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CAPITOLO PRIMO
CARATTERISTICHE DELLA CAPACITA’
CONTRIBUTIVA, CRITICITA’, PROGRESSIVITÀ ED
EQUITÀ DISTRIBUTIVA
1.1 Il precetto costituzionale della progressività del sistema tributario
La precedente costituzione italiana, ossia lo Statuto Albertino, prescriveva il
principio dell’uguaglianza tributaria, della riserva di legge e che il carico
tributario fosse proporzionale agli averi dei regnicoli (che, nel linguaggio
attuale, potremmo rendere con cittadini), ma, in ragione della sua natura di
costituzione flessibile, sempre modificabile e derogabile da una legge
ordinaria, non poneva alcun limite reale alla potestà legislativa.
In sede di Assemblea costituente si giunse alla decisione di passare dal
sistema allora vigente, imperniato sul criterio proporzionale delle imposte, a
un’unica imposta personale progressiva sul reddito complessivo (IPPRC)
suscettibile di non poche obiezioni; in primis quella legata al fatto che – nel
contesto storico-economico e sociale dell’epoca – i redditi personali erano,
nella stragrande maggioranza, di basso livello: questo avrebbe determinato,
inevitabilmente, un’elevata applicazione dell’aliquota da far valere
necessariamente nei riguardi di quei pochi redditi che si posizionavano al di
sopra del minimo imponibile, pena inevitabili ripercussioni negative
sull’entità del gettito tributario. Altra critica che veniva sollevata riguardava
il fatto che, l’adozione di tale sistema, potesse disincentivare la produzione e
gli investimenti a causa di una accentuata progressività con il pericolo di far
desistere gli individui dall’intraprendere nuove iniziative economiche anche
in considerazione, tra l’altro, del sottinteso rischio di impresa di cui ogni
imprenditore deve tenere conto. Inoltre, si sollevavano obiezioni riguardo
all’”amministrazione di una tale imposta, e in particolare le difficoltà di
accertamento analitico di tutti i redditi effettivi che confluivano nel reddito
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complessivo”.
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Partendo da tali considerazioni, e nonostante ciò, la Costituzione
entrata in vigore il 1° gennaio 1948, seguita alla caduta del regime fascista e
alla conclusione della Seconda guerra mondiale, espresse una norma specifica
stabilendo, all'art. 53, che: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche
in ragione della loro capacità contributiva” e, al comma 2, che: “Il sistema
tributario è informato a criteri di progressività”. Con la Costituzione
Repubblicana, pertanto, il diritto tributario rappresenta uno strumento di
politica sociale che trova fondamento nel già citato art. 53 oltre che nell’art.
23.
L’art. 53 si pone quale fonte costituzionale di tutto l’intero sistema
tributario e si rivolge a “tutti”, vale a dire, individua quale elemento soggettivo,
chiunque (secondo il principio dell’universalità) produca reddito nel territorio
dello Stato o che sia legato a esso da interessi di carattere economici; dunque,
il concorso alla spesa pubblica riguarda non solo i cittadini, ma anche gli
stranieri o apolidi, nonché entità giuridiche, laddove il concetto di spesa
pubblica attiene proprio all’insieme di tutte quelle risorse necessarie a
soddisfare servizi e prestazioni di primaria necessità, la cui fruizione deve
riguardare tutti i consociati, indipendentemente dall’entità delle risorse
personali possedute. In questa fase ci limitiamo a evidenziare che dal
principio della capacità contributiva (di cui si avrà modo di approfondire nei
paragrafi a seguire) il prelievo fiscale assume carattere variabile in quanto
legato alle condizioni personali e sociali di ciascun individuo.
Ezio Vanoni, uno dei massimi studiosi della materia finanziaria e
tributaria, ebbe a rilevare come la capacità contributiva non potesse essere
considerata una qualità obiettiva, ma costituisse concetto la cui definizione,
nei casi concreti, non poteva competere se non alla scelta del legislatore, il
1
A. PEDONE, Perché le riforme negli anni Sessanta hanno avuto scarso successo: il
caso della riforma tributaria, in <<Moneta e credito>>, vol. 69 n. 273 (marzo 2016), 65-82,
pag. 71
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che poteva vanificare il limite impostogli, tanto che, dagli atti dell'Assemblea
costituente, risulta come venisse prospettata l'esigenza di una più precisa
delimitazione dei suoi poteri con riferimento all'espressa esclusione da
imposizione delle risorse minime indispensabili alla vita.
