numerose soluzioni offerte dalla dottrina e dalla giurisprudenza, al fine di
individuare l’opinione che più risponde allo spirito della norma e del
sistema prescelto dal legislatore e che, al tempo stesso, meglio si concili
con la fedeltà al dettato codicistico.
Soltanto in seguito, potranno essere affrontate alcune delle più
recenti questioni interpretative relative al diritto di regresso; questo, al fine
di valutare come la soluzione, adottata in merito al citato problema
fondamentale dei rapporti con la surrogazione, finisca necessariamente col
comportare tutta una serie di conseguenze, in via diretta o mediata, non
solo sul piano dogmatico, ma anche in sede giurisprudenziale, ovvero in un
campo eminentemente pratico e, per sua natura, più a stretto contatto con
le esperienze del cittadino comune.
2
CAPITOLO PRIMO
CONSIDERAZIONI PRELIMINARI IN TEMA DI
REGRESSO
1 La nozione di regresso e il suo valore
Ad una veloce visione del codice civile è facile notare come il
termine regresso venga richiamato in relazione a fattispecie notevolmente
eterogenee tra loro.
E’ sufficiente in questa sede fare richiamo ad alcune norme quali
l’articolo 1299 c.c. relativo al regresso tra condebitori solidali; gli articoli
443 e 445 c.c. in tema d’obbligazione alimentare; l’articolo 1700 c.c. in
riferimento al trasporto cumulativo da parte di più vettori; l’articolo 1910
c.c. in ipotesi d’assicurazione per il medesimo rischio presso diversi
assicuratori; l’articolo 1950 c.c. per il regresso del fideiussore e l’articolo
1954 nell’eventualità di più fideiussori. Né si può dimenticare l’articolo
2055 c.c., attributivo del diritto di regresso al solvens nei confronti di
coloro che siano con lui solidalmente tenuti al risarcimento per fatto
dannoso imputabile a più persone. Anzi proprio quest’ultima disposizione
è considerata comunemente la “gemella” dell’articolo 1299 c.c., salvo
l’adozione di un criterio (quello della colpa e della causalità) diverso
3
rispetto a quello previsto dall’articolo 1299 c.c. per la definizione dei
cosiddetti rapporti interni, differenza che si giustifica per il distinto ambito
d’operatività delle due norme
1
.
E numerose altre ipotesi potrebbero ricordarsi a partire dalle norme
relative al regresso cambiario, in particolare gli articoli 49 e ss. legge
cambiaria e 45 e ss. legge sull’assegno bancario oppure gli articoli 61 e ss.
legge fallimentare, per il regresso nei confronti dei coobbligati falliti.
La maggioranza della dottrina, come vedremo, ha tuttavia ritenuto
di poter delineare una nozione generale di regresso e l’ha individuata ora
nell’“istituto mediante il quale il legislatore persegue l’obiettivo di
ridistribuire un sacrificio (o un’utilità patrimoniale) - conseguente
all’estinzione di un rapporto obbligatorio - tra una pluralità di soggetti a
vario titolo cointeressati, in modo che ognuno d’essi lo sopporti (o ne
tragga profitto) nella misura corrispondente all’interesse a lui imputabile
nella vicenda”
2
ora ,invece, nel “diritto e conseguente azione riconosciuti
1
In tal senso, pur con l’attribuzione di significati diversi in merito
all’accostamento tra le due norme, è la dottrina prevalente, si vedano, tra gli
altri, BIANCA C.M., Le obbligazioni plurisoggettive, in Diritto Civile, vol.
IV, Milano, 1999, p. 708 e ss.; RAVAZZONI A., voce “Regresso” in
Novissimo Dig. It., vol. XV, Torino, 1968, p. 356 e ss.; MAZZONI C.M.,
Specie di obbligazioni: solidali e indivisibili, in Trattato di diritto privato
diretto da P. Rescigno, IX, Torino, 1999, p. 754 e ss.
2
Cfr. ANDREANI F.M., voce “Regresso (azione di) ”, in Enc. dir., XXXIX,
Varese, 1988, p. 704.
4
a colui che abbia adempiuto un’obbligazione di riversare in tutto o in
parte su altri le conseguenze dell’adempimento”
3
.
