un’entità economica nuova con caratteristiche e potenzialità superiori rispetto alla
situazione per cui ciascuno opera per proprio conto.
* * * * * *
Procedendo alla descrizione empirica del fenomeno, esistono una serie di
problemi di identificazione e collocazione delle cooperazioni interaziandali
Questo perchè le relazioni interorganizzative, di qualsiasi natura esse siano, si
pongono in una posizione intermedia, difficilmente collocabile tra l’aspetto
organizzativo e quello concorrenziale, ovvero tra la gestione interna delle attività
ed il ricorso ai meccanismi del mercato. Non sono riconducibili ad un fenomeno
puramente competitivo, poichè in molti casi risultano critici gli elementi di
coinvolgimento tra più imprese che trascendono una visione prevalentemente
interna all’azienda di tali fenomeni. Nè si prestano ad essere inquadrate avendo
come unico riferimento gli schemi concettuali tipici dell’organizzazione
d’azienda, poichè alla base di accordi ed alleanze, in molti casi, risiedono dei
fattori legati alla dimensione mercato.
Accordi ed alleanze rappresentano parole per certi versi vaghe, dai confini
piuttosto sfumati, poco delineati...quali sono le arene di convergenza e quelle di
conflito...Si pone dunque l’esigenza di creare una (o più) tassonomie aventi la
finalità di inquadrare tale modalità di svolgimento della competitività. Nel
procedere per tale via si pongono una serie di ulteriori problemi relativi
all’individuazione di uno (o più) criteri discriminanti, ovvero che consenta di
creare una classificazione il più possibile coerente con la natura del fenomeno
stesso.
Così ad esempio:
1) in relazione alla causalità o meno della finalità competitiva si distinguono
accordi da una parte ed alleanze dall’altra;
2) in relazione alla natura giuridica del contratto posto in essere si distinguono
accordi di tipo equity (che prevedono...) o no-equity;
3) in relazione alla formula organizzativa implementata avremo accordi che
prevedono la costituzione di unità atte all’implementazione della cooperazione,
come la maggiorparte delle joint-venture;
4) in relazione al ruolo nel portafoglio complessivo della aziende leader che pone
in essere ........................
La modalità di collocazione più avvincente - di chiara matrice
transazionale, che consente poi sintetizzare il problema posto - appare essere
quella che inquadra il fenomeno nell’ambito del continuum ai cui due estremi si
pongono l’organizzazione - e quindi una gestione centralizzata delle attività, con
l’istituzione di regole, procedure e gerarchia - ed il mercato - in cui gli attori si
rapportano con contratti spot ad equità istantanea. La scelta del modello ottimale
nell’ambito del continuum è funzione dei costi e benefici comparati che ciascuna
delle due alternative offre. Mercati e gerarchie devono essere considerati i due
estremi, nell’ambito dei quali s’inquadrano accordi ed alleanze sia in senso
verticale - cioè legati alla filiera fornitore/produttore - acquirente/consumatore (e
quindi posti a differente livello della catena del valore) - sia in senso orizzontale,
relativamente ad un medesimo settore. La modalità contrattuale o organizzativa
può assumere diverse forme che vanno dalle joint-venture al franchising, dai
consorzi agli accordi di licenza ecc. Ciò caratterizza sia la forma giuridica del
rapporto ma anche il differente grado di condizionamento reciproco delle parti in
gioco. Nonostante non sia possibile istituire un rigido collegamento biunivoco tra
forma contrattuale dei rapporti interorganizzativi e grado di autonomia riguardo la
sfera competitiva, non vi è dubbio che talune formule organizzative meglio si
adattano al raggiungimento di determinate convergenze strategiche e competitive.
In tale schema si è tentato di creare tale corrispondenza, che senza dubbio può
ammettere eccezioni anche di rilievo.
La forma grafica proposta consente di evidenziare gli estremi che per molti
versi presentano caratteristiche del tutto comparabili. Il continuum può essere
rappresentato in forma circolare, laddove ai due estremi esistono la categoria
“impresa integrata” (gerarchia) ed impresa indipendente (mercato). A ben vedere,
infatti, sia l’impresa della prima categoria che quella indipendente hanno processi
di interazione con l’ambiente esterno che non prevedono in alcun modo lo
sviluppo di attività cooperative, la prima perchè affida i propri contatti con
l’esterno se non a relazioni saltuarie, la seconda perchè ha integrato tutto ciò che è
presente nell’ambiente esterno utile allo svolgimento delle attività.
Considerando dunque sia la dimensione verticale che quella orizzontale,
avremo l’area dell’autonomia competitiva, in cui i rapporti tra gli agenti
presentano congiuntamente situazioni di conflittualità e cooperazione; l’area della
“libertà” competitiva, nella quale le relazioni tra imprese sono particolarmente
intense in alcune aree, mentre altre intereazioni sono relegate al potere
contrattuale delle parti, infine abbiamo l’area della “convergenza” competitiva
nella quale il livello di osmosi decisionale, organizzativa e strategica è massima, e
tale per cui non è possibile individuare chi tra le parti ha un ruolo di ledership
strategica.
