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Introduzione
Questo lavoro di tesi si propone di affrontare il tema della regolazione tariffaria del sistema
aeroportuale italiano, allargando lo spettro della disamina nel tentativo non solo di recepire il
quadro normativo di riferimento ma anche di calcolare le “potenzialità” di un’infrastruttura
aeroportuale, in termini di impatto economico e grado di competitività.
La regolazione degli aeroporti risale ai primi anni ’90, periodo di grande fermento in Italia di
privatizzazioni, che ha interessato un po’ tutti i settori dei servizi di pubblica utilità. Questi
cambiamenti erano finalizzati in parte a distogliere l’opinione pubblica dall’idea che
un’infrastruttura, come quella aeroportuale, dovesse essere sovvenzionata dallo Stato e gestita
dallo stesso, ma avrebbe dovuto concepirla al pari di un’impresa che, grazie al suo core business e
all’attitudine di reperire sul mercato privato dei capitali, sarebbe stata in grado di garantire alla
collettività alti standard qualitativi in termini di struttura, di servizi offerti e di competitività.
Investire in infrastrutture aeroportuali richiede la mobilità di grandi somme di denaro ma allo
stesso tempo dovrebbe garantire equi ritorni, per la capacità sia di stimolare lo sviluppo e la
competitività del tessuto sociale e produttivo locale sia di facilitare l’accessibilità di un territorio.
A tal proposito, la parte iniziale di questo lavoro di tesi è relativa all’impatto socioeconomico e ai
relativi benefici di un aeroporto. In particolare, si è considerato come caso studio l’aeroporto
Sandro Pertini di Torino per applicare i principi teorici presenti in letteratura ad una delle realtà
principali presente nel territorio locale. L’obiettivo è quantificare l’impatto economico non solo in
termini di effetti generati dall’attività intrinseca dello scalo (impatto diretto) ma anche quelli
determinati dalle attività economiche “esterne” all’aeroporto (come ad esempio le imprese e il
flusso turistico) e dall’attrazione e dall’espansione dell’attività economica e d’impresa dovuta
all’aeroporto (si considerino, ad esempio, le scelte delle imprese di posizionare la loro sede in
prossimità degli aeroporti grazie alla migliore accessibilità ai mercati globali).
La seconda parte del mio studio è focalizzata sull’analisi di benchmark tra l’aeroporto di Torino‐
Caselle e scali di medie‐grandi dimensioni affini. Una disamina di questo genere è essenziale per
capire il posizionamento strategico attuale dell’aeroporto preso in considerazione e soprattutto il
livello di competitività raggiunto dagli scali nazionali. Quindi, in un primo momento si è analizzato
il contesto esterno in cui si trova l’aeroporto di Torino, ovvero tenuto conto di un campione di 244
aeroporti appartenenti a 28 Paese europei, i cui dati sono relativi al periodo 2004‐2009, ho
riportato i ranking primari in termini di traffico passeggeri e merci sia in ambito nazionale e sia in
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ambito europeo. Dopo questa breve panoramica ha fatto seguito l’analisi puntuale sulla SAGAT
S.p.A (società di gestione dello scalo torinese) mettendo in risalto le performance dal 2004 al 2009
della sua attività operativa e della sua gestione economica. Alla luce di questi risultati è stato
possibile analizzare l’aeroporto Pertini da un altro punto di vista, ovvero non come struttura a sé
stante ma come struttura calata in uno scenario competitivo, dove abbiamo selezionato solo nove
aeroporti italiani: Bergamo Orio al Serio, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano Malpensa,
Palermo, Pisa e Venezia. La scelta di considerare aeroporti un po’ più grandi, come Milano
Malpensa e Venezia, è motivata dal fatto che anche questi scali ci permettono di cogliere delle
differenze strategiche che potrebbero essere adottate da aeroporti dimensionalmente più piccoli.
Mentre i criteri estratti per confrontare gli aeroporti sono stati: indici reddituali (ROI, ROS, ROE),
indici di liquidità e di solidità, indici tecno/operativi (numero vettori, numero destinazioni,
accessibilità passiva, tempo medio di ritardo, numero passeggeri, merci in kg, voli nazionali, voli
internazionali, connettività mondiale in numero di step, connettività europea in numero di step,
connettività di tempo, essential betweeness).
