____________________________________________Capitolo 1, Scopi dello studio
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1.2 OBIETTIVI
È nota, da precedenti studi (McCollins et al., 2000), la capacità dei filari di contenere specie
vegetali di interesse floristico, in presenza di alcune condizioni, e la possibilità che queste si
perpetuino o anche diffondano attraverso tali strutture lineari che svolgono così il ruolo di
potenziali corridoi ecologici.
La presente ricerca ha come obiettivo principale quello di indagare tale potenzialità dei filari
tramite l’individuazione all’interno di essi di un pool di bioindicatori erbacei, e di mettere in
relazione la loro presenza/assenza con altri fattori quali:
- la presenza di macchie boscate residuali nelle vicinanze;
- la ricchezza in specie delle macchie boscate rapportata al contenuto in specie dei filari;
- le caratteristiche strutturali dei filari (copertura arborea, arbustiva, ampiezza, dominanza
di specie alloctone o autoctone, ecc.).
Tali obiettivi specifici si inseriscono nell’obiettivo più ampio di approfondire le conoscenze
floristico-vegetazionali dei filari, soprattutto in un contesto fortemente antropizzato e soggetto
a disturbi come quello indagato (Parco Agricolo Sud Milano).
Una maggior conoscenza del loro contenuto in specie vegetali, la definizione delle
principali tipologie fisionomico-strutturali e l’approfondimento delle conoscenze relative ai
rapporti tra macchie boscate e filari e tra le diverse variabili in gioco sono tutti obiettivi che
possono condurre a fornire importanti indicazioni agli amministratori delle aree, oltre che ai
proprietari dei filari, al fine di una corretta conservazione e di una gestione sostenibile dei
filari stessi.
Per svolgere tali indagini ci si è avvalsi di due differenti metodi di raccolta dati; uno è il più
classico rilievo fitosociologico, l’altro creato ad hoc per il tipo di rilevamento richiesto e
definito “speditivo”.
I dati raccolti con i due metodi sono stati sottoposti a due elaborazioni differenti e affiancate
dall’utilizzo di un softwere GIS (Arcview 3.2) con il quale sono state prodotte delle carte di
distribuzione di dieci bioindicatori erbacei ritenuti significativi da analizzare con questo
supporto.
Sia i metodi che le elaborazioni svolte saranno affrontate nei capitoli successivi, insieme
all’inquadramento dell’area di studio e naturalmente alla discussione dei risultati ottenuti.
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______________________________________________Capitolo 2, Area di studio
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Sambuco
(Sambucus nigra L.)
“Venit et agresti capitis Silvanus honore,
florentis ferulas et grandia lilia quassans.
Pan deus Arcadiae venit, quem vidimus ipsi
sanguineis ebuli bacis minioque rubentem ”
Buc., X, vv. 24-27
Venne pure Silvano, adorno d’un’agreste corona,
scuotendo canne fiorite e grandi gigli.
Venne Pan, dio dell’Arcadia: lo vedemmo noi stessi,
rosso di minio e di sanguigne bacche di sambuco.
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______________________________________________Capitolo 2, Area di studio
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CAPITOLO 2: AREA DI STUDIO
2.1 PARCO AGRICOLO SUD MILANO (P.A.S.M.)
Fig. 2.1 : cintura metropolitana del PASM, nel cerchio l’area d’indagine.
Il Parco Agricolo Sud Milano (P.A.S.M.) è un’area di vaste dimensioni comprendente il
territorio agricolo di 61 comuni: quasi 48.000 ettari di superficie totale, di cui 35.000 coltivati,
che si configurano quasi come un semicerchio intorno al capoluogo lombardo.
I confini lambiscono a Sud-Est il territorio lodigiano, a Sud la provincia di Pavia, a Sud-Est
e ad Ovest il Parco del Ticino e a Nord-Ovest l’autostrada Milano-Torino.
L’idea di tutelare le aree agricole del Sud Milano risale agli anni Sessanta: a fronte degli
intensi processi d’urbanizzazione, progettisti, associazioni locali e cittadini iniziarono ad
ipotizzare un progetto di difesa delle aree non edificate che potesse porre un limite
all’espansione del costruito e nello stesso tempo salvaguardasse l’attività agricola (Provincia
di Milano, DiAP, 2005).
