordata una proroga ovvero la definitiva rinuncia della prestazione: di
conseguenza, nel primo caso, il creditore avveduto desisterà dall’azione per
riproporla allo scadere della proroga concessa; nel secondo, egli si troverà sempre
di fronte l’ostacolo processuale che rende , di fatto, inagibile la pretesa creditoria;
per di più, è assicurata al debitore la ripetizione del pagamento che, per errore,
possa aver fatto al creditore nonostante il pactum, mediante una condicio
indebiti
16
.
in giudizio; con la conseguenza che, verificata la fondatezza dell’eccezione, il giudice assolverà il
convenuto e, in virtù del principio ne bis in idem, l’attore perderà la possibilità di esperire in futuro
la stessa actio.
16
Come, in generale, per tutte le ipotesi in cui competa al debitore un’ eccezione: cfr., ad esempio,
Digestae 12, 6, 26, 3. In proposito GALLO F., Sulla asserita sopravvenienza del “pactum de non
petendo” nel diritto civile italiano, in Foro it., 1960, IV, pag. 136.
Con riferimento alla ipotesi di condicio indebiti, si parla di estinzione del debito senza
soddisfazione del creditore, quindi di remissione, ope exceptionis, di contro a quella ipso iure
(TALAMANCA, , Obbligazioni: storia (diritto romano), in Enciclopedia del diritto, XVII,
Giuffrè, Milano, 1988, §28), conseguente, ad esempio, a solutio per aes et libram o accepilatio:
nel senso che l’obbligazione, sul piano sostanziale, continua ad esistere, mentre, su quello
processuale, è assolutamente sprovvista di tutela (lo stesso effetto si consegue, senza inserimento
dell’eccezione, nei bonae fidei iudicia: cfr. TALAMANCA, Processo civile: diritto romano, in
Enciclopedia del diritto, XXXVI, Giuffrè, Milano, 1988, pag. 1 ss.). La differente natura di questo
strumento volto alla liberazione di fatto del debitore, di largo uso soprattutto entro regolamenti
transattivi, rileva particolarmente in tema di garanzie personali e di alcuni tipi di obbligazioni,
coinvolgendo il problema dell’opponibilità dell’ exceptio pacti conventi da parte di soggetti diversi
dal debitore paciscente. Efficacia liberatoria sul piano sostanziale ha invece il pactum con
riferimento alle obbligazioni ex delicto, che deriva dall’antichissima composizione convenzionale,
di cui è parola già nel testo decemvirale, avente lo scopo di cancellare la responsabilità da atto
illecito ed escludere perciò il ricorso al taglione: esso ha verosimilmente costituito il modello per
l’istituto pretorio (cfr. GALLO, op. cit.., pag. 132 ss.). Appare doveroso osservare come,
nell’ultima età classica, sia andato sfumandosi il confine tra pactum de non petendo e accepilatio;
tanto che rinveniamo, in alcuni passi del Digesto, formulato il principio secondo cui un’accepilatio
inutilis è equiparata al pactum: Digestae 2, 14, 27, 9; D. 46, 4, 8; sul tema della conversione
GIUFFRÈ, L’utilizzazione degli atti giuridici mediante “conversione” in diritto romano, Napoli,
1965, pag. 308 ss. L’avvicinamento tra i due istituti, è, altresì, favorito dalla diffusione del
documento che ripropone per il pactum la problematica già incontrata a proposito dell’ accepilatio.
In più di una occasione, infatti, viene ribadito il principio che non il contenuto del documento ma
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In età tardoimperiale la remissione del debito finisce per identificarsi con il
pactum de non petendo, ovvero con una convenzione non formale tra il debitore e
il creditore, anche se per strade in parte diverse seguite in Oriente e in Occidente.
In Oriente, nonostante il recupero dell’accepilatio ad opera dei commissari
giustinianei, la remissione finisce per concretarsi in un documento che, di là dai
termini impiegati, registra un atto più vicino, per natura ed effetti, al pactum, che
all’accepilatio classica
17
.
Anche in Occidente la remissione del debito finisce per identificarsi con il
pactum. Ed è in questi termini che l’istituto passa all’età di mezzo.
Di contro, alla pluralità di manifestazioni conosciute dal diritto classico per la
remissione, nel diritto intermedio questa si realizza attraverso un accordo
informale tra creditore e debitore, comunque manifestato; mentre resta ferma la
varietà di motivazioni: nell’interesse del solo debitore, in quanto atto di liberalità,
o di ambedue le parti, nel quadro di un regolamento transattivo.
gli effettivi termini dell’accordo fanno testo (cfr., in tal senso, Codex 8, 42, 13; 19; 21; 23), pur se,
con l’estensione della cittadinanza nel 212 d.C., l’istituto, come molti altri, subisce travisamenti e
deformazioni a contatto con la prassi greco-ellenistica, anche per certe affinità con istituti ad essa
noti. In questo ambiente l’uso del pactum viene spesso stravolto, con l’effetto, appunto, di ridurre
le distanze anche fra pactum e quietanza, per i giuristi dell’età del Principato concettualmente e
strutturalmente ben distinti, e di rendere necessari molti preoccupanti interventi di Diocleziano
che, mentre riaffermano principi classici, lasciano chiaramente intravedere una prassi ben
altrimenti orientata.
17
Tale documento, nel quale si fondono di regola stipulatio Aquiliana e accepilatio, in quanto di
per sé soltanto mezzo di prova, soggiace alla possibilità di impugnativa mediante exceptio non
numerate pecuniae, analogamente al pactum; ma, dopo l’emanazione di Codex 4, 30, 14 del 528
d.C., nella quale non si fa parola dell’ accepilatio, l’opposizione è esercitabile entro termini molto
brevi: trenta giorni, dopo di che la liberazione del debitore diventa inattaccabile così come a
seguito di atto solenne.