Ringraziamenti
5
Ringraziamenti
Si sta così per concludere un altro capitolo della mia vita e, prima di accingermi a
voltare pagina, sento di dover ringraziare molte persone senza le quali, molto
probabilmente, non avrei potuto raggiungere questo traguardo così importante.
Innanzitutto infinite grazie ai miei genitori, che mi hanno dato l’opportunità di
intraprendere questa “avventura”, e ad Adriana, mia sorella. Grazie per l’immenso
sostegno che mi hanno sempre dato, grazie per i consigli e per la fiducia che hanno
sempre avuto in me.
Grazie a Martina, amica di sempre, alla quale devo il primo esame superato: se
quel giorno non fosse venuta con me non avrei mai trovato il coraggio di
sostenerlo. È stato bello, inoltre, condividere con lei tutti gli anni universitari, tutte
le notti passate a parlare e tutte le cene, le uscite serali e le feste in casa con gli
amici.
Grazie ad Alice, coinquilina per caso e subito diventata grande amica. Non
dimenticherò mai i mille traslochi fatti insieme, le nostre pause caffè, spesso con i
“ragazzi della porta accanto”, i tanti sfoghi notturni, gli aperitivi alla
Mondadori…la valeriana prima degli esami!
Grazie a Giovanni, carissimo collega e diventato inseparabile amico tra una pagina
di campi ed un “equilibrio da pazzi” raggiunto in laboratorio…e, non contenti di
ciò, abbiamo anche deciso di lavorare insieme alla tesi! E nonostante i vari
battibecchi, a volte anche pesanti, è stato bello lavorare insieme.
Grazie, inoltre, a tutti gli altri colleghi ed amici che hanno vissuto insieme a me le
varie vicende universitarie: Luana, che mi ha sempre dato delle dritte su tutto ciò
che riguardava esami, libri , dispense e quant’altro, insieme ad un grande sostegno
morale sia dentro che fuori l’università; Andrea, sempre presente ad ogni esame,
Ringraziamenti
pronto a condividere con me la gioia di un esame superato o a risollevarmi per un
esame andato male; Filippo, per aver sempre risolto i miei mille problemi con i
computer e che ha sempre qualcosa da insegnare; Pippo, a trascorrere insieme a
loro le interminabili ore di lezione, le pause in cortile o in corridoio, i pranzi al bar
o al CUS.
Grazie inoltre a tutti coloro che, entrati di recente nella mia vita, non sono stati
meno importanti nell’aiutarmi ad affrontare e superare periodi poco felici
semplicemente essendo presenti.
Grazie ancora a tutti voi, menzionati e non, per essermi sempre stati accanto, per
avermi sempre, ognuno di voi, insegnato qualcosa.
Grazie a tutti per aver sempre creduto in me anche quando io stessa non ci credevo.
Introduzione
7
Introduzione
Siamo sempre stati abituati a pensare al rumore come a qualcosa di estremamente
negativo e questo, nell’ambito dell’elettronica, ha dato il via all’utilizzo di nuove
tecniche per limitare i problemi causati dalla presenza del rumore. In realtà, però,
recenti studi hanno dimostrato che, se utilizzato opportunamente, esso può
migliorare le prestazioni di alcuni sistemi.
Nel presente lavoro di tesi ci si propone proprio di fornire una dimostrazione dei
benefici che può dare il rumore ad una specifica categoria di sistemi. Quella a cui si
fa riferimento comprende i sistemi di trasferimento di segnali dotati di caratteristica
ingresso-uscita non lineare. La non linearità, in questi sistemi, comporta delle
distorsioni nel trasferimento del segnale per cui il segnale in ingresso non arriva
come dovrebbe in uscita.
È stato dimostrato che le prestazioni di tali sistemi possono essere migliorate
tramite delle tecniche di rumore aggiunto, tra le quali le principali sono due: la
risonanza stocastica ed il dithering. Entrambe le tecniche si basano sull’aggiunta di
una certa quantità di rumore al segnale in ingresso, però, mentre la risonanza
stocastica viene applicata a quei sistemi in cui il segnale in ingresso ha un livello
troppo basso per superare la soglia del sistema, il dithering viene applicato nelle
conversioni analogico-digitali per migliorare la risoluzione. Praticamente l’effetto
della risonanza stocastica è quello di abbassare la soglia del sistema in modo che
anche piccoli segnali in ingresso riescano a farlo commutare; invece l’effetto del
dithering è quello di migliorare la risoluzione di un sistema digitale
linearizzandone la caratteristica.
Introduzione
Il dithering è la tecnica a cui si è interessati in questo contesto in quanto la si vuole
applicare ad un encoder, un sensore di posizione con transcaratteristica non lineare
ed avente il vantaggio di fornire in uscita un segnale direttamente digitale (più
facilmente elaborabile). Per quanto detto prima ci si aspetta allora che aggiungendo
un rumore in ingresso a tale encoder la sua caratteristica risulti lineare. Questo è
proprio ciò che si vuole dimostrare nella seguente trattazione, suddivisa come di
seguito riportato.
Nel primo capitolo viene esposto il concetto di rumore e ne viene data una
descrizione matematica; sono poi trattate molto più in dettaglio le due tecniche di
rumore aggiunto precedentemente accennate ed esposti i risultati che ci si aspettano
in seguito alla loro applicazione.
Nel secondo capitolo vengono illustrate le caratteristiche principali dei sensori in
generale per poi introdurre gli encoder ed il loro funzionamento.
Nel terzo capitolo si espone la struttura hardware realizzata per applicare la tecnica
del dithering e dimostrarne la validità.
Nel quarto capitolo viene trattata la simulazione del sistema in esame e vengono
confrontati i risultati ottenuti da essa con quelli ottenuti dalla teoria del dithering.
Nel quinto capitolo, infine, vengono esposti i risultati sperimentali ottenuti
applicando il rumore, per diversi valori della sua deviazione standard, al sistema in
esame. Vengono poi evidenziati alcuni problemi strutturali, insieme alle relative
soluzioni, ai quali si è andati incontro nel corso della realizzazione del sistema e
delle misure effettuate.
I risultati sperimentali ottenuti, confrontati con quelli teorici e con quelli simulati,
dimostrano quanto effettivamente il dithering sia stato utile nella linearizzazione
del sensore in esame e, quindi, nel miglioramento della sua risoluzione. Inoltre,
l’entità trascurabile dell’errore tra dati sperimentali e dati simulati, evidenzia
quanto la struttura realizzata ben si presta all’applicazione del dithering.
Capitolo 1 Il rumore
9
Capitolo 1
Il rumore
1.1 Definizione di rumore
Nei dispositivi elettronici l’esistenza del rumore è fondamentalmente dovuta al
fatto che la carica elettrica non è continua ma è trasportata in quantità discrete
uguali alla carica dell’elettrone.
Esistono in natura vari tipi di rumore tra i quali ricordiamo: [1]
- il rumore shot: è sempre associato con il fluire di una corrente continua
attraverso una barriera di potenziale (tipico caso delle giunzioni p-n). Il
passaggio di ogni portatore dalla barriera è un fatto puramente casuale
legato all’energia e alla velocità di trasporto del portatore stesso. Risulta
quindi evidente che la corrente esterna, che appare come una corrente
continua, è, in realtà, costituita da un gran numero di impulsi di corrente,
casuali ed indipendenti. Questo tipo di rumore è un rumore bianco1, ciò
significa che la sua densità spettrale di potenza è indipendente dalla
frequenza;
- il rumore termico: è tipico dei resistori ed è dovuto al moto termico,
casuale, degli elettroni e non dipende dalla presenza o meno di una
1
Il rumore shot si può considerare bianco fino a frequenze inferiori all’inverso del tempo di
transito dei portatori attraverso la zona della giunzione, tempo che risulta essere dell’ordine
dei picosecondi.
Il rumore
10
corrente continua poiché le velocità di trasporto degli elettroni sono molto
inferiori a quelle termiche. Anche questo è un rumore bianco;
- il rumore flicker: è causato da vari fattori, ma principalmente dalla
presenza di contaminazioni e difetti cristallini del materiale stesso. Queste
imperfezioni a livello strutturale costituiscono delle trappole che catturano
e rilasciano portatori in modo casuale e le costanti di tempo associate con
il processo danno origine ad un segnale di rumore la cui energia è
concentrata alle basse frequenze, ragion per cui esso non è un rumore
bianco ma ha una densità spettrale inversamente proporzionale con la
frequenza. Il rumore flicker è sempre connesso con un flusso di corrente.
1.2 Descrizione matematica del rumore
Si è appena esposto che il rumore, di qualunque tipo esso sia, è sempre generato da
fenomeni prettamente casuali.
Un segnale si dice deterministico quando è possibile conoscerlo a priori, prima
dell’osservazione del segnale stesso, in quanto esso è perfettamente descrivibile
tramite un grafico o una legge matematica.
Un segnale si dice aleatorio, invece, quando risulta noto solo dopo averlo osservato
e non può, quindi, essere studiato usando la tradizionale analisi matematica ma
necessita di opportune tecniche basate sulla teoria della probabilità e dei processi
aleatori o stocastici.
Un processo stocastico è una famiglia di variabili aleatorie funzioni del tempo e
caratterizzate dalla classe delle densità di probabilità congiunte di ordine n
nnX tttxxxf ,....,,;,....,, 2121 . Questa è una funzione statistica di ordine n poiché
considera tutte le n variabili del processo, o meglio, considera i valori del processo
assunti agli i-esimi istanti, con i che varia da 1 a n, ed è ovvio che così è
praticamente impossibile caratterizzare il processo.
Prima di continuare la presente trattazione si ricordano alcune definizioni relative
alla teoria delle probabilità: [2]
- funzione distribuzione di probabilità di una variabile aleatoria X è la
probabilità che tale variabile assuma un valore minore di un determinato
valore x ed è definita come:
Capitolo 1 Il rumore
11
⊥ 1.1Pr xXFX δ { ;
- funzione densità di probabilità definita come:
2.1dx xdFxf XX { ;
- valore atteso di una variabile aleatoria indica il valore attorno al quale si
distribuiscono i valori assunti dalla stessa variabile ed è definito come:
⊥ 3.1 ≥ φφ { dxxxfXE XX Κ ;
- varianza di una variabile aleatoria definita come:
⊥ 4.1222 ≥ φφ { dxxfXXE XXXX Κ Κ ς
la cui radice quadrata è nota come deviazione standard. Una varianza maggiore
indica una maggiore dispersione dei valori assunti dalla variabile aleatoria
attorno al valore atteso;
- funzione distribuzione di probabilità congiunta di due variabili aleatorie X
e Y definita come:
⊥ 5.1,Pr, yYxXyxFXY δ δ { ;
- funzione densità di probabilità congiunta di due variabili aleatorie X e Y
definita come:
6.1,, 2 yx yxFyxf XYXY ω ω ω { ;
- correlazione di due variabili aleatorie X e Y definita come:
⊥ 7.1, ≥ ≥ φφ φφ { dxdyyxxyfXYER XYXY ;
- covarianza di due variabili aleatorie X e Y definita come:
⊥ 8.1, ≥ ≥ φφ φφ { dxdyyxfyxYXEC XYYXYXXY Κ Κ Κ Κ
Si è detto che la caratterizzazione completa di un processo stocastico tramite la sua
funzione densità di probabilità congiunta è praticamente impossibile, quindi lo si
studia utilizzando degli indici statistici semplificati. Una grandezza particolarmente
significativa da questo punto di vista è la funzione valore medio statistico tX Κ
del processo stocastico tX . Il valore di questa funzione ad un istante assegnato
Il rumore
12
tt è il valore medio della variabile aleatoria tX , estratta dal processo
nell’istante stesso e definito come:
⊥ 9.1, ≥ φφ dxtxxftXEt XX Κ
Al variare di t si generano infinite variabili aleatorie, ciascuna con un diverso
valor medio. Ripetendo questo calcolo per ogni valore della variabile temporale si
ricava l’andamento della funzione valore medio statistico definito come:
⊥ 10.1, ≥ φφ { dxtxxftXEt XX Κ
Questa funzione rappresenta una statistica del primo ordine di tX poiché il suo
calcolo prevede la considerazione di una sola variabile aleatoria estratta dal
processo e quindi richiede la conoscenza della sola densità di probabilità del primo
ordine del processo stesso.
Similmente a quanto fatto per una singola variabile aleatoria, si possono definire
l’autocorrelazione e l’autocovarianza (la presenza del suffisso “auto” è dovuta al
fatto che la correlazione e la covarianza sono calcolate per due variabili dello
stesso processo) di un processo aleatorio definite rispettivamente come:
⊥ 11.1,;,, 212121212121 ≥ ≥ φφ φφ { dxdxttxxfxxtXtXEttR XX
12.1,, 212121 ttttRttC XXXX ΚΚ
Queste due funzioni sono parametri statistici del secondo ordine e risultano essere
funzioni dei due istanti temporali
1t
e
2t
.
Il rumore può essere prodotto da un processo Gaussiano e stazionario. Il fatto che
sia Gaussiano implica che esso è caratterizzato completamente dalla sola
conoscenza del valore medio e della funzione di autocorrelazione che indica la
velocità di variazione delle variabili aleatorie. Il fatto invece che esso sia
stazionario implica che il suo valor medio non dipende dalla variabile temporale e
la sua autocorrelazione dipende solo dalla differenza Ω tra i due istanti temporali ai
quali sono estratte le due variabili del processo. La coesistenza di queste due
proprietà comporta che il processo abbia una funzione densità di probabilità del
primo ordine del tipo:
Capitolo 1 Il rumore
13
13.1
2
1 2
2
2
2
X
XX
X
X exf ς
Κ
Σ ς
Spesso invece dell’autocorrelazione si fa uso della densità spettrale di potenza che,
nel caso di processi stazionari, coincide con la trasformata di Fourier
dell’autocorrelazione stessa:
14.12≥ φφ { ΩΩ Ω ΣdeRfS fjXX
1.3 Sistemi a rumore aggiunto
Un qualunque tipo di sistema che veda applicato al suo ingresso un segnale ha lo
scopo di trasferirlo perfettamente in uscita. Questo ci fa capire che i segnali in
ingresso e in uscita sono tra loro fortemente correlati.
Un modo per vedere come il sistema trasferisce i segnali è quello di valutare il
rapporto segnale-rumore (SNR) in uscita, definito come il rapporto tra la densità
spettrale di potenza del segnale in uscita e quella del rumore in uscita. Questo si
può sempre fare dal momento che si è visto che ogni sistema introduce sempre una
certa quantità di rumore.
In questo contesto siamo interessati alla trasmissione di segnali da parte di sistemi
non lineari; in essi si può osservare il fenomeno della risonanza stocastica [3]
caratterizzato da una variazione non monotonica dell’SNR con il livello del rumore
aggiunto al segnale in ingresso. In Fig. 1.1 è riportato un grafico che rappresenta
l’SNR (espresso in decibel) in uscita in funzione del valore efficace (rms)
dell’ampiezza del rumore in ingresso (espressa in volt) ed in cui si è considerato
come segnale in ingresso il segnale ÷≠• ♦♥♣ sM TVts Σ2sin , dove VM rappresenta
l’ampiezza del segnale e Ts il suo periodo.
Il rumore
14
Figura 1.1: rapporto segnale-rumore in uscita in funzione del valore efficace dell’ampiezza
del rumore in ingresso. Si è considerato come segnale in ingresso il segnale
÷≠• ♦♥♣ sM TVts Σ2sin . L’SNR è mostrato alla frequenza fondamentale sT1 (*), alla
frequenza
sT
2 (°) e alla frequenza
sT
3 (+).
Questo esprime che, per l’esempio riportato, aumentando il livello stesso del
rumore, fino ad un valore ottimale, viene favorita la trasmissione del segnale in
quanto si vede massimizzato il rapporto segnale-rumore.
1.3.1 La risonanza stocastica
Sistemi capaci di produrre effetti di risonanza stocastica sono essenzialmente
sistemi non lineari a soglia sollecitati da un segnale in ingresso troppo piccolo per
oltrepassare la soglia. Esso risulta quindi insufficiente per indurre una transizione
dell’uscita, pertanto il sistema non riesce ad effettuare il trasferimento del segnale