Attenzione particolare, posta al già citato criterio della progressività
attiene al prelievo che deve crescere in maniera più che proporzionale rispetto
al reddito prodotto da ciascun individuo; e questo lo si fa, ad esempio,
attraverso l’adozione di aliquote fiscali diverse da applicarsi a diversi
scaglioni di reddito. Progressività che, pertanto, si contrappone al concetto di
proporzionalità la cui aliquota, applicata al reddito percepito, resta fissa al
variare della base imponibile.
Il precetto costituzionale ha come scopo sia il finanziamento della
spesa pubblica ma anche una funzione redistributiva e di equità, da
raggiungere attraverso la progressività delle aliquote, nonché una funzione
sociale da attuarsi tramite meccanismi quali ad esempio le detrazioni
d’imposta; così, le imposte devono tendere a raggiungere “una finalità di
giustizia e perequazione fiscale” e si pongono quali strumenti adatti a ridurre
le disuguaglianze personali e familiari dei consociati.
2
Se da tale concezione
teorica si passa, però, all’applicazione pratica, allora il criterio di
progressività incontra ostacoli proprio in termini di equità in quanto è ben
evidente che, se la progressività potrebbe essere pienamente attuata in tema
di imposte dirette (ad esempio attraverso l’applicazione dell’Irpef), non
altrettanto si verifica, se focalizziamo l’attenzione sulle imposte indirette
(quale l’IVA) dove il tributo colpisce in modo indistinto tutti i consociati nel
momento in cui essi acquistano beni o si rendano fruitori di determinati
servizi. Pertanto, quanto affermato, può determinare condizioni di svantaggio
soprattutto nei riguardi delle classi meno agiate, a meno che non ci siano
2
L. CARPENTIERI, Resoconto stenografico – Indagine conoscitiva, in << Commissioni
Riunite finanze (VI) della Camera dei Deputati finanze e tesoro del Senato della Repubblica,
XVIII Legislatura — Comm. Riun. VI Camera e 6ˆ Senato — Seduta del 15 marzo 2021>>,
pag. 37-38
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interventi legislativi che vadano a limitare e/o ridurre questi effetti distorsivi
(si pensi allo strumento dell’ISEE che andando a valutare la situazione
economica, reddituale, personale e patrimoniale dei nuclei familiari, consente
ai meno abbienti di poter fruire di servizi e prestazioni a condizioni
agevolate).
Da tali considerazioni occorre desumere che il concetto di
progressività non può riguardare la sua applicazione tout court ai singoli
redditi percepiti dall’individuo, ma tale principio è da intendersi, secondo
quanto riportato da Perrone, come “progressività del sistema tributario” che
è strettamente correlato alla capacità contributiva; questo è assodato sia a
livello di giurisprudenza costituzionale (che ha sempre ribadito che la
progressività deve essere riferita al sistema e non al singolo tributo), sia dalla
dottrina prevalente che lo ritiene sufficiente. Da ciò scaturisce che il grado di
progressività discende da scelte politiche, dal contesto del sistema tributario
e dai mezzi per poter essere realizzata.
3
E ancora, secondo la prof.ssa
Carpentieri, l’art. 2 della costituzione non impone al legislatore ordinario di
applicare i criteri di progressività a ogni singolo tributo in quanto la
progressività deve emergere considerando il sistema tributario nella sua
globalità; inoltre la progressività non si misura esclusivamente con la
differenziazione delle aliquote applicate ma anche dal numero degli scaglioni
di reddito, dall’ampiezza del minimo imponibile (no tax area), dalle
detrazioni di imposta e dagli oneri deducibili.
