Introduzione
8
via. L'elenco potrebbe proseguire lungamente. Le innovazioni nella
comunicazione hanno modificato profondamente anche il quadro e le
modalità educative, per cui il sapere (e i comportamenti) passa da una
generazione all'altra. Parallelamente assistiamo all’evoluzione del
concetto stesso di «sapere» nell'era telematica. Un sapere disarticolato,
generico, vago, che accenna e allude, e che è la diretta conseguenza di
un nuovo modello comunicativo non-proposizionale che Simone chiama
della “fusione”3. Quello che in sintesi sta cambiando è il nostro rapporto
con la conoscenza. Tuttavia, non sono state le nuove tecnologie ad
avviare il cambiamento, anche se le innovazioni tecnologiche
accelerano le trasformazioni in atto, le influenzano e le rendono
possibili. Oggi la tecnologia è “pronta”, ma bisogna impegnarsi a fondo
per utilizzarla bene. Macchine di facile uso, di costo relativamente basso
e sempre più semplici, rendono concreti quei fenomeni di scenario che
si sono delineati qualche anno fa e che intuivamo dieci, quindici anni or
sono. Jacques Delors nel famoso libro bianco4 della CEE scrive che
«l'apertura di un mondo multimediale costituisce una trasformazione
paragonabile alla prima rivoluzione industriale. La posta in gioco è la
sopravvivenza o il declino per l'Europa».
Siamo pertanto di fronte ad una svolta epocale, una svolta che segnerà
la nascita di un uomo dai tratti già oggi delineati: l’ Homo Videns5,
come direbbe Sartori, una sorta di «mutazione genetica» dell'Homo
3
Tale modello della “fusione” rifugge dalla chiarezza espositiva, preferisce l'allusione, l'evocazione
generica o indiretta, ed è subentrato - a parere di Simone - al modello comunicativo che privilegia la
lucidità, fatto di discorsi strutturati, articolati, con forti gerarchie interne. In Simone, La terza
fase.Forme di sapere che stiamo perdendo, Laterza, Bari, 2000, pp. 123-127.
4
Libro Bianco, Crescita competitività e occupazione, 1993.
5
G. Sartori, Homo videns, Bari, Laterza, 2000.
Introduzione
9
Sapiens, cioè un’ umanità dai tratti completamente inediti. L'Homo
Sapiens si nutre di parole, di segni scritti, dilata la sua intelligenza
attraverso l'uso del libro, massimo emblema del sapere, base tecnica in
cui tradizionalmente si è depositata la cultura occidentale, razionalistica
e scientifica. L'Homo Videns, al contrario, si fa portare dal fiume
travolgente di informazioni, immagini, luci e colori, vive nel loro moto
frenetico e nutre il suo sapere per lo più attraverso modalità conoscitive
e di apprendimento basate su codici visivi ed iconici provenienti dai
nuovi emblemi della conoscenza e che segnano, per così dire, un ritorno
ad un’intelligenza simultanea che Simone chiama la «Terza Fase»6.
Riemerge così un brainframe7 (per usare la definizione di Derrick de
Kerckhove), vecchio quanto l'uomo, che era stato accantonato: la
conoscenza che si attua attraverso la percezione visiva, sonora, tattile,
motoria. De Kerckhove ci tranquillizza valutando tutto questo come non
necessariamente negativo. Egli osserva che la conoscenza non avviene
soltanto attraverso la verbalizzazione, ma che per capire le parole che
leggiamo, noi le trasformiamo in immagini. D’altronde, dobbiamo
sapere che la storia della comunicazione indica che l'avvento di una
nuova tecnologia crea una ridefinizione dei ruoli e delle funzioni di tutti
gli altri media all'interno del sistema complessivo dei mezzi di
comunicazione, sia per quanto riguarda le caratteristiche peculiari
attribuite ai singoli media, sia al tipo di linguaggio utilizzato e ai
cambiamenti indotti in chi li utilizza. Platone ci ha tramandato
l'avversione di Socrate per la scrittura, che a suo dire menomava la
6
R. Simone, La terza fase. Laterza, Bari, 2000.
7
D. De Kerckhove, Brainframes, Technology, Mind and Business, Bosch & Keuning, 1991; trad. it.,
Brainframes. Mente, tecnologia, mercato, Baskerville, Bologna, 1993.
