5
Tradizionalmente sono questi gli interrogativi che nascono e che bisogna affrontare quando il cancro
entra nella vita di una persona, alla quale bisogna comunicare, e con lei, in qualche misura,
condividere, l’esito diagnostico.
Più di un secolo fa Lev Tolstoj scriveva: “il maggior tormento per Ivan Il’ic era la menzogna che lo
voleva malato, ma non moribondo”. Questa frase trasmette la sensazione che il malato, in fase
terminale, sia sottoposto ad una continua negazione delle sue reali condizioni, ad un silenzio che lo
pone in una condizione d’ignoranza e che ne pregiudica l’autonomia decisionale.
L’esperienza del mio tirocinio si è svolta dal 2 gennaio al 29 febbraio presso l’Hospice “Via di Natale”
di Aviano (Pordenone).
Durante il tirocinio, che ho affrontato come studente in questi due mesi, sono emerse delle difficoltà
specialmente quella di rapportarsi in modo adeguato al paziente terminale e alla sua famiglia.
Mi rendo conto di trascorrere la maggior parte del mio tempo preoccupandomi del passato e del futuro.
Io devo immergermi nel presente, imparare a conoscere le persone che sono intorno a me ora, in questo
momento.
L’Hospice non è solo un luogo fisico di cura, ma è “una bolla” che abbraccia il paziente e la sua
famiglia. L’Hospice rende il morire più sopportabile e non privo di significato.
Nel 2005, in occasione della giornata mondiale per l’Hospice e le Cure Palliative, l’Arcivescovo
Edmond Tutu, Nobel per la Pace 1984, scrisse: «l’Hospice e le Cure Palliative devono offrire una
risposta efficiente alla popolazione mondiale. È una realtà che riguarda ognuno di noi,
indistintamente, sul pianeta. Tutti desideriamo che la nostra vita possa concludersi in pace e con
dignità».
La cultura contemporanea si ostina a negare la morte.
Non avendo più parole capaci di far vivere socialmente la morte, si tende ad affermare nei confronti del
malato terminale lo zelo igienista, che mai come oggi ha indotto a porre i morenti dietro le quinte della
vita sociale.
Penetrare nell’animo degli uomini, delle donne e dei bambini che sono stati pazienti e i loro familiari.
Sono in debito con loro per l’eredità che mi hanno lasciato. Paradossalmente, le loro lezioni di fine vita
non riguardano la morte, ma l’esistenza.
È molto difficile, quando si entra in relazione con una persona che soffre saper dire basta e accettare
che oltre non possiamo andare, è come se dentro di noi ci fossero due forze, una ci dice di fermarci, che
è il momento di tornare a casa, l’altra ci fa sentire in colpa proprio perché noi possiamo farlo e il
malato no, perché di fronte alla sofferenza e alla morte il nucleo privato conta veramente poco. Il
6
risultato è la perdita di contatto con noi stessi, è come se il nostro mondo e quello del malato fossero un
tutt’uno e questo è fuorviante.
La difficoltà degli infermieri è convincersi che, al di là dei farmaci, aiutare i pazienti a superare queste
fasi è terapia: terapia umana.
L’esperienza di vivere accanto ai malati terminali è qualcosa di inimmaginabile, se non la si prova, non
si può comprendere. È una scuola di vita dove s’insegna ogni giorno qualcosa di nuovo, dove si
provano mille sensazioni. Nella vita di tutti i giorni siamo portati a correre senza fermarci mai a
riflettere che c’è un tempo per tutte le cose. Vivendo accanto ai malati terminali, la nostra vita cambia e
se dapprima si pensava di essere immortali, tutto dopo viene ridimensionato. Si pensa alla morte, anche
se la società la rimuove. Ritornando all’esperienza in Hospice mi accorgo di quante volte emerge negli
ospiti la paura di morire e di morire da soli. Quanto è importante l’accompagnamento, assistenza
specifica fatta con amore, far vivere nel modo migliore il tempo che è stato a loro destinato.