Ci possiamo ora porre una domanda: perchè le forme di organizzazione
dell’attività economica dovrebbero assumere una posizione intermedia e non
collocarsi invece ad uno dei due estremi? A tale domanda soccorre la (prima
richiamata) teoria transazionale, in base alla quale lo sviluppo di accordi ed
alleanze dovrebbe essere determianta da fenomeni di alterazione dei costi di
transazione che comportano la crisi del mercato. Allorchè l’uso del sistema dei
prezzi diviene elevato (per ragioni legate alla specificità della risorsa oggetto di
transazione, l’incertezza circa la controparte contrattuale, la possibilità che essa
poi possa porre in essere un comportamento opportunistico ecc.) sarà conveniente
analizzare la possibilità di impiego di forme di organizzazione interna. Del pari
però la gerarchia, implica un’attività di coordinamento e di gestione che richiede
risorse onerose (senza considerare poi che, come il mercato, anche la gerarchia
può fallire: ci si riferisce ai fenomeni di burocratizzazione, disidentificazione
organizzativa, spostamento delle finalità da quelle generali tipiche d’impresa a
quelle individuali ecc.).
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Accordi ed alleanze si rivelano uno strumento sempre più indispensabile
per le imprese che intendono intraprendenre uno sviluppo di tipo globale, sia in
quanto rappresentano un tramite privilegiato per raggiungere lo scambio di risorse
immateriali, di mercato e tecnologiche in grado di generare un notevole
accrescimento del patrimonio di asset strategici ed invisibili - e quindi rafforzare
le fonti del vantaggio competitivo - sia per creare e sfruttare economia di scala
statiche e dinamiche indispensabili o superare le barriere poste alla competizione
internazionale. Cooperare con altre imprese è dunque elemento fondamentale con
cui fronteggiare la complessità, rappresentando uno strumento duttile, flessibile,
in grado di rispondere ad una serie articolata di obiettivi proprio perchè sfruttabile
in notevoli circostanze.
Venendo dunque alle finalità di natura competitiva che accordi ed alleanze
consentono di perseguire, è necessario tener presente che poichè la nozione stessa
di cooperazione implica che più imprese mettano in comune alcune capacità (di
ordine finanziario, tecnologico, produttivo, di marketing ecc.) al fine di attivare
meccanismi competitivi differenti, appare opportuno far dipendere gli stessi
obiettivi dal grado di di complementarietà delle capacità delle singole
organizzazioni coinvolte, laddove per “complementarietà” s’intende la
“vicinanza” nelle competenze riguardanti il mercato (competenze di marketing,
rapporti con fornitori e clienti ecc.) oppure attinenti al prodotto (progettazione del
portafoglio, know-how tecnologico, tipologia di attività produttiva). Combinando
questi due parametri è possibile dar luogo ad una matrice laddove le due
dimesioni sono rappresentate proprio dalla sovrapposizione di prodotto (da
intendersi in senso ampio del termine - quindi anche le contiguità in termini
tecnologici) e sovrapposizione di mercato, che implica non solo l’identità
geografica dei mercati serviti, ma anche l’omogeneità nelle competenze
necessarie per operare in essi.
In altre parole, la circostanza per cui le imprese interessate alla
cooperazione sono rivali dirette, concorrenti potenziali o non siano affatto
concorrenti, appare una sufficiente per definire e comprendere le finalità delle
cooperazioni stesse.
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Nonostante le potenzialità di natura strategica che tale modalità competiiva
offre, lo sviluppo di relazioni cooperative tra imprese comporta una serie di
condizioni di fattibilità che rendono rendono questa modalità competitiva
alquanto complessa e sviluppabile solo sotto certe condizioni. Notevoli sono i
vincoli esistenti allo sviluppo di accordi ed alleanze tra imprese, che potrebbero
ribaltare i potenziali vantaggi:
1) divergenze sulla finalità competitiva. Alla base di qualsiasi interazione
cooperativa vi deve essere ovviamente una convergenza nelle finalità complessive
dei partecipanti. Ciò non significa che non possano coesistere obiettivi particolari
che ciascun associato intende prefeggersi, quanto piuttosto che esista una non
contrapposizione tra obiettivi dell’iniziativa in cooperazione ed obiettivi dei
singoli partner;
2) culture non compatibili. Ogni imprese è permeata di valori, idee,
comportamenti, atteggiamenti ecc., e non di rado risulta assai complesso rendere
omogenei tali fattori tra più imprese interessate ad un progetto comune. E’
necessaria una precisazione: l’omogeneità e la compatibilità culturale, a ben
vedere, non richiede in ogni caso la similarità delle stesse: ciò andrebbe infatti a
ledere le opportunità di apprendimento reciproco e scambio di esperienze. In altre
parole, se è vero che la possibilità di condividere obiettivi e creare coesione
nell’ambito della cooperazione sono funzione delle similitudini esistenti tra le
imprese in gioco, è altrettanto vero che la possibilità di accrescere i vantaggi
materiali e gli invisible assets sono fortemente collegati alla disomogeneità delle
imprese stesse;
3) presenza di sinergie negative. Ad esempio, la linea di beni o servizi risultante
dall’iniziativa in cooperazione potrebbe presentare una sovrapposizione dei brand
tale da comportare problemi di cannibalizzazione;
4) asimmetria tra i partner. Ci si riferisce al fatto che dal punto di vista del singolo
partner di un’unione, il fatto stesso di porre in essere un progetto in via non
autonoma può comportare una certa disparità in termini di costi e benefici. In
termini più generali appare che nelle allenze i partecipanti possono godere di
benefici di diverso ordine e comunque non sempre coerenti con i costi che ciascun
consociato sopporta. E’ possibile quindi che un’impresa abbia una capacità di
appropriazione (che dipende ovviamente da una serie di numerosi elementi non
ben individuabili a priori) dei benefici tecnologici, commerciale ecc. superiore, e
tale da minare le condizioni iniziali di fattibilità;
5) possono sussistere vincoli di natura legale. Ad esempio nell’ambito
comunitario il trattato CE (all’art. 85) sancisce chiaramente il divieto di tutti
quegli accordi che possano pregiudicare il commercio tra gli Stati membri e che
abbiano come effetto quello di impedire, restringere o falsare il gioco della
concorrenza ecc.
