Introduzione
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sono reticolati termicamente al fine di conferire loro una adeguata
stabilità, e su di essi sono effettuate prove di rilascio in una soluzione
tampone costituita da acqua e PBS (Phosphate buffered solution).
Analizzando la concentrazione di farmaco rilasciata a diversi intervalli di
tempo, può essere verificata l’efficacia delle matrici bioartificiali come
sistemi di rilascio controllato locale di farmaco.
I sistemi di rilascio locale controllato di farmaco hanno ricevuto
considerevole attenzione durante gli ultimi decenni per via dei loro
significativi vantaggi. Essi infatti consentono di ottenere un rilascio di
farmaco prestabilito e riproducibile in una zona specifica e per un
periodo di tempo esteso; inoltre possono garantire una localizzazione
del rilascio caratterizzata da un’ottima risposta, minimi effetti collaterali
indesiderati ed una prolungata efficacia.
Una formulazione ideale dovrebbe esibire una buona “ritenzione” da
parte del tessuto o organo “bersaglio” ed un rilascio controllato degli
agenti attivi utilizzati.
Il presente lavoro si inserisce in una collaborazione in atto con il
Politecnico di Milano nell’ambito del Progetto Europeo “Computer aided
molecular design of multifunctional materials with controlled permeability
properties - MultiMatDesign ”: come si evince dal titolo, finalità del
Progetto è lo studio delle proprietà di trasporto di materiali
multifunzionali (es. materiali bioartificiali) a livello di modellazione al
calcolatore, quindi la collaborazione si prefigge l’obiettivo di supportare i
dati ottenuti al calcolatore per mezzo di prove sperimentali di
permeabilità/rilascio per la determinazione di parametri “sperimentali”
di trasporto quali ad esempio la Diffusività Efficace di un farmaco in
membrane bioartificiali.
Capitolo 1 Miscele Polimeriche
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CAPITOLO 1
LE MISCELE DI POLIMERI
1.1. GENERALITA’
L’uso crescente di materiali polimerici nei più svariati settori, ha fatto
aumentare la domanda di polimeri con proprietà chimiche, chimico-
fisiche e meccaniche adatte al particolare impiego.
L’ottenimento di un materiale “fatto su misura” si può conseguire, in
linea di principio, attraverso due percorsi diversi: il primo prevede la
preparazione di nuovi monomeri e dei loro copolimeri, il secondo
prevede la miscelazione di polimeri commercialmente disponibili.
Questa seconda via è quella che negli ultimi venti anni anni ha avuto un
grandissimo sviluppo scientifico e commerciale, perché la miscelazione
di polimeri di largo impiego e larga produzione, con caratteristiche
chimiche, chimico-fisiche, e meccaniche note in dettaglio, è sicuramente
meno dispendiosa e più flessibile del processo di preparazione di nuovi
polimeri da nuovi monomeri.
Miscelando due omopolimeri si ottengono materiali con proprietà
diverse da quelle degli omopolimeri di partenza, proprietà che
naturalmente variano da miscela a miscela e che, per una stessa
miscela, dipendono dalla sua composizione.
Questi aspetti e la disponibilità di polimeri sintetici biocompatibili, hanno
promosso anche nel settore dei biopolimeri una intensa attività di
ricerca sulle miscele di polimeri.
In particolare presso il Dipartimento di Ingegneria Chimica è in corso da
alcuni anni la preparazione e la caratterizzazione di miscele nelle quali
un componente è un polimero biologico e l’altro un polimero sintetico.
I biopolimeri o polimeri naturali hanno in generale una buona
biocompatibilità e biodegradabilità, ma spesso, a causa dei processi
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estrattivi dai tessuti che li contengono, scadenti proprietà meccaniche
ed alti costi.
Per contro i polimeri sintetici presentano proprietà fisico-meccaniche
migliori, buona processabilità, bassi costi di produzione,ma
biocompatibilità e biodegradabilità spesso inadeguata.
Le miscele biopolimero/polimero sintetico, definite “materiali polimerici
bioartificiali”, dovrebbero consentire l’ottenimento di nuovi materiali
macromolecolari nei quali si combinano le buone proprietà meccaniche
del componente sintetico con la biocompatibità e biodegradabilità del
biopolimero.
1.1.1 Considerazioni termodinamiche
Uno degli aspetti più importanti da considerare quando si effettua la
miscelazione di due polimeri è valutare la loro miscibilità.
All’equilibrio una miscela di due polimeri amorfi può essere costituita da
una fase singola nella quale i segmenti dei componenti macromolecolari
sono intimamente mescolati, oppure può separarsi in due fasi distinte,
ciascuna consistente principalmente di uno dei due componenti.
Nel primo caso i polimeri vengono detti miscibili, nel secondo
immiscibili.
Per giudicare la miscibilità di due polimeri amorfi, si può ricorrere a
misure della temperatura di transizione vetrosa (Tg) della miscela.
Se la miscela è omogenea (polimeri miscibili) presenta una singola Tg.
Nel caso di miscele bifasiche (polimeri immiscibili) invece si hanno le Tg
dei polimeri che costituiscono le due fasi [1,2].
Come nel caso delle miscele di liquidi a basso peso molecolare, anche
per quelle di polimeri, il ∆G associato al miscelamento
∆Gmix = ∆Hmix – T∆Smix (1)
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regola il comportamento delle fasi all’equilibrio, con alcune differenze
quantitative rispetto ai liquidi, dovute agli alti pesi molecolari in gioco.
Sia il termine entalpico che quello entropico dipendono dalla
composizione e dalla temperatura.
Per avere miscibilità ∆Gmix [1,2,3,4,5] deve essere negativo e
soddisfare la relazione (2), che assicura la stabilità verso la
segregazione di fase:
(δ
2
∆Gmix/ δΦi
2
)T,P > 0 (2)
dove:
P = pressione ;
Φi = frazione in volume del componente i.
Nella figura 1.1 è mostrato l’andamento dell’energia libera in funzione
della composizione a tre diverse temperature per due liquidi.
Fig 1.1: Andamento dell’energia libera della miscela in funzione della composizione
per temperature al di sopra e al di sotto del valore critico (scala arbitraria).
A T1 le due condizioni sono completamente soddisfatte e qualunque sia
la composizione si ottiene sempre una singola fase.
A T2 l’equazione (2) non è soddisfatta per tutte le composizioni, e le
miscele fra i punti B e B’ si separano in due fasi con queste
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composizioni, poiché questo ha come conseguenza un abbassamento
dell’energia libera totale sulla linea tratteggiata, più bassa di quella
corrispondente alla fase omogenea (linea a tratto intero).
La curva alla temperatura intermedia Tc è stata tracciata in modo da
soddisfare le condizioni di esistenza di un punto critico C.
Nel caso in cui T1 > T2 e T1 > Tc , esiste una temperatura critica
superiore di soluzione (UCST) (fig. 1.2), mentre nel caso in cui T1 < T2
e di T1 < Tc , esiste una temperatura critica inferiore di soluzione
(LCST) (fig. 1.3).
Fig 1.2: Diagramma delle fasi nelle miscele binarie.
Temperatura critica di soluzione superiore.
Capitolo 1 Miscele Polimeriche
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Fig 1.3: Diagramma delle fasi nelle miscele binarie.
Temperatura critica di soluzione inferiore.
La curva che divide le regioni, nelle quali è presente una singola fase,
da quella nelle quali ne sono presenti due, cioè il luogo di tutti i punti B
e B’ è detta curva binodale nel piano T-Φ; i punti di flesso S e S’ della
curva dell’energia libera a T2 definiscono la curva sinodale nei piani T-
Φ.
La curva binodale definisce il comportamento all’equilibrio delle fasi,
quella sinodale è invece significativa per la comprensione dei
meccanismi e della cinetica dei processi di separazione di fase [1,6,7].
La trattazione termodinamica del comportamento delle fasi nelle miscele
ricorre in genere all’uso di modelli specifici per i termini entalpico e
entropico.
Il modello più semplice, che introduce gli elementi più importanti per le
miscele di polimeri è quello sviluppato da Flory e Huggins per i polimeri
in soluzione [3, 8].
Esso assume che l’unico contributo all’entropia di miscela sia di origine
combinatoria e approssimativamente dato da :
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∆Smix = -R*(Va + Vb) * [(Φa/Va’)lnΦa + (Φb/Vb’)lnΦb] (3)
quando si miscela un volume Va di un polimero A con un volume Vb di
un polimero B.
Φi rappresenta la frazione in volume del componente i nella miscela, Vi’
è il volume molare di i che è legato al peso molecolare Mi e alla densità
ρi dalla semplice relazione Vi’=Mi/ρi
(per semplificare si preferisce assumere che i polimeri siano
monodispersi).
Per quanto riguarda il termine entalpico la trattazione di Flory-Huggins
assume che esso segua una relazione del tipo di Van Laar:
∆Hmix = (Va + Vb)B Φa Φb (4)
dove B, detto parametro energia di interazione, rappresenta l’energia
necessaria per miscelare segmenti dei due componenti e può essere
espresso in alternativa come parametro χ:
B/RT = χa / Va’ = χb / Vb’ = χab’ (5)
dove R è la costante dei gas.
Inserendo nella equazione (1) le equazioni (3) e (4) si ottiene
l’espressione finale di ∆Gmix:
∆Gmix = (Va + Vb)B Φa Φb + R (Va + Vb) * [(Φa/Va’)lnΦa +
(Φb/Vb’)lnΦb]T
Dal modello si possono dedurre alcune importanti conclusioni.
Innanzitutto notiamo che solo il termine entropico dipende dal peso
molecolare, e non quello entalpico.
Per una quantità di miscela di peso o volume prefissati, l’entropia di
miscelamento diminuisce progressivamente al crescere del peso
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molecolare dei componenti e diventa zero quando questi tendono
all’infinito.
Un miscelamento endotermico, B>0, non favorisce la miscibilità: in
questo caso il contributo entropico favorevole deve essere
sufficientemente grande da consentire un ∆Gmix < 0, ma al crescere
del peso molecolare, si raggiunge un punto dove questo requisito
fondamentale non può essere soddisfatto e quindi avviene la
separazione delle fasi.
Per contro se il miscelamento è esotermico, B<0, in base alla teoria di
Flory-Huggins le condizioni per la miscibilità sono soddisfatte qualunque
sia il valore del peso molecolare
La risoluzione matematica dell’espressione (2), (δ
2
∆Gmix/ δΦi
2
)T,P > 0
, sulla base della teoria di Flory-Huggins, limitata al caso semplice nel
quale Ma = Mb = M e ρa = ρb = ρ, porta al risultato che la condizione
espressa dalla (2) è soddisfatta solo quando la quantità BM/ρRT è
minore di 2: BM/ρRT si mantiene minore di 2, per tutte le temperature
e per tutti i valori di M, purchè B sia sempre minore di zero.
Nel caso in cui B>0 (miscelamento endotermico) BM/ρRT può diventare
maggiore di 2 e di conseguenza avviene la separazione delle fasi.
A temperatura costante e peso molecolare variabile, si individua un
peso molecolare critico Mc: i componenti con peso molecolare minore di
Mc, formano miscele omogenee, mentre quelli con peso molecolare
superiore ad Mc, in alcuni intervalli di composizione, formano miscele
eterogenee.
A peso molecolare costante e temperatura variabile, si raggiunge una
temperatura critica Tc, analoga a quella riscontrata nel caso dei liquidi,
(cf. fig. 1.1), nel punto in cui (BM/ρRT)=2.
La temperatura critica di soluzione può essere superiore (cf. UCST di
fig. 1.2) quando B dipende dalla temperatura o quando, pur dipendendo
dalla temperatura, il rapporto B/T è funzione decrescente di T a Tc.
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La temperatura critica può essere inferiore (cf. LCST di fig. 1.3), quando
B/T è funzione crescente della temperatura e B aumenta più
rapidamente di T.
Infine se B è funzione della temperatura, le relazioni termodinamiche
fondamentali mostrano che B non è un parametro puramente entalpico,
secondo la definizione data dall’equazione (4), ma contiene anche un
contributo entropico di natura non combinatoria [3].
Concludendo la teoria di Flory-Huggins consente di prevedere che, nel
caso di miscelamento endotermico, due polimeri sono miscibili soltanto
se il loro peso molecolare è piuttosto basso.
Quanto più è piccolo il parametro B (nel caso di B>0) associato al
termine entalpico, tanto più sarà alto il peso critico Mc, qualunque sia la
temperatura; e tanto più sarà bassa la temperatura critica Tc,
qualunque sia il peso molecolare M.
Quando invece B<0, indipendentemente dalla temperatura o dal peso
molecolare, la miscibilità di due polimeri è completa nell’intervallo di
composizioni.
Modelli più complessi rispetto a quello di Flory-Huggins si rendono
necessari quando i polimeri da miscelare hanno volumi molari diversi,
sono polidispersi [9] oppure il parametro χab di interazione dipende sia
dalla temperatura che dalla composizione [1,10].
1.2. METODI DI PREPARAZIONE
Le più importanti tecniche usate per la preparazione delle miscele
polimeriche sono il miscelamento dal fuso o da soluzioni dalle quali il
solvente viene successivamente allontanato per evaporazione (casting
da soluzione) [11]. Nel caso di coppie di polimeri immiscibili, le modalità
del processo di miscelamento vanno a determinare la morfologia del
composito. Per sapere se due polimeri sono miscibili oppure no, bisogna
prestare una particolare cura allo stadio di preparazione della miscela
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per poter avere la certezza di raggiungere l’equilibrio fisico del sistema.
Per esempio, per alcuni tipi di polimeri di condensazione, durante il
miscelamento dal fuso possono avvenire delle reazioni, le quali danno
origine a dei copolimeri; la struttura che ne deriva è monofasica, per cui
si potrebbe essere portati a concludere che i due polimeri sono miscibili
mentre in realtà potrebbero non esserlo. Il metodo di preparazione da
soluzione viene applicato quando ci sono piccole quantità in gioco o
quando le miscele non possono essere preparate dal fuso (temperatura
di degradazione bassa, polimeri che non fondono) [12,13]. Il metodo
talvolta può portare a risultati che inducono a trarre conclusioni errate
sulla miscibilità. Infatti due polimeri effettivamente miscibili, possono
originare miscele bifasiche per casting da certi solventi; ciò accade per il
diverso potere solvente dello stesso nei confronti dei due polimeri
costituenti la miscela [14,15]. A tutti gli effetti, nella preparazione da
soluzioni siamo in presenza di un sistema a tre componenti: in tali
condizioni, in alcuni casi, si può cadere nella regione di immiscibilità di
un diagramma di fase ternario [16,17]. Per porre rimedio a questo tipo
di problemi, si può cambiare il tipo di solvente [14] oppure provare a
precipitare i due polimeri con un non solvente [18]. D’altra parte due
polimeri immiscibili formano una singola fase in soluzione diluita, per
cui, allontanando in modo molto rapido il solvente, si può riuscire a
“congelare” i due polimeri in uno stato omogeneo di non equilibrio
[19,20]. In ogni caso, qualunque sia il metodo scelto per la
preparazione delle miscele, questo deve garantire la riproducibilità dei
campioni e dei dati.
1.3. ANALISI MORFOLOGICA
Due polimeri si dicono miscibili quando danno origine ad un’unica fase
nell’intero campo di composizione e immiscibili quando determinano
sempre una separazione di fase. Inoltre, ci sono anche sistemi che sono
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miscibili solo per determinati intervalli di composizione; si parla in tal
caso di sistemi parzialmente miscibili.
I materiali costituiti da polimeri immiscibili, composti polimero-
polimero, possono presentare alcune proprietà superiori rispetto a
quelle degli omopolimeri e variabili in funzione della composizione. Per
questo le miscele eterogenee vengono spesso preferite a quelle
omogenee.
Tuttavia per ottenere miscele che presentino le proprietà desiderate,
risulta importante, tra le altre cose, verificare la disposizione spaziale
delle fasi ed il loro grado di stabilità una volta formatesi.
In un sistema immiscibile, si possono distinguere una fase continua,
chiamata matrice, ed una fase dispersa. La fase continua è costituita dal
componente presente in maggiore quantità, mentre quella dispersa è
generata dal componente in difetto. Le proprietà della miscela
dipendono dalle caratteristiche morfologiche della fase dispersa. Essa
può assumere la forma di piccole sfere, di fibrille o di piastrine e
possedere un elevato grado di coesione e di dispersione ed un buon
grado di adesione con la matrice (cf. fig. 1.4).
Fig 1.4: Differenti tipi di morfologia delle particelle disperse in un sistema di polimeri
immiscibili: sfere (a), piastrine (b), fibrille (c).