Chi vuole restare accanto a chi muore deve, prima di tutto, considerare queste persone non come altro
da sé, immerse in altri mondi e altre storie. Essere disponibili invece ad entrare in contatto con la vita
che pulsa e con tanto di ciò che spesso lasciamo ai margini nelle nostre giornate: il significato delle
azioni, il valore delle scelte, le relazioni, gli amori, l'amicizia, il dono di noi agli altri, il bisogno di
sentirsi amati, la voglia di dare senso e spessore alla quotidianità, ciò che ci sovrasta, dentro o fuori di
noi. Quasi a dire che il primo, fondamentale modo di aiutare chi ci sta lasciando non va cercato in
chissà quali regole e formule magiche da applicare scientificamente, ma nella nostra capacità di entrare
in contatto con noi stessi, la nostra vita interiore, i nostri pensieri. E non solo: impegnarsi a vivere
“bene” cioè pienamente, in coerenza con ciò che riteniamo importante, cercando di fare quello che ci
realizza, coltivando la vita che vorremmo; questo allarga come uno spazio interno e permette ad
ognuno di noi di fare entrare anche il dolore, la sofferenza, l'impotenza.
L’assistenza ai morenti ed ai malati terminali è sempre esistita e anche le malattie inguaribili: pensiamo
alla peste, al vaiolo, alla tubercolosi, alla lebbra, che nei secoli scorsi hanno mietuto milioni di vittime,
fino ad arrivare al giorno d’oggi, dove le malattie mortali da combattere sembrano essere il cancro e
l’AIDS.
Quello che è cambiato nel tempo, è il modo in cui quest’assistenza è fornita.
7
PARTE GENERALE
Cap. 1 RIFERIMENTI NORMATIVI
Vi sono tanti riferimenti normativi riferiti all’Hospice e di conseguenza alle Cure Palliative a partire
dall’OMS fino ad arrivare alle leggi nazionali (allegato 1) e al Codice Deontologico in vigore (allegato
2) e la revisione del febbraio 2008 (allegato 3).
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, o World Health Organization, WHO in inglese),
agenzia specializzata delle Nazioni Unite per la salute, è stata fondata il 7 aprile 1948, con sede a
Ginevra.
Poi vi sono le leggi italiane sia nazionali sia regionali in particolare le regioni Emilia-Romagna
(allegato 4) in quanto è la nostra regione e la Friuli Venezia Giulia (allegato 5) perché è la regione dove
ho svolto il mio tirocinio.
E infine, non meno importanti ho preso in considerazione le normative infermieristiche (allegato 6).
LEGISLAZIONE OMS
Le Cure Palliative sono la risposta appropriata ai bisogni dei malati in fase avanzata e terminale di
malattia e dei loro cari. Secondo la più recente definizione dell'Organizzazione Mondiale per la Sanità,
le Cure Palliative sono "... un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle loro
famiglie che si trovano ad affrontare le problematiche associate a malattie inguaribili, attraverso la
prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo di un’identificazione precoce e di un ottimale
trattamento del dolore e delle altre problematiche di natura fisica, psicosociale e spirituale. Le Cure
Palliative forniscono il sollievo dal dolore e da altri gravi sintomi, sono garanti della vita e
considerano la morte un processo naturale che non intendono affrettare né ritardare. Le Cure
Palliative integrano gli aspetti psicologici e spirituali della cura dei pazienti e offrono un sistema di
supporto per aiutare i malati a vivere nel modo più attivo possibile fino alla morte. Offrono anche un
sistema di sostegno per aiutare le famiglie ad affrontare la malattia del proprio caro e, in seguito, il
lutto. Utilizzando un approccio multidisciplinare in équipe, le Cure Palliative rispondono ai bisogni
dei malati e delle famiglie, offrendo, qualora necessario, un intervento di supporto nella fase
d’elaborazione del lutto. Migliorano la qualità della vita e possono influire positivamente sul decorso
della malattia. Possono essere iniziate precocemente nel corso della malattia, in associazione ad altre
terapie mirate al prolungamento della vita, quali la chemioterapia e la radioterapia e comprendono le
8
indagini diagnostiche necessarie per meglio riconoscere e gestire le gravi criticità cliniche, fonte di
angoscia. Le Cure Palliative dovrebbero essere proposte con gradualità, ma prima che le
problematiche cliniche diventino ingestibili. Le Cure Palliative non devono essere prerogativa solo di
team specializzati, attivi a livello domiciliare, negli Hospice e in ospedale, essendo attivate solo
quando tutti gli altri interventi terapeutici sono stati interrotti. I principi della medicina palliativa
devono diventare parte integrante in tutto il percorso di cura e devono essere garantiti in ogni
ambiente assistenziale".