Terza e ultima parte del lavoro riguarda, infine, la regolazione tariffaria che negli anni è stata
oggetto di dibattito a causa della fragilità dell’impianto tariffario, privo di requisiti di applicabilità e
di trasparenza. Ho ricostruito le principali tappe raggiunte a riguardo, allo scopo di mettere in
rilievo i primi effetti prodotti dall’attuazione degli ultimi atti normativi, che influenzano
direttamente e indirettamente l’offerta dei 48 aeroporti civili adibiti al traffico commerciale.
1. IMPATTO ECONOMICO DELLE INFRASTRUTTURE AEROPORTUALI
Negli ultimi anni diversi sono stati gli studi finalizzati a quantificare l’impatto economico generato
dagli investimenti in beni infrastrutturali. I fattori che contribuiscono all’industrializzazione e allo
sviluppo di un territorio sono numerosi ma sicuramente la dotazione di una rete di infrastrutture
di trasporto moderna ed efficiente incentiva la crescita economica del territorio stesso.
Obiettivo di questo primo capitolo è calcolare l’impatto economico generato da una struttura
aeroportuale. A questo proposito si è considerato come caso studio l’aeroporto Sandro Pertini di
Torino, riportando nel paragrafo 1.3 “Gli effetti economici dello sviluppo dell’aeroporto di Torino‐
Caselle” una stima di tale impatto. Mentre gli altri due paragrafi presenti nel detto capitolo, 1.1
“Impatto economico delle infrastrutture di trasporto” e 1.2 “Impatto delle infrastrutture di
trasporto nel Nord‐Ovest Italia”, spiegano, rispettivamente, gli effetti positivi che potrebbero
derivare dal potenziamento e dall’espansione di una qualsiasi infrastruttura di trasporto e le
opportunità di crescita derivanti da esse in un territorio, come quello del Nord‐Ovest Italia, che si
contraddistingue sia in ambito nazionale che in ambito europeo per la sua buona dotazione
infrastrutturale.
1.1 Impatto delle infrastrutture di trasporto
Le infrastrutture, quali quelle di trasporto, sono un bene pubblico che nel tempo necessitano di
sviluppo e di ammodernamento. Investire in infrastrutture ha permesso da sempre l’espansione e
la crescita di un territorio, dal piccolo centro urbano all’intero Paese: creare una rete di
comunicazione riduce i costi di trasporto e facilita gli scambi; migliorare i servizi pubblici
accompagna lo sviluppo industriale e in molti casi promuove la propensione a esportare.
Negli ultimi anni diversi sono stati gli studi finalizzati a determinare l’impatto economico generato
da tali investimenti ma le sole infrastrutture non bastano per creare ricchezza e prosperità:
esistono altri fattori che agevolano l’industrializzazione di un territorio, come l’ubicazione
geografica, il livello di struttura urbana e la composizione settoriale del tessuto economico e
produttivo che caratterizza il territorio stesso.
Per valutare la correlazione tra sviluppo infrastrutturale e sviluppo economico si utilizzano due
indicatori: la dotazione determina la capacità dell’infrastruttura di rispondere in modo efficiente
alla domanda di mobilità di merci e persone generata su un territorio, mentre la concentrazione
valuta la quantità fisica d’infrastrutture presenti sullo stesso territorio. In generale, una migliore
1. IMPATTO ECONOMICO DELLE INFRASTRUTTURE AEROPORTUALI
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dotazione infrastrutturale favorisce l’aumento del livello di produttività dell’area d’influenza e
quindi un elevato tasso di crescita. Al contrario una bassa dotazione infrastrutturale favorisce la
formazione di una bassa produttività del lavoro e bassi indici di benessere e ricchezza territoriali.