Introduzione
10
funzione della memoria e limitava il carattere dialogico della parola. Del
resto, accuse più o meno simili sono state rivolte, già agli albori della
sua nascita, alla televisione, che con il suo «flusso seduttivo» di
immagini intontiva i giovani. In questa fase regna sovrana l’immagine e
forme di comunicazione in cui il modello visivo di trasmissione ed
elaborazione della comunicazione ha, ed avrà, sempre più rilevanza e
nella quale l’apprendimento, la conoscenza e l’informazione sono
fondati sulla visione e sull’interpretazione di segni, in prevalenza di
natura visiva. Un’ulteriore rivoluzione dei processi cognitivi dunque,
come quella generata dalla nascita della scrittura seimila anni or sono, o,
forse, un mutamento che è andato a sollecitare determinate facoltà
dell’intelletto umano, già presenti ma “dormienti”.
L’uomo è passato dapprima, e non senza fatica, da un’intelligenza
simultanea, olistica, globale, ad una più articolata, lineare, alfabetica.
L’intelligenza non alfabetica o simultanea ha caratterizzato l’uomo fin
dalla sua comparsa sulla terra, essa ha connotato lo stadio primitivo
dello sviluppo e ha regnato fino alla nascita della scrittura, che lo ha
traghettato verso un’intelligenza lineare o alfabetica.Ciò che ha preso il
sopravvento nella formazione di conoscenze quindi è qualcosa di
profondo, e cioè una trasformazione di stile conoscitivo riscontrabile in
una nuova modalità percettiva. «Non cambia il mondo, ma cambia la
visione del mondo», per citare De Kerchove.
Alla fine del XX secolo, il processo si è invece invertito, dall’
intelligenza sequenziale siamo ritornati a una intelligenza simultanea
attraverso l'ascolto (cioè l'orecchio) e la visione non-alfabetica (che è
Introduzione
11
una specifica modalità dell'occhio). Stiamo risvegliando dei moduli di
intelligenza, legati alla trasmissione orale e al consumo di immagini,
che avevamo accantonato, credendo che fossero ormai superati. E' come
se si tornasse indietro, con un'alternanza tra le due forme di intelligenza;
dopo un lungo predominio della prima, la seconda sembra sul punto di
riprendere il sopravvento.
Ed è a questo punto che si pone un primo interrogativo che intendo
indagare in queste pagine: convenendo sul fatto che grazie
all’acquisizione di una modalità conoscitiva di tipo analitico-
sequenziale l’uomo è si è potuto elevare ai livelli di oggi, facendosi più
abile nel ragionamento e attrezzato di strumenti di analisi-calcolo prima
di allora impensabili, ora, con il ritorno ad un’intelligenza simultanea, ci
si chiede se questo ritorno all'uso delle immagini vada considerato come
un’involuzione, un regresso, o possa, invece, avere risvolti positivi. E’
ciò che si chiedono oggi molti psicologi, sociologi, filosofi, studiosi dei
media, delle tecnologie e ciò su cui in questa sede ci accingeremo ad
indagare prendendo in esame le loro ipotesi.
Questa riflessione avrà come presupposto la considerazione che, nella
nostra cultura, la modalità visiva di conoscenza sia primaria, per molti
aspetti, rispetto a quella verbale. L'esperienza umana è segnata
profondamente dall’esperienza visiva. Del resto i primi tentativi di
scrittura furono pitture murarie e qualcosa di simile si ripete con le
esperienze pittoriche dei bambini pre-alfabetizzati: sembra che sia più
naturale esprimersi per immagini.
Introduzione
12
Ovviamente, ogni svolta culturale comporta un guadagno e una
perdita. Il progresso culturale è avvenuto, nelle prime fasi, attraverso
un’accumulazione di analisi, di intelligenza sequenziale, di linguaggio
proposizionale. La modernità, invece, sembra aver passato la fase dello
spirito analitico. Questa trasformazione quindi non è necessariamente un
guaio. Il pensiero analitico ha duemilacinquecento anni di storia che
coincide con la storia dell'Occidente. Prima non si pensava in modo
analitico e sequenziale, ma olistico e globale, e oggi, grazie alla
televisione e al computer, si torna a pensare in quel modo. C’è da dire
poi che una riserva, ristretta, di olismo, di approccio globale ai
problemi, la specie umana l’ha sempre conservata nella sua lunga storia:
l’arte ha interrogato la scienza con continuità, e senza sensi di
inferiorità. Il pensiero umano sa separare ciò che sembra una massa
indistinta, ma sa anche connettere ciò che sembra smembrato. Fra i
banchi di scuola abbiamo sempre avuto qualche ragazzo dotato di uno
stile cognitivo globale piuttosto che analitico, pronto a vedere la foresta
laddove i compagni vedevano soltanto alberi.