4
La ratio del principio di progressività dovrebbe tendere a ridurre o
eliminare le disuguaglianze tra i consociati mirando al raggiungimento
dell’equità e solidarietà e quindi si trattò di una scelta politica adottata
dall’Assemblea costituente che volle creare “una correlazione tra il dovere di
3
L. PERRONE, Crisi della progressività, flat tax, legge delega e flat tax Italian style, in
<<Rassegna tributaria, n. 1>>, 2022, pag. 14-15
4
L. CARPENTIERI, L’illusione della progressività, DIKE Giuridica Editrice, Roma,
2013, pag. 44-46
5
contribuzione alle pubbliche spese e solidarietà”
5
; a tal riguardo, non si può
negare che il principio di progressività rappresenti un valido cardine
dell’equità tributaria “inteso come uguaglianza nella distribuzione verticale
degli oneri e, quindi, come strumento di riduzione delle differenze tra le
situazioni di ciascun consociato”.
6
Da quanto detto si desume che i due commi sono strettamente collegati
in quanto il primo ha lo scopo di affrontare la “materia finanziaria” (come si
evince dall’intervento dell’on. Scoca in sede di Assemblea costituente del
1947) necessaria per far fronte alle spese pubbliche strettamente correlate alla
capacità contributiva dei consociati, i cui corollari attengono al rispetto del
minimo vitale (che deve essere esente da tassazione) e al criterio di
progressività riportato, quest’ultimo, al secondo comma e ritenuto basilare ai
fini dell’equità e ragionevolezza, tale da assicurare sicurezza, convivenza
civile e rispetto delle norme, con particolare riguardo al principio di
uguaglianza ex art. 3 Cost.
Il rapporto fra il comma 1 e il comma 2 dell’art. 53, pertanto, ha
importanti implicazioni per la giustizia sociale e la redistribuzione della
ricchezza. Il principio di capacità contributiva e il principio di progressività
sono strettamente correlati nel sistema fiscale e procedono parallelamente con
la funzione di assicurare il legame tra il principio di uguaglianza e
l’uniformità di trattamento richiesta dall’art. 53. Il primo principio
rappresenta il presupposto di legittimità dell’obbligo tributario e stabilisce
che ogni contribuente deve corrispondere la prestazione imposta in base alla
sua idoneità economica e quindi contribuire alle spese pubbliche (che
rappresentano il motivo per il quale i consociati sono chiamati a partecipare
5
L. CARPENTIERI, Resoconto stenografico – Indagine conoscitiva, in << Commissioni
Riunite finanze (VI) della Camera dei Deputati finanze e tesoro del Senato della Repubblica,
XVIII Legislatura — Comm. Riun. VI Camera e 6ˆ Senato — Seduta del 15 marzo 2021>>,
pag. 44-45
6
F. GALLO, Ripensare il sistema fiscale in termini di maggiore equità distributiva, url:
docplayer.it/15888564-Ripensare-il-sistema-fiscale-in-termini-di-maggiore-equità-
distribuitiva.html, pag. 14
6
con le proprie ricchezze) in base alla capacità economica (che rappresenta il
presupposto per l’applicazione del tributo, esentando solo coloro ai quali
occorre garantire un minimo vitale e costituisce, altresì, un limite negativo
della tassazione), che “si esprime attraverso indici economicamente valutabili
quali il patrimonio, il reddito, i consumi, i risparmi, le rendite, gli
investimenti”
7
; ossia, tutti elementi suscettibili di valutazione economica dal
punto di vista oggettivo. La progressività (definita dalla prof.ssa Carpentieri
come la “modalità di commisurazione delle entrate”), invece, rappresenta
l’obiettivo della tassazione che obbliga al raggiungimento dell’equità
verticale nella suddivisione della spesa pubblica attraverso il sistema fiscale.
8
Essa prevede un depauperamento più che proporzionale nei soggetti più
abbienti e meno che proporzionale verso le classi più povere.
Lo stesso Scoca, nel suo intervento assembleare, dopo aver
argomentato sulla necessita di “non ignorare la sostanza del fenomeno
finanziario”, ritiene che, seppur i tempi non fossero ancora maturi per attuarla,
quantomeno occorreva inserire il concetto di progressività nella Costituzione
poiché essa era maggiormente rispettosa della solidarietà sociale e più
conforme allo sviluppo delle società progredite.
