Il presente studio ha quindi previsto sia la realizzazione di intelaiature polimeriche a
due e tre dimensioni, che rappresentino il substrato per un’adesione cellulare spazialmente
predefinita, sia lo sviluppo di un sistema di coltura ad ambiente dinamico.
Le superfici di vetro, utilizzate come supporto per le strutture polimeriche bioerodibili,
sono state derivatizzate tramite silanizzazione e formazione di uno strato di
polietilenglicole. Sono state inoltre stabilite le metodologie per la realizzazione delle
intelaiature polimeriche tridimensionali.
Il sistema di coltura dinamico è stato invece progettato e realizzato sulla base dello
stretto legame tra parametri chimici e fisici dell’ambiente di coltura e l’acquisizione, da
parte delle cellule, di funzioni e morfologia di tipo fisiologico. Tramite l’utilizzo di tale
sistema è stata analizzata la migrazione cellulare sotto diverse condizioni di flusso.
Capitolo 1 Ricerca nel settore dell’Ingegneria Tissutale
1
CAPITOLO 1
Ricerca nel settore dell’Ingegneria Tissutale
1.1 L’ingegneria tissutale
Fino ad oggi la medicina si è basata essenzialmente su tre modelli operativi nel caso in
cui un organo o parte di esso risulti compromessa: un approccio di tipo biochimico –
molecolare, la ricostruzione chirurgica e la sostituzione dell’organo.
Il primo orientamento ha enormi prospettive, rappresentate principalmente dai farmaci
biotecnologici ma, allo stato attuale, oltre un certo grado di entità del danno, diventa un
trattamento esclusivamente sintomatico.
Il secondo, notevolmente invasivo, non sempre porta ad una risoluzione totale del
problema e troppo spesso il risultato non garantisce una qualità di vita accettabile.
La terza linea è stata fino ad oggi ostacolata da numerosi problemi. Fino a pochi anni fa
la sostituzione di organi veniva effettuata facendo uso di elementi xenobiotici, quali organi
provenienti da donatori umani compatibili, organi artificiali od organi animali. Nel primo
caso, al di là dei problemi di rigetto oggi arginabili farmacologicamente in modo
abbastanza soddisfacente, è noto come il limite principale sia la disponibilità di
componenti del corpo umano, che risulta cronicamente insufficiente di fronte alla richiesta.
Il secondo tipo di sostituzione risulta attuabile solo per sostituire funzioni semplici di tipo
meccanico come quella del cuore; assai più complessa diviene qualora ci si avvalga di
organi che, come il fegato, presentano un rapporto volume/complessità fisiologica non
riproducibile artificialmente, almeno allo stato attuale. Infine negli ultimi anni si stanno
sviluppando linee di ricerca orientate verso il miglioramento della compatibilità
Capitolo 1 Ricerca nel settore dell’Ingegneria Tissutale
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uomo/animale attraverso un’opera di mascheramento di specifiche proteine animali
presenti nell’organo, che rappresentano il bersaglio del sistema immunitario del paziente,
onde evitare rigetto. Questo quando milioni di esseri umani necessiterebbero di interventi
ricostruttivi o di trapianti; basti citare a titolo di esempio casi di ustioni cutanee gravi,
degenerazioni della cornea, lesioni traumatiche o degenerative a carico di ossa e cartilagini
(fratture importanti, tumori, artriti), necessità ricostruttive del sistema cardiocircolatorio
(bypass, valvole cardiache).
Da ciò è nata l’esigenza di una nuova fonte ed è realistica la prospettiva che tale fonte
sarà rappresentata dall’ingegneria tissutale.
Questa ha infatti l’obiettivo di ovviare ai problemi che sono stati sopra illustrati
basandosi sul presupposto che l’unico modo sicuro che abbiamo per far tollerare
completamente all’organismo un tessuto trapiantato, sia quello di operare la sostituzione
con un componente appartenente all’organismo stesso. Ciò presuppone la ricerca di
tecniche che permettano di coltivare in vitro il componente da trapiantare; se le conoscenze
attuali consentono la coltivazione di cellule umane, l’ingegneria tissutale deve spingersi
oltre ed arrivare a riprodurne la struttura e la funzione fisiologica. Tali tecniche si basano
sul fatto che studi su colture hanno messo in risalto come le cellule abbiano un
comportamento metabolico, morfologico e funzionale dipendente dalla loro disposizione
geometrica nello spazio e dalla variazione delle forze fisiche dell’ambiente di coltura. E’
per questo motivo che sono state progettate intelaiature polimeriche bioerodibili a
geometria variabile, bi- e tridimensionali, che consentissero una coltivazione
morfologicamente determinata delle cellule e che poi scomparissero “assorbite” dal tessuto
stesso, nello stesso modo di un filo per suture interne; ed è per controllare le componenti
Capitolo 1 Ricerca nel settore dell’Ingegneria Tissutale
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fisiche agenti sulle cellule, che sono stati progettati ambienti di coltura dinamici come i
bioreattori, il cui sviluppo è uno degli obiettivi a lungo termine di questo lavoro di tesi.
In questa direzione sono stai compiuti notevoli progressi, visto che, per citare alcuni
esempi, la generazione e il trapianto di epidermide in pazienti ustionati è una tecnica ormai
commercializzata negli Stati Uniti e in Europa; l’impiego, nell’ambito di interventi umani
di cornea e congiuntiva costruite in vitro, rappresenta ormai una possibilità concreta; già si
è tentato (per ora solo su animali) di ricostruire e trapiantare strutture più complesse come
vescica e fegato.
1.2 Generazione di tessuti a partire da cellule isolate
Nei prossimi paragrafi verranno presi in esame tre esempi di costruzione di tessuti che
trovano impiego in campo medico.
1.2.1 Endotelizzazione dei biomateriali per protesi vascolari
I materiali utilizzati per la realizzazione delle protesi vascolari, pur mostrando una
notevole biocompatibilità per il distretto vascolare in cui devono essere impiantate,
mancano di una copertura endoteliale che li renda simili al vaso originario. Per questo
motivo sono stati ricercati nuovi materiali sintetici di per sé meno trombogenici, come ad
es. i poliuretani, allo scopo di mettere a punto nuove tecniche di endotelizzazione che
permettano la ricopertura del lume interno della protesi con uno strato di cellule
endoteliali.
Al fine di ottenere un’endotelizzazione che abbia successo nel tempo, il substrato
dovrebbe possedere determinati requisiti:
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1) essere fortemente adesivo per le cellule, in modo tale da impedirne il
distacco in seguito al passaggio del flusso sanguigno;
2) non indurre trombosi ma promuovere l'adesione e la proliferazione specifica
delle cellule endoteliali;
3) non alterare la modulazione endoteliale dell'emostasi e della trombosi.
Infatti, il primo dei fenomeni cui si assiste dopo l'impianto del tessuto protesico è
quello di un suo rivestimento da parte di un coagulo formato da filamenti di fibrina disposti
a maglia, nei cui interstizi si raccolgono gli elementi corpuscolari del sangue. Il coagulo si
dispone come una lamina sulla superficie interna della protesi e continua, attraverso i pori
del tessuto, con un coagulo simile disposto sulla superficie esterna. Nei giorni successivi
all'impianto inizia una proliferazione di fibroblasti che sostituisce il coagulo e s’infiltra
nella protesi. Il tessuto fibroso diviene così altamente cellulare e ben vascolarizzato.
Questo primitivo tessuto va incontro a fenomeni di sclerosi con diminuzione della
componente cellulare ed un aumento delle fibre di collagene.
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Un importante elemento da valutare, quando si sceglie un materiale sintetico, per
ottenere sulla sua superficie una buona adesione e proliferazione cellulare, è il rapporto
idrofilicità/idrofobicità di tale superficie. L'idrofilicità di una superficie è determinata sia
dal numero di gruppi polari suscettibili di formare legami ad idrogeno sia dalla forza di tali
legami.
fig. 1.1 – Sezione di vasi sanguigni bioartificiali
E stato osservato che quando il siero è presente nel mezzo di coltura, il grado
d'idrofilicità della superficie, su cui devono essere seminate le cellule, influenza
l’adsorbimento di proteine del siero e questo a sua volta condiziona il successivo processo
di adesione e proliferazione cellulare.
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La composizione e conformazione dello strato proteico adsorbito su superfici
moderatamente idrofiliche sembra essere più favorevole o comunque meno inibente ai fini
dell'adesione cellulare in confronto a polimeri prevalentemente idrofobici o idrofilici. Su
superfici idrofiliche le proteine sieriche sono adsorbite con legami labili, perciò possono
essere facilmente spostate da proteine adesive, come la fibrina, prodotte dalle cellule stesse
durante i processi d'attecchimento e crescita.
Le tecniche maggiormente utilizzate per migliorare l'endotelizzazione delle superfici
polimeriche sono:
- Modifica della superficie mediante idrossilazione. Tale tecnica prevede la
deposizione d'alluminio sul materiale polimerico e successiva rimozione con
idrossido di sodio, in modo tale da diminuirne l’idrofobicità.
- Coating con proteine extracellulari. In genere il materiale prima di subire la
semina cellulare è ricoperto con uno strato di proteine adesive tipiche della
matrice extracellulare, come la fibronectina.
- Coating con peptidi contenenti la sequenza RGD. La tecnica e simile a quella
precedentemente citata, varia semplicemente nella sostanza che si utilizza per
fare il coating. Sono scelti i peptidi con la sequenza RGD, poiché questa è la
sequenza minima comune alla maggior parte delle proteine adesive.
- Coating con anticorpi monoclonali, specifici per antigeni della membrana
endoteliale o per proteine della matrice.
- Incorporazione d'agenti bioattivi. Gli agenti bioattivi sono molecole
biologicamente attive, che sono immobilizzate sulla superficie del materiale
mediante quattro possibili tecniche:
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1) Intrappolamento fisico;
2) Adsorbimento fisico con o senza cross-linking;
3) Attrazione elettrostatica;
4) Legami chimici.
fig. 1.2 – Valvola cardiaca in poliuretano endotelizzato
Come si può ben vedere, la ricerca di una buona tecnica d’endotelizzazione si muove in
varie direzioni, anche perché non è ancora supportata da tutte le conoscenze scientifiche
che regolano l’attività proliferativa e d’adesione delle cellule endoteliali.
L’unica cosa che si può affermare con certezza è che l’endotelizzazione sia forse
l’unica via per evitare fenomeni di rigetto o eventi ematici indesiderati in seguito
all’impianto delle protesi artificiali.
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1.2.2 La cartilagine
Un altro tessuto umano ricostruito [1,2] in laboratorio è la cartilagine, il sottile strato di
tessuto che riveste l’osso a livello delle articolazioni e assorbe gli shock prodotti dai
movimenti. Essa può subire danni a causa di sollecitazioni meccaniche, traumi o malattie
infiammatorie come l'artrite o l'osteoartrosi.
L’innesto di cartilagine artificiale è una terapia rivoluzionaria e risolutiva, poiché,
rinnovando completamente il tessuto, il paziente torna a muoversi normalmente.
Inoltre la cartilagine ha il vantaggio di avere un modesto fabbisogno nutrizionale e di
non richiedere la crescita di nuovi vasi sanguigni. Questo fa sì che il suo sviluppo come
tessuto ingegnerizzato sia relativamente semplificato.
Un primo metodo [3] prevede l'isolamento di alcuni condrociti dal tessuto cartilagineo
e il loro trasferimento in una matrice polimerica derivata dall' acido ialuronico. Viene così
creato un tessuto semi-artificiale che può essere utilizzato per riempire difetti della
cartilagine articolare di diversa origine.
Un secondo approccio prevede il trasferimento di condrociti di ratto in una matrice di
acido poliglicolico o acido polilattico; le cellule, crescendo, permettono alla matrice di
mantenere la sua forma tridimensionale originaria, assumono (dopo un periodo di qualche
mese) una colorazione biancastra ed aumentano la produzione di glicosaminoglicani e
collagene di tipo II divenendo perciò in grado di riprodurre abbastanza bene le
caratteristiche del tessuto cartilagineo.
Il punto critico di questa tecnica è sicuramente lo stadio del trapianto sul paziente al
fine di rendere il neo-tessuto meccanicamente funzionale.
Una recente strategia prevede la coltura di condrociti in gel di agarosio; in queste
condizioni le cellule hanno mostrato di essere in grado di formare un tessuto con
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caratteristiche di rigidezza e comprimibilità simili alla cartilagine. La tecnica è però ancora
in via di sperimentazione.
fig. 1.3 – Cartilagine coltivata su strutture polimeriche; le
frecce indicano i residui di polimero.
1.2.3 Le ossa
Nei laboratori del dipartimento di biologia [2] cellulare dell’Università di Genova
stanno emergendo i primi risultati positivi sull’uomo relativamente agli innesti di osso
coltivato attraverso un biomateriale di supporto, formato da una specie di ceramica porosa,
simile alle sostanze presenti nello scheletro.
Un altro esempio importante riguarda un ricercatore del Massachusetts, Charles
Vacanti, il quale è riuscito a ricostruire le cellule ossee di un operaio che aveva perso la
parte superiore del pollice in un incidente, usando come supporto una struttura costituita da
corallo marino. Tale materiale è abbastanza poroso e modellabile da permettere la
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proliferazione delle cellule e in grado di dissolversi col tempo, venendo sostituito da
tessuto osseo.
Per la ricostruzione delle ossa [3] sono oggi in atto studi su diversi tipi di materiali,
che potrebbero avere le caratteristiche appropriate per questo scopo, in particolare su
metalli e ceramiche con diverse caratteristiche: materiali bio-inerti come l’allumina, in
seguito alla bassa interazione con i tessuti circostanti e al suo basso coefficiente di frizione;
materiali porosi come un metallo rivestito di idrossiapatite, che permette all’osso di
crescere all’interno dei pori, favorendo così l’unione tra l’impianto e l’osso preesistente;
materiali bio-attivi come alcuni tipi di vetro, che formano un legame con i tessuti che
circondano l’impianto.
Un altro approccio prevede l’uso di polvere di osso demineralizzato (DBP ), materiale
che e’ in grado di stimolare la crescita delle cellule del tessuto osseo.
fig. 1.4 – Esempio di ricostruzione ossea su supporto polimerico
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1.3 Generazione di tessuti nervosi
1.3.1 Progetto di ricerca attivo presso il Centro “E. Piaggio”
Lo studio di cui si occupa questa tesi fa parte di un programma di ricerca di tipo
interuniversitario, finanziato dal MURST. Tale progetto si propone di investigare la
possibilità di ricostruire un tessuto nervoso artificiale, coltivando cellule di origine nervosa
su strutture ingegnerizzate in microscala, in modo da consentire una disposizione spaziale
delle cellule secondo una geometria predefinita. In particolare si propone di investigare se
e in che misura sia possibile ricostruire la struttura retinica, che rappresenta al momento
una delle regioni del sistema nervoso centrale meglio conosciute come composizione
cellulare ed architettura funzionale.
Parte della sperimentazione è stata condotta inizialmente con cellule di neuroblastoma,
che costituiscono una linea cellulare di origine nervosa di facile coltivazione, e che ha
permesso una prima indagine dei processi di sopravvivenza, adesione al substrato e
differenziamento cellulare. Questa fase del progetto, nella quale è inserito il presente
lavoro, sarà seguita da esperimenti con neuroni primari retinici. Benché persegua un fine
ultimo applicativo, questa ricerca può portare anche ad una più profonda comprensione dei
meccanismi che regolano l’autoorganizzazione dei tessuti nervosi in vivo.
Il progetto prevede la collaborazione di tre unità, la cui suddivisione dei compiti è la
seguente:
1) costruzione dei substrati, coltura delle cellule nervose in diverse condizioni.
(Università di Pisa presso il Centro Interdipartimentale di Ricerca “E.
Piaggio”, dove è stato svolta la maggior parte di questa tesi)
Capitolo 1 Ricerca nel settore dell’Ingegneria Tissutale
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2) analisi delle proprietà di sopravvivenza e differenziamento delle cellule
coltivate sui diversi substrati microstrutturati. (Università di Torino, Facoltà
di Medicina, dove sono state acquisite alcune tecniche fondamentali di
coltura cellulare, in particolare riguardo ai neuroblastomi)
3) simulazione tramite modelli micromeccanici che portino ad un’ipotesi
operativa dinamica di quanto accade in vivo e durante le fasi di
ingegnerizzazione, e consentano di disegnare esperimenti critici per la
comprensione dei processi naturali e l’ottimizzazione
dell’ingegnerizzazione del tessuto. (Università di Genova, Facoltà di
Ingegneria).
Il programma di ricerca della sezione di Pisa è basato sull’ottimizzazione di
microstrutture polimeriche a geometria controllata, sullo studio del comportamento delle
cellule nervose coltivate su tali strutture, sull’analisi tramite tecniche di imaging dello
sviluppo e/o alterazioni delle normali attività cellulari.
L’obiettivo primario è quello di realizzare pattern con geometrie che replicano quelle
della retina, e di ottimizzare la loro topologia, variandone la larghezza, l’altezza, la
curvatura e la spaziatura tra le linee in modo da determinare i parametri ottimali per
l’adesione cellulare.
Il programma di ricerca era diviso in tre fasi:
1) ottimizzazione dei pattern in termini geometrici e chimici per favorire la
sopravvivenza e il differenziamento cellulare,
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2) ottimizzazione delle condizioni di coltura e studio delle alterazioni cellulari in
seguito alle variazioni della pressione idrostatica , usando tecniche di imaging
funzionale,
3) ricostruzione parziale di tessuto nervoso su substrati microstrutturati bi- e tri-
dimensionali.
Il presente lavoro è collocabile tra la prima e la seconda fase i ricerca e gli obiettivi
sono principalmente quattro:
- realizzazione di patterns bidimensionali trattando superfici di vetro con silani
funzionalizzati e formazione, tramite legame covalente, di uno strato di
polietilenglicole, che renda improbabile il legame delle proteine di adesione sulla
superficie e veicoli quindi le cellule su piste di polimero bioerodibile
opportunamente deposte;
- ottimizzazione di microstrutture 2D con l’impiego di nuovi materiali come
l’octadeciltriclorosilano ed il trimetilclorosilano, che consentano di creare una
superficie idrofobica, che si è mostrata ostile all’adesione cellulare, sulla quale
deporre una miscela di polimeri bioerodibili in modo da migliorare la selettività di
adesione cellulare;
- progettazione di metodi di produzione di strutture polimeriche 3D facendo uso
della nanosiringa a pressione e di sostanze facilmente reperibili in laboratorio,
come acqua o gelatina;