L’esistenza di tali vincoli richiede quindi che, nella fase di progettazione e
gestione day-by-day dell’unione sia riposta particolare attenzione nella:
1) individuazione del partner ideale (fit strategico e culturale);
2) definizione dei contenuti più appropriati alla circostanza (durata, rigidità e
reversibilità dell’accordo, aree di cooperazione ed aree di conflittualità);
3) costruzione dei meccanismi di funzionamento (ad esempio un management
della cooperazione, il più possibile indipendente, che assicuri un adeguao
svolgimeno del processo decisionale de individui le modalità di risoluzione dei
conflitti) e meccanismi che garantiscano un equilibrata ripartizione dei costi e
benefici.
E’ necessario considerare poi:
1) poichè una relazione cooperativa tra imprese si situa in una situazione
intermedia tra mercato (dove è minimo il fattore cooperativo e massimo
l’opportunismo) e gerarchia (dove avviene il contrario), è fondamentale
individuare e gestire quel sottile equilibrio tra competizione e cooperazione che
caratterizza il progetto comune. In una cooperazione, entro certi limiti, la
conflittualità potrebbe essere funzionale, ma un’eccessiva competitività potrebbe
determinare il blocco de facto dell’accordo;
2) un’ulteriore aspetto è rappresentato dallo sviluppo di una rete interpersonale tra
gli individui appartenenti alle imprese partner. Si ritiene infatti che una
partnership funzioni nel concreto solo se alla base è costituita una solida
intelaiatura di rapporti tra persone per il fluido scambio di informazioni che
risultano essere vitali per l’alleanza;
3) infine, generazione di un clima di fiducia, stima, tolleranza, collaborazione a
tutti i livelli per procedere all’adattamento culturale ed operativo, ancora una volta
alla base del funzionamento della partnership.
IL SETTORE AERONAUTICO
Il settore delle costruzioni aeronautiche civili rappresenta un esempio
emblematico di settore globale ad alta tecnologia.
Le motivazioni che spingono le imprese a competere su scala globale vengono
sovente fatte risalire ad una forte spinta verso una centralizzazione delle attività,
che discende principalmente da due fattori:
1) In primo luogo è evidenziato il processo di R&S, che oltre a rivestire un ruolo
assolutamente critico (dato che la competizione è basata sempre più sul fattore
tecnologico) è estremamente costoso (si sitma che per progettare ex-novo un
velivolo siano necessari qualcosa come un miliardo di EURO) e rischioso, dato
che un investimento “dedicato” ad una specifica trama tecnologica potrebbe
rivelarsi solo a posteriori non suscettibile di applicazione aeronautica. Gli oneri
connessi allo sviluppo di un velivolo rendono quindi impossibile la sua
realizzazione se non avviene il recupero degli investimenti mediante la
commercializzazione su scala mondiale. Ad aumentare i costi di R&S si pone poi
la progressiva divergenza delle traiettorie perseguite dall’aeronautica militare
rispetto a quella civile. O meglio, se negli anni ‘50-‘60 il velivolo civile era una
stretta derivazione di quello militare - che può essere considerato a pieno padre
del primo (un esempio su tutti: il propulsore jet che ha rivoluzionato il trasporto
aereo è stato brevettato preminentemente per scopi bellici, e successivamente
adottato dai velivoli da trasporto merci e persone) - gli ultimi trent’anni sono stati
per certi versi opposti a causa prevalentemente della focalizzazione su prestazioni
in misura sempre più divergenti, determinando dunque l’affievolirsi delle
interrelazioni di matrice tecnologica.
2) Domanda fortemente omogenea: Se è vero infatti che le preferenze degli
acquirenti (le compagnie aeree) circa le caratteristiche dei velivoli risultano
altamente differenziate in relazione alla struttura delle rotte servite, è altrettanto
vero che la collocazione geografica del vettore influenza solo marginalmente tali
preferenze, determinando, tuttalpiù, variazioni solo relativamente alla quantità di
velivoli acquistati per i differenti segmenti di domanda. L’omogeneità della
domanda consente di standardizzare il prodotto fisico soprattutto per quanto
riguarda il servizio post-vendita e di assistenza tecnica. La funzione di vendita
(pre e post/assistenza tecnica ai vettori) assai complessa e (anche questa) costosa,
è realizzabile da un numero ristrettissimo di venditori a fronte di una quantità di
acquirenti piuttosto limitata ma con ordinativi notevoli. Infine, un ulteriore spinta
all’integrazione dell’attività risiede nella possibilità di sfruttare su tutti i mercati i
guadagni di reputazione ed il know-how commerciale sviluppato mediante i
rapporti con la clientela (che rappresenta in altri termini lo sfruttamento di
economie di raggio d’azione).