L’interrogativo fondamentale, quindi, è questo: immerso in questo
nuovo ambiente culturale, come diventerà l'uomo di domani? Le ipotesi
che sono state fatte rispecchiano opinioni contrastanti sulla positività o
meno nei nuovi media come “fonti di sapere”, tanto che potremmo
isolare uno schieramento di “media-ottimisti” da un lato, e uno di
“media-scettici” dall’altro (per coniare dei neologismi). Ossia chi vede
le nuove tecnologie come passo in avanti e una fonte di progresso nelle
facoltà dell’uomo, e chi, al contrario, guarda alle tecnologie del futuro
come una rovina per l’intelletto umano. Autori come Giovanni Sartori e
Introduzione
13
Raffaele Simone hanno colto bene il problema e lo hanno analizzato da
un punto di vista psicologico, oltre che sociologico. Essi si sono
occupati delle conseguenze indotte dai nuovi media sui processi
cognitivi umani, e in particolar modo dell’aspetto qualitativo del sapere
e della conoscenza che si estrae dai media di oggi. La loro visione è
tendenzialmente negativa poiché vedono questa trasformazione come un
male per il sapere, la cultura e in generale per l’umanità. Parlano di
atrofizzazione dei processi astraenti, di indebolimento delle capacità di
discernere il vero dal falso, di fine dell’uomo come Homo Symbolicus8.
A loro parere l’immagine non può generare vera conoscenza,
intelligibilità, vero sapere. Altri, viceversa, affermano che se la mappa
concettuale resta limitata all'immagine, si avrà un apprendimento povero
ma se si integrano i diversi ambiti grazie alle capacità cognitive-
interpretative e di decodifica mentali, questo “apprendimento per
immagini” non potrà che velocizzare e rendere più semplice
l’appropriazione di informazione. Questa seconda ipotesi ci sembra la
più attendibile. Soprattutto per il fatto che Simone e gli altri
«pessimisti» sembrano concepire il conoscere come qualcosa di
«passivo», come il ricevere informazioni dall’esterno, dai sensi o, nel
caso della “conoscenza evoluta”, dai libri, informazioni che gli esseri
umani si limitano a recepire e eventualmente a elaborare con il
ragionamento. E’ noto invece che la mente umana, proprio come un
calcolatore, riceve dei dati in entrata che successivamente rielabora e fa
suoi. Il cervello, inoltre, in fase di decodifica degli stimoli esterni, non
assorbe l’informazione così come è nella sua forma originaria, ma la
8
Si veda Ernst Cassirer, Filosofia delle forme simboliche (vol 1), pp. 47-49.
Introduzione
14
rielabora così che da materiale grezzo si passa ad un materiale altamente
ordinato e dotato di significato. L’uomo non resta passivo in questo
processo ma agisce con le sue facoltà e i suoi strumenti sulla realtà.
Egli fa anche previsioni, coscienti o non coscienti, sugli effetti sulla
realtà delle sue azioni di manipolazione, e dopo aver eseguito
fisicamente le azioni, verifica se gli effetti previsti corrispondono a
quelli effettivi. Questo spiega anche perché non è plausibile pensare che
le immagini da sole non generino sapere e conoscenza: la mente umana
non è un semplice contenitore di immagini, parole, segni, ma un
elaboratore sofisticatissimo in continua codifica, decodifica,
associazione, che trae, certo, conoscenza dall’esterno, ma la affina e la
integra grazie all’informazione e ai dati accumulati nel tempo e
registrati nella mente. E’ questo ruolo attivo che costituisce in buona
misura la conoscenza della realtà che caratterizza gli esseri umani e che
spiega perché gli esseri umani creano, con la tecnologia, l’ambiente
stesso in cui vivono. Le immagini, inoltre, così come gli oggetti, i
colori, le forme che noi vediamo, sono disposizioni di punti luminosi
sulla retina, e non già la riproduzione di presunti oggetti. Quelle che noi
vediamo, in realtà, non sono le immagini che la retina percepisce, ma
l'elaborazione di queste immagini effettuata a livello del sistema
nervoso centrale.