Istituito con la legge regionale n° 24 del 23 aprile 1990 e gestito dalla provincia di Milano, il
Parco Agricolo Sud Milano (PASM) è concepito come Parco agricolo di cintura metropolitana
volto a salvaguardare un prezioso patrimonio rurale prevalentemente agricolo i cui obiettivi
sono stati, e sono tuttora in corso:
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______________________________________________Capitolo 2, Area di studio
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v La tutela e il recupero paesistico e ambientale delle fasce di collegamento tra città e
campagna.
v La connessione delle aree esterne con i sistemi di verde urbano.
v La salvaguardia, qualificazione e potenziamento delle attività agricole (agro-silvo-
colturali) in coerenza con la destinazione dell’area.
v La fruizione culturale e ricreativa dell’ambiente da parte dei cittadini.
Il Parco si estende su un territorio molto ampio e differenziato, in cui prevalgono gli usi
agricoli ma che assume di volta in volta caratteri diversi: rurale naturale, industriale e
commerciale (Provincia di Milano, PASM, 2002).
I valori ambientali dell’area a Parco sono quelli caratteristici della pianura irrigua milanese,
con la presenza di una fitta maglia agricola produttiva: il patrimonio seminaturale e naturale
è costituito da un insieme di piccole e medie aree disseminate su tutto il territorio del parco
ad elevato interesse naturalistico come il Fontanile Nuovo di Bareggio, le Sorgenti della
Muzzetta, i vicini Boschi di Riazzolo e Cusago, l’Oasi di Lacchiarella.
Questi ultimi sono tutti tutelati e riconosciuti a livello europeo nell’ambito della Direttiva
Habitat come Siti di Importanza Comunitaria (SIC), annoverano residui degli antichi boschi
planiziali, fontanili, zone umide, marcite, cave e una fitta rete di navigli, canali e rogge,
oggetto in più punti di un’attenta opera di recupero (alzaie del Naviglio Grande, la roggia
Soncina e il canale scolmatore di N.O.)
Notevole è il patrimonio storico e architettonico consegnato dalle istituzioni laiche ed
ecclesiastiche, capaci di imprimere indelebili segni sul territorio circostante con i loro mirabili
edifici quali, ad esempio, le abbazie di Chiaravalle e Mirasole, attraverso incessanti opere di
bonifica dei suoli sterili o paludosi già iniziata dagli antichi romani e protrattasi fino al pieno
Ottocento (Provincia di Milano, Reverdini, 2002).
Vi sono anche castelli come quelli di Binasco, Cusago e Melegnano, dai quali i Visconti e
gli Sforza avevano potuto ammirare i grandi boschi riservati ai propri ozi di caccia: a loro
dobbiamo la sopravvivenza di relitti boscati, di preziosi manufatti irrigui, di rogge e canali.
Il quadro ambientale del Sud milanese può essere riassunto con le seguenti caratteristiche:
v Si tratta di un’area di pregio ambientale con spazi aperti, acque, edifici
storici, monumenti, cascine e percorsi ecologici;
v I principali fattori critici sono il deterioramento delle linee d’acqua, le
trasformazioni di edifici storici, le grandi infrastrutture;
v La coscienza ecologica locale ha preso forma in un vasto quadro
pianificatorio (PTC Parco Sud, piani di settore di cintura urbana).
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______________________________________________Capitolo 2, Area di studio
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Il PASM con la sua grande cintura verde si propone di sostentare l’economia rurale e di
“equilibrare ecologicamente” l’area metropolitana, secondo un modello teorico sperimentato
intorno ad altre capitali europee come Londra, Barcellona, Parigi e Berlino (Provincia di
Milano, PASM, 2004).
Il risultato è un paesaggio omogeneo nella sua matrice rurale, e al tempo stesso
differenziato, articolato in parti con diverso carattere e rilevanza: il recupero dell’allentato
legame fra città e campagna rimane fra gli obiettivi principali del Parco.
A questo scopo sono importanti i filari e le siepi largamente distribuiti tutti intorno all’area,
circa 866 km in tutto (Provincia di Milano, PASM, 2004), spesso collegati a relitti boscati e
potenzialmente in grado di fungere da corridoi di dispersione per specie sia animali che
vegetali, come sarà approfondito nei capitolo successivi.
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2.2 IL BOSCO DI RIAZZOLO
Fig. 2.2: cariceto sottostante a robinieto.
La storia del Bosco di Riazzolo è racchiusa nel suo toponimo: in milanese antico il termine
riazzoeu indicava una particolare reticella di caccia impiegata nella cattura delle quaglie ed
altri uccelli silvestri; la radice ria- segnala l’uso tipicamente ripale di questa rete leggera,
stesa su fossi e canali a maglie prensili e fini (Cherubini 1839-56).