Sulla possibilità di una nozione generale di regresso operante
all’interno del nostro ordinamento sembra concordare tutta la dottrina che,
attraverso una serie di definizioni sostanzialmente coincidenti, ne ha
individuato il fondamento nel principio di ingiustificato arricchimento (o,
mutando la prospettiva, depauperamento); è viceversa sul valore da
attribuire a queste nozioni generali che sono sorti non pochi contrasti. Ed
infatti non si è tardato a domandarsi se tali nozioni fossero dotate di una
propria autonomia concettuale o se, invece, si trattasse esclusivamente di
definizioni volte ad unificare, ma solo su un piano descrittivo, delle
fattispecie tra loro completamente indipendenti e dotate di proprie speciali
discipline.
L’opinione largamente maggioritaria
4
in dottrina si pone proprio
lungo quest’ultima direzione ed attribuisce alla nozione di regresso un
3
Cfr. CAMPOBASSO G.F., voce “Regresso (azione di)”, in Enc. Giur.
Treccani, vol. XXVI, 1991, Roma , p. 1.
4
Cfr., tra gli altri, MESSINEO F., Manuale di diritto civile e commerciale,
vol. II, Milano, 1950, p. 480; RUBINO D., Delle obbligazioni in solido, in
Commentario al codice civile diretto da A. Scialoja e G. Branca, libro IV,
Delle obbligazioni, artt. 1292-1313, Roma-Bologna, 1957, sub art. 1299
(Regresso tra condebitori), p. 190; CAMPOBASSO G.F., op. cit. p. 1; DI
MAJO A., voce “Obbligazioni solidali”, in Enciclopedia del Diritto, n.
XXIX, Milano, 1979, p. 306 e ss._
5
valore esclusivamente descrittivo. Alla luce di questa dottrina, infatti, la
possibilità di ricondurre tutta le serie di norme sopra citate ad un solo
fenomeno, il regresso appunto, dotato di un’unica definizione generale,
appare giustificabile soltanto al prezzo di negare al medesimo l’attributo di
categoria giuridica unitaria, dotata di precisi confini e di una disciplina
fondamentalmente unica. Il regresso, cioè, dovrebbe costruirsi solamente
come un concetto generico comprendente, ma solo in linea meramente
descrittiva appunto, “tutti i casi in cui un soggetto, per il fatto di avere
adempiuto (o ricevuto) un pagamento che, almeno obiettivamente, si
risolve in tutto o in parte nell’interesse di un terzo, acquista il diritto di
vedere rimborsata (o rispettivamente soggiace all’obbligo di rimborsare)
in tutto o in parte dal terzo la somma pagata o comunque il valore della
prestazione eseguita”
5
.
Per l’indirizzo prevalente l’attribuzione di un simile, e limitato,
valore alla nozione generale di regresso trova la sua giustificazione nelle
notevoli differenze di disciplina che caratterizzano tutte quelle ipotesi
specifiche che sono tuttavia suscettibili di essere ricondotte al fenomeno
“regresso”.
In ciascuna fattispecie, infatti, si rinverrebbe la presenza di una
serie di elementi caratterizzanti che escluderebbero la possibilità di
assumerle semplicemente quali ipotesi particolari di una fattispecie
generale di regresso. E questo perché notevolmente varie tra loro risultano
essere le posizioni dei tre soggetti coinvolti (adempiente, creditore che
5
Cfr. RUBINO D., op. cit., p. 192.
6
riceve il pagamento, terzo che ne beneficia) a seconda, ad esempio, che tra
tali soggetti preesistano o no specifici rapporti, ed eventualmente quali; ed
ancora a seconda che, per dare una particolare qualificazione al pagamento
e far sorgere il “regresso”, occorra che “il pagamento sia stato compiuto
con la specifica intenzione che si risolvesse (anche solo in parte) a
vantaggio di un terzo”, oppure basti che il vantaggio per il terzo
“costituisca solo una conseguenza obiettiva dei rapporti preesistenti tra gli
interessati, di guisa che l’anzidetta intenzione nel pagamento non
condizioni il sorgere del diritto di regresso”
6
.
E’ evidente poi come a differenti presupposti corrispondano ben
distinte discipline precludendo in tal modo la possibilità di parlare di
regresso tout court.
