1.0
INTRODUZIONE
Nel presente lavoro ho voluto ricercare le forme di realismo ed astrattismo
nell’ambito dello stile Teste Rotonde, ovvero di quell’orizzonte culturale del Sahara
preistorico che abbraccia un arco temporale che varia tra i 9.000 ed i 7.000 anni dal
presente. Tale orizzonte culturale si contraddistingue per essere la prima espressione
artistica dipinta, ma soprattutto per le immagini di carattere astratto, quali appunto le
Teste Rotonde da cui prende il nome. Tale orizzonte artistico è rintracciabile in due
zone del Sahara centrale il Tassili n’Ajjer ed il Tadrart Acacus.
I due contesti sono stati inoltre studiati in tempi lunghi e diversi da due scuole, quella
francese e quella italiana. Mentre la prima ha avuto un carattere pressocchè
descrittivo delle centinaia di immagini rintracciate, la seconda ha avuto un approccio
diverso, avviando anche un processo di studio del territorio, che ha permesso di
conoscere con precisione lo sviluppo culturale delle popolazioni, i legami con
l’ambiente circostante, e con l’acqua, applicando una strategia di ricerca
multidisciplinare, che prevedeva non solo il rilievo delle immagini, ma anche lo
scavo di diversi siti. In questo modo altre discipline, soprattutto ambientali sono state
coinvolte nella ricerca così da avere uno studio completo del territorio in esame.
Proprio per questo motivo ho ripreso degli studi ambientali, analizzando i processi
geologici, climatici, faunistici ed ambientali che hanno caratterizzato la formazione
del deserto più esteso della terra. All’inizio dell’elaborato si è ripercorso anche la
storia archeologica del Sahara, dalle prime scoperte di arte rupestre fino alle ricerche
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della seconda metà del XX° secolo, che hanno reso un quadro più chiaro
dell’evoluzione umana del Sahara.
Con l’analisi di una serie di immagini presenti in alcuni siti del Tassili e del Tadrart
Acacus ho voluto approfondire gli aspetti di astrattismo e realismo. Attraverso lo
studio di queste immagini si è tentato di comprendere quali scene ed immagini
racchiudano degli elementi realistici comprensibili e visibili, e questo è stato fatto
anche attraverso le realizzazioni artistiche di popoli che vivono ancora grazie ad una
economia di caccia e raccolta.
Questo studio ha anche interessato la sezione astratta delle immagini. A tal fine ho
seguito un percorso che, attraverso ipotesi di studiosi di arte rupestre, ed il confronto
con odierne popolazioni primitive che tuttora fanno uso di sostanze psicotrope possa
fornire una interpretazione alle realizzazioni di particolari immagini dell’orizzonte
dello stile Teste Rotonde.
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1.1
STORIA DELLE RICERCHE ETNOGRAFICHE
Le scoperte di arte rupestre nel Sahara risalgono alla metà dell’ottocento, quando nel
1847 due ufficiali della Legione Straniera Jacquot e Koch che partecipavano ad una
spedizione militare nel sud Oranese, scoprirono a Tiùt ed a Tahtani delle incisioni,
alcune delle quali furono riprodotte per la prima volta sulle pagine della rivista
scientifica francese “l’Illustration” nell’anno 1849. Nel 1850, nella valle del
Tilizzaghen, (Uadi Bergiug) nel Fezzan Libico, Heinrich Barth, scoprì numerose
incisioni. Egli fu particolarmente colpito dalle immagini scoperte, in particolare da
una scena che rappresentava una mandria di buoi, che lo portò a sostenere che i
bovini erano comuni nel Fezzan in epoca antica, e che di conseguenza forti
mutamenti ambientali dovevano essere avvenuti in quei luoghi, tali da trasformarli in
deserto. Inoltre fece un’ulteriore osservazione, la mancanza del cammello tra le
incisioni del Tilizzaghen confermava la tardiva introduzione dell’animale in Africa.