Il nome ne rivela pertanto la sua essenziale caratteristica: un grande bosco umido ricco di
risorgive e acque palustri, un sito ideale per le antiche cacce viscontee e sforzesche e perciò
luogo da loro stessi protetto da specifici editti e grazie ai quali è giunto frammentato ma
naturalisticamente quasi intatto fino a noi (Provincia di Milano, Reverdini, 2002).
Esteso su una superficie di 65 ettari circa compresi nei Comuni di Albairate, Cisliano e
Corbetta, è il bosco relitto più grande di tutto il Parco Agricolo Sud Milano e attualmente è
caratterizzato da due grossi nuclei: uno ad Est della Cascina Riazzolo attraversato dal
Canale Scolmatore Nord-Ovest e l’altro ad Est di Soriano e attualmente rinominato Bosco di
Vittuone.
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Fig. 2.3 : Carta 1: 10.000 Quadro A6e3 del Piano Territoriale di Coordinamento del Parco Agricolo
Sud Milano (D.G.R. 7/ 818 del 3 agosto 2000).
Bosco di Riazzolo
Bosco Chiesa
Bosco di Vittuone
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La Flora :
Il bosco di Riazzolo è caratterizzato da numerosi elementi floristici d’interesse, tipici del
querco-carpineto (l’associazione cui generalmente si riferisce la vegetazione delle antiche
foreste planiziali lombarde) quali ad esempio: Quercus robur e Carpinus betulus frammisto a
meli selvatici (Malus sylvestris), ciliegi (Prunus avium ), aceri (Acer campestre ), ontani
(Alnus glutinosa ) nello strato arboreo.
Vi si accosta anche una compagine arbustiva molto ricca, si annoverano, infatti, Nocciolo
(Corylus avellana), Pado (Prunus padus), Evonimo (Eõonymus europaeus), Sambuco
(Sambucus nigra), Biancospino (Crataegus monogyna) e Viburno (Viburnum opulus).
Le fioriture primaverili dello strato erbaceo offrono una ricchezza di specie, molte delle
quali protette, resa tale dalla presenza di Bucaneve (Galanthus nivalis), Scilla (Scilla bifolia),
Maiantemo (Majantemum bifolium), Campanellino (Leucojum vernum), Anemone (Anemone
nemorosa), Narciso (Narcissus poeticus) e Gladiolo (Gladiolus embricatus), nei punti più
protetti del bosco possono anche formare veri e propri tappeti erbosi.
Passeggiando per il Bosco di Riazzolo, il visitatore potrà incontrare le piante e gli arbusti
che già Virgilio ammirava nei suoi boschi lombardi, annoverandoli puntualmente fra i versi
delle Bucoliche, spesso con occhi attenti al particolare: è il caso dei folti noccioli (densas
corylos), dei teneri viburni (lenta viburna) e dei salici amari (salices amaras), a cui si
aggiungono, con maggior dettaglio, le mele dorate (aurea mala) colte da un albero del bosco
(silvestri ex arbore: il melo selvatico) e le bacche sanguigne del sambuco (sanguineis ebuli
bacis), (Provincia di Milano, Reverdini, 2002).
Gli antichi avevano consacrato l’olmo a Morfeo, uno dei mille figli del sonno, Virgilio lo
chiamava Ulmus somniorum, l’olmo dei sogni, descrivendo l’olmo dell’Averno (Cattabiani,
1996):
Nel mezzo spande i rami, decrepite braccia,
un cupo immenso olmo ove a torme albergano,
si dice, i fallaci sogni che alle foglie sono sospesi.
(Virgilio, Eneide, VI, 282-284 )
La maggior parte della superficie del Bosco di Riazzolo presenta purtroppo un diffuso
degrado a causa della sensibile diffusione di specie esotiche introdotte dall’uomo: ad
esempio la nordamericana Robinia pseudoacacia arrivò nell’Ottocento e trovò una grande
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______________________________________________Capitolo 2, Area di studio
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diffusione nell’ambiente agricolo lombardo grazie alla sua grande adattabilità e velocità di
crescita, qualità molto apprezzate per la produzione di legna.
Spesso ormai è considerata come specie naturalizzata rientrante nella composizione
vegetazionale dei boschi lombardi (Provincia di Milano, Crenca, 2002).
Fig. 2.4: Reticelle antiroditore poste intorno alle piantine di
autoctone, difensive nei confronti soprattutto di minilepri.
Agli inizi del Novecento, ci fu l’ingressione di altre specie esotiche, quali Prunus serotina e
Ailanthus altissima, che modificò l’equilibrio del bosco, tenacemente protetto dai suoi eredi,
attraverso anche l’istituzione (1913) di una Riserva di caccia (Provincia di Milano, Reverdini,
2002).