Da una ricerca condotta dalla “Federazione Italiana delle Imprese di Trasporto Terrestre”
(Federtrasporto)
1
risulta che le infrastrutture di trasporto sono caratterizzate da un processo
endogeno: infatti, realizzare infrastrutture di trasporto in regioni poco sviluppate non è una
condizione sufficiente a generare sviluppo, mentre potenziarle in regioni sviluppate determina una
spinta al miglioramento di un sistema con forti problemi di sostenibilità del traffico. In entrambi i
casi la costruzione dell’infrastruttura genera effetti economici sul territorio, quali la crescita del
prodotto interno lordo e una maggiore offerta di lavoro. Per comprendere meglio questo
fenomeno si riportano i risultati di alcuni studi del “Centro Ricerca sui Trasporti e le Infrastrutture”
dell’Università Carlo Cattaneo
2
, condotti sull’area del Centro‐Nord, secondo cui ogni km di nuova
autostrada in vent’anni darebbe origine a circa 660 nuovi posti di lavoro e un incremento del PIL di
circa 125 milioni di euro mentre per ogni km di nuova ferrovia i posti sarebbero circa 450 e il PIL
crescerebbe di circa 70 milioni di euro. Se tali infrastrutture fossero realizzate in prossimità di aree
industriali, collegando tra loro sedi di aziende, fiere, aeroporti e centri urbani, in vent’anni, si
otterrebbero:
o Per un nuovo km di autostrada 1100 nuovi posti di lavoro e un incremento del PIL di 260
milioni di euro (+108% rispetto all’incremento di PIL generato in aree poco servite);
o Per un nuovo km di ferrovia 600 nuovi posti di lavoro e un incremento del PIL di 130
milioni di euro (+ 86% rispetto all’incremento di PIL generato in aree poco servite rispetto).
Ciò deriva dal fatto che il potenziamento infrastrutturale, in zone industrializzate, produce un
elemento stimolatore del tessuto economico dell’area di riferimento.
Nonostante i molteplici studi sulla quantificazione dell’impatto generato dalla presenza di
infrastrutture di trasporto efficienti, è difficile comprendere se esse rappresentano la
determinante o la risultante di un aumento di competitività e di ricchezza del sistema economico:
il fabbisogno infrastrutturale potrebbe delineare sia la reazione che la causa scatenante dello
sviluppo territoriale ma complessivamente apporta un miglioramento del sistema economico.
Infatti, la presenza di elementi di vivacità e innovatività nel territorio economico e produttivo, di
un elevato livello di know‐how e di ricerca scientifica, di cultura e d’istruzione, di un’economia
1
Federtrasporto, Ricerca Economica e Trasporti, Centri Studi, 1996.
2
Elisa Boscherini, Massimiliano Sartori, Sviluppo delle infrastrutture, ETAS, settembre 2010.
1. IMPATTO ECONOMICO DELLE INFRASTRUTTURE AEROPORTUALI
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proiettata verso l’esterno, combinati con la presenza di infrastrutture moderne e ben collegate
contribuiscono al progresso di una regione o di un Paese.
Una differenziazione diffusa nelle varie categorie di trasporto è quella di scomporre l’impatto
economico, generato dalla realizzazione dell’ infrastruttura, in quattro grandi categorie:
♦ Impatto di tipo diretto, relativo alla costruzione dell’infrastruttura stessa;
♦ Impatto di tipo indiretto, relativo sia all’attività dei fornitori di beni e servizi finalizzati alla
costruzione dell’infrastruttura sia alle attività esterne al sito che derivano dall’utilizzo
dell’infrastruttura;
♦ Impatto indotto, relativo agli effetti moltiplicatori degli impatti diretti e indiretti, ossia
l’impatto economico generato dalle attività che si sviluppano in seguito alla domanda di
beni e servizi attivata dalle persone e dalle imprese direttamente e indirettamente
coinvolte nell’offerta di servizi di trasporto;
♦ Impatto catalitico, relativo agli effetti economici derivanti dall’attrazione e dall’espansione
dell’attività economica dovuta all’infrastruttura ‐ ad esempio, le scelte delle imprese di
posizionare la loro sede in prossimità degli aeroporti grazie alla migliore accessibilità ai
mercati globali.