Queste osservazioni stupirono per la loro acutezza, soprattutto se si pensa all’epoca in
cui furono formulate, e soprattutto perché furono le prime a proposito d’arte rupestre.
Nel 1864, Duveyrier raccolse delle informazioni da alcuni Tuareg sulla regione
dell’ Anai, e scoprì delle incisioni rappresentanti buoi gibbosi attaccati a dei carri.
Nel 1869 Nachtingal segnalò nuove raffigurazioni sul massiccio del Tibesti (Enneri
Uodeno) e nel 1874 dalla regione di Mizda ad opera di Rohlfs, che in una grotta
dell’Uadi el Chel scoprì alcuni graffiti rappresentanti animali e figure umane. Altre
segnalazioni giunsero nel 1877 da parte del Von Bary da Aurer nell’Air.
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Nel 1894 Foureau, raccolse delle informazioni sulla probabile presenza di disegni su
roccia nell’Acacus.
Queste Regioni, in effetti, erano periferiche rispetto al vero territorio del Fezzan, ed
in tutti i casi si trattò di graffiti individuati in aree distanti dai grandi massicci
montuosi, in piccole località (generalmente) all’aria aperta.
La prima scoperta di opere dipinte avvenne, quasi per caso, nel 1909, quando un
ufficiale coloniale francese, il Capitano Cortier spingendosi in profondità nel Tassili,
ebbe modo di vederne alcune.
Da quel momento, si incrementarono le segnalazioni dalla regione del Fezzan,
grazie anche all’ esplorazione del territorio da parte delle truppe coloniali francesi.
Da parte italiana le prime scoperte avvennero nel 1914, per opera di Corrado Zoli
che al passo di El Macnùsa nei pressi dell’Uadi el Agial, scoprì alcune
rappresentazioni di giraffe e di buoi. Per un lungo periodo non vi furono ricerche di
rilievo nel territorio libico, tranne che nell’estremo Sud Ovest, dove nella grotta di
In Ezzan, Durand e Lavaduer rilevarono alcune pitture rupestri che pubblicheranno
poi nel 1926 insieme al Breuil. Quest’ultimo tra il 1924 ed il 1926 illustrò le incisioni
segnalate dal diplomatico egiziano Hassaneyn Bey e dal Principe Chemal el Din, a
Carcur et Talah nel massiccio di el Uwaynat, nell’estremo Sud Est in quella zona del
Sahara conosciuto come Deserto Occidentale.
Negli anni venti, con l’occupazione italiana del Fezzan e del sud della Cirenaica fu
iniziata l’esplorazione scientifica del Sahara con l’intento di studiare le incisioni e i
dipinti scoperti nel territorio, conducendo uno studio sistematico multi disciplinare di
carattere preistorico. Nel 1931 il Dalloni condusse l’esplorazione del Tibesti, che lo
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portò a scoprire dei graffiti anche nel versante settentrionale del massiccio. Nel 1932
Amilcare Fantoli, segnalò l’esistenza di graffiti animali su di una parete rocciosa
all’entrata di una grotta a Udèi el Chel a sud ovest di Mizda.
Negli anni trenta, la figura di Leo Frobenius, con le sue ricerche e pubblicazioni,
riguardanti l’Atlante, (Uadi Bergiug, Uidian Tilizzaghen e In Abeter ) aprì una nuova
fase di indagini relativa all’arte preistorica del Sahara. Nel 1933 l’esploratore
ungherese Làszlò Almàsy rintracciò oltre ottocento pitture rupestri nel Jebel el
Uwaynat, nel Deserto Occidentale, ed entrando poi in contrasto con Lodovico
Caporiaccio e Leo Frobenius per l’attribuzione della scoperta.Tra la metà e la fine
degli anni trenta, le ricerche e gli studi si concentrarono nel Fezzan, con le scoperte
dei siti del Uan Selfufet e l’Uadi Tachisset, senza dimenticare l’importante scoperta
nel Uadi Arechin ad opera di Paolo Graziosi, il quale gettò le basi dello studio del
Sahara a carattere multi disciplinare in Italia. Infatti, nel 1932 la Reale Società
Geografica Italiana condusse una prima missione antropologica ed etnografica, e nel
1933 una seconda missione di ricerche botaniche e preistoriche, che guidata da Paolo
Graziosi, esplorò la regione dello Sciàti Indi, l’Agial e le regioni di Gat e Murzuch,
l’Uadi el Agiàl, l’Uidian Zigza e Masaùda. Questa missione oltre a condurre uno
studio sistematico dell’arte rupestre, si dedicò anche alla ricerca di stazioni litiche.