Il successivo recupero dell’assetto originario del Bosco di Riazzolo fu sostenuto dall’iniziale
contributo (1998-1999) della Comunità europea (Reg.CEE 2080/92) e il successivo sostegno
del PASM che lo classificò quale Zona di interesse naturalistico (art. 31 PTC).
Numerosi censimenti e studi dell’area relativi alla flora, alla fauna e al sistema dei fontanili
del bosco sono stati promossi e curati dal Parco in collaborazione con le Università degli
Studi di Milano e Pavia (tesi inedite come l’interessante lavoro svolto da Corbetta e Zanotti
Censoni (1981), Gaiara (1996), Chincarini (2004), Curreli (2004).
Nel corso della stagione vegetativa 1999 fu attuato l’intervento di manutenzione a
rinfoltimenti a seguito della convenzione stipulata tra PASM e l’Azienda agricola “Cascina
Forestina” di Niccolò Reverdini, proprietario di circa 16 ettari del bosco.
L’intervento mirava alla ripulitura dalla vegetazione infestante con controllo dello “scoppio”
pollonifero e germinazione dei semi di ciliegio tardivo (Prunus serotina) e successiva messa
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______________________________________________Capitolo 2, Area di studio
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a dimora di piantine autoctone, al termine della stagione estiva, prima dell’entrata in riposo
vegetativo, si è potuta apprezzare una percentuale d’attecchimento prossima al 96%
(Provincia di Milano, Crenca, 2002).
Tale lavoro naturalmente non può limitarsi ad una stagione ma deve prevedere continui
interventi successivi per il costante controllo delle specie esotiche; di quest’ultime si parlerà
più approfonditamente nei capitoli successivi .
La Fauna :
Nel bosco di Riazzolo e ai suoi margini possiamo ammirare la presenza di vertebrati
terricoli come l’arvicola terrestre (Microtus arvalis L.), il topo selvatico dal dorso striato
(Apodemus agrarius), la lepre comune (Lepus capensis L.), la faina (Martes foina L.) e la
volpe comune (Vulpes vulpes L.).
Legati all’ambiente di fontanile troviamo molte specie ittiche e crostacee: l’ormai raro
gambero di fiume (Austrapotamobius pallipes italicus) è minacciato dall’introduzione di altre
specie alloctone, così come le endemiche lampreda (Lampetra planeri zanandreai) e il
ghiozzetto punteggiato o panzarolo (Orsinigobius punctatissimus).
L’avifauna è ben rappresentata da specie che sono legate sia all’ambiente acquatico che a
quello della boscaglia o della siepe, attorno o lungo le aste dei fontanili.
Ad esempio il martin pescatore (Alcedo atthis L.), può essere avvistato mentre sfreccia sul
pelo dell’acqua di un canale in un lampo di colore azzurro acceso; si trovano anche il luì
piccolo (Phylloscopus collybita Vieillot), il picchio verde (Picus viridis L.), il picchio rosso
maggiore (Picoides major) e l’usignolo (Luscinia megarhyncos C. L. Brehm.).
Presso il bosco della Chiesa, appezzamento satellite del Bosco di Riazzolo in Comune di
Corbetta, il Parco ha attivato nel 2000 un sito di reintroduzione del Pelobates fuscus
insubricus (Laurenti, 1768), e della Rana latastei (Boulenger, 1879), specie anfibie
endemiche a rischio di estinzione in Pianura Padana.
Inoltre grazie alla collaborazione ormai decennale fra il P.A.S.M. e la cascina Forestina del
signor Reverdini N., nonché Punto Parco dal 9 Maggio 2006, all’interno del bosco è stata
costruita una stazione di ambientamento per rapaci notturni (Progetto LIPU “Ali nella notte”).
Periodicamente secondo necessità vengono quindi restituiti ai boschi esemplari di allocco
eurasiatico (Strix aluco), assiolo eurasiatico (Otus scops), barbagianni comune (Tyto alba),
civetta comune (Athene noctua) e gufo comune (Osio otus).
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2.3 INQUADRAMENTO GEOLOGICO E GEOMORFOLOGICO
La Pianura Padana è frutto di ripetuti processi di sedimentazione, infatti, la posizione di
bacino esteso tra le catene montuose alpina e appenninica ne ha fatto un naturale punto
d'accumulo di materiali alluvionali.