Il passaggio dallo Statuto Albertino alla Costituzione repubblicana
segna una diversa concezione del diritto tributario: da “limitatorio ed
eccezionale” si passa a una visione mirante all’attuazione di una politica
sociale la cui Costituzione ne rappresenta l’architrave; entrambi i commi
dell’art. 53 definiscono il transito da un’imposizione autoritativa del tributo
7
F. CASTELLUCCI, La capacità contributiva nell’ordinamento tributario italiano alla
luce della recente giurisprudenza della Corte di Cassazione: principio solidaristico o teoria
del “beneficio”?, url: www.contabilità-pubblica.it/Archivio11/Dottrina/CC.pdf del
16/11/2011, pag. 3
8
L. CARPENTIERI, L’illusione della progressività, DIKE Giuridica Editrice, Roma,
2013, pag. 43
7
ad una nuova visione fondata sulla solidarietà, partecipazione e contribuzione
alla spesa pubblica.
9
Riprendendo le considerazioni dell’on. Scoca, la progressività doveva
prefiggersi lo scopo di correggere le iniquità scaturenti dagli altri tributi
(specialmente quelli inerenti ai consumi) e benché debba, inevitabilmente,
riguardare l’intero sistema tributario - essendo utopistico applicarla a ogni
singolo tributo - la stessa è da preferire in una società, quale quella italiana,
imperniata sulla solidarietà e sulla democrazia. Pertanto, il principio di
progressività si propone di salvaguardare il mantenimento della pace sociale,
limare le disuguaglianze derivanti dagli altri tributi, stando attenti a non
eccedere nella tassazione verso le classi più agiate pena il verificarsi di effetti
disincentivanti della produzione e dello sviluppo ed evitare, altresì, che le
maggiori entrate derivanti dalle imposte progressive non vengano sprecate in
spese inutili che ne possano vanificare il beneficio.
Esaminati i motivi per cui il principio della progressività fu inserito
nell’art. 53, inizialmente tale articolo fu inquadrato tra le norme di natura
programmatiche che, a differenza di quelle precettive, sono rivolte al
legislatore e quindi di non immediata applicazione. La diatriba sulla natura
dell’articolo nel farlo rientrare tra le norme di natura programmatiche o
precettive ha indotto la Corte costituzionale a propendere per queste ultime,
soprattutto quando la stessa, con la sentenza n. 1 del 1956, ritenne – come
disposizione generale - non rilevante la distinzione tra le stesse, con lo scopo
di circoscrivere l’ambito di competenza della Consulta, ossia ai fini del
giudizio di illegittimità costituzionale. Nell’esame specifico, si è visto che dal
primo comma dell’art. 53 l’imposizione tributaria non ha ragione d’essere in
mancanza del presupposto della capacità contributiva mentre, in presenza di
essa, non si può chiedere al contribuente una partecipazione alle spese
9
L. CARPENTIERI, L’illusione della progressività, DIKE Giuridica Editrice, Roma,
2013, pag. 30-31
8
pubbliche che ne travalichi sia i limiti che la misura delle sue effettive
possibilità (funzione di solidarietà e garantistica).
Così, mentre la capacità contributiva contenuta nel primo comma
dell’art. 53 viene oramai riconosciuta come elemento precettivo, (anche su
orientamento della giurisprudenza), maggiori resistenze ha incontrato, da
parte della dottrina, il principio di progressività contenuto nel secondo comma
che, a causa del suo contenuto impreciso e indeterminato (e quindi privo di
un effetto immediato), l’hanno fatto ritenere senza efficacia vincolante
nonché inidoneo a condizionare le scelte del legislatore; tuttavia non ne può
derivare una svalutazione del principio costituzionale tale da renderlo una
“scatola vuota” priva di utilità. Questo tipo di interpretazione di carattere
restrittivo non può avere una visione strabica, in quanto non può rappresentare
per il legislatore una guida solo nella scelta del presupposto della capacità
contributiva dovendo essere tenuta nella giusta considerazione anche la
progressività.
10
La Corte costituzionale ha ritenuto che il comma 2 rientri a sua volta
nelle norme precettive in quanto riferito al sistema tributario nel suo
complesso e ciò è emerso soprattutto quando ricorsi di illegittimità, aventi per
oggetto solo alcuni tributi di natura non progressiva, sono stati rigettati; la
Consulta, in un simile contesto, ha dichiarato che il precetto costituzionale
sulla progressività va inquadrato nel sistema tributario globale, non potendo
la singola norma impugnata disattenderne il contenuto dato che, anche una
sola imposta progressiva, potrebbe essere sufficiente a tale scopo.