Nello stesso periodo, importante fu la missione Archeologica/Antropologica di Pace-
Caputi-Sergi che scoprì alcuni graffiti a Sidi Alì presso Brech (oltre allo scavo della
necropoli di Uadi el Agiàl).
Nel 1936 Giuseppe Scortecci durante una missione di ricerca zoologica nel Fezzan,
scoprì in una grotta dell’Uadi In Elègghi, nel Tassili, alcune pitture rupestri in rosso
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e nero, ed altre ne furono scoperte sempre nello stesso anno, negli Uidian Tachiset,
Selfufet, e Arrèchin. Nel 1938 fu organizzata una ulteriore missione di ricerche con
carattere preistorico in Libia, affidata a Paolo Graziosi sotto la direzione scientifica
del Museo Libico di Storia Naturale. Questa missione ritornò sui luoghi in parte
esplorati nel 1933, e l’Uadi Zigza fu esplorato in tutta la sua estensione.
Con le missioni guidate da H.Lhote si raggiunse l’apice delle ricerche e delle scoperte
d’arte rupestre nel Sahara. Dopo l’interruzione dovuta al secondo conflitto mondiale,
le ricerche ripresero con nuovo slancio e con le successive missioni di Lhote, in
particolare nel Tassili, che divenne uno dei più famosi centri di arte preistorica del
mondo. In quella occasione furono eseguite le riproduzioni di quasi tutte le pitture
scoperte, ed emersero subito, per la particolarità e la qualità delle immagini le opere
che l’Abbate Breuil definì “Teste Rotonde” per l’assenza di qualsiasi carattere
morfologico.
A Lhote si deve anche il primo tentativo di classificazione delle numerose fasi che
sembrarono essersi susseguite nelle pitture e nei graffiti. Nel 1955 nel Tadrat Acacus,
la missione di Federico Mori, portò alla scoperta di uno straordinario complesso
artistico concentrato alla base degli Uidian, costituito da graffiti e pitture. Per il
seguente trentennio si susseguirono campagne di ricerca a carattere multi disciplinare,
meglio conosciute con il nome di Missione Archeologica Italo-Libica nell’Acacus e
nel Messak della Università di Roma la Sapienza, (in collaborazione con le autorità
libiche) la quale continua ancora oggi le proprie ricerche, che hanno portato ad
importanti risultati nel campo archeologico, geologico,e paleoclimatico, oltre a studi
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relativi al ruolo ed alla ricerca dell’acqua presso le società del Sahara preistorico( B.
Barich).
Nel 1968 e nel 1969, ricerche dettagliate furono eseguite da studiosi belgi nel Jebel
Uweinat, che approfondirono le ricerche eseguite nel 1933 dalle missioni di Leo
Frobenius e Hans Rhoter, e da Graziosi e Di Caporiaccio dello stesso anno, avendo
modo di scoprire numerose pitture nei pressi dell’oasi di Ain Dua. Nel 1984
nell’Adrar Des Iforas, tra il Mali e l’Algeria fu scoperta la stazione rupestre di
Amassous un insieme di pitture e graffiti, che segnò una delle ultime scoperte di arte
rupestre del Sahara. A partire dagli anni novanta, ancora da parte della Missione
Archeologica Italo-Libica, l’adozione di un sistema di ricerche a carattere regionale
consentì di rilevare centinaia di siti archeologici di varia natura, nelle valli del Tadrat
Acacus, nelle zone dunari dell’Erg Uan Kasa, sull’altipiano del Messak Settafet, e nei
margini settentrionali dell’Edeyen di Murzuq, siti che hanno consentito di capire
l’evoluzione delle società che hanno popolato questa porzione del Sahara negli
ultimi 10.000 anni.
