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analisi psicometrica e psicologica, l’avanzamento delle tecniche e conoscenze
neuropatologiche hanno portato, a partire dagli anni ‘60, a una maggiore caratte-
rizzazione clinica delle demenze e alla loro distinzione sia dalle psicosi in genera-
le che dalle modificazioni delle funzioni cognitive riscontrabili con
l’invecchiamento.
L’introduzione di criteri clinici definiti (tra i primi DSM III R nel 1987) ha rap-
presentato un avanzamento nella caratterizzazione clinica della demenza, permet-
tendo una più chiara e riproducibile differenziazione dalle altre condizioni patolo-
giche nelle quali è possibile riscontrare un decadimento cognitivo.
Più recentemente, nel DSM IV, si trova la definizione di demenza come “disturbo
delle funzioni intellettive acquisito e di natura organica, caratterizzato da com-
promissione della memoria a breve e a lungo termine e almeno di una delle attivi-
tà mentali primarie, cioè il pensiero astratto, la capacità di critica, il linguaggio,
l’orientamento topografico, in assenza di alterazioni della coscienza e con signi-
ficativa interferenza nell’attività lavorativa e nelle relazioni interpersonali”.
(TABELLA 1.1)
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TABELLA 1.1
CRITERI DIAGNOSTICI DELLA DEMNZA SECONDO LA QUARTA VERSIONE DEL
MANUALE DIAGNOSTICO E STATISTICO DELLE MALATTIE MENTALI (DSM IV)
A. Presenza di deficit cognitivi multipli caratterizzati da:
1. Compromissione mnesica ( deficit delle abilità ad apprendere nuove informazioni e a
richiamare informazioni precedentemente apprese)
2. uno (o più) dei seguenti deficit cognitivi:
- afasia (disturbi del linguaggio)
- aprassia (incapacità a eseguire attività motorie nonostante l’integrità della compren-
sione e della motricità)
- agnosia (incapacità a riconoscere o identificare oggetti in assenza di deficit sensoriali)
- deficit del pensiero astratto e delle capacità di critica (pianificare, organizzare, fare
pensieri astratti)
B. I deficit cognitivi dei criteri A1-A2 inteferiscono significativamente nel lavoro, nelle at-
tività sociali o nelle relazioni con gli altri, con un peggioramento significativo rispetto al
precedente livello funzionale
C. I deficit non si manifestano esclusivamente durante un Delirium
Per quanto riguarda il disturbo della memoria questo è focalizzato su un aspetto
psichico-mnesico cioè un deficit della capacità di apprendimento di nuove infor-
mazioni: questo è l’elemento più caratteristico, quello principale, quello più pre-
coce, che maggiormente richiama l’attenzione dei familiari e dei clinici . In una
fase successiva c’è la compromissione della capacità di rievocare informazioni
apprese antecedentemente rispetto all’epoca nella quale ha incominciato ad in-
staurarsi il processo degenerativo.
Oltre ai sintomi cognitivi sono presenti anche sintomi non cognitivi che riguarda-
no la sfera della personalità, l’affettività, l’ideazione e la percezione, le funzioni
vegetative, il comportamento. Il quadro clinico non implica una specifica causa;
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numerosi processi patologici, infatti, possono portare ad un quadro di demenza
(TABELLA 1.2)
CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA DELLE DEMENZE
Demenze primarie
1. Demenza di Alzheimer
2. demenza fronto-temporale
• malattia di Pick
• Afasia primaria progressiva
• Demenza semantica
• Demenza fronto-temporale con amiotrofia
• Demenza Fronto-temporale e parkinsonismo associata a cr17
• Degenerazione cortico-basale
3. Demenza a corpi di Lewy diffusi
Demenze associate a malattie con degenerazione neuronale primaria
1. Parkinson-demenza
2. Malattia di Hallervorden-Spatz
3. Corea di Huntington
4. Paralisi Sopranucleare Progressiva
5. Degenerazione spino-cerebellare
6. Epilessia mioclonica progressiva
Demenze secondarie
Demenza vascolare
1. Infarti multipli
2. Stato lacunare
TABELLA 1.2 Condizioni cliniche nelle quali si può manifestare un decadimento cognitivo
nell’anziano
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3. Infarti di confine
4. Malattie dell’aorta e dei vasi sopra-aortici
5. Malattia di Biswanger
6. Aneurismi e malformazioni arterovenose
7. Anossia ed ipossia
Disturbi endocrini e metabolici
1. Patologia tiroidea