L’OMS nel 1990, ha dato la seguente definizione di Cure Palliative: “l’assistenza (care) globale,
attiva, di quei pazienti la cui malattia non risponde a trattamenti curativi. È fondamentale affrontare e
controllare il dolore, gli altri sintomi e le problematiche psicologiche, sociali e spirituali. L’obiettivo
delle Cure Palliative è il raggiungimento della migliore qualità di vita per i pazienti e per le loro
famiglie”.
Perché le Cure Palliative si realizzano?
• le procedure diagnostiche devono essere ridotte al minimo;
• è necessario un approccio d’équipe;
• le infermiere hanno un ruolo preminente.
(OMS, 1990)
Che cosa fanno le Cure palliative?
• affermano il valore della vita, considerando la morte come un evento naturale;
• non prolungano ne abbreviano l’esistenza dell’ammalato;
• provvedono al sollievo del dolore e degli altri sintomi;
• integrano gli aspetti psicologici e spirituali dell’assistenza;
• offrono un sistema di supporto per aiutare il paziente a vivere il più attivamente possibile fino
alla morte;
• offrono un sistema di supporto alla famiglia.
(OMS, 1990)
9
OMS nel 1990 ha identificato i bisogni del paziente durante le Cure Palliative:
- bisogno di sicurezza;
- bisogno d’amore;
- bisogno di comprensione;
- bisogno di accettazione;
- bisogno d’autostima;
- bisogno di fiducia.
LEGISLAZIONE REGIONALE EMILIA-ROMAGNA (allegato 4)
HOSPICE REGIONE EMILIA-ROMAGNA:
Hospice Mariateresa Chiantore AUSL di Bologna (Bentivoglio)
Hospice Ospedale Bellaria AUSL di Bologna
Hospice Presidio Ospedaliero Santa Colomba di Savignano sul Rubicone AUSL di Cesena.
Hospice Le onde e il mare di Codigoro AUSL di Ferrara
Hospice Casa della Solidarietà Associazione ADO AUSL di Ferrara
Hospice di Forlimpopoli AUSL di Forlì
Hospice Territoriale di Dovadola IPAB "Opera Pia Zauli" AUSL di Forlì
Hospice di Castel San Pietro AUSL d’Imola
Hospice Centro Oncologico Azienda Ospedaliera Policlinico di Modena AUSL di Modena
Hospice di Fidenza AUSL di Parma
Hospice di Langhirano AUSL di Parma
Hospice La Valle del Sole AUSL di Parma
Hospice Piccole Figlie AUSL di Parma
Hospice Territoriale di Borgonovo "Una Casa per le Cure Palliative" AUSL di Piacenza
Hospice San Domenico Casa Protetta Sassoli AUSL di Ravenna
Hospice Casa Madonna dell'Uliveto AUSL di Reggio Emilia
Hospice di Guastalla d’AUSL di Reggio Emilia
Hospice Unità di Terapia Antalgica e Cure Palliative c/o Ospedale di Rimini AUSL di Rimini
10
PIANO SOCIALE E SANITARIO REGIONALE 2007-2009:
- estensione del modello HUB and SPOKE all’assistenza territoriale (Cure Palliative e terapia del
dolore);
- la ricerca come attività istituzionale essenziale allo sviluppo strategico;
- infrastruttura tecnologica ed informativa;
- nuove modalità di relazione con l’industria farmaceutica e biomedicale.