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1.2
IL SAHARA, AMBIENTE E TERRITORIO
Il deserto del Sahara, deriva il suo nome dall’arabo Sahrà, ovvero “Fulva”, dal
colore della sua sabbia, e si estende su una superficie di oltre 8.000.000 di chilometri
quadrati. Traversato dal Tropico del Cancro (23°27’ latitudine nord) è posizionato tra
16°longitudine ovest e 35° longitudine est, in quell’area geograficamente intesa come
Africa Settentrionale. Si estende per una lunghezza pari a 4000 chilometri
dall’Oceano Atlantico al mar Rosso, con l’unica interruzione della valle del Nilo, e
per una larghezza che varia tra i 1.500-2.000 chilometri, dalle coste del Mediterraneo
fino alle regioni centrali dell’Africa.
Il Sahara nel suo aspetto appare diversificato, oltre l’idea di puro e semplice,
immenso mare di sabbia, i paesaggi sono vari ed a seconda di questi spesso le aree e
le località ne assumono i nomi. Si identificano con l’Hamada, deserto di roccia, ove i
venti hanno intagliato gole, e pinnacoli in lisce e vaste pareti.
Il Serir, deserto formato da uno strato di ciottoli e ghiaia, ove anche l’andatura per i
quadrupedi diviene difficoltosa per la fitta distesa sassosa.
L’Erg, conosciuto anche come Idean, formato dalle caratteristiche dune di sabbia,
sempre in movimento per via del vento, e tipico del Sahara Centrale.
Nel Sahara sono totalmente assenti corsi d’acqua e l’idrografia superficiale è
rappresentata da una rete di valli e di letti di paleofiumi che in arabo sono conosciuti
sotto il nome Widyan, al plurale Wadi, perlopiù orientati verso il Niger, il Ciad, ed il
Nilo, segno che in un tempo remoto ne erano affluenti.
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Per quel che riguarda l’idrografia sotterranea, questa è estesa e ricchissima con falde
a varia profondità, le quali danno origine alla maggior parte delle oasi.
Scarsissime le precipitazioni, ben al di sotto dei 100 mm annui, elevatissima
l’evaporazione dovuta alle alte temperature diurne che toccano anche i 50°, mentre
notevole diviene l’escursione termica notturna la quale oscilla tra i 25°- 30°.
Scarsamente abitato, con vastissime zone ove è totalmente assente la presenza di
esseri umani, nelle oasi spesso l’incremento demografico è elevato, con la
particolarità del corso del fiume Nilo ove nelle ristretta fascia pluviale che varia dai
700 metri ai 30 chilometri, vi è una concentrazione di popolazione che per il solo
Egitto ammonta ad oltre 50.000.000 di abitanti.
Immagine satellitare del Sahara
Ma il Sahara non è stato sempre così come si conosce oggi. In un lontano passato gli
otto milioni di chilometri quadrati che lo formano erano ben diversi, e se lo si
osservasse 20.000 anni fa ci apparirebbe totalmente diverso ed irriconoscibile.
Quello su descritto è dunque come detto l‘aspetto odierno del Sahara, che
probabilmente non durerà che qualche millennio ancora. In epoche differenti ed a più
riprese questo enorme territorio ha più volte cambiato aspetto, e per lunghi periodi i
cambiamenti climatici legati alle oscillazioni glaciali, resero verdi e rigogliose ampie
aree, con la presenza di grandi laghi ed abbondanti precipitazioni. Fiumi, di varie
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