2. Patologia paratiroidea
3. Patologia ipopituitarica
4. Malattie epatiche
5. Uremia
6. Malattia di Wilson
7. Demenza dialitica
Stati carenziali
1. Sindrome di Korsakoff-Wernike
2. Pellagra
3. Malattia di Marchiafava-Bignami
4. Deficit di vitamina B12 e folati
Demenza da encefalopatie tossiche e da farmaci
1. Alcool
2. Metalli pesanti
3. Farmaci (anticolinergici, triciclici, steroidi, antiblastici e immuno-
soppressori)
4. Composti organici
Demenza da Idrocefalo normoteso
Demenza da malattie cerebrali di varia genesi
1. Traumi cranici
2. Tumori cerebrali
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3. Sindromi paraneoplastiche
4. Malattie cardiovascolari e respiratorie
5. Infezioni
Demenza da encefaliti, meningiti, m. autoimmuni
1. Criptococcosi
2. Neurosifilide
3. AIDS
Demenza da altre malattie
1. Sclerosi multipla
2. M. di Whipple
Demenza e malattie da prioni
1. M. di Creutzfeldt-Jacobs
2. Kuru
3. M. di Gerstmann-Straussler-Scheinker
4. Insonnia fatale famigliare
5. Variante delle Creutzfeldt-Jacobs
In generale la demenza è riconosciuta come una sindrome, dovuta ad un processo
cerebrale organico caratterizzata da deterioramento delle funzioni intellettive, il
cui riconoscimento è basato su criteri clinici e neuropsicologici, mentre le neu-
roimmagini possono contribuire alla formulazione di una diagnosi differenziale
fra le varie forme (Loeb C., Favale E. “Neurologia” Società Editrice Universo
2000 Vol 2: 1041-1051).
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Sulla base dei criteri clinici, è possibile ottenere una sufficiente accuratezza dia-
gnostica, superiore generalmente all’80%. La distinzione sulla base anatomo-
patologica è quella più corretta, ma richiede il riscontro neuropatologico ed è
quindi realizzabile solo post-mortem.
Dal punto di vista neuropatologico, le principali forme di demenza degenerativa
presentano al loro interno una certa eterogeneità sia qualitativa (tipo di lesione)
che quantitativa (estensione e distribuzione della lesione). Dal punto di vista clini-
co, le modalità di esordio e la storia naturale presentano possibilità di variazioni
interindividuali che rendono difficile la descrizione di quadri clinici campione.
Uno degli aspetti di maggior interesse risiede nel fatto che la fase biologica della
malattia , caratterizzata solo da modificazioni istologiche, precede molto quella
della diagnosi clinica. L’esordio stesso della malattia è caratterizzato da sintomi
spesso poco evidenti e riconosciuti come tali solo a posteriori.
Vale la pena sottolineare che la caratterizzazione della fase di esordio e di quelle
prodromiche sono di estrema importanza per una diagnosi precoce, per la defini-
zione di una prognosi e per la possibilità di metter in atto rimedi terapeutici.
La diagnosi di demenza è quindi il risultato di un preciso processo valutativo che
porta anche all’esclusione delle altre possibili cause di decadimento cognitivo.
Una diagnosi accurata consente inoltre di fornire alla famiglia e al paziente infor-
mazioni più precise circa il decorso della malattia, le problematiche ed i servizi di
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supporto disponibili (Trabucchi M. ”Le demenze” UTET periodici 2002 terza e-
dizione).
La diagnosi si basa su indagini di routine:
• Emocromo, per esempio per vedere se c’è macrocitosi e quindi un deficit
della vitamina B12 o folati (questo non è sempre vero negli anziani che
possono avere deficit vitaminico senza macrocitosi),.
• Azotemia,glicemia, elettrolitemia, calcemia e fosforemia,
• Test funzionalità epatica e tiroidea,
• VDRL o HIV in casi specifici,
• ECG,
• RX torace (in soggetti che hanno una storia di insufficienza respiratoria),
• TAC per escludere cause potenzialmente trattabili come l’idrocefalo nor-
moteso o i tumori cerebrali,
• PUNTURA LOMBARE importante nelle forme di encefalopatia di Creu-
tzfieldt-Jacob che rappresenta una forma di demenza molto particolare con
andamento tumultuoso nel senso che il soggetto arriva ad un quadro di de-
menza severa nel giro di pochi mesi e in questi casi il liquor può essere e-
stremamente informativo perché si va a dosare la proteina prionica,
• EEG nelle forme di Creutzfieldt-Jacob è estremamente informativo perché
presenta dei complessi periodici particolari.
• Test neuropsicologici.
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1.2 EPIDEMIOLOGIA
Considerando che l’incidenza della demenza aumenta con l’età (Ravaglia G., For-
ti P. et al., Neurology 2005; 64:1535-1530), il rapido aumento dei segmenti più
anziani della popolazione comporterà inevitabilmente un aumento delle malattie
“età-associate”, come semplice conseguenza dell’andamento demografico.
Il numero di casi è destinato ad aumentare con la crescita della popolazione an-
ziana che entro il 2030 è prevista essere il 230% rispetto ad oggi. Studi americani
mostrano che il 25% delle persone di età superiore ai 75 anni e circa il 40% delle
persone con più di 80 anni sono affette da demenza (Fillit H.M., et al., Mayo Clin
Proc. 2002 Jul; 77(7):681-96).In un altro studio italiano successivo (CSBA) è sta-
to stimato il numero di nuovi casi di demenza nel 2020, circa 580000 (lo studio
ILSA ne prevede 230000). Un altro studio effettuato recentemente nel nord Italia
indica una prevalenza delle demenze del 6,5% e una prevalenza del declino cogni-
tivo live del 5,1% (De Ronchi D., Berardi D. et al., Dement Geriatr Cogn Disord,
2005; 19(2-3):97-105).
Uno studio canadese del 2000 che ha coinvolto più di 10000 persone ha stimato
un range di incidenza superiore rispetto ad altri studi, ha previsto un’incidenza di
60150 nuovi casi di demenza ogni anno, di cui 36830 donne e 23830 uomini (The
Canadian study of Health and Aging Working group , Neurology 2000; 55:66-
73).
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Attualmente è in fase di realizzazione un progetto per la rilevazione di dati epi-
demiologici relativi alla malattia di Alzheimer: è il primo sistematico studio pro-
spettico in Italia (Scafato E.,Gandin C. et al., Aging Clin Exp Res 2005 Feb;
17(1):29-34).
1.3 DEMENZA E INVECCHIAMENTO
Per molto tempo la demenza è stata considerata una normale sequela
dell’invecchiamento, null’altro quindi che l’accentuazione di un normale ed inevi-
tabile processo fisiologico. In realtà le modificazioni delle funzioni cognitive che
si possono riscontrare con l’età, quali , ad esempio, un rallentamento
dell’apprendimento, sono stabili e non hanno impatto funzionale. Con
l’invecchiamento la velocità con cui il cervello riceve e processa informazioni è
minore. Le ragioni non sono ancora ben chiare, vi è sicuramente una riduzione nei
collegamenti fra le cellule cerebrali e la lesione di alcuni network; spesso le per-
sone non sono consapevoli di questi cambiamenti e il danno che inizialmente può
essere lieve, è causa nel tempo di ulteriori deficit. Molti processi sembra siano al-
la base del rallentamento delle funzioni cerebrali:
- i processi infiammatori
- il danno ossidativo
- i cambiamenti ormonali
- l’accumulo di Amiloide.
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Con l’aumentare dell’età, si osserva un declino delle funzioni della memoria che
rappresenta un sintomo riferito con elevata frequenza nelle persone anziane anco-
ra in condizioni di normale efficienza funzionale. I deficit maggiori sono riscon-
trati a livello di memoria episodica (Nillson L.G. et al., Acta Neurol Scand
2003;107-suppl 179-:7-13).
E’ bene ricordare che la classificazione di memoria come insieme di sistemi diffe-
renti è stata proposta da Tulving: secondo l’autore , le componenti della memoria,
separate, ma interagenti sono cinque:
- procedural memory
- perceptual rapresentation system
- semantic memory
- working memory
- episodic memory
( Tulving E. et al., Humen neurobiol 1987; 6:67-80)
La presenza di un declino lieve è stata oggetto di varie definizioni e classificazio-
ni. L’Age Assiociated Memory Impairement (AAMI) si definisce come un distur-
bo di memoria lieve dell’anziano, non correlato ad altri deficit neurologici o pro-
cessi patologici causali di entità tale da non interferire con la vita quotidiana. In
alcune persone il deficit di memoria è maggiore, così come il rallentamento delle
funzioni cognitive e mentali: ciò potrebbe essere il segno di un processo degene-
rativo in fase iniziale che porterebbe alla demenza vera e propria.