Tra le analisi condotte per spiegare il nesso di casualità tra crescita economica e infrastrutture si
cita un documento
3
che riporta i risultati tratti dalla Banca Mondiale e pubblicati dalla stessa a
fine 2007: su trentanove studi economici relativi a Paesi appartenenti all'OCSE (Organizzazione per
la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), trentadue confermano l'esistenza di un effetto positivo
e significativo delle infrastrutture sull'output prodotto, sulla produttività dei fattori, sugli
investimenti privati e sull'impiego di forza lavoro. Dei restanti sette, tre arrivano a risultati
indefiniti mentre in quattro casi l'effetto è trascurabile o negativo.
All'aumentare del reddito pro capite le infrastrutture devono adattarsi alle nuove esigenze
produttive del Paese e pertanto la quota di infrastrutture legate alla produzione di energia
elettrica, ai trasporti ed alle telecomunicazioni cresce.
La Banca Mondiale ha schematizzato questo concetto in un diagramma che evidenzia come il mix
infrastrutturale cambia al crescere dello sviluppo dei Paesi (Figura 1.1.1):
3
Alessandra Cazzola (luglio2008), “NewsLetter FINANZIARE-INFRASTRUTTURE”.
1. IMPATTO ECONOMICO DELLE INFRASTRUTTURE AEROPORTUALI
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♦ I Paesi con ritardo di sviluppo (basso reddito pro capite) presentano una maggiore richiesta
di risorse infrastrutturali primarie, come gli impianti d’irrigazione, le ferrovie, la
distribuzione di acqua potabile e la sanità;
♦ Al contrario, all’aumentare del reddito pro capite, i Paesi più industrializzati mostrano un
livello di domanda crescente di infrastrutture energetiche, delle telecomunicazioni e dei
trasporti.
Figura 1.1.1: Come cambia il mix infrastrutturale per i diversi livelli di reddito del Paese (% sul totale). Fonte: World
Development Report 1994 ‐ World Bank.
In quest'ottica si spiega perché tutti i Paesi più sviluppati, ad eccezione dell’Italia, continuano ad
avere tassi di investimento in capitale pubblico sul PIL ancora elevati. La Tabella 1.1.1 riassume i
dati del Fondo Monetario Internazionale e sono frutto di uno studio che ha ricostruito le serie
storiche relative agli investimenti in capitale pubblico dal 1960 al 2001. Come si evince dai dati,
l'Italia ha progressivamente diminuito la quota di investimenti pubblici sul PIL, nonostante soffra di
un gap infrastrutturale nei confronti dei Paesi più industrializzati.
Non è facile quantificare la spesa complessiva per le opere pubbliche (suddivisa in spesa per
investimenti delle amministrazioni pubbliche e in spesa degli enti del settore pubblico allargato).
Secondo valutazioni dell’Ance
4
gli investimenti pubblici in costruzioni non residenziali pubbliche
nel 2009 ammontano a circa 27,8 miliardi di euro, stima adottata come valore approssimativo
degli investimenti effettivamente realizzati nel corso del 2009, registrando una flessione dell’4%
rispetto all’anno precedente. Tale livello è sensibilmente inferiore alla spesa che, mediamente,
viene sostenuta dagli altri Paesi europei. Infatti, negli ultimi 10 anni, la quota di PIL investita in
opere pubbliche dai membri dell’Unione europea (esclusi Grecia e Lussemburgo) è stata pari al
3,2% del PIL contro il 2% dell’Italia (Figura 1.1.2).
4
Direzione Affari Economici e Centro Studi, Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni, Giugno 2010.
1. IMPATTO ECONOMICO DELLE INFRASTRUTTURE AEROPORTUALI
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PAESE 1960‐69 1970‐79 1980‐89 1990‐99 2000‐01
Canada 3,40 2,65 2,36 2,59 2,48
Francia 4,02 3,55 2,97 3,23 2,99
Germania 4,05 3,86 2,61 2,37 1,95
Italia 3,31 2,88 3,15 2,58 2,39
Giappone 7,50 9,32 7,47 7,68 6,91
Regno Unito 3,96 3,52 1,85 1,99 1,57
USA 4,51 2,99 3,14 3,37 3,41
Irlanda 5,65 6,24 4,56 2,29 3,01
Spagna 2,82 2,54 2,98 3,86 3,14
Tabella 1.1.1: Spesa nelle Amministrazioni pubbliche per investimenti fissi lordi nei principali Paesi del G7 in
percentuale sul PIL, periodo 1960‐2001. Fonte: C. Kamps "New estimates of government net capital stocks for 22
OECD countries ‐ IMF Staff Paper vol 53 n. 1 – 2006.
