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Inoltre, nel presente studio si condivide l’impostazione di alcuni autori
(Brandimonte et al., Goschke e Kuhl, Searleman, Heffernan), i quali
sostengono la necessità di tracciare una connessione tra la memoria prospettica
e altre aree della psicologia (alcuni studi di questo tipo sono descritti nel
capitolo IV).
In particolare è stata indagata la relazione esistente tra l’abilità di memoria
prospettica e le dimensioni di personalità di estroversione-introversione (così
come sono formulate nella teoria di Eysenck).
A tale scopo sono stati proposti ai soggetti tre compiti di memoria prospettica
(computerizzati) e tre questionari di tipo “carta e matita”.
L’analisi dei risultati (capitolo V) ha messo in evidenza un effetto del tempo
sulla prestazione ottenuta dai soggetti nei compiti di memoria prospettica: tale
prestazione peggiora con l’aumentare dell’intervallo di tempo intercorrente tra
la presentazione delle istruzioni e l’effettiva esecuzione del compito.
I soggetti sono stati suddivisi in due gruppi (ognuno composto di trenta
soggetti): Introversi ed Estroversi.
I due gruppi differiscono sia per quanto riguarda il punteggio ottenuto nel
questionario di auto-valutazione delle proprie capacità di memoria prospettica
(i soggetti Introversi hanno ottenuto punteggi più alti, ciò significa che
stimano di avere una “cattiva” memoria), sia per quanto riguarda la
prestazione ottenuta nell’ultimo compito di memoria prospettica (dove i
soggetti classificati come Introversi commettono un maggior numero di
errori).
Infine, è stata fatta un’analisi degli aiuti esterni per la memoria prospettica
(per esempio: calendario, lista della spesa) utilizzati più frequentemente dai
soggetti.
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CAPITOLO I:
MEMORIA PROSPETTICA E MEMORIA
RETROSPETTIVA A CONFRONTO
Nella maggior parte degli studi di laboratorio riportati in letteratura la
memoria si è imposta all'attenzione degli autori soprattutto in quanto “sistema
retrospettivo” in grado di immagazzinare e recuperare informazioni relative al
passato. Si è così trascurato il fatto che la memoria ci permette di ricordare
non soltanto ciò che abbiamo vissuto nel passato, ma anche ciò che abbiamo
intenzione di fare nel futuro.
Quando le persone si lamentano di avere una cattiva memoria, generalmente
non si riferiscono al fatto che hanno problemi nel ricordarsi quello che hanno
imparato a scuola o quello che è accaduto loro nel passato. Di solito, infatti,
vogliono indicare il fatto che si dimenticano degli appuntamenti o di passare a
prelevare degli acquisti quando tornano a casa dall’ufficio.
Nonostante ciò, solo di recente la letteratura ha cominciato ad investigare in
modo sistematico la struttura e i processi sottostanti la "memoria prospettica"
(così viene definita la memoria per le azioni future).
Anche se le conoscenze su questa componente della memoria sono ancora
molto limitate, l'origine della ricerca sul ricordo (e sull'oblio) delle intenzioni
nella vita quotidiana è piuttosto lontana nel tempo e può farsi risalire
addirittura a S. Freud (1901).
In particolare Freud era interessato ad analizzare i fattori motivazionali
implicati nei processi di memoria ed oblio. Esso collegò i lapsus della
memoria con la motivazione e il desiderio, suggerendo che “in tali casi il
motivo consiste in una misura straordinariamente grande di disistima non
confessata per gli altri”, e notando che lui stesso ricordava meglio i pazienti
paganti rispetto a quelli non paganti. Freud inoltre cercò di descrivere il modo
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in cui riusciamo a ricordare di fare alcune cose al momento giusto, scrivendo:
“Nel corso della giornata il proponimento viene più volte ricordato, ma non
per ciò diventa necessariamente cosciente durante la giornata. Quando il
momento dell’esecuzione si avvicina, mi viene in mente all’improvviso e mi
induce a effettuare i preparativi occorrenti per l’azione”. Purtroppo con queste
parole Freud non dà una spiegazione dei meccanismi implicati nel ricordo, ma
offre soltanto un’efficace descrizione del fenomeno.
Dalle formulazioni del padre della psicanalisi quasi più nulla appare in
letteratura sulla memoria prospettica fino al 1971, anno in cui E. Loftus
conduce un esperimento sull’effetto dei cue e di attività interpolate sul ricordo
delle intenzioni. I risultati ottenuti sembravano indicare che gli stessi
meccanismi di oblio coinvolti nei convenzionali paradigmi di memoria sono
responsabili dell’oblio delle intenzioni. Ricordare un’intenzione sarebbe
quindi teoricamente indistinguibile da altre forme di memoria; se così fosse il
riferimento alla memoria prospettica come un settore di ricerca a sé stante
sarebbe ingiustificato.
In realtà il legame tra memoria prospettica e memoria retrospettiva rappresenta
il nodo intorno al quale si è articolato un importante dibattito che non può
ancora considerarsi concluso.
Mentre alcuni autori (Baddeley e Wilkins; Hitch e Ferguson) sostengono che
entrambi i tipi di ricordo si fondano su principi simili, altri (Einstein e
McDaniel; Winograd) pensano che essi rappresentino due forme di memoria
separate.