Ma, come accennato, in contrasto con l’opinione dominante sul
valore da attribuire alla nozione generale di regresso si sono posti coloro
che sostengono l’esistenza di un unico istituto del regresso
7
. Tale
definizione delineerebbe una fattispecie generale unitaria e ad essa sarebbe
possibile ricondurre, non solo sul piano descrittivo ma anche su quello
della disciplina, tutte le norme particolari sopra indicate. Il regresso,
6
Cfr. RUBINO D., op. cit., p. 193.
7
Cfr. RAVAZZONI A., voce “Regresso” in Novissimo Dig. It., vol. XV cit.,
p. 356 e ss., dove parlando, se pur impropriamente, di “autonomia della
definizione di regresso”, si finisce, sostanzialmente, con l’affermare che,
all’interno dell’ordinamento italiano, potrebbe individuarsi un unico istituto
definibile come regresso.
7
secondo questo indirizzo, costituirebbe uno schema tipico, con
caratteristiche peculiari, cui il legislatore farebbe costantemente ricorso “in
tutte le ipotesi di sussistenza di un vincolo di coobbligazione solidale,
almeno nel suo aspetto esterno e d’adempimento da parte di uno dei
coobbligati, anche per quota a lui non spettante nei rapporti interni”
8
.
Una simile conclusione poggerebbe sostanzialmente su due assunti:
che, quanto meno, nelle più rilevanti ipotesi (previste espressamente dalla
legge) di pagamento da parte di un coobbligato di un debito che, nei
rapporti interni, non gravi interamente o parzialmente su di lui, sorga
l’azione di regresso; e che questa azione abbia in ogni caso caratteristiche
tipiche, sempre ricorrenti, valide a distinguerla da azioni “simili” come
quella di ripetizione di pagamento non dovuto, le varie azioni di rimborso,
di rivalsa, d’ingiustificato arricchimento, ecc. _
A sostegno del primo punto si sono richiamate tutta una serie di
norme, quali gli articoli 443 e 445 c.c., l’articolo 1700 c.c., l’articolo 1950
c.c. e l’articolo 2055 c.c., ecc._ Tali norme sono le medesime cui
l’opinione dominante fa riferimento e che indica come disciplinanti ipotesi
di “regresso” ma, secondo l’opinione di cui ci stiamo ora occupando,
dovrebbero avere la specifica funzione di consentire l’individuazione degli
elementi strutturali di una azione generale di regresso che, si assume,
sarebbe presente all’interno del nostro ordinamento.
Quanto al secondo punto, i sostenitori dell’autonomia della nozione
di regresso, provvedono, attraverso la disamina delle singole fattispecie, ad
8
Cfr. RAVAZZONI A., op. cit., p. 358.
8
indicare le differenze che intercorrerebbero tra l’azione di regresso e quelle
azioni che le vengono accostate in quanto considerate “affini”.
In realtà non pare sia possibile dubitare del fatto che la nozione
generale di regresso abbia, come l’indirizzo dominante sostiene, un valore
esclusivamente descrittivo. Anzitutto, a nostro parere, non si comprende
infatti quali sarebbero quegli elementi strutturali che, tratti dalle singole
fattispecie, caratterizzerebbero l’azione generale di regresso, né come da
una tale azione generale potrebbero discendere discipline tra loro così
eterogenee come quelle che si rinvengono negli articoli citati.
Quanto alle differenze tra il fenomeno “regresso” e quelle azioni
che ad esso sarebbero accostabili, va notato come esse non siano negate
dall’opinione dominante, ma questo significa soltanto che le singole azioni
riconducibili al concetto generico di regresso sono diverse rispetto alle
varie azioni di rivalsa, di rimborso, ecc._
Le argomentazioni addotte a favore dell’opinione maggioritaria
risultano sostanzialmente più convincenti e d’altro canto hanno trovato
sostegno anche in una pronuncia della Cassazione
9
dove si afferma come
non possa negarsi che l’ordinamento reagisca e si modelli “diversamente,
per presupposti e disciplina, in funzione della specifica posizione giuridica
del solvens, sia rispetto all’accipiens, sia rispetto al soggetto che trae
vantaggio dall’arricchimento (…) ” e, di conseguenza, “diversamente
articolato sul piano normativo, sia nelle singole situazioni il mezzo tecnico
9
Cfr. Cass. 20 luglio 1976, n. 2872, in Foro It. Mass., 1976, c. 586.