Figura 1.1.2: Investimenti in opere pubbliche/PIL. Incidenza %‐ Media 2000‐2006. Fonte: Elaborazione Ance su Dati
Fiec 2006.
Una quantità adeguata di infrastrutture e, soprattutto, un’elevata qualità dei servizi forniti da esse
sono fattori chiave per la competitività di un Paese nel commercio internazionale. Nei due decenni
passati la globalizzazione del commercio mondiale è derivata non solo dalle politiche di
liberalizzazione ma anche dalla grande innovazione che ha coinvolto le telecomunicazioni, i
trasporti e le tecniche di immagazzinaggio e stoccaggio. Lo sviluppo della logistica ha permesso di
raggiungere importanti economie di costo nella produzione e di abbreviare molto i tempi di
risposta alla domanda proveniente dal mercato. Già a metà degli anni 90, due terzi delle vendite
nei paesi OCSE derivavano da processi di produzione "just in time". Nei Paesi più avanzati si è
1. IMPATTO ECONOMICO DELLE INFRASTRUTTURE AEROPORTUALI
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investito per abbassare i costi legati alla logistica, in modo da sviluppare un efficiente trasporto
multimodale via container, aumentando il coordinamento tra ferrovie, porti, aeroporti e strade.
Mentre in Italia era forte il dibattito se l'avvento della "new economy" avesse comportato una
diminuzione dell'impegno pubblico nell'investimento e nell'ammodernamento delle infrastrutture,
gli altri Paesi continuavano ad aumentare la loro dotazione, in modo da poter rispondere
prontamente alle nuove esigenze produttive. In tal senso, gli anni ’90 hanno visto crescere altri
Paesi, come la Spagna e l'Irlanda, che si sono affacciati sul mercato con strategie di sviluppo chiare
e ben definite, a differenza dell'Italia la cui situazione di stallo ha contribuito nell’accentuare il gap
infrastrutturale nei confronti degli altri Paesi. Spagna e Irlanda, grazie ad un efficiente uso delle
risorse provenienti dalla politica di coesione comunitaria (Fondi Strutturali e Fondo di Coesione),
sono riusciti, nell’arco di quindici anni, a costruire un sentiero di sviluppo che ha determinato un
rapido aumento della loro ricchezza. La Spagna nel periodo 1989‐2006 ha speso circa 100 miliardi
di euro tra Fondi Strutturali e di Coesione, il 51% dei quali è stato utilizzato per interventi
infrastrutturali: ne è conseguito che il PIL pro‐capite spagnolo è cresciuto di 6 punti percentuali in
più rispetto alla media EU 15 rispetto alla situazione di assenza dei Fondi Strutturali. Nel periodo
1995‐2004, secondo Eurostat, la Spagna è cresciuta ad un ritmo del 3,7% medio annuo, mentre
l'Italia si è fermata all'1,3%.
Nel 2008 il Lisbon Council, in partnership con Allianz Group, ha effettuato un monitoraggio sui
progressi effettuati dai Paesi dell'Unione europea nel conseguimento degli obiettivi della
“Strategia di Lisbona” ( in occasione del consiglio europeo di Lisbona del 2000 i capi di Stato hanno
avviato tale strategia con lo scopo di fare dell’UE l’economia più competitiva del mondo e di
pervenire alla piena occupazione entro il 2010). Nel rapporto è emerso come una spesa pubblica
in investimenti fissi lordi crescente possa rivelarsi uno dei principali "drivers of growth". Il
seguente grafico (Figura 1.1.3) mette in evidenza la stretta relazione tra crescita e la spesa delle
amministrazioni pubbliche per investimenti fissi.