Ammettiamo allora di non sapere bene come si configurerà l’«uomo
di domani»; tutto dipenderà da come, in ogni individuo, si integreranno
e saranno interagenti le esperienze preverbali, dell'oralità, della scrittura,
della stampa, del visivo, della multimedialità9. Tutto dipenderà da come
9
T. Sirchia, L'alfabeto e i media. Verso la scuola multimediale, Trapani, 1994.
Introduzione
15
le strutture educative sapranno utilizzare, in tutte le sue potenzialità, il
sistema complessivo della comunicazione. Potrà essere un uomo
totalmente sottomesso ad una cultura dominante intesa come consenso-
consumo o potrà essere libero e partecipe di una nuova architettura del
sapere che lo veda protagonista con le sue diversità culturali nei
linguaggi, nei percorsi conoscitivi e di apprendimento, nella memoria,
nella capacità non solo di consumare, ma di usare (produrre, smontare) i
media. Per utilizzare una metafora, possiamo dire che l'uomo del futuro
«volerà meglio» se saprà stimolare le interazioni tra il pensiero verbale e
il pensiero percettivo. Così si attrezzerà per i cambiamenti e saprà
comprendere ed usare il linguaggio dei media, che sono, nel bene e nel
male, formidabili modellatori della percezione, e, perciò, delle idee. Due
ali per un solo volo, impedendo che le differenze diventino
disuguaglianze e discriminazioni.
L'obiettivo di questo lavoro nasce quindi da un’esigenza che sembra
sempre più impellente: quella di operare una riflessione organica
sull’apporto delle nuove tecnologie della comunicazione allo sviluppo e
alla trasformazione del vissuto sociale e psicologico.
I primi due capitoli saranno centrati sugli aspetti più sociali e culturali
dell’impatto dei media, mentre i seguenti affronteranno il problema da
un lato più psicologico indagando a livello cognitivo.
Il primo capitolo rappresenta un’introduzione nell’ambito della stretta
relazione che sussiste tra uomo e tecnologia, evidenzionande la «non
neutralità» e la capacità di modificare le iterazioni a livello sociale,
cognitivo, culturale, e descrivendo come questo avvenga a partire da
Introduzione
16
quella che è da considerarsi la prima e più originaria tecnologia: la
scrittura. Si ripercorreranno brevemente alcune tappe della storia
dell’uomo alle prese con la conoscenza e con la tecnologia. Il secondo
capitolo sarà dedicato all’Homo Videns, inteso come nuova tipologia di
uomo prodotto dai media contemporanei, e quindi all’influenza della
«cultura dell’immagine» sugli stili cognitivi e sulle modalità di
accumulare e di scambiarsi conoscenze, rilevando soprattutto il
cambiamento di stile conoscitivo che si attua con il passaggio da un tipo
d’intelligenza ad un'altra. Il terzo capitolo sarà rivolto agli aspetti
cognitivi della conoscenza intesa come processo conoscitivo e
informativo, e ne descriverà i tratti salienti, mettendo in rilievo il ruolo
delle rappresentazioni. Il quarto capitolo introdurrà il ruolo della vista
nel processo conoscitivo che si attua mediante stimoli di natura visiva,
analizzando gli aspetti cognitivi e quelli legati alla percezione. Nel
quinto capitolo sarà trattato il significato dell’immagine come fulcro nel
sistema della comunicazione e dell’informazione odierni, nonché e il
suo valore conoscitivo e i suoi aspetti non immediatamente tangibili.
L’uomo e la metamorfosi nell’era tecnologica
Capitolo I
L’uomo e la metamorfosi nell’era tecnologica
1.1. La non-neutralità della tecnica
«Non siamo ciò che pensiamo di essere. Non siamo ciò che vogliamo essere.
Siamo gli strumenti che utilizziamo. (E se usiamo Windows, cosa siamo?) »1.