9
concesso al solvens per rimuovere lo stato di ingiustificato
depauperamento del proprio patrimonio”
10
.
Pertanto una nozione unitaria in chiave funzionale del regresso
esaurisce “il suo valore dogmatico nel rinvio alle specifiche applicazioni
normative dell’istituto così latamente inteso”
11
; tanto più che deve negarsi
all’interno del nostro ordinamento l’esistenza di un’azione generale di
regresso “salvo non la si voglia impropriamente identificare con l’azione,
questa sì generale, di ingiustificato arricchimento prevista all’articolo
2041 del codice civile”
12
.
Le osservazioni riportate, se sconsigliano una considerazione
unitaria delle molteplici ipotesi di regresso in senso lato, non costituiscono
tuttavia impedimento ad una analisi del fenomeno in un ambito circoscritto
e strutturalmente omogeneo come quello delle obbligazioni solidali.
Negare l’esistenza d’una azione generale di regresso non significa
certo negare la possibilità di studiare le fattispecie e le discipline delle
ipotesi particolari che, a torto, a quella volevano ricondursi e neppure
comporta che queste ipotesi vengano tra loro completamente svincolate.
D’altronde è lo stesso impiego legislativo del termine ad indurre a
parlare di regresso solo che, ove lo si voglia riferire a più fattispecie
10
Cfr. CAMPOBASSO G.F., op. cit., p. 2, dove l’autore, esponente
dell’opinione maggioritaria in tema di nozione generale di regresso,
commenta proprio la citata pronuncia della Cassazione.
11
Cfr. CAMPOBASSO G.F., op. cit., p. 2.
12
Cfr. Cass. 20 luglio 1976, n. 2872 cit.
10
normative, dovrà tenersi conto del particolare valore da attribuire, nei
singoli casi, all’espressione.
Possiamo pertanto comprendere il perché anche i fautori
dell’opinione prevalente
13
non esitino a richiamare definizioni utilizzate
dai sostenitori della tesi avversaria, quella che postula l’operatività nel
nostro ordinamento di un’azione tout court di regresso, allorché si tratti di
definire il regresso stesso non come nozione generale, ma come istituto
operante in un campo, delimitato, quale, ad esempio, quello delle
obbligazioni solidali. Perché qui sì sembra possibile affermare che “il
regresso si presenta come rimedio istituzionale, anche se non esclusivo,
fondato su presupposti e con disciplina unitaria idonei a distinguerlo da
ogni altra azione funzionalmente affine”
14
e tali da consentire una
trattazione sufficientemente puntuale e precisa, utile a fornire una serie di
soluzioni ai problemi che in tale settore si pongono.
Altro discorso sarebbe, invece, quello che volesse attribuire alle
soluzioni in tale ambito particolare raggiunte, valore paradigmatico
rispetto ad ipotesi estranee al campo delle obbligazioni solidali, ciò, infatti,
implicherebbe una analisi, caso per caso, della sussistenza o meno di una
13
Come ad esempio Campobasso stesso, op. loc. cit., che appunto utilizza la
definizione di regresso evidenziata da Ravazzoni attribuendole però valore
solo in relazione alla disciplina del regresso all’interno delle obbligazioni
solidali.
14
Cfr. RAVAZZONI A., op. loc. cit.
11
serie di condizioni ricorrenti e nell’ipotesi delle obbligazioni in solido, e
nelle altre singole ipotesi di volta in volta considerate.
2 Il regresso nelle obbligazioni solidali e i rapporti con
la surrogazione ex 1203 n. 3 c.c.
La nostra attenzione va dunque concentrandosi sulla sezione del
codice civile dedicata alle obbligazioni in solido (articoli 1292-1313 c.c.).
E’ infatti in tale sede che il legislatore detta una disposizione sul diritto del
debitore solidale, che ha pagato l’intero, di agire al fine di ottenere la
ripetizione, da parte di ciascuno degli altri condebitori, della loro quota di
debito.