Nel territorio romagnolo è in corso il processo di costituzione/costruzione dell’Area Vasta Romagna
con finalità di rendere organizzate e sistematiche le collaborazioni tra unità sanitarie locali nella
pianificazione, organizzazione e governance dei servizi e delle funzioni.
Nell’ambito di questo processo, il progetto IRST si pone l’obiettivo di garantire un elevato rendimento
delle risorse mobilitate. Va inteso, infatti, non solo come strumento utile ad accrescere la già elevata
qualità assistenziale oncologica in Romagna, ma soprattutto come sistema integrato che inglobi e
persegua come finalità principale la ricerca biomedica, essenziale ed indispensabile al progresso, a cui
le unità sanitarie locali non sono in grado di far fronte.
Il modello di riferimento a cui il progetto dell’Istituto Romagnolo Scientifico Tumori (IRST) si è
ispirato è quello di un network assistenziale riconducibile alle reti Hub e Spoke che verrà ad inserirsi
come nodo nelle maglie della rete delle strutture oncologiche territoriali.
11
Il network, che potremmo definire come “Area Vasta Romagna” in ambito oncologico, fornirà alla
comunità un’ampia gamma di servizi che spaziano dalla prevenzione primaria alle Cure Palliative per i
malati terminali, perseguendo l’approfondimento delle conoscenze in epidemiologia, ricerca di base,
traslazionale e clinica, medicina radioterapica e radiometabolica, trattamenti innovativi come
immunoterapia, vaccini anticancro, terapia genica e Cure Palliative.
L’istituto tumori di Meldola rappresenterà un nodo nella rete oncologica territoriale, con funzioni come
hub per determinate attività di alta specializzazione ed eccellenza e come spoke per altre attività
condotte per conto delle aziende unità sanitarie locali del territorio.
I dipartimenti oncologici che operano nell’ambito delle quattro Aziende AUSL della Romagna (Forlì,
Cesena, Ravenna, Rimini) hanno instaurato collegamenti informatici per la trasmissione rapida e
completa delle immagini diagnostiche e dei dati clinici dei pazienti. Ogni dipartimento, parte integrante
12
dell’IRST, costituisce un punto di riferimento per gli aspetti clinici ed oncologici per i quali ha già
raggiunto uno standard d’eccellenza. Mentre il Day Hospital trova collocazione in ognuno dei quattro
ospedali territoriali, nessuna delle altre funzioni e strutture sarà duplicata all’interno del network IRST,
dal momento che non comporterebbe un valore aggiunto al già alto livello assistenziale e di ricerca
offerto in sede locale.
Sono in via di definizione una serie percorsi diagnostico-terapeutici funzionali che consentiranno al
paziente di ricevere prestazioni specialistiche multiprofessionali, organizzate e sequenziali, collegate
all’interno del network. I pazienti ed i dati seguono percorsi facilitati tra i nodi dell’IRST. La
Direzione dell’IRST, in collaborazione con i partner pubblici e privati, provvederà all’attività di
governance in tutti i campi. Il coordinamento da parte dell’IRST dei progetti di ricerca e dei trials
clinici consentirà di arruolare casistiche numerose e omogenee di pazienti diagnosticati dai partners
spoke e di centralizzare i trattamenti innovativi e sperimentali. I trials clinici potranno essere condotti
direttamente presso l’istituto tumori centrale, qualora siano richieste specifiche ed avanzate
caratteristiche strutturali, tecnologiche ed organizzative (es. studi clinici di fase I) o presso una delle
strutture spoke per quanto riguarda i trials clinici di fase II e III.
Le tecnologie avanzate ed innovative saranno centralizzate nella struttura hub dell’IRST, soluzione che
consente di risparmiare risorse finanziarie ed efficiente in termini di implementazione logistica e
tecnica di apparecchiature per la diagnostica, la clinica ed i laboratori.