Inquietante, vero? Eppure sono questi i risultati della moderna mass-
mediologia (uno dei tanti nomi della scienza che si occupa dello studio
dei media e delle loro influenze sull’uomo). I primi studi di questo genere
risalgono ai primi anni ‘60, per opera di Marshall McLuhan, professore
canadese appassionato di antropologia e sociologia. Nel novembre del
1982 il Centro Accademico Canadese in Italia, in collaborazione con la
Fondazione Cini, ha organizzato a Venezia un convegno internazionale
su «McLuhan e la metamorfosi dell’uomo». Scopo dell’incontro, oltre a
porgere omaggio alla memoria del pensatore canadese, era di verificare
alcune intuizioni di McLuhan concernenti l’impatto delle nuove
tecnologie sull’uomo e di valutare quali sarebbero stati i cambiamenti
riscontrabili sulla psiche e sul comportamento umano. McLuhan si è
concentrato molto sul tema della metamorfosi dell’uomo dal punto di
vista della psiche, in modo particolare sulle alterazioni che i processi
percettivi e cognitivi subiscono sotto l’influsso dei media elettronici, i
quali, come egli stesso afferma, sono «estensioni del sistema nervoso
1
P. Pettinato, articolo, “Metamorfosi”, Apogeonline, 4 agosto 2000.
L’uomo e la metamorfosi nell’era tecnologica
18
centrale»2. Ed è proprio alla luce di questa asserzione che è stata sollevata
nel corso del congresso la domanda piu’ importante: se, cioè, i media
possono estendere la loro influenza oltre le nostre strutture culturali per
condizionare anche la più intima organizzazione del nostro essere fisico.
McLuhan sembra profondamente certo di questo. Egli sostiene, nel
fondamentale testo Gli strumenti del comunicare, la non intuitiva
coincidenza di medium e messaggio, portando alla luce l'equivoco di
fondo che è causa di tanti errori valutativi intorno alle nuove tecnologie.
«Il medium è il messaggio. […] Il messaggio di un medium o di una
tecnologia è il mutamento di proporzioni, di ritmi e di schemi che
introduce nei rapporti umani. […] Questo significa, semplicemente, che
le conseguenze individuali e sociali di ogni medium […] derivano dalle
nuove proporzioni introdotte nella nostra situazione personale da ognuna
di tali estensioni o da ogni nuova tecnologia»3. E' comune, infatti,
pensare e sostenere che il valore di uno strumento, in particolare degli
strumenti comunicativi, dipenda dall'uso che di questi fa l'uomo. Ciò
sembrerebbe comportare una responsabilizzazione dell'uomo come
artefice del buono o del cattivo uso delle tecnologie, in sé stesse neutre, e
di conseguenza la possibilità di un «uso intelligente» e di nuovi vantaggi
derivanti dal loro uso. Al contrario McLuhan sostiene che il vero senso
della comunicazione sta nel medium, nello strumento del comunicare:
«oltre le semplicistiche e relativistiche valutazioni morali, è il medium,
non il suo utilizzo, a dare significato peculiare alla comunicazione
imprimendo in essa le sue caratteristiche e influenzandone tanto l'aspetto
2
M. McLuhan,Understanding Media: The Extension of Man, McGraw-Hill, New York,1964; trad. it.
di E. Capriolo, Gli strumenti del comunicare, Milano, Il Saggiatore, 1999, pp. 55, 56.
3
Ivi, pp.15-30.
L’uomo e la metamorfosi nell’era tecnologica
19
formale quanto quello contenutistico»4. In questo modo, la responsabilità
dell'uomo non sarà quella relativa e soggettiva del singolo di fronte al
caso isolato, ma quella più organica dell'uomo che ha il dovere di
riflettere sul vero significato degli strumenti e della comunicazione.
Come ritiene Harold Innis, i mezzi di comunicazione sono la chiave di
comprensione della società. «L’uomo è in diretto rapporto simbiotico con
la sua tecnologia»5. McLuhan continua: « La tecnica è il nostro rapporto
con il mondo. Dal momento che il nostro mondo è formato dalle
tecniche, gli inconsapevoli, che le considerano come genuini strumenti,
sono dominati da queste nella loro percezione del mondo […] ogni
medium ha il potere di imporre agli incauti i propri presupposti»6.
Derrick De Kerckhove, discepolo di Marshall McLuhan, svolse molte
ricerche riguardanti le modalità con cui i mezzi di comunicazione
avrebbero via via consentito lo sviluppo di diversi Brainframes: «Queste
nuove “psicotecnologie” digitali e informatizzate quali telefono, radio,
televisione, computer, satelliti, amplificano staordinariamente le nostre
capacità mentali, proiettandoci in un futuro aperto a radicali cambiamenti
non solo di stili di vita o tecnologie materiali, ma soprattutto della nostra
stessa struttura mentale. Cambiando la percezione, il modo di rapportarsi
al mondo, cambia anche l'uomo che diviene vincolato ad un preciso
Brainframe»7. Il presupposto naturalistico, evidentemente, è che le
strutture fisiologiche, cognitive e psicologiche delle menti umane
subiscano forti pressioni evolutive in base a fattori non solo darwiniani
4
Ivi, p. 61.
5
H. Innis, The Bias of Communication, traduzione curata da A. Lorenzini, Le tendenze della
comunicazione, in D. De Kerckhove, McLuhan e la metamorfosi dell'uomo, coautore con Amilcare
Iannucci, Bulzoni, Roma, 1984, pp. 35-40.