1. IMPATTO ECONOMICO DELLE INFRASTRUTTURE AEROPORTUALI
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Figura 1.1.3: Spesa delle Amministrazioni pubbliche per investimenti fissi e crescita economica nell'UE 15 ‐ periodo
1998‐2006. Fonte: Elaborazione The Lisbon Council ‐ Allianz Group su dati Eurostat.
La crisi economica‐finanziaria scoppiata a fine 2008 ha provocato uno shock macroeconomico a
livello globale. La maggior parte dei governi dei principali Paesi occidentali e di quelli in via di
sviluppo sono stati costretti a varare programmi di investimento importanti, soprattutto in campo
infrastrutturale e non solo con l’obiettivo di sostenere la domanda e di ridurre al minimo le
fluttuazioni cicliche ma anche in base alla loro capacità di creare esternalità positive alla
collettività. Dall’analisi dei piani anticongiunturali, presentati dai principali Paesi, emerge
chiaramente che gli interventi scelti rappresentano un mix tra investimenti in infrastrutture di
grandi dimensioni ed altri di piccola o media scala, con grande attenzione da parte di tutti per gli
interventi per il miglioramento anche delle infrastrutture urbane. L’obiettivo è quello di creare
realtà più competitive che possano rendere possibile una maggiore crescita economica nel medio‐
lungo periodo.
Finora si è cercato di mettere in risalto gli effetti positivi che gli investimenti infrastrutturali
genererebbero per la competitività di un Paese in senso generale. Grazie ad una recente indagine
della KPMG
5
è possibile comprendere quanto un sistema infrastrutturale efficiente influenzi la
competitività delle imprese. L’indagine è stata compiuta sulla base delle risposte di 328 manager
appartenenti a 21 Paesi diversi, sparsi in tutto il mondo: il 14% del campione crede che le
infrastrutture sono “completamente adeguate” a supportare il business delle aziende. Di questi 46
manager circa il 24% proviene dall’Europa occidentale anche se per l’87% di essi il gap nella
fornitura dei principali servizi infrastrutturali provoca un aumento sensibile dei costi operativi delle
imprese. La stragrande maggioranza dei CEO intervistati (il 90%) dichiara che per la localizzazione
del loro business prestano attenzione alla qualità e alla quantità di infrastrutture presenti in
5
Direzione Affari Economici e Centro Studi, Secondo rapporto sulle infrastrutture in Italia-VolumeI, Maggio 2009.
1. IMPATTO ECONOMICO DELLE INFRASTRUTTURE AEROPORTUALI
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un’area. Un noto esempio è quello della Coca Cola che nel 2006 ha deciso di aprire una sede in Sud
Africa: tale decisione è stata presa in base al forte miglioramento delle reti infrastrutturali di quel
Paese. Inoltre, l’80% del campione crede che le infrastrutture rivestiranno un ruolo sempre più
importante per le loro imprese nei prossimi 5 anni. Anche il giudizio degli imprenditori residenti in
aree sviluppate, come Europa e Nord America, è stato fortemente a favore dell’importanza che
avrà il poter disporre di un’adeguata dotazione infrastrutturale (per gli europei il 64%, per
l’America settentrionale il 81%) (Figura 1.1.4). Le infrastrutture di trasporto (come le ferrovie) e
quelle energetiche, i servizi sanitari e quelli legati all’istruzione, sono le tipologie di dotazione che
hanno una priorità sulle altre (Figura 1.1.5). Strade, ferrovie e aeroporti costituiscono le necessità
più urgenti anche nell’Europa occidentale e nel Nord America. Infine, è interessante vedere come
le infrastrutture impattano sui diversi aspetti della gestione aziendale. I trasporti influenzano
negativamente i costi operativi delle aziende per il 66% del campione, la capacità di attrarre
manodopera qualificata per il 21%, e creano ostacoli all’espansione organizzativa per il 22% ed alla
competitività per il 22% (Figura 1.1.6).
Figura 1.1.4 : Indagine della KPMG rivolta a 328 manager di tutto il mondo sull’importanza del sistema infrastrutturale,
rispetto ad oggi, tra 5 anni (in %) sulle loro imprese. Fonte: KPMG International‐Economist Intelligence Unit ‐ Gennaio
2009.