Le imprese aeronautiche adottano dunque una strategia globale di tipo
indifferenziata - o meglio imperniata sulla standardizzazione dell’approccio al
marketing e sulla concentrazione di quelle attività per le quali si manifestano
rilevanti vantaggi da integrazione. Ma a tali forze fortemente accentranti delle
attività, vi sono delle altre sia di tipo economiche, ma prevalentemente politiche,
che spingono ad un forte decentramento a causa della protezione (dell’industria e
dei mercati) riservata dai vari Governi. Questo perchè gli investimenti
nell’industria aeronautica civile hanno un grado di strategità molto elevata,
connessa agli effetti di ricaduta che sono in grado di generare su tutti i comparti
(fungendo talvolta da effetto propulsore dell’economia, come il caso del Brasile e
della Spagna) dell’economia - ricaduta prevalentemente in termini tecnologici, ma
anche occupazionali ed economici (considerando che la produzione aeronautica
genera degli alti flussi di esportazione). Da considerare ovviamente anche gli
effetti connessi alla difesa nazionale.
OFFERTA
Le dinamiche presentate precedentemente non possono che avere come
effetto la caratterizzazione oligopolistica del mercato, nell’ambito del quale sono
presenti poche imprese leader che tentano di ricomporre dunque il contrasto fra i
vincoli economici di una strategia globale e le realtà politiche derivanti dagli
interessi dei Governi. Ad essere più precisi il mercato si caratterizza per una
competitività differente posta ad ogni singolo segmento di mercato o gruppo
strategico, differenziato oltre che in relazione alla capacità di carico ed
all’autonomia dell’aeromobile, prevalentemente in relazione al livello tecnologico
espresso dal velivolo. Se nei segmenti ad alto contenuto tecnologico si assiste
oggi ad un aspro duopolio (l’americana Boeing, a cui si incorporata la McDonnell
Douglas nel 1997 e l’europea Airbus, consorzio tra le imprese aeronautiche
inglesi, francesi, spagnole e tedesche), nei segmenti a più basso contenuto
tecnologico - e quindi dalle barriere meno impegnative - la concorrenza si estende
ad un numero elevato di imprese.
DOMANDA
La domanda, come detto, è formulata prevalentemente dalle compagnie
aeree. E’ altamente sofisticata, volatile ciclica, giacchè la domanda di trasporto
aereo - da cui deriva ovviamente quella di velivoli commerciali - dipende
fortemente dalle condizioni dell’economia, e dai contesti politici, legislativi ed
economici. La sofisticazione deriva da due fattori: in primis la domanda tende a
privilegiare prestazioni fortemente mutevoli nel tempo (ad esempio, la crisi
petrolifera degli anni ‘70 ha privilegiato il solo risparmio di carburante, nel
periodo di crescita degli anni ‘80 si è dato ampio spazio alle caratteristiche di
comfort e sicurezza), secondo poi il potenziale acquirente dispone di informazioni
estremamente dettagliate e destina consistenti risorse al processo di selezione del
migliore offerente. Ciò è facilmente compresibile considerato che l’investimento
di gran lunga più rilevante di un’aerolinea è rappresentato proprio
dall’immobilizzazione materiale “velivolo”, che vincola lo stesso vettorea ad un
tipo di equipaggiamento per un lungo arco temporale, non di rado misurabile in
decenni.
Non v’è dubbio, tuttavia, che il fattore di maggior rilievo che ha
contraddistinto gli ultimi vent’anni della domanda di velivoli è stato il processo di
deregolazione del mercato trasporto aereo (terminato in Europa nel ‘97, ma
anticipato dagli Stati Uniti nel ‘78), che, innescando prevalentemente una price-
competition tra vettori, ha ridotto l’importanza del fattore qualità, producendo
come effetto - tra le tante altre cose - quello per cui i vettori sono meno desiderosi
di adottare nuovi nuovi velivoli a meno che questi non consentano una
significativa riduzione dei costi operativi diretti, e cioè relativi a equipaggio,
combustibile, ammortamento e manutenzione.
Un effetto della deregolazione che in tale sede rileva (prevalentemente per
discutere il caso Alenia), è lo nascita e sviluppo di una serie di vettori su base
regionali serventi rotte di tipo point-to-point, che rappresentano l’”alter ego”
dell’offerta di voli commerciali, basati prevalentemente su un’organizzazione di
tipo hub & spokes, e cioè concentrati su un nodo aeroportuale primario da cui
dipartono a raggiera tutte le rotte. Le aerolinee regionali serventi rotte point-to-
point hanno favorito la domanda di velivoli capaci di 50/100 persone, dai bassi
costi di gestione e soprattutto dalla bassa manutenzione ad elevato rateo di
utilizzo.