6
M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare, cit., pp.15-30.
7
D. De Kerckhove, Brainframes, Technology, Mind and Business, Bosch & Keuning, 1991; trad. it.,
Brainframes. Mente, tecnologia, mercato, Baskerville, Bologna, 1993, p.11.
L’uomo e la metamorfosi nell’era tecnologica
20
(selezione della specie, avvenuta nel corso di milioni di anni) ma anche
culturali e tecnologici (selezione delle formae mentis più efficienti, che si
accompagna al progresso di una civiltà).
Umberto Galimberti pone l’accento su un altro aspetto importante della
«non-neutralità» della tecnica. La tecnica non solo incide e condiziona la
comunicazione e la mentalità stessa degli individui che vi entrano in
relazione mediante l'uso, ma influenza e permea tutta la realtà dell'uomo,
di ogni uomo, anche di colui il quale si rifiuta di avervi a che fare. «La
tecnica, pertanto, non rappresenta lo strumento nelle mani dell'uomo che
può scegliere se usarla o no, ma è l'ambiente che lo circonda e ne
determina le capacità percettive e cognitive. In questo senso è
responsabilità di ogni uomo riflettere intorno alla tecnica e alle sue
conseguenze»8. Sulla stessa scia Giovanni Sartori immagina la nascita di
un uomo nuovo, figlio dei mass-media e cresciuto fianco a fianco delle
nuove tecnologie, che segna il compiersi di una transizione dall’Homo
Sapiens all’ Homo Videns9 (di cui parlerò in seguito), che segue al già
inaugurato passaggio dall’ Homo Sapiens all’Homo Technologicus10
(dall’uomo a «tecnologia limitata» all’uomo «a tecnologia intensa»).
Oggi, pertanto, l’assunto che i media abbiano un impatto forte sul
sensorio umano è un dato di fatto. E' di fondamentale interesse perciò,
nell'era della New economy e della grande Rete, occuparsi
specificatamente delle tecnologie della comunicazione, in assoluto le più
pervasive e potenti, giacché non estendono le nostre capacità fisiche,
8
U. Galimberti, Psiche e Techne, L'uomo nell'età della tecnica, Feltrinelli, Milano, 1999, p.28.
9
G. Sartori, Homo videns,Laterza, Bari, 2000.
10
G.O. Longo, Homo technologicus, Laterza, Roma-Bari, 2001.
L’uomo e la metamorfosi nell’era tecnologica
21
bensì le nostre facoltà mentali. Scrittura, radio, televisione amplificano
alcuni sensi a dispetto di altri, alterando l'equilibrio primigenio. La
scrittura fonetica, abbinando simboli grafici ai suoni delle parole,
sostituisce l'occhio all'orecchio. La radio ripristina il dominio della parola
parlata su quella scritta. La televisione agisce più profondamente,
amplificando enormemente il canale visivo, scavalcando la coscienza e
parlando direttamente al corpo, e ancora più pervasivi saranno Internet e i
media multimediali. Percepiamo noi stessi e il mondo esterno in primo
luogo attraverso i nostri sensi. Conseguentemente, ogni alterazione del
sensorio umano (come quella prodotta dall'introduzione dell’alfabeto)
produce un modo differente di vedere noi stessi e il mondo. Immaginate
di divenire ciechi: come cambierebbe la vostra vita, la vostra percezione
nel mondo?
Come sostengono Raffaele Simone11 e Italo Calvino12 questo che ci
lasceremo alle spalle è stato soprattutto il millennio del libro, in quanto
ha visto l'oggetto-libro prendere la forma che ci è familiare. All'epoca in
cui la conoscenza era codificata esclusivamente nei libri, il controllo del
linguaggio avveniva attraverso uno scambio privato: ora con i nuovi
media elettronici è diventato sempre di più pubblico e orale. Inoltre, le
innovazioni tecnologiche nell'ultimo secolo hanno prodotto una serie di
straordinari cambiamenti culturali e sociali che hanno modificato
radicalmente il modo di esperire lo spazio e il tempo. Innovazioni
tecnologiche come il telefono, la radiotelegrafia, il cinema, l'automobile,
l'aeroplano, internet, fanno ormai parte della nostra realtà quotidiana, ma
11
R. Simone, La Terza fase, forme di sapere che stiamo perdendo, Laterza, Bari, 2000.
12
I. Calvino, Lezioni americane, Garzanti, Milano, 1988.