Il punto di vista secondo il quale la memoria prospettica ha scarse affinità con
quella retrospettiva deriva soprattutto dalla mancanza di prove empiriche che
dimostrino come soggetti che ottengono ottimi risultati in compiti di memoria
del passato ottengano performance altrettanto valide in compiti finalizzati alla
misurazione della memoria per il futuro (va comunque sottolineato che anche
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in compiti di memoria retrospettiva diversi non si trova un’alta correlazione
tra le misure).
Secondo Baddeley e Wilkins una rigida divisione tra memoria prospettica e
memoria retrospettiva non sembra essere auspicabile: è evidente che buona
parte della memoria del futuro coinvolge la memoria del passato dal momento
che, ad esempio, per ricordarmi di tirare fuori dal forno la torta, devo anche
ricordare una serie di eventi passati che si riferiscono all'aver messo il dolce
nel forno.
Questa dicotomia quindi è forse la più debole tra tutte quelle che sono state
utilizzate per separare i vari aspetti della memoria; tuttavia risulta essere utile
da un punto di vista didattico, in quanto permette di isolare e caratterizzare
un’area di ricerca, quella sulla memoria prospettica, che è stata ignorata per
lungo tempo.
Secondo Hitch e Ferguson è necessario separare almeno tre sottoprocessi nella
memoria delle intenzioni:
a) la formazione dell’intenzione di fare qualcosa nel futuro;
b) il ricordo dell’intenzione in un momento preciso del tempo;
c) il portare a termine l’azione.
Il primo e l’ultimo di questi sottoprocessi non hanno un corrispettivo nella
memoria retrospettiva; per questa ragione se si vogliono ricercare somiglianze
o differenze tra i due tipi di memoria il confronto più fruttuoso è sul piano del
ricordo delle intenzioni e del ricordo di eventi passati (il confronto riguarda
quindi soltanto il secondo sottoprocesso).
Nello studio dei due autori veniva chiesto ai soci di un cineforum di
richiamare i titoli dei film che intendevano vedere più avanti nella stagione
cinematografica ed i titoli dei film che avevano già visto. I risultati hanno
dimostrato che vengono utilizzate strategie simili per entrambi i tipi di
recupero dell’informazione. L’interpretazione dei risultati porta gli autori ad
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affermare che l’informazione relativa ad eventi futuri (ad esempio, azioni che
devono essere eseguite in un momento prestabilito) e ad eventi passati sia
immagazzinata in un unico sistema di memoria prospettica.
Winograd (1988) propone una serie di criteri atti a distinguere tra i due tipi di
memoria:
1) Mentre la memoria di eventi passati ha a che fare con il contenuto del
ricordo, la memoria del futuro riguarda se la persona ricorderà ciò che
deve ricordare.
2) Negli studi di memoria retrospettiva l’informazione è presentata e
ritenuta in una forma verbale, mentre la memoria prospettica si
manifesta generalmente attraverso il compimento di un’azione.
3) La memoria prospettica ha una caratteristica distintiva rispetto a quella
retrospettiva: contiene sempre una sorta di "self-control" e la necessità
di darsi da sé lo stimolo per ricordare.
4) Considerando infine l’aspetto sociale, mentre il fallimento in un
compito di memoria retrospettiva è attribuito ad una scarsa memoria, il
fallimento nel compimento di un’azione è attribuito alla persona.
Un approccio analitico allo studio dei sottoprocessi della memoria può
rilevarsi più utile di quanto non sia un approccio globale, al fine di verificare
se la memoria prospettica e quella retrospettiva siano effettivamente correlate.
Einstein e McDaniel (1990) hanno utilizzato un’analisi componenziale del
compito di memoria prospettica per spiegare perché i risultati dei loro
esperimenti non avevano dimostrato alcuna connessione tra memoria per il
passato e memoria del futuro. La mancata relazione tra performance in compiti
di memoria prospettica e performance in compiti di memoria retrospettiva
evidenziata negli esperimenti condotti dai due autori, può essere spiegata se si
considerano le diverse componenti del compito di memoria prospettica:
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a) il soggetto deve ricordare l’azione da compiere
b) il soggetto deve ricordare di compiere l’azione al momento giusto, o in
risposta all’appropriato evento target.
Mentre la prima componente è presente anche nei compiti di memoria
retrospettiva, la seconda non lo è; quindi, in conclusione, ogni compito di
memoria per eventi futuri contiene una componente di memoria per eventi
passati.
La componente prospettica del compito è attivata da cue internamente generati
(il soggetto deve riconoscere un evento come stimolo per attivare la risposta),
mentre la componente retrospettiva è attivata dalla richiesta dello
sperimentatore di richiamare il contenuto dell’azione da compiere. La
componente prospettica è, pertanto, ciò che produce variabilità nella
performance, e, dato che questa componente non esiste in compiti di memoria
retrospettiva, è naturale che non ci sia una correlazione tra le performance nei
due tipi di compiti. Si deve però sottolineare che questo è vero solo se il carico
mnestico della componente retrospettiva è minimo.
Le conclusioni a cui giungono Einstein e McDaniel sono esattamente opposte
a quelle di Hitch e Ferguson. Infatti, mentre quest’ultimi concludono che la
memoria del passato e la memoria del futuro si fondano sugli stessi principi e
manifestano meccanismi simili (ad esempio, l’effetto di recenza), i primi non
suggeriscono alcuna relazione tra i due tipi di memoria. In realtà, però, le cose
non stanno esattamente così e la contraddizione a cui giungono i due studi è
soltanto apparente, dal momento che il confronto è fatto tra componenti
diverse dei processi studiati.