CARATTERISTICHE DELL’INDUSTRIA AERONAUTICA
Le altre caratteristiche dell’industria aeronautica, la cui analisi risulta
essere propedeutica alle motivazioni ad all’organizzazione delle relazioni
cooperative, sono rappresentate da:
1) per realizzare e commercializzare i velivoli è necessario possedere elevato
know-how, tecnologico e di marketing, che ha una forte caratteristica
esperenziale. E’ fondamentale, dunque, per le imprese impegnate nel comparto,
monitorare e saper attingere alle variegate fonti esterne delle conoscenze
tecnologiche;
2) gli elevati rischi. Tre ordini di rischi:
a) quelli di mercato, che sono legati al fatto che è elevato il periodo tra cui
si decide di avviare il programma e si realizzano le prime consegne: la domanda,
come visto, è erratica, e in tale contesto ciò equivale a dire che le aerolinee
potrebbero aver mutato anche radicalmente preferenze e disponibilità all’acquisto;
b) quelli tecnologici, legati al fatto che le imprese aeronautiche si trovano
davanti ad un problema di scelte della traiettoria tecnologica sulle quali
focalizzare l’attività innovativa. Essendo la ricerca aeronautica di tipo
idiosincratica, e cioè necessitante di risorse specifiche ed elevate, i produttori si
trovano nella condizione di non disporre informazioni sufficienti per operare una
razionale allocazione delle risorse aziendali, e, nello stesso tempo, non
dispongono di mezzi tali di consentire loro di sviluppare tutte le tecnologie
potenzialmente in grado di dare luogo ad innovazioni applicabili alla produzione
aeronautica e che, nel medio/lungo periodo, saranno in grado di attrarre
maggiormente l’interesse dei vettori;
c) quelli finanziari, relegati all’allungamento del payback period, e cioè di
quel tempo necessario affinchè gli investimenti siano recuperati nella loro
interezza;
3) Mentre le economie di scala di tipo statico rivestono un ruolo decisamente
marginale - prevalentemente in virtù sia dell’ampio ricorso ai sistemi di
produzione flessibili che alla continua innovazione di processo e di prodotto - le
economie di scopo (o di raggio d’azione) - legate alla ripartizione degli alti oneri
di marketing e di R&S sul più alto numero possibile di modelli - e le economie
dinamiche - relegate all’effetto che l’esperienza esercita sui costi unitari - sono
fondamentali per assicurare alle imprese aeronautiche vantaggi competitivi di
assoluta portata.
COOPERAZIONI NELL’INDUSTRIA AERONAUTICA
E’ facilmente comprensibile come, alla luce di quanto fin qui riportato,
nell’industria aeronautica civile siano presenti delle caratteristiche che spingono le
imprese ad assumere un atteggiamento cooperativo piuttosto che conflittuale. Ciò
è pienamente dimostrato dal fatto che negli ultimi vent’anni (ma questa è anche la
tendenza per il prossimo decennio) nessun aeromobile commerciale è stato
realizzato da una sola impresa, ma è sempre stato il risultato di sforzi congiunti.
Al fine di comprendere appieno il fenomeno, di primaria importanza si
manifesta l’individuazione della dimensione nell’ambito del quale la
collaborazione si manifesta. E’ possibile a tal proposito distinguere
concettualmente due categorie di accordi: quelli intersettoriali, e cioè tra imprese
aeronautiche ed imprese impegnate in altri settori, prevalentemente poste a monte
della filiera produttiva (settore dell’elettronica, della chimica, robotica,
dell’informatica - ad esempio l’accordo che Aeritalia [oggi Alenia] ha stretto con
l’ENI per la realizzazione di preimpregnati per la produzione di parti della cellula
del velivolo Boeing-McDonnell Douglas MD-87), e le cooperazioni tra imprese
impegnate direttamente nel comparto dell’aeronautica commerciale.
1) La prima categoria di accordi interessano prevalentemente le conoscenze che le
imprese cercano di incrementare: in un settore ad alta tecnologia, caratterizzato
dalla continua crescita degli investimenti in R&S, dal dinamismo della frontiera
tecnologica e dal rischio e criticità competitiva all’innovazione (di cui prima) è
impensabile che un’impresa stand-alone possa internalizzare tutte le attività ed i
processi necessari per mantenere il passo con lo sviluppo tecnologico. D’altra
parte non sempre praticabile si presenta la possibilità di ricorrere al mercato; le
conoscenze e le informazioni presentano un’oggettiva difficoltà di trasferimento a
causa del particolare processo di generazione; un operatore economico produce
informazioni come risultato collaterale della propria attività tipica, realizzando, in
altre parole, la generazione di una conoscenza privata relazionata all’ambito del
proprio agire e delle sue interrelazioni con l’ambiente esterno. Ne consegue che
l’informazione è utilizzabile efficacemente, ed a costo zero, naturalmente, dopo
aver sostenuto i costi della sua generazione, all’interno dell’organizzazione in cui
è stata ottenuta, mentre richiede un processo di adattamento se deve essere
trasferita ad un altro soggetto.
Un’impresa può apprendere da un’altra, ma il trasferimento di conoscenza implica
lo scambio di persone, l’insegnamento e la cooperazione. E’ necessario
risprodurre un contesto che riesca ad utilizzare effettivamente le conoscenze che
vengono trasferite; data la dissimilarità delle attività e l’opportunità connesse al
fatto di averle a disposizione, l’unica alternativa che permette la collaborazione
necessaria per un efficace trasferimento delle conoscenze generate dall’esterno
evitando gli investimenti per lo sviluppo interno o esterno (acquisizione sul
mercato), è dunque l’alleanza. In tale contesto accordi ed alleanze conferisconoun
elevato livello di flessibillità strategica.