Il riferimento è evidentemente all’articolo 1299 c.c., il cui testo al
primo comma attribuisce chiaramente tale azione al solvens
15
. E che a
buon diritto possa parlarsi di azione di regresso lo conferma la rubrica
dell’articolo medesimo, “regresso tra condebitori”, che in tal modo palesa
15
Dice infatti testualmente l’art. 1299, primo comma, c.c.: “ Il debitore in
solido che ha pagato l’intero debito può ripetere dai condebitori soltanto la
parte di ciascuno di essi”. La formula ricalca sostanzialmente l’omologo art.
1214, primo comma, code civil che recita: “Le codébiteur d’une dette
solidaire, qui l’a payée en entier, ne peut répéter contre les autres que les
part et portion de chacun d’eux”.
12
ancor più l’intendimento del legislatore: attribuire al condebitore solidale
solvente un diritto di regresso nei rapporti interni con gli altri condebitori.
L’articolo in esame sembra presentare scarsi problemi di
applicabilità e, vedremo in seguito come la giurisprudenza non abbia
esitato ad estenderne la sfera anche oltre i limiti letterali della norma.
Tuttavia nella sezione dedicata al pagamento con surrogazione (articoli
1201-1205 c.c.) il codice prevede una disposizione, in materia di
surrogazione legale, che attribuisce proprio quest’ultimo strumento
giuridico a “colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento
del debito, aveva interesse a soddisfarlo” si tratta dell’art. 1203 n.3 c.c.
16
.
Sorge dunque un problema di concorso tra le due norme giacché pare
indubitabile
17
che il condebitore solidale realizzi l’ipotesi di colui che sia
tenuto con altri e per altri al pagamento.
16
L’art. 1203 n. 3 c.c. recita: “[La surrogazione ha luogo di pieno diritto nei
seguenti casi:] 3) a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri
al pagamento del debito, aveva interesse a soddisfarlo”. Anche questa norma
ricalca sostanzialmente una disposizione del code civil francese, dice infatti il
relativo art. 1251 n. 3: “[La subrogation a lieu de plein droit:] 3) Au profit de
celui qui, étant tenu avec d’autres ou pour d’autres au paiement de la dette,
avait intérêt de l’acquitter.”
17
In realtà non sono mancate perplessità sul fatto che il coobbligato solidale
realizzi pienamente la fattispecie prevista dall’articolo 1203 n. 3 c.c.,
soprattutto in riferimento alla previsione normativa della sussistenza, in capo
13
La complementarietà delle due azioni ha portato al sorgere di dubbi
in dottrina
18
. Mentre alcuni
19
si limitavano a rilevare l’identità dello scopo
delle medesime, della qual cosa pare difficile dubitare, altri
20
si
a colui per il quale opera la surrogazione, di un interesse a soddisfare il debito
cui era tenuto con altri o per altri; sul punto vedi oltre, p. 58 e note 82 e 89.
18
Problemi non dissimili sembrano presentarsi all’interno dell’ordinamento
francese, infatti come indicato alle note 15 e 16, anche le formule utilizzate
dal code civil pongono analoghe difficoltà. Persino nel diritto svizzero
regresso e surrogazione sembrano confondersi come dimostra l’art. 149,
primo comma, RS 220 Legge federale di complemento del Codice civile
svizzero dove, a seguito della rubrica intitolata “Surrogazione”, si prevede
che “il debitore solidale cui spetta il regresso subentra in tutte le ragioni del
creditore fino a concorrenza di quanto gli ha pagato”.
19
Cfr. RUBINO D., op. cit., p. 233 ; GALGANO F., Diritto Civile e
Commerciale II, I, Padova, 1993-1994, p. 120; CARPINO B., Del pagamento
con surrogazione, in Commentario al codice civile diretto da A. Scialoja e G.
Branca, libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1201-1205, sub art. 1203
(Surrogazione legale), p. 35, 82, Bologna-Roma, 1988; BIANCA M., Diritto
Civile, L’obbligazione , vol. IV, Milano, 1993, p. 362-364 e 724.
20
Cfr. AMORTH G., L’obbligazione solidale, Milano, 1959, p. 232 e ss. e p.
243; idem, Considerazioni sui rapporti tra surrogazione e regresso
nell’obbligazione solidale, in Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura
Civile, Milano,1958; BRIZZI G., In tema di prescrizione del diritto di
regresso del proprietario del veicolo verso il conducente per danni prodotti
dalla circolazione: il dies a quo e cause interruttive, in Diritto e
14