Occorre quindi discernere l’efficacia vincolante della norma (che solo
il legislatore può attuare) rispetto al suo contenuto: se la progressività
rappresenta l’obiettivo della imposizione tendente al raggiungimento
dell’equità verticale; tuttavia, lo stesso non lo si può raggiungere
determinandone a priori i “criteri direttivi”: lo scopo deve essere conseguito
10
L. CARPENTIERI, L’illusione della progressività, DIKE Giuridica Editrice, Roma,
2013, pag. 42-43
9
lasciando al legislatore tributario margini di movimento e discrezionalità
nella scelta di criteri, tecniche, intensità e decisioni; tutti elementi necessari
per il raggiungimento del risultato prescritto. Secondo Schiavolin
11
, sotto
quest’ottica, anche il secondo comma va inquadrato all’interno delle norme
precettive benché abbia il contenuto di una norma direttiva.
In conclusione, l’art. 53 non deve tendere soltanto a proteggere il
contribuente riguardo al suo dovere contributivo ma deve agire anche quale
propulsore nel sollecitare il legislatore a raggiungere obiettivi perequativi.
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Volgendo l’attenzione all’autonomia impositiva delle regioni,
l’addizionale regionale fu introdotta con il D.lgs. n. 446 del 1997 laddove,
inizialmente i margini di autonomia furono delimitati dallo Stato, ma poi si
concesse di apportare delle maggiorazioni all’aliquota base senza possibilità,
però, di modificare le fasce di reddito prestabilite a livello centrale. Riguardo
al principio di progressività delle addizionali regionali, la Corte costituzionale
si è espressa in senso favorevole; infatti, con la sentenza n. 2 del 2006 è stato
affermato il principio secondo cui le regioni possono applicare aliquote
progressive senza però poter modificare, appunto, gli scaglioni di reddito
decisi a livello centrale perché, attenendosi a tali disposizioni, la norma
regionale non contrasta con nessun articolo della Costituzione.
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Inoltre, il comma 4 dell’art. 6 del D.lgs. n. 68 del 2011 recita: “Per
assicurare la razionalità del sistema tributario nel suo complesso e la
salvaguardia dei criteri di progressività cui il sistema medesimo è informato,
le regioni possono stabilire aliquote dell'addizionale regionale all' IRPEF
differenziate esclusivamente in relazione agli scaglioni di reddito
corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge statale”. Ancora una volta la Corte
11
R. SCHIAVOLIN, Flat tax, equa tassazione del reddito e principio di progressività,
in <<Rivista Diritto Tributario>>, pag. 304
12
L. CARPENTIERI, L’illusione della progressività, DIKE Giuridica Editrice, Roma,
2013, pag. 44
13
Ibidem, pag. 136
10
con sentenza n. 8 del 2014, con richiamo all’ordinamento costituzionale,
ribadì che “la progressività non deve essere considerata in riferimento al
singolo tributo bensì all’intero sistema tributario, a nulla valendo la tesi -
sostenuta dal Presidente del Consiglio dei ministri che, tramite l’Avvocatura
dello Stato, aveva promosso questione di legittimità dell’art. 3 della legge
della Regione Puglia n. 45 del 28 dicembre 2012” - secondo la quale
“l’applicazione di un’unica aliquota (pari allo 0,5 per cento) per una fascia di
redditi particolarmente estesa (dai 28 mila euro annui sino a tutti i redditi oltre
i 75 mila euro annui) e prevedendo che le variazioni decorrano dal 1° gennaio
2013 – violerebbe i parametri costituzionali sopra citati e si porrebbe in
contrasto con le norme statali in materia di rimodulazione delle aliquote
dell’addizionale regionale IRPEF. In particolare, l’art. 6 del d.lgs. n. 68 del
2011, accorderebbe alle regioni la facoltà di variazione dell’aliquota
dell’addizionale regionale solo a fronte di una differenziazione delle aliquote
rispettosa del principio di progressività e con l’integrale rispetto degli
scaglioni previsti dal legislatore statale”. Da quanto detto, ritorna in voga
l’intento della Costituzione di indicare al legislatore ordinario (in questo caso
regionale) una strada da seguire nella progettazione dell’intero sistema
tributario, lasciandogli, poi, ampio spazio riguardo i contenuti più o meno
incisivi della progressività da adottare.