I sedimenti dell'era Terziaria sono di deposizione marina: gli ingenti depositi causarono il
progressivo riempimento del golfo padano, facendolo evolvere verso una situazione di tipo
lagunare-deltizio.
L'era Quaternaria è contraddistinta dalle glaciazioni Pleistoceniche (Donau, Günz, Mindel,
Riss e Würm).
Il prodotto dell'azione erosiva dei ghiacciai è costituito da imponenti accumuli morenici
rappresentati, nella pianura attuale, dai contrafforti collinosi prospicienti l'arco prealpino. Gli
sbarramenti morenici subirono l'incisione dei corsi d'acqua, stabilizzatisi nel postglaciale; i
depositi fluvioglaciali e fluviali würmiani, insieme ai successivi depositi alluvionali Olocenici
(Alluvioni antiche, medio-recenti, recenti ed attuali) conferiscono alla pianura l'aspetto
attuale, leggermente digradante verso sud, verso la zona assiale occupata dal Po.
La natura alluvionale dei sedimenti ha loro conferito la struttura tipica dei conoidi di
deiezione: grossolani a monte e più fini a valle.
Ciò induce livelli di permeabilità diverse nel substrato; l'alta pianura diluviale, con falda
profonda, più drenante rispetto ai clasti fini della bassa pianura.
Il sistema acquifero alpino-padano è contraddistinto da un'importante falda acquifera di tipo
freatico, dalla potenza variabile tra i 20 e i 50 m e localizzata nei depositi ghiaioso-sabbiosi
quaternari fluvioglaciali. L'intersezione tra il basamento impermeabile della falda e l'orizzonte
della pianura corrisponde alla linea dei fontanili (decorrente lungo tutta la pianura
parallelamente alla linea pedemontana), in cui si ha un affioramento delle acque freatiche,
che arriva anche a meno di 2 metri dalla superficie.
Il fenomeno idrogeologico delle risorgive ha da sempre costituito una ricchezza per
l'agricoltura: la temperatura dell'acqua di falda rimane costante tutto l'anno intorno ai 13°C,
consentendo ad esempio, con la coltivazione di prati a marcita, ripetuti tagli d'erba in un solo
anno.
I fontanili, però, non sono un fenomeno in equilibrio stabile: risentono delle escursioni di
falda, naturali o indotte dall'uomo; richiedono perciò l'intervento umano per non andare
incontro a naturali fenomeni d'interramento causati dall'abbassamento del livello delle acque
sotterranee.
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Le risorgive furono poi gestite dall’uomo a proprio uso e consumo, ponendo tubi nel punto
di sbocco dell’acqua, o testa del fontanile, per convogliarla verso rogge e canali, ai campi
agricoli.
Il flusso d’acqua che viene a realizzarsi trascina poco alla volta all’interno dell’alveo i
materiali fini, quali i limi e le argille, che sebbene inizialmente siano importanti perché
impermeabilizzano il fondo, in seguito, a causa del loro accumulo, provocano gravi problemi
d’intasamento (Gomarasca et al., 2002).
Possono essere caratterizzati in ogni modo da una diversa granulometria del materiale che
ne costituisce l’ossatura, da una differente inclinazione e dalla presenza o assenza di
strutture artificiali per controllarne la franosità.
Fig 2.5 : Testa e asta di fontanile
Fig 2.6 : Sezione di fontanile
L'area di studio è rinvenibile nei fogli "44 Novara" e "45 Milano" della Carta Geologica
d'Italia 1:100.000. Ci si trova nel cosiddetto Livello Fondamentale della Pianura (LFP),
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costituito dagli strati fluvioglaciale e fluviale Würmiano. Unico alveo fluviale presente, il fiume
Olona, ora però interrato prima dell'ingresso in città.
Nell'area di studio si identificano quattro fasce a granulometria decrescente:
zona a ghiaie prevalenti - formata da ciottoli grossolani e ghiaie, mescolati a quantità
inferiori di sabbie. Gli elementi carbonatici aumentano verso est.
zona a ghiaie e sabbie - contiene una maggior percentuale di sabbie, dovuta a
caratteristiche idrauliche dei corsi d'acqua che formavano la pianura, per aggradazione
verticale e laterale con diminuzione verso sud.
zona a sabbie prevalenti - situata nel settore più a sud dell'area, con presenza di livelli
ghiaiosi subordinati.
zona ad argille prevalenti - occupa poche e limitate aree, ed è dovuta alla formazione di
conche palustri o ad esondazione con deposito di materiali fini.
Fig. 2.7 : carta geologica della regione Lombardia e dell’area di studio (ERSAF, 1998).
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