LEGISLAZIONE REGIONALE FRIULI-VENEZIA-GIULIA (allegato 5)
HOSPICE REGIONE FRIULI-VENEZIA-GIULIA:
Hospice Casa di Cura Pineta del Carso ASS 1 Triestina
Hospice "Francesco Leanza" ASS 5 Bassa Friulana
Hospice Via di Natale Franco Gallini ASS 6 Friuli Occ.
Hospice Ospedale di San Vito al Tagliamento ASS 6 Friuli Occ.
13
CONFRONTO TRA LE DUE REGIONI
Vi sono alcune differenze tra la regione Emilia Romagna e quella del Friuli.
L’Emilia Romagna attiva la rete integrata oncologica con strutture residenziali sia private che
pubbliche. La formazione della rete viene sentita più dalla Romagna con la “formazione del progetto
IRST”.
Come si può vedere nei capitoli precedenti vi sono molti più Hospice nella nostra regione rispetto al
Friuli Venezia Giulia.
Il Friuli Venezia Giulia vuole formare delle linee guida per la gestione delle Cure Palliative nelle RSA
che nella nostra regione non sono debite alle Cure Palliative.
1.1 NORMATIVE PROFESSIONALI INFERMIERISTICHE
A livello normativo sono definiti criteri ben precisi che determinano il campo d’attività e la
responsabilità dell’infermiere.
Tali criteri rimandano a:
• i contenuti del profilo professionale stabiliti con decreto ministeriale;
• i contenuti dell’ordinamento didattico e della formazione post-base;
• il Codice Deontologico;
• il rispetto delle competenze delle altre professioni sanitarie.
1.1.1 CODICE DEONTOLOGICO
Nel 1999 il Codice Deontologico (allegato 2) viene emanato a cura della Federazione Nazionale
Collegi IPASVI. L’ultimo testo risaliva al 1977.
Il Codice mette al centro il prendersi cura delle persone in determinate condizioni di salute.
La persona assistita, con indicazioni relative:
9 all’autonomia del paziente,
9 all’informazione,
9 all’accanimento terapeutico,
9 alla terapia del dolore,
9 all’assistenza all’ammalato terminale.
14
CODICE DEONTOLOGICO 1999
Nella legge 42 nel Codice Deontologico tre parole ricorrono con particolare frequenza: Responsabilità,
Attività, Competenza.
Secondo l’articolo 1.2 gli interventi infermieristici sono di natura olistica:
1. interventi di natura tecnica: sono attività manuali e/o intellettuali svolte secondo determinate
regole che la professione si è data;
2. interventi di natura relazionale: ogni relazione interpersonale è diversa da qualsiasi altra,
l’infermiere deve essere pienamente consapevole di tale unicità, così come l’esigenza che quella
che stabilisce con la persona assistita sia una relazione d’aiuto. Un’efficacia erogazione si fonda
su alcuni atteggiamenti del professionista: capacità di ispirare fiducia, empatia, interesse
sincero, autonomia e reciprocità;
3. interventi di natura educativa: tutti coloro che richiedono prestazioni infermieristiche hanno
pure dei bisogni di apprendimento.
Nell’articolo 4.2 possiamo notare l’importanza di saper ascoltare, informare e coinvolgere il paziente.
L’ascolto è una tecnica comunicativa molto importante per l’infermiere, per due ragioni fondamentali:
gli permette di raccogliere informazioni e di rilevare i sentimenti della persona, ponendo le basi per
un’autentica relazione di aiuto. L’infermiere provvede all’assistenza in relazione a quanto la
persona/famiglia/collettività già dimostra di sapere e di saper fare. L’ascolto è importante per tutti i
pazienti, ma in modo particolare col malato terminale.
L’infermiere che stabilisce una vera relazione d’aiuto fornisce al cliente le conoscenze effettivamente
necessarie alla sua situazione, selezionate in modo mirato dopo aver valutato le necessità conoscitive
del cliente.
L’avere ascoltato in modo attivo e avere fornito informazioni non generiche, ma mirate ha posto le basi
per il coinvolgimento della persona/famiglia/collettività nel processo assistenziale.
Secondo l’articolo 4.4 e 4.5 l’infermiere è tenuto a sapere il progetto diagnostico terapeutico per poter
garantire le informazioni relative al piano assistenziale e per poter darle in modo chiaro al paziente.
L’infermiere è responsabile dell’assistenza infermieristica, responsabile nel curare e prendersi cura
della persona nel rispetto della vita, della libertà e della sua dignità.
Per l’infermiere, in particolare, è importante affermare che il curare non deve mai essere nettamente
separato dal prendersi cura, cioè dall’occuparsi della persona in tutti i suoi aspetti, poiché la sua stessa
efficacia ne potrebbe risultare compromessa. L’infermiere deve rispettare, per quanto è possibile, le
15
volontà dell’assistito, facilitare i rapporti con le persone a lui significative, specialmente nel paziente
terminale.
Secondo l’articolo 4.14 l’infermiere deve prevenire i sintomi, come il dolore, nel malato oncologico.
Lo scopo principale dell’Hospice e del modello assistenziale a cui ha dato origine, con un ruolo
centrale degli infermieri, è di evitare alla persona morente la sofferenza, mantenendola a proprio agio e
vigile nelle ultime fasi della vita e garantendole un contesto il più possibile analogo a quello domestico.
L’infermiere è tenuto ad assistere la persona fino al termine della vita (articolo 4.15) riconoscendo
l’importanza del conforto ambientale, fisico, psicologico, relazionale e spirituale, il paziente può
trovare questo conforto in Hospice. In Hospice, come del resto in qualsiasi altra struttura, è molto
importante il lavoro di équipe. L’infermiere collabora con i colleghi e gli altri operatori come cita
l’articolo 5.1.
CODICE DEONTOLOGICO revisione febbraio 2008
Arriva dopo 10 anni il nuovo Codice Deontologico degli infermieri (allegato 3), rinnovato sul fronte
etico e del riconoscimento della volontà del paziente. Redatto dall'Ipasvi, la federazione nazionale dei
collegi degli infermieri, il nuovo Codice Deontologico, composto di cinquantuno articoli con la
collaborazione d’esperti in medicina legale e bioetica, è stato presentato ufficialmente il 12 febbraio,
per poi essere sottoposto all'esame dei collegi provinciali. L'obiettivo è quello di rendere il Codice
operativo nell'arco d’alcuni mesi, per dare una risposta il prima possibile ai quesiti deontologici che la
nuova medicina costringe ogni giorno ad affrontare.
La nostra intenzione è quella di mettere al centro il paziente e la norma inserita nel Codice sancisce un
principio già proclamato nella Carta d’Oviedo che riguarda proprio i diritti del paziente.
Obiezione di coscienza per gli infermieri, insieme alla tutela del malato, al rispetto della sua libertà di
scelta e al no all’eutanasia sono i principi contenuti nel nuovo Codice Deontologico degli infermieri
italiani, la cui prima bozza è stata presentata a Roma dalla Federazione Nazionale dei Collegi Ipasvi.
“L’infermiere nel caso di conflitti determinati da diverse visioni etiche, s’impegna a trovare la
soluzione attraverso il dialogo. Qualora vi fosse e persistesse una richiesta di attività in contrasto con i
principi etici della professione e con i propri valori, si avvale dell'obiezione di coscienza, facendosi
garante delle prestazioni necessarie per l'incolumità e la vita dell'assistito” cita l'art. 8.
In un contesto in cui i grandi temi bioetici dominano la cronaca, le questioni dei limiti della vita, della
morte e della malattia accrescono il ruolo e le responsabilità dei professionisti sanitari italiani. Estrema
importanza alla tutela della volontà dell'assistito di porre dei limiti agli interventi che non siano