2) Gli accordi della seconda categoria presentano indubbiamente delle
caratterisiche più tradizionali - di tipo produttivo e commerciale - con l’obiettivo
di ricercare sinergie attraverso lo svolgimento congiunto delle atività ed una
maggiore attenzione alla suddivisione dei compiti, alla razionalizzazione ed alle
condizioni di efficienza.
Accordi ed alleanze di tipo infrasettoriali hanno per oggetto prevalentemente la
realizzazione di parti dei velivoli; si assiste ad una serie di transazioni
differenziate prevalentemente in relazione alla condivisione del rischio di
progetto: dalla subfornitura internazionale - dove l’impresa è una mera esecutrice
di parti realizzate dalla leader di progetto - all’associazione al programma - co-
partecipazione senza l’assunzione di alcun rischio - dalle cooperazioni di
minoranza a quelle paritetiche, implementate attraverso formule contrattuali che
contemplano prevalentemente consorzi e accordi no-equity (quindi formule
maggiormente flessibili).
Per ciò che attiene agli obiettivi è necessario fare una distinzione:
1) Le aziende dalle forti competenze manageriali, di mercato, finanziarie e
tecnologiche (come Boeing.MDD ed Airbus, inteso però come entità sublimata
rispetto alle imprese alla base - imprese che sono in grado di gestire in ogni sua
fase la realizzazione di un programma aeronautico) stringono alleanze con aziende
dei paesi tecnologicamente meno sviluppati (dal punto di vista
tecnologico/aeronautico) prevalentemente per ampliare il mercato (questo
garantito poi dall’offset, particolare forma di countertrade) - l’ampliamento del
mercato consente di acquisire un vantaggio competitivo di assoluto rilievo: da una
parte infatti è data la possibilità di ripartire gli alti oneri fissi di R&S e marketing
su di un numero più elevato di velivoli, dall’altra di scendere lungo la curva di
esperienza a causa di una maggiore produzione cumulata - ma consente di
sfruttare eventuali sovvenzioni governative, redditi derivanti dlle cessioni in
licenza nonchè differenziali nella remunerazione dei fattori produttivi. Per tali
imprese il vantaggio di tali formule cooperative consiste prevalentemente
nell’acquisizione (o incremento) di competenze critiche tecnologiche e di
marketing (ciò vale a maggior ragione per i PVS dati gli effetti di spillover).
Per questo tipologia di aziende (Boeing-MDD ed Airbus), in realtà stringere
alleanze con imprese dalle capacità minori vuol significare anche la possibilità
esternalizzare quelle attività strettamente aeronautiche che si basano su di un
patrimonio tecnologico relativamente maturo, conservando, dunque, il controllo e
la partecipazione proattiva nelle aree tecnologicamente più dinamiche. Tali
accordi si configurano, sostanzialmente, più che propedeutici all’accrescimento
degli asset invisibili, un tramite provilegiato mediante il quale è data la possibilità
di condividere con i partner costi e rischi della strategia globale senza tuttavia
rinunciare alla focalizzazione sulle critical competences.
2) Per le aziende dalle competenze “medie” (ma che conseguono in una qualche
specialità rilevanti vantaggi competitivi) la creazione di partnership risponde ad
una serie articolata di obiettivi che vanno dal dimensionamento dell’entità degli
investimenti - realizzabile prevalentemente mediante la condivisione di risorse
diverse ma complementari, fattore questo che dà valore aggiunto alle specificità di
ciascuna partner e consente di accedere alle risorse altrui che è alla base
dell’accrescimento degi propri asset - alla riduzione dei vari rischi, dalla
possibilità di allocare in maniera più efficiente la produzione (fattore che consente
anche questo di sfruttare l’effetto apprendimento) alla riduzione dei progetti in
concorrenza - fattore questo fondamentale data la ciclicità della domanda:
riducendo i progetti in concorrenza, nelle fasi di ridimensionamento del mercato
le alleanze appaiono come soluzione appropiata che rende difficile per le aziende
sopravvivere autonomamente; se l’alternativa per i potenziali partner è la
realizzazione di un programma autonomo, ricorrendo ad un’iniziativa in
collaborazione diviene più probabile il raggiungimento quanto prima del punto di
pareggio e si accorciano i tempi di recupero degli investimenti.
I principali problemi
1) Il principale problema che deriva di tali alleanze riduarda il fatto che i partner
sono spesso alleati per alcuni progetti ma concorrenti in altri. A tal proposito è da
rilevare come la realtà aeronautico-industriale sia caratterizzata dalla non
esclusività dei rapporti (e cioè degli schieramenti non rigidi) nel senso che
ciascuna azienda non deve compiere una scelta di campo associandosi ad un dato
sistema di alleazne o un altro. Ciascun produttore nella massima libertà può
scegliere di partecipare a diversi programmi in base alle proprie finalità
strategiche e a valutazioni relative all’acquisizione delle capacità mancanti. Ciò
determina un aumento della mutevolezza e asperità del loro confronto - confronto
che quindi non si limita al prodotto fisico ottenuto, bensì nasce dal momento in
cui è si è giunti alla decisione di porre in essere un programma aeronautico,
riguardando, per i leader di progetto, la disputa per l’individuazione del/dei
partner più opportuni, e, per gli associati ai programmi, quella per l’acquisizione
di un ruolo nell’ambito della partnership. Cooperazion e concorrenza, si potrebbe
dire, si evolvono e s’intrecciano in continuazione producendo come risultato un
contesto di forte dinamicità.
Gli schieramenti non rigidi, quindi, possono porre problemi riguardo:
1) gli obiettivi, che possono essere divergenti;
2) il differente punto di osservazione del mercato;
3) le decisioni in merito ai progetti da intraprendere non sono il frutto di un’analisi
delle opportunità offerte dalle collaborazioni ma spesso risultano relegate alla
strategia perseguita dalle imprese impegnate, che s’ingegnano fattivamente per
evitare fenomeni di cannibalizzazione.
2) Se in una partnership è presente un operatore pubblico, non v’è dubbio che i
tempi possono subire un’ulteriore diluizione, poichè alla base di un intervento del
genere vi è certamente la volontà di diffondere (e quindi generare la ricaduta) il
sapere tecnologico ottenuto dalla confederazione, cosa questa che può incontrare
forti contrapposizioni degli altri membri.
3) Per le imprese maggiori, costituire un sistema di alleanze significa condividere
le proprie conoscenze e competenze, cosa che potrebbe avere ripercussioni
negative sulla loro posizione competitiva, facilitando la comparsa di nuovi
concorrenti.
4) I partner possono porre in essere comportamenti opportunistici. Questo trae
origine dal fatto, ad esempio nel caso di sforzi congiunti nell’attivià di marketing
o R&S, che il sapere ottenuto in comune ha la caratteristica (entro certi limiti) di
bene pubblico: produzione e fruizione sono indipendenti tra di loro. Si potrebbero
verificare in altri termini comportamenti di tipo free-riding.
5) L’ottenuto di un’alleanza potrebbe avere una minore capacità di penetrazione
commerciale. Questo perchè una compagnia aerea potrebbe preferire instaurare
una relazione con un’organizzazione “non transeunte” piuttosto che con
un’iniziativa in cooperazione destinata a mutare identità nel caso di fallimento
dell’accordo.
6) Nelle cooperazioni con finalità tipicamente produttive, ovvero focalizzate sulle
condizioni di efficienza, ciascun partner apporta le proprie migliori competenze in
un’ottica di specializzazione delle attività. Questa formula organizzativa, si
presenta tuttavia rischiosa da un punto di vista dello sviluppo delle competenze
critiche dei partecipanti, e cioè la rinuncia allo sviluppo di competenze rispetto
alle quali si trova in una condizione di svantaggio nei confronti dei partner, e che
quindi necessiterebbero di essere accresciute. Ciò porta ad una situazione di
paradossalità: quanto maggiore è il successo di un’alleanza, tanto più i partner
sono incentivati a mantenere intatte l’allocazione delle competenze, determinando
quindi la “non crescita” delle competenze mancanti. Tale rilievo fornisce una
spiegazione al fenomeno - prima visto - dell’intrecciarsi delle alleanze nel settore
aeronautico, senza che prendano forma raggruppamenti stabili di aziende in
concorrenza tra di loro, e cioè partecipare a più joint-project per sopperire alla
specializzazione delle attività.
I problemi potrebbero essere - in parte - risolti istituendo un “management della
cooperazione”, meccanismo di governance di relazione, con una serie di compiti
che vanno dalla pianificazione dell’attività al controllo, dall’organizzazione
operativa all’attività propedeutica a dirimere gli eventuali conflitti, ma ciò
potrebbe implicare una diluizione del cotrollo manageriale, la complicazione del
processo decisionale, con l’esito certo di contribuire a rallentare l’operatività
dell’organismo cooperativo (che costituisce un forte limite in un settore ad alta
dinamicità come quello aeronautico).
La realtà empirica mostra l’esistenza di due modelli di organizzazione delle
relazioni cooperative tra imprese che, in base alla differente conigurazione dei
rapporti tra i partner, possono essere definiti network monocentrici e network
policentrici.
1) Il primo è il caso prevalentemente di Boeing-McDonnell Douglas. Tale
modello è caratterizzato dalla presenza di un’impresa che in virtù delle proprie
dotazioni tecnologiche e a fronte di una posizione di mercato forte, è in grado di
assumere la direzione del progetto, mantenendo il controllo sulle attivià critiche
per il conseguimento dei vantaggi competitivi, ed instaura una tipologia di
rapporti con le imprese partner basate sulla dominanza strategica. Per ciò che
attiene al potere di decisione e controllo, di ripartizione dei benefici economici,
condivisione della tecnologia e protezione degli interessi degli associati, l’autorità
finale è esclusiva dell’azienda capo-fila. Nel caso di conflitti il controllo generale
del sistema attribuisce alle dominanti la possibilità di imporre una decisione
unilaterale. Se da una parte tale mancanza di autonomia nella collaborazione si
risolve, per le imprese associate, nella rapidità decisionale e di adattamento ai
diversi climi ambientali, dall’altra impone ovviamente un ruolo di subordinazione
nelle scelte strategiche dei partner.
2) Il modello policentrico (consorzio Airbus) si instaura un rapporto di co-
contrattazione tra i partner. Il management della cooperazione funge da struttura
di controllo e meccanismo atto a dirimere i conflitti; intrattiene direttamente le
relazioni esterne che richiedono una gestione centralizzata. Il grado di autonomia
concesso a tale organismo riveste un valore di fondamentale importanza, in
quanto è tale organo che svolge la funzione critica di stabilire la distribuzione
delle attività ed il tipo di lavorazioni assegnate a ciascun partner. E’ questo un
problema di difficile soluzione nelle iniziative policentriche, poichè tutte le
decisioni devono essere condivise dai partecipanti, compresa l’attribuzione delle
parti più interessanti del progetto, dalle quali si traggono maggior benefici in
termini di crescita tecnologica. E’ evidente come per il buon esito del programma
sarebbe auspicabile il massimo grado di autonomia dell’organo di direzione,
tuttavia i collegamenti tra progettazione, produzione e marketing del programma
congiunto ed i progetti individuali rendono impossibile una gestione
completamente indipendente dell’organizzazione cooperativa.
* * * * * *
ALENIA AERONAUTICA
Alenia “soffre”della situazione aeronautica civile (e non solo) italiana. Questo
perchè sin dal secondo dopoguerra, siè assistiti ad un profondo disimpegno nel
settore - ribadito poi dall’ultimo episodio riguardo il velivolo militare dell’Airbus
A400M - soprattutto nella R&S. Un dato su tutti: gli investimenti in R&S sono
assommti nel decennio 1990/2000 al 15% del fatturato complessivo dell’industria
aeronautica, contro un 25% comunitario. Considerato poi che il fatturato delle
aziende italiane impegnate nel campo aeronautico assomma solo ad un
dodicesimo di quello delle rivali inglesi, francesi e tedeesche, il dato è facilmente
tratto.
Alenia Aeronautica è una divisione di Alenia Aerospazio, società
interamente controllata da Finmeccanica. Nata nel 1990 dalla fusione tra Aeritalia
e Selenia (operante nel settore dei satelliti, impianti radaristici e
telecomunicazioni) ha ereditato tradizioni, know-how e strutture produttive della
divisione Aviazione della Fiat, ceduta nel ‘69 proprio ad Aeritalia.
La divisione aeronautica di Alenia ha nel tempo mantenuto la posizione di
fornitore principale dell’AMI, conservando dunque un orientamento
maggiormente rivolto verso il mercato militare nazionale. Non meno importante si
presenta tuttavia l’impegno nell’aeronautica civile, mediante partnership con le
principali aziende aeronautiche del mondo.
Il management aziendale, nonostante dichiari la capacità di gestire in ogni
sua fase la realizzazione di un velivolo, può computare le proprie competenze
distintive nella realizzazione della fusoliera nella sua interezza. La divisione del
lavoro che accompagna i progetti multinazionali vede sempre più questo ruolo del
maggiore produttore nazionale.
Seguendo l’organizzazione delle BU dell’azienda, le relazioni cooperative
che la interessano possono essere suddivise in due categorie, all’interno delle
quali sono individuabili delle sostanziali omogeneità a livello di competenze e
risorse possedute dai partner. La prima categoria, denominata “aerostrutture”
riguarda prevalentemente le partnership con Boeing-MDD ed Airbus - attori dal
livello di risorse e competenze generali decisamente elevato - per la realizzazione
di parti della fusoliera di alcuni dei velivoli prodotti dalle due aziende. La seconda
categoria, denominata “regionali”, riguarda il consorzio paritetico ATR per la
produzione dei velivoli regionali turboelica ATR-42 e ATR-72 con la francese
Aerospatiale - quest’ultima azienda dal livello di competenze “quantitativamente”
similari ma “qualitativamente” complementari ad Alenia.
1) Le alleanze del primo gruppo, quelle strette con Airbus in una logica di
associazione di minoranza e con Boeing in una logica risk-sharing, rispondono al
target di migliorare il posizionaento competitivo dell’azienda italiana. Fulcro
della srategia di Alenia, difatti, è proprio quella di acquisire il know-how
tecnologico e di marketing per entrare nel segmento di mercato jet con un velivolo
di tipo regionale.
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Conclusione generale, dunque, è che è impensabile che un’impresa, per
quanto grande ed organizzata, riesca ad internalizzare tutte quelle attività e
competenze critiche per mantenere il passo con la complessità competitiva. Il
ricorso al mercato non sempre risulta praticabile, sia per un’oggettiva difficoltà di
effetture un certo tipo di transazioni, ma anche per un’oggettiva difficoltà di
disporre delle risorse finanziarie necessarie per acquisire sul mercato le
competenze mancanti (crescita esterna) - con tutti i problemi e gli impatti negativi
sull’organizzazione che ciò comporta.
La via di accordi ed alleanze si manifesta in tale contesto l’alternativa ottimale,
che consente in tempi rapidi - ma soprattutto in tempi coerenti con l’evoluzione
della contingenza competitiva - di sopperire all’impossibilità dello sviluppo
autogeno di competenze e conoscenze, condividendo poi costi e rischi di una
strategia del genere.
Tuttavia, nonostante le potenzialità che lo strumento offre, questo richiede
una serie di condizioni di fattibilità - fiducia, tolleranza, adattabilità, condivisione
delle visioni, degli obiettivi di medio/lungo termine ecc., adattamento dei
meccanismi operativi, criteri di ripartizione equi di compiti e benefici economici -
che, se mancanti, sono in grado di sbilanciare completamente i benefici che tale
modalità concorrenziale è in grado di apportare.