CAPITOLO 1
GLI ULTRASUONI
1.1 Principi fisici degli ultrasuoni
Gli ultrasuoni sono delle onde meccaniche sonore. A differenza dei fenomeni acustici
propriamente detti, le frequenze che caratterizzano gli ultrasuoni sono superiori a quelle
udibili da un orecchio umano ed intorno a 20kHz. (Fig 1.1).
Figura 1.1 Frequenze corrispondenti a tali onde sonore a seconda del campo di applicazione
Essendo gli ultrasuoni onde meccaniche che si propagano in un mezzo fluido o solido
queste possono essere longitudinali se il moto delle particelle risulta parallelo alla
direzione di propagazione dell’onda, o trasversali, se tale moto risulta ortogonale.
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A differenza delle onde elettromagnetiche, però, le onde ultrasoniche hanno bisogno di
un mezzo materiale nel quale propagarsi, perché sono costituite dalle vibrazioni fra le
particelle.
Come ogni fenomeno ondulatorio gli ultrasuoni sono definiti mediante parametri quali
la lunghezza d’onda λ la frequenza f e la velocità acustica, cioè la velocità di
propagazione dell’onda nel mezzo, definita come c=λf. L’ampiezza dell’onda viene
definita come ampiezza di pressione acustica, cioè la differenza di pressione fra una
particella sollecitata dall’onda e la pressione ambientale. La relazione tra la pressione p
della particella e le grandezze dell’onda è data da p=vcρ=Zv, dove v è la velocità della
particella e ρ la densità del mezzo. In particolare il prodotto ρc si definisce impedenza
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acustica Z. La sua unità di misura e il Rayl che corrisponde a g/(s cm). L’impedenza
acustica caratterizza il tessuto in base alla sua densità e alla velocità acustica, entrambi
indipendenti dalla frequenza usata:quindi Z dipende solo dalle sue proprietà
meccaniche.
Non appena l’onda incontra una superficie di discontinuità nel mezzo risponde con
fenomeni di attenuazione, riflessione e rifrazione.
Il fenomeno dell’attenuazione consiste nella diminuzione di ampiezza dell’onda durante
la sua propagazione rispetto a quella incidente.
Se consideriamo un’onda incidente di ampiezza Aed intensità I si hanno dipendenze
0 0
dalla coordinata spaziale x del tipo:
-αx
- A(x)=Ae
0
-2αx
- I(x) = Ie
0
dove α è un coefficiente di attenuazione in ampiezza e si definisce μ=2α il coefficiente
di attenuazione in intensità.
L’attenuazione è dovuta principalmente a due fenomeni che sono l’assorbimento e la
dispersione (scattering). L’assorbimento è dovuto alla dissipazione di energia acustica
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che viene ceduta alle particelle messe in vibrazione, in seguito tali particelle non la
restituiscono per intero ma in parte la spendono per attriti o cause interne.
Lo scattering è causato dalla discontinuità dei tessuti che si comportano, essendo la
lunghezza d’onda confrontabile con le dimensioni delle disomogeneità del mezzo,come
innumerevoli superfici riflettenti che scompongono ed, appunto, disperdono il raggio
incidente all’interno del mezzo, attenuandone l’intensità uscente.
La dipendenza dalla frequenza, per i tessuti molli, può essere approssimata dalla
relazione = dove β vale circa 2.
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Materiale Densità(Kg/) Velocità di Impedenza(10/α (1 MHz)
2−1
propagazione(m/s) ()
)
Aria 1.2 331 0.0004 20
Acqua 997 1497 1.493 0.025
Sangue 1050 1560 1.638 2
Muscolo 1060 1570 1.642 33
Osso 1850 3360 6.216 150
Tab 1.1 Proprietà acustiche di alcuni materiali
La tecnica ultrasonica si basa sull’emissione di un impulso e la relativa ricezione
dell’eco riflessa. Quando un fascio di ultrasuoni incontra una superficie di separazione
fra due mezzi con diversa impedenza acustica Ze Z, si verificano i fenomeni di
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riflessione e rifrazione. Un raggio incidente su tale superficie viene in parte riflesso e in
parte continua nel secondo mezzo (Fig 1.2).
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Fig 1.2 Fenomeni di riflessione e rifrazione degli ultrasuoni
Detto B = Z/Z il rapporto tra le impedenze acustiche dei due mezzi, si ottiene il
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legame tra le intensità dell’onda incidente I, riflessa I e rifratta I:
irt
2
I/ I = (B-1/B+1)
ri
I/ I = 4B/(B+1)
ti
Il rapporto tra I ed I prende il nome di coefficiente di riflessione.
r i
Si può notare che se Z=Z, cioè se i due mezzi hanno caratteristiche acustiche
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sostanzialmente equivalenti, il coefficiente di riflessione è nullo, la riflessione non ha
luogo e l’onda rifratta ha intensità uguale a quella incidente. Viceversa se le due
impedenze acustiche hanno valori molto diversi, l’onda incidente è quasi totalmente
riflessa.
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1.2 Generazione di ultrasuoni
La trasmissione e ricezione degli ultrasuoni può essere effettuata per mezzo di un solo
trasduttore che emette brevi impulsi nel corpo e in seguito riceve gli echi di tali impulsi.
La generazione di tali onde è ottenuta per mezzo di cristalli piezoelettrici. Queste
sostanze hanno la proprietà caratteristica di cambiare le loro dimensioni nel caso si
applichi loro una differenza di potenziale elettrico e, analogamente, di generare una
polarizzazione elettrostatica superficiale se sollecitati meccanicamente.
Il fenomeno della piezoelettricità si manifesta nei cristalli con un reticolo cristallino
anisotropo quali i materiali ceramici tipo quarzo o titanato zirconato di piombo.
Tra i polimeri elettroattivi per le sue proprietà piezoelettriche il più importante è il
polivinilidenfloruro (PVDF).
Il diametro del generatore viene scelto in modo da ottenere un fascio di ultrasuoni
sufficientemente focalizzato. Quando il fascio di ultrasuoni entra nel mezzo si possono
distinguere due zone.
In quella prossima al generatore, detta zona di Fresnel, il fascio è approssimativamente
cilindrico, in quella lontana, detta zona di Fraunhofer il fascio diverge con un angolo ϴ
tale che:
sen ϴ = 1.22 c/f d
dove d è il diametro del generatore (Fig. 1.3).
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Fig. 1.3 Zone caratteristiche in un fascio di ultrasuoni
Il passaggio dalla zona di Fresnel alla zona di Fraunohofer si verifica ad una distanza
dalla superficie di contatto pari a:
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L = d / 4lambda
Tale distanza aumenta con il diametro del generatore e con la frequenza, invece la
divergenza della zona di Fraunofher diminuisce con l’aumentare del diametro e della
frequenza. Di conseguenza, la focalizzazione del fascio può essere migliorata mediante
superfici concave e lenti acustiche.
In generale, occorre ricordare che la capacità di penetrazione degli ultrasuoni nei tessuti
è inversamente proporzionale alla frequenza. Cioè gli ultrasuoni ad alta frequenza
possono essere utilizzati per studiare strutture relativamente “superficiali” e inoltre le
strutture vicine alla sonda ad alta frequenza vengono visualizzate con un’alta
risoluzione spaziale.
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1.3 Ultrasuoni in medicina
Le prime testimonianze in materia risalgono addirittura a Pitagora, anche se tali onde
raggiunsero il massimo utilizzo allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, infatti
vennero utilizzate mediante la tecnica del SONAR per localizzare i sottomarini
captando le onde ultrasonore di ritorno.
L’uso degli ultrasuoni in campo medico risale alla fine degli anni ’30 ma solo per
applicazioni terapeutiche come il trattamento di tumori e la terapia di alcune malattie.
Tuttavia la diagnostica ultrasonica ha intrapreso un progressivo ed intenso sviluppo solo
alla fine degli anni ’40 grazie alla collaborazione tra fisici e ingegneri oramai familiari
al sonar.
Ma è negli anni ’50 che la tecnica ultrasonica mostra la capacità di ottenere immagini di
strutture interne al corpo umano quali noduli del seno e masse tumorali.
La tecnica ultrasonica è basata sulla differenza di densità, velocità di propagazione del
suono e tasso di assorbimento dell’energia associata all’onda.
Le immagini diagnostiche sono ottenute dal passaggio degli ultrasuoni attraverso il
corpo e mediante la rilevazione dell’eco prodotta.
1.3.1 Ecografia: A – MODE, B – MODE E M – MODE
Gli ecografi ad ultrasuoni sono apparecchiature oggi largamente utilizzate per
visualizzare strutture interne del corpo umano. Tali strumenti si basano sull’emissione
di impulsi e sulla successiva rilevazione degli echi prodotti dovuti a superfici che
separano mezzi a diversa impedenza acustica. Tali informazioni, dal trasduttore,
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vengono elaborati in segnali elettrici e possono essere rappresentati in diverse modalità:
A – MODE (modulazione in ampiezza), B – MODE (modulazione in luminosità) e M –
MODE (modulazione in movimento).
Nella tecnica A – MODE il sensore viene tenuto fisso e le tensioni associate
all’emissione e alla ricezione di impulsi sono inviate direttamente alle placche di
deflessione verticale di un oscilloscopio. Il movimento orizzontale viene sincronizzato e
fatto in modo da poter visualizzare sia l’impulso che la sua eco. La distanza che separa i
due impulsi corrisponde alle diverse profondità a cui si trovano le strutture
ecoriflettenti, mentre la loro ampiezza è proporzionale all’intensità dell’eco riflessa. Il
limite di tale tecnica, però, è quello di non poter distinguere echi di bassa intensità
causati da strutture simili tra loro pertanto l’impiego è limitato.
Nella scansione di tipo B – MODE, invece, si usa un trasduttore di tipo orientabile che
può essere mosso nella direzione voluta. La tensione dovuta all’emissione o alla
ricezione di impulsi viene modulata in maniera tale che, solo in presenza di un impulso
(emesso o riflesso), appaia un punto luminoso sullo schermo. Tenendo il trasduttore
fermo si lavora in orizzontale lungo l’asse x e la luminosità del punto sullo schermo è
proporzionale all’eco e quindi alle caratteristiche dell’oggetto in studio.
Il formato B – MODE viene utilizzato per la realizzazione del tracciato M – MODE.
Tale scansione si effettua facendo scorrere un’immagine sullo schermo a velocità
uniforme; la profondità dell’eco è mostrata sull’asse verticale, invece sull’asse
orizzontale c’è il tempo; le strutture sono rappresentate come linee ondulate che
graficano in maniera continua l’andamento della profondità in funzione del tempo. Il
formato M – MODE costituisce quindi un valido ausilio per studiare ad esempio il
movimento delle valvole cardiache ma hanno il grosso limite che l’analisi avviene
